PUGLIA
(XXVIII, p. 505; App. II, II, p. 632; III, II, p. 529; IV, III, p. 112)
La P. continua a dare l'impressione, anche nell'ultimo decennio, di una regione in attesa di un decollo reale, pieno e diffuso, che qui viene ritenuto più facile, o meno difficile, ma che ancora non si esprime organicamente nell'intero sistema territoriale.
Popolazione e sua distribuzione. - Nel decennio intercensuale 1971-81, la crescita della popolazione è stata fra le più elevate in Italia (8,1%, contro una media nazionale del 4,5%), inferiore di un solo decimo di punto al massimo regionale verificatosi in Sardegna (8,2%). I pugliesi sono aumentati di quasi 300.000 unità (da 3.582.787 a 3.871.617), per effetto di un incremento naturale (401.458, rispetto ai 527.009 del 1961-71) che resta sensibile, pur riducendosi anno dopo anno, e di un marcato decremento del flusso emigratorio. Nel decennio 1971-81, infatti, il saldo fra immigrati ed emigrati, pur restando negativo, è stato di 112.628 persone: notevolmente inferiore, quindi, alla perdita (365.439) avutasi nel decennio precedente.
L'aumento è stato maggiore di quello medio regionale nelle province di Taranto, Bari e Lecce; inferiore in quelle di Brindisi e soprattutto di Foggia. In quest'ultima è continuata infatti la crescita demografica del Tavoliere, ma anche il forte indebolimento della copertura umana nelle aree collinari e soprattutto montane del Subappennino dauno, secondo una tendenza evidente anche in una regione prevalentemente pianeggiante come la Puglia.
Negli anni successivi, la popolazione è ulteriormente cresciuta e, al censimento del 1991, ha raggiunto 4.031.885 ab., con una densità di 208 ab./km2. L'aumento continua sensibile, o addirittura risulta più vivace, nel Salento e nel Tavoliere dauno, mentre dà segni di rallentamento nella Terra di Bari. I cinque capoluoghi di provincia, che nel decennio 1961-71 avevano visto aumentare (soprattutto Foggia, Lecce e Brindisi) il loro peso demografico, mostrano adesso un comportamento più diversificato: cresce sensibilmente Lecce (che ha ormai superato i 100.000 ab.); aumentano, ma non di molto, Brindisi (95.383 ab.) e Foggia (156.268); ormai in decremento Taranto (232.334 ab.) e il capoluogo regionale (sceso dai 371.000 ab. del 1981 ai 342.309 del 1991), che vede però crescere notevolmente i centri vicini della cosiddetta Conca di Bari e della futura area metropolitana.
Attività economiche. - È continuato il cambiamento della struttura della popolazione attiva. Il settore primario, che nel 1971 era già sceso al 37%, pur conservando il maggior numero di attivi, incideva nel 1981 per poco più del 25% e, proseguendo nel trend discendente, nel 1992 si aggirava sul 16% (forze di lavoro). Nel settore industriale si osserva un'analoga tendenza e la popolazione attiva, dopo essere scesa di tre punti percentuali nell'intervallo 1971-81, nel 1992 era appena superiore al 25% (forze di lavoro). Aumenta sensibilmente il comparto dei servizi: nel 1971 assorbiva il 31% della popolazione attiva complessiva, il 45% nel 1981 e quasi il 59%, secondo i dati sulle forze di lavoro, nel 1992. All'interno del settore primario, resta fondamentale l'importanza dell'agricoltura, tanto più che risulta diminuita quella della pesca e anche dell'allevamento, mentre trascurabile continua a essere la silvicoltura (la P. è del resto la regione italiana meno boscosa: appena il 5% del territorio).
