QUADRATO
. Si designa con questo nome ogni quadrangolo regolare, cioè avente i lati e gli angoli uguali (retti).
I suoi lati opposti sono paralleli: esso è dunque un parallelogrammo, e riunisce in sé tanto le proprietà dei rombi (parallelogrammi equilateri), quanto quelle dei rettangoli (parallelogrammi equiangoli; v. parallelogrammo). Pertanto le sue diagonali sono uguali e perpendicolari, e bisecano gli angoli interni.
Euclide definisce il quadrato come "quadrilatero equilatero e rettangolo" (Elementi, I, def. 22) e lo chiama τετράγωνον (quadrangolo). La parola "quadrato" è d'origine latina, e si riconnette con quattuor "quattro".
Euclide s'occupa dei quadrati nelle tre ultime proposizioni (46, 47, 48) del libro I degli Elementi. Nella proposizione 46 insegna a costruire il quadrato di lato dato. La dimostrazione dell'esattezza della risoluzione è fondata sul postulato delle parallele (I, post. 5°; v. parallele); e ciò è inevitabile, in quanto l'ammettere l'esistenza d'un quadrilatero con quattro angoli retti (e più precisamente la proposizione che "in un quadrilatero avente tre angoli retti anche il quarto è retto") equivale logicamente ad ammettere codesto postulato (Naṣīr ad-dīn, G. Saccheri, A.-C. Clairaut). Nella prop. 47 del libro I, Euclide dimostra il teorema di Pitagora (v. pitagora), che inverte poi nella prop. 48.
Nel libro II (prop. 14) s'insegna a costruire un quadrato equivalente a un rettangolo dato (e quindi anche il quadrato equivalente a una qualsiasi "figura rettilinea" data). Facendo uso del teorema che stabilisce il nesso fra la teoria dell'equivalenza e quella delle proporzioni ("Se quattro segmenti sono in proporzione, il rettangolo dei medî è equivalente al rettangolo degli estremi"), il problema sopra citato s'identifica con la ricerca del medio proporzionale tra due segmenti dati.
Nel libro IV Euclide iscrive e circoscrive al cerchio alcuni poligoni regolari: al caso del quadrato, cioè del quadrangolo regolare, sono dedicate le quattro proposizioni 6, 7, 8, 9. In alcune edizioni dell'Euclide (ad esempio nel Clavio) segue alla prop. 9 lo scolio: "Il quadrato circoscritto a un dato cerchio ha area doppia del quadrato iscritto nello stesso cerchio", proprietà nota fin dall'antichità, e che implicitamente si trova già nella nota dimostrazione del teorema di Pitagora del Menone di Platone.
Il quadrato è uno dei tre poligoni regolari (gli altri sono il triangolo e l'esagono) che risolvono il problema di ricoprire completamente il piano con poligoni regolari uguali (pavimento a piastrelle regolari uguali). La prima osservazione di questa proprietà viene attribuita da Proclo ai Pitagorici; e a questa stessa scuola risale la scoperta dell'incommensurabilità del lato del quadrato con la sua diagonale (v. incommensurabile). L'area del quadrato si misura moltiplicando la lunghezza del lato per sé stessa, onde si suole chiamare senz'altro quadrato (sottinteso: aritmetico) d'un numero la sua seconda potenza.
I Pitagorici usavano già il vocabolo τετράγωνον (sottinteso σχῆμα "figura") nel senso geometrico; usavano però anche τετράγονος (sottinteso: ἀριϑμός "numero") con lo stesso significato di δύναμις- ("potenza"; ma qui in particolare "seconda potenza"). Presso i pitagorici la fusione dei due concetti (aritmetico e geometrico) appare del tutto naturale, qualora si pensi all'immagine concreta che essi avevano del numero. Un numero quadrato doveva essere da loro concepito come un insieme di punti disposti in modo da formare un quadrato geometrico; e a questo concetto si ricollega la scoperta della formula: (n + 1)2 = n2 + 2n + 1, che si può far risalire agli stessi pitagorici. Essi avevano infatti rilevato che l'operazione di orlare un quadrato di lato n porta alla costruzione del quadrato di lato n + 1. L'orlatura si può pensare ottenuta aggiungendo dapprima n punti, poi altri n + 1, e così si giunge appunto alla formula sopra scritta. E tale regola si può presentare anche sotto altra forma: i quadrati dei successivi numeri interi si ottengono come le successive somme parziali della serie
La formula sopra scritta è caso particolare di quella che dà l'espressione del quadrato d'un binomio (v. binomio):
e questa formula si estende facilmente al caso del quadrato d'un polinomio a qualsiasi numero di termini: un tale quadrato si trova sommando i quadrati dei singoli termini e i doppî dei prodotti dei termini stessi, presi a due a due secondo tutte le combinazioni possibili.
Per riconoscere se un numero intero è il quadrato d'un altro numero intero, ossia per riconoscere (come si suol dire) se è un quadrato perfetto, si può, anziché estrarre la radice quadrata, eseguire la scomposizione in fattori primi: tutti i fattori dovranno comparire con esponente pari.
Per i cosiddetti quadrati magici v. magici, quadrati.