Pulci
Famiglia fiorentina di cui Giovanni Villani sottolinea - riecheggiando in certo modo l'accenno fatto da D. in Pd XVI 127-130 - la nobiltà delle origini e l'antichità dell'arma (palato d'argento e di rosso, di sei pezzi), che riprende i colori di Ugo il Grande di Toscana (delle " sette doghe vermiglie e bianche "), narrando (IV 2) che " il... marchese Ugo fece in Firenze molti cavalieri della schiatta de' Giandonati, de' Pulci, de' Nerli, de' conti da Gangalandi e di quelli della Bella, i quali tutti per suo amore ritennero e portarono l'arme sua addogata rossa e bianca con diverse intrassegne ".
Dei P. i cronisti ricordano i possedimenti nel contado (nel popolo di San Giuliano a Settimo, presso Firenze), i castelli (fra i quali quello di Castelpulci, presso la badia di San Salvatore a Settimo; passato nel secolo XVII ai Riccardi, che lo trasformarono in una splendida villa, ancora oggi esistente), le case e le torri in Firenze, presso il castello di Altafronte (poi palazzo dei Giudici) dietro la chiesa di San Piero a Scheraggio, nonché la fortunata attività mercantile, che li arricchì fin dai tempi più antichi. Altrettanto ricca di conseguenze positive fu la scelta politica dei P. per il guelfismo. Essa, dopo i primi rovesci - Pulce di messer Firenzino venne esiliato dopo Montaperti, ove aveva combattuto -, valse alla maggior parte dei membri della casata l'ascesa alle più alte cariche politiche, mentre venivano banditi quelli di loro che - come Ridolfo di messer Rinaldo - avevano parteggiato per i ghibellini. Dopo Benevento, Uberto P. godette in Firenze di un grande favore, tanto da potersi far garante presso il popolo per il vicario imperiale Guido Novello, quando questi venne allontanato dalla città. Un Uberto di Rinaldo e un Ponzardo di messer Uberto sottoscrissero nel 1280 la pace detta del cardinal Latino; un Arrigo entrava a far parte della nuova magistratura dei dodici buonuomini. Nel 1281 messer Sinibaldo P. fu inviato in Romagna con un contingente di cavalieri, in aiuto al pontefice impegnato nella lotta contro i ghibellini. Fra tutti più importante fu un messer Ponzardo, cavaliere a " spron d'oro " dopo Campaldino, podestà di Todi, di Viterbo e di Modena, due volte ambasciatore a Bonifazio VIII. Più tardi, questo Ponzardo aderì con molti dei consorti alla parte Nera, nel cui interesse capitanò la spedizione contro i Pistoiesi del 1305, e tra le cui file combatté a Montecatini e ad Altopascio.
Tuttavia, molti altri P. si fecero Bianchi, e questa scelta - che ancora una volta rompeva la compattezza della consorteria e valse nel 1302 il bando a un Bertuccio di Scolaio - si risolse in un grave danno politico per tutti i loro consanguinei; nel 1311 essi vennero privati del diritto ad accedere alle massime magistrature del comune, pur essendo stati per cinque volte membri del collegio dei priori.
Il divieto dell'accesso ai supremi uffici non li rese, tuttavia, ostili alla repubblica, che molti dei P. difesero contro Enrico VII (il quale ne incluse ben quindici nel bando da lui pubblicato nel 1313) e, più tardi, contro Uguccione della Faggiuola e Castruccio Castracani, nelle battaglie di Montecatini e di Altopascio.
La decadenza politica dei P. non ne implicò l'eclisse economica e sociale; la vicenda genealogica di questa casata trapassa l'età di D. e continua fino al secolo XVI, quando si estinse (1575) con la morte di Roberto, nipote del poeta Luigi (v.).
Bibl. - Le fonti cronistiche (Malispini, CLXXII, CXCII; Villani, IV 14; Compagni, I 2; II 26, 32; Marchionne, LXIII, CXXIV, CCXLIV) e archivistiche (in Archivio di Stato di Firenze, le Carte Dei e dell'Ancisa, gli alberi Pucci, i " prioristi " di Palazzo e Mariani, gli " spogli " dell'Ammirato e del Gamurrini, ecc.) sono state usate da L. Passerini, per il profilo genealogico della famiglia P. pubblicato a commento del romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ecc., I, Firenze 1845², 334-335; altre brevi sintesi della storia familiare dei P. sono in G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno, ecc., II, Documenti, Londra 1862, 559-560, e in Scartazzini, enciclopedia 1586-1587. Ai P. hanno dedicato citazioni e ricerche i seguenti eruditi e genealogisti, rifacendosi soprattutto alle fonti cronistiche: S. Ammirato, delle famiglie nobili fiorentine, Firenze 1615, 152; ID., Vescovi di Fiesole, di Volterra e d'Arezzo, ibid. 1637, 133; V. Borghini, discorsi, con note di D.M. Manni, ibid. 1755², 91, 97, 323; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, ibid. 1593, 65, 105, 122, 140, 145: ID., Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini, ecc., Lione 1577, 141, 187, 301, 303, 308, 310; B. De' Rossi, Lettera a Flamminio Mannelli nella quale si ragiona... delle famiglie e degli uomini di Firenze, Firenze 1585, 50, 56, 69; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum, ibid. 1589, 6, 32, 115; U. Verini, De illustratione urbis Florentiae libri III, Parigi 1583, 37, 54; F.L. Del Migliore, Firenze città nobilissima illustrata, Firenze 1684, 299, 543; P. Monaldi, Istoria delle famiglie della città di Firenze scritta nel 1607 (manoscritto in Archivio di Stato di Firenze, Biblioteca manoscritti, 422, sub voce). Fatti e persone della famiglia P. nell'età di D. sono criticamente considerati da Davidsohn, Storia, ad indicem; l'attenzione dell'autore si rivolge particolarmente anche alla compagnia commerciale dei P. e a quella dei Pulci-Rimbertini (cfr. ad indicem).