È un'agricoltura che ha visto ridurre il carico umano (ancora sovrabbondante, peraltro) e il suo contributo alla formazione del reddito complessivo, mentre permangono le distorsioni di un mercato caratterizzato da estrema frantumazione dell'offerta e da una struttura oligopolistica della domanda, nel quale ostacoli economici e psicologici (si pensi, per es., alla scarsa diffusione del cooperativismo) bloccano o rallentano una ricomposizione della struttura fondiaria ancora fortemente polverizzata. L'esistenza di isole rurali avanzate, dalla Capitanata al Salento, dalle sperimentazioni zootecniche alla floricoltura, non fa altro che evidenziare la caratterizzazione dominante di una realtà economica rurale non certo innovativa. La ripartizione della superficie agraria per forme di utilizzazione vede lievi cambiamenti. Grano, olivo e vite dominano ancora e in modo netto il paesaggio agrario pugliese. I seminativi aumentano lievemente, in particolare per la crescita di ortaggi, nei terreni più fertili e soprattutto ov'è possibile l'irrigazione. In limitata riduzione le coltivazioni legnose agrarie, che vedono l'introduzione, specie nelle province di Bari e di Foggia, di nuovi impianti di alberi da frutta.
Dopo i poderosi cambiamenti introdotti negli anni Sessanta, grazie soprattutto alla localizzazione di grossi impianti di base, il settore industriale ha visto, nel decennio intercensuale 1971-81, una crescita globale, con andamenti però diversificati − nello spazio e nel tempo − e talora contrastanti. In generale, si è avuto un aumento di addetti, maggiore di quello medio del Mezzogiorno e dell'intera Italia, mentre si sono ridotte le unità locali, soprattutto per effetto della scomparsa di molte delle piccole aziende, per lo più artigianali e anche marginali, che caratterizzavano il tradizionale tessuto industriale della regione. In effetti, la crescita della grande industria è continuata anche nei primi anni Settanta, finché non si sono manifestati in pieno gli effetti negativi conseguenti alla guerra del Kippur e, quindi, alla crisi petrolifera e alla grave recessione che ha colpito l'intera economia italiana negli anni 1974 e 1975. La seconda metà degli anni Settanta ha visto quindi un andamento sostanzialmente negativo delle grandi imprese, cui si è contrapposta una certa dinamicità delle piccole e medie imprese, grazie a una confortante, pur se non generalizzata, crescita delle iniziative private locali.
Anche se l'occupazione è aumentata, gli indici d'industrializzazione restano relativamente bassi, e solo nelle province di Taranto, Bari e Lecce superano o si avvicinano alla metà del valore medio nazionale. È soprattutto in queste aree, del resto, che si è avuto un aumento sensibile degli addetti. Fanno spicco, per le loro dimensioni, quattro aree industriali: con forte specializzazione quelle di Brindisi (petrolchimica e chimica) e soprattutto di Taranto (siderurgia); molto più diversificate quelle di Bari-Modugno (metalmeccanica e meccanica) e di Lecce (meccanica). Concentrazioni industriali minori, polisettoriali, sono presenti nel resto del territorio, che si caratterizza fra l'altro per alcune interessanti aree a crescita autonoma, vivace, associata a un'economia sommersa spesso rilevante. Tra queste vanno ricordate soprattutto quelle del Nord-Barese, incentrata su Barletta (abbigliamento e calzature), e del Salento meridionale, focalizzata su Casarano (calzature).
Negli anni Ottanta, continuano e talora si accrescono i problemi dell'industria di base, con tagli occupazionali o consistenti immissioni in cassa integrazione, per es. nella siderurgia a Taranto e nella petrolchimica a Brindisi e a Manfredonia-Monte Sant'Angelo. Segnali invece positivi provengono spesso dalle piccole e medie aziende, che frequentemente rivelano aspetti strutturali più confortanti rispetto al resto del Mezzogiorno, con presenza ancora bassa, ma pur sempre significativa, di imprese dinamiche, innovatrici e pluriprodotto. Si consolida quindi un modello dualistico dell'industria pugliese, che da una parte vede poli creati soprattutto negli anni Sessanta e dall'altra una tipologia più diffusa di piccole e medie aziende non necessariamente legate a risorse locali. È un assetto spaziale ancora discontinuo, con segmenti piuttosto che direttrici di crescita; un modello comunque meno squilibrato che in altre regioni meridionali, grazie soprattutto alle soglie demografiche elevate della maggior parte dei centri pugliesi. È un'attività industriale che, soprattutto per le iniziative locali, ha potuto contare sulla crescita quantitativa e qualitativa delle strutture creditizie, le quali si stanno rivelando fondamentali per un autonomo processo di sviluppo regionale. Vantaggi, in generale, sono derivati pure dal miglioramento della rete stradale, anche se non può dirsi lo stesso di quella ferroviaria e se permangono diseconomie per le aree interne e, soprattutto, per il Salento leccese.
Della P. viene sempre ricordata la vocazione turistica, che può basarsi su un'ampia gamma di attrattive, sia naturali sia antropiche, e in particolare sulla varietà paesaggistica dei suoi 800 km di coste. Le aspettative di una crescita turistica non si sono però concretate nella misura prevista; si può anzi parlare di un decollo mancato. I risultati dell'attività turistica, specie se raffrontati con quelli conseguiti in ambito meridionale e nazionale, sono infatti sostanzialmente deludenti e costituiscono la componente meno positiva nel bilancio economico del settore terziario. Le presenze complessive in P., alla metà degli anni Ottanta, erano largamente inferiori a quelle avutesi in Abruzzo, in Campania o in Sicilia, e superavano di poco i valori della Sardegna e della Calabria. Va rilevato, in particolare, che a un'indubbia crescita, anche in termini relativi, della componente interna della domanda, non si affianca un corrispondente incremento di quella straniera, che, non di rado, attraversa soltanto la regione. Un peso modesto, quindi, in termini sia di reddito, sia di dimensione dell'indotto. Si aggiunga che è ancora relativamente limitata la partecipazione dell'imprenditoria locale all'offerta turistica complessiva, la quale, almeno per i segmenti più significativi, viene concretata soprattutto da capitali e da capacità manageriali prevalentemente esterni alla regione.
Contraddizioni tutte o, forse più esattamente, discordanze che risultano oggi più evidenti e sentite, per effetto dell'indubbia crescita generale (soprattutto dei consumi, meno però dell'offerta locale) e della domanda di sviluppo che proviene dalla popolazione. E che denunciano le carenze e, in taluni casi, la mancanza di un'effettiva orchestrazione territoriale. Questo in una regione che purtroppo non si può più citare, come si faceva alcuni anni orsono, per l'assenza di diseconomie derivanti da criminalità organizzata e diffusa. Vedi tav. f.t.
Bibl.: D. Novembre, Puglia. Popolazione e territorio, Lecce 1979; O. Amoruso, Strutture insediative e crescita economica nello spazio pugliese; uno squilibrio cumulativo, in Boll. Soc. Geogr. Ital., suppl., 1982, pp. 265-79; A.A. Bissanti, Vecchi e nuovi problemi di assetto territoriale, in La Geografia nelle Scuole, 1983, pp. 97-110; D.D. Viterbo, Industria e territorio in Italia. La dinamica pugliese, Lecce 1986; A.A. Bissanti, Puglia: panorama geografico, in Puglia, Novara 1988, pp. 1-30; A. Mastrodonato, Flussi economico-sociali e mutamenti della struttura produttiva in Puglia negli anni 1971-1986, Roma 1988; A.G. Giorgio, Puglia. Sviluppo ineguale nel ''Nord del Mezzogiorno'', in I sistemi locali delle regioni italiane (1970-1985), a cura di P. Landini e F. Salvatori, ivi 1989, pp. 458-79.
Archeologia. - Gli scavi e le scoperte effettuati in tutto il territorio pugliese dalla fine degli anni Settanta sono stati molti e ciò ha permesso di accumulare un'estesa documentazione archeologica, finora solo parzialmente pubblicata ed estremamente frammentaria e dispersiva, provenendo in gran parte da recuperi occasionali o da piccoli interventi di emergenza, piuttosto che da scavi sistematici o comunque protratti per un arco di diversi anni. Essi sono riferibili ad alcuni dei principali centri della P. antica. Quest'ultima, com'è noto, appare culturalmente articolata, sia in rapporto alle diverse aree geografiche, sia in dipendenza delle successive fasi cronologiche. Alle culture indigene, anelleniche e preromane, sviluppatesi nelle tre distinte regioni − Daunia, Peucezia e Messapia − fanno riscontro, infatti, la città magnogreca di Taranto e il suo territorio. Allo sviluppo e alla crisi di queste culture antagoniste succede la fase unificante della civiltà romana, che ci accompagna fino alle soglie del Medioevo e che appare anche in P. sempre meglio attestata. Si terrà qui conto, pertanto, delle suddette cinque articolazioni cronologico-culturali.
La Puglia anellenica-Daunia. - La parte settentrionale della regione, appunto la Daunia, si distingue soprattutto per l'esplorazione delle sue estese e ricche necropoli. Tra queste si devono ricordare la necropoli di Monte Saraceno, presso Mattinata, sul Gargano, dove le intense campagne di scavo tra il 1981 e il 1991 hanno messo in luce innumerevoli tombe a fossa cavate nella roccia, databili dalla prima età del Ferro alla fine dell'età arcaica. Ugualmente intense e ininterrotte sono state le ricerche nella necropoli di Ordona da parte del Centre belge de recherches archéologiques guidato da J. Mertens. In questo stesso ambito non meno fruttuosi sono stati gli scavi della Soprintendenza archeologica ad Arpi, presso Foggia, i quali hanno rivelato, accanto alle più comuni sepolture a fossa, l'esistenza di ricchi e prima quasi ignoti monumenti funerari, come le tombe a camera e a semicamera, del 4° e 3° secolo a.C., spesso decorate da pitture murali. Ancora più imponente e preziosa è stata la messe di dati emersa dagli scavi continui, anche se spesso imprevisti, effettuati a Canosa nell'arco dell'intero quindicennio qui considerato.
Tale ricca documentazione ha avuto un'adeguata presentazione in una mostra e nel relativo catalogo, presentati a Bari nel 1992, e consiste non solo in monumenti e corredi tombali, ma anche in strutture abitative e in fornaci per la produzione della ceramica geometrica locale. Più inattesa si è presentata la scoperta di due santuari indigeni del 5° e 4° secolo a.C., nell'antico centro di Tiati, sul fiume Fortore, e ad Ascoli Satriano, rispettivamente negli anni 1985 e 1986-87. Entrambi erano caratterizzati da un edificio di forma rettangolare allungata, aperto sul lato breve e preceduto da un vestibolo. Comuni ai due edifici erano anche la struttura dei muri ''a secco'', la presenza di mosaici di ciottoli all'esterno e, ancora, l'uso di antefisse di forma pentagonale.
Peucezia. − Ancora più numerose appaiono le ricerche e le scoperte avvenute dalla fine degli anni Settanta nella P. centrale, cioè nell'antica Peucezia. Qui, agli scavi delle necropoli, sempre predominanti, si aggiungono quelli di porzioni di abitato di alcuni importanti centri. Tra questi un posto preminente, per la ricchezza dei dati offerti e per la completezza della documentazione, occupa Monte Sannace presso Gioia del Colle, già in precedenza intensamente esplorato.
Gli scavi sistematici condotti sull'acropoli negli anni 1978-83 dalla Soprintendenza hanno messo in luce un complesso di edifici, datati tra l'età arcaica e quella ellenistica e, collegate a uno di essi, alcune grandi tombe a semicamera, il cui particolare carattere religioso-celebrativo è sottolineato, oltre che dalla posizione e dal contesto edilizio in cui si trovano, anche dalla loro monumentalità, dalla raffinata decorazione pittorica all'interno di una di esse e, infine, dai superstiti resti dei corredi, depredati già in antico. Sullo stesso piano di Monte Sannace, per la ricchezza e l'importanza delle scoperte, si pone la necropoli di Rutigliano, intensamente esplorata dal 1976 al 1980 e più sporadicamente negli anni successivi. Qui infatti, in località Purgatorio-Bigetti, furono messe in luce alcune centinaia di tombe, appartenenti a un fiorente insediamento indigeno e databili dal 4° ai primi decenni del 3° secolo a.C. I corredi, ancora in corso di edizione, contenevano, accanto a ceramiche locali, numerosi oggetti, fittili e metallici, d'importazione dalla Grecia e preziose ambre scolpite.
Alcuni degli scavi eseguiti nei molti centri indigeni della Peucezia hanno consentito un decisivo progresso delle nostre conoscenze sull'organizzazione degli abitati indigeni e sulla tecnica costruttiva domestica. A tal proposito si devono almeno elencare le esplorazioni nei seguenti siti: Acquaviva delle Fonti (1978-79), Altamura (1983-84, 1986, 1991), Azetium (1987), Conversano (1979-82, 1987-92), Gravina (1979, 1988-90), Torre di Castiglione (1981, 1986-88), Masseria del Porto (1978-86), San Magno (1988-92), Ruvo (1986-87, 1990-92). Una menzione, anche se rapida, merita infine lo scavo (1979) di un deposito votivo, databile tra il 6° e il 3° secolo a.C., in località Madonna delle Grazie presso Rutigliano. Il deposito votivo doveva far parte di un santuario campestre, di un tipo già noto nelle aree interne della Magna Grecia.
Messapia. - Un po' diverse si presentano le novità archeologiche relative alla P. meridionale, l'antica Messapia, per i numerosi scavi di abitati, accanto a quelli, altrove più frequenti, di necropoli. Per la fase precedente alla fondazione di Taranto si possono ricordare gli scavi negli abitati iapigii della stessa Taranto (1983), di Satùro (1979-80), di Otranto (1978-80, 1991) e ancora di Cavallino, Vaste, Muro Leccese, a partire dal 1978. A un periodo successivo, dall'età arcaica a quella ellenistica, si riferiscono le ricerche, condotte dall'università di Lecce, dall'Ecole Française di Roma e dalla Soprintendenza archeologica ancora a Vaste (1981-84, 1988-92) e a Muro Leccese (1985, 1988, 1991-92). Notevoli pure gli scavi di necropoli e abitato eseguiti nei centri di Francavilla Fontana (1978, 1992), di Castro (1979), di Lecce (1980), di Alezio (1981-83, 1985-86), di Ostuni (1986-87), e le ricerche di carattere topografico condotte dalla Vrije Universiteit (Libera università) di Amsterdam nei territori di Valesio e di Oria.
In quest'ultimo sito sono state effettuate altre importanti scoperte, sull'acropoli (1980), nell'abitato e nella necropoli (1984-85, 1992) e, infine, nel santuario extraurbano di Monte Papalucio (1978-79, 1982). In questa località è stato riconosciuto un luogo di culto frequentato da indigeni e da Greci già dall'età arcaica e dedicato a Demetra-Persefone. Altri importanti luoghi di culto sono stati individuati all'interno di grotte che si affacciano sul mare lungo la costa salentina, come la grotta di s. Cristoforo a Torre dell'Orso, con resti che vanno dalla metà del 4° al 3° secolo a.C., e soprattutto quella detta ''Poesia'', all'interno del centro messapico di Rocavecchia, connessa probabilmente con una sorgente d'acqua dolce esistente sul fondo, e caratterizzata da numerosissime iscrizioni in lingua messapica e latina, incise dai devoti sulle sue pareti.
Taranto greca e il suo territorio. - I ritrovamenti archeologici fortuiti, dovuti a lavori di ogni genere nel contesto della moderna città di Taranto, costituiscono ormai una serie ininterrotta e, quindi, difficilmente riassumibile; accanto ad essi si pongono però anche ricerche più sistematiche, come quelle svolte dalla Soprintendenza nell'ambito delle grandi opere di risanamento della Città Vecchia (1987-92).
In tale occasione sono state approfondite le indagini relative al villaggio iapigio e alla prima fase dell'insediamento greco, con il riconoscimento di opere di sistemazione, di terrazzamento e di fortificazione degli esigui spazi disponibili nella penisola. In quest'ambito si pone l'ampliamento dello scavo al di sotto della chiesa di s. Domenico, dove sono state riconosciute le massicce fondazioni in blocchi di un tempio greco. Degne di nota sono pure le indagini sulle fortificazioni urbiche, effettuate in punti diversi e in fasi successive (1980-83, 1986-87). Tuttavia di gran lunga preminenti restano gli scavi e i recuperi avvenuti nell'immensa necropoli, i quali si aggiungono alla precedente documentazione, altrettanto ricca. Anche la chora tarantina è stata oggetto di nuove indagini e di notevoli scoperte. In particolare si deve ricordare la ripresa dello scavo nel santuario di Satyrion (1980), con la definizione cronologica dell'edificio di culto principale e delle strutture circostanti e le ricerche nel territorio di Crispiano (1992), dove, in località l'Amastuola, sono stati messi in luce alcuni ambienti di abitazioni, con muri di pietre a secco, che si sovrappongono a un precedente villaggio capannicolo iapigio. La scoperta è di particolare importanza perché attesta, già nella prima metà del 7° secolo a.C., la rapida espansione nell'entroterra dei coloni spartani, ai danni degli indigeni Iapigi.
La Puglia in età romana. - Anche le ricerche nell'ambito dell'età romana, meno sviluppate in passato in P., hanno avuto uno straordinario incremento negli ultimi anni. Nella P. settentrionale è stato assai importante lo scavo sistematico di Herdonia, condotto ininterrottamente dal Centre belge de recherches archéologiques. Di grande interesse sono state anche le ricerche effettuate a Canusium, soprattutto quelle nella zona di ''Giove Toro'' (1978-82) e all'interno del centro urbano romano, cui si sono affiancati lo studio delle strutture di fondazione del ponte sul fiume Ofanto (1985) e i saggi (1986-87, 1989-91) in alcune villae rusticae del territorio canosino. Almeno una menzione meritano la scoperta di un lungo tratto delle mura della colonia latina di Luceria (1980) e gli scavi presso le mura e all'interno della colonia romana di Sipontum (1980, 1988, 1992). Da notare ancora nel Gargano la ripresa e l'ampliamento dello scavo della grande villa di Mattinata, sulla costa meridionale (1986-87), e la scoperta di strutture termali a Vieste, presso l'estremità dello stesso promontorio (1986-87).
Passando alla P. centrale, si devono segnalare gli scavi di una parte dell'abitato dell'antica Azetium (1978, 1989-90), di strutture abitative a Gravina (1991-92), identificata con la romana Silvium, e ancora di una grande villa del 1° secolo d.C. a Mola (1989-90, 1992), con ambienti pavimentati a mosaico e portici colonnati. Numerosissime sono le scoperte effettuate nelle tre province salentine.
Di grande interesse storico e archeologico si presentano le scoperte fatte nella città di Taranto, riferibili sia al primo impianto della colonia graccana Neptunia (abitazioni, strutture produttive, necropoli), sia al successivo periodo tardorepubblicano e imperiale (1980-85, 1989). Ugualmente numerose e varie le scoperte fatte a Brindisi e nel territorio circostante. Ai margini della moderna città, in via Cappuccini, è stata messa in luce una grande area necropolare, con tombe a inumazione e a cremazione che vanno dalla metà circa del 3° secolo a.C. alla tarda età romana. A queste si devono aggiungere le scoperte e i recuperi avvenuti nel contesto urbano romano (1986-89, 1992) e in località Giancola, a nord di Brindisi, con lo scavo delle fornaci produttrici di anfore, curato dall'università di Siena (1989-91). In provincia di Brindisi vanno ricordate le ampie ricerche effettuate a Valesio dalla Libera università di Amsterdam (1985-88), nonché gli scavi di Mesagne (1986-88), di Francavilla Fontana (1990), di Muro Tenente (1992). In provincia di Lecce notevoli sono lo scavo della necropoli di via delle Torri a Otranto (1978), e quello di una parte dell'abitato dell'antica Uzentum (1985, 1988-89).
Rilevanti anche le scoperte subacquee. Agli anni 1981-82 risale lo scavo del relitto di una nave da carico nelle acque delle isole Tremiti: il recupero di numerose anfore da trasporto e di pochi frammenti di ceramica da mensa hanno consentito di localizzarne cronologicamente il naufragio in età augustea. Altri interessanti recuperi subacquei sono quelli avvenuti a Margherita di Savoia (1988) e nelle acque di s. Caterina di Nardò (1982), dove fu individuato il relitto di una nave carica di anfore greco-italiche. Tuttavia la scoperta più rilevante è quella avvenuta, nel 1992, a Brindisi, presso punta Serrone, dove sono stati individuati e presto recuperati frammenti e parti di statue di bronzo, riferibili a un ampio arco cronologico che va dal 4° secolo a.C. al 4° d.C. Tra questi bronzi, attualmente in corso di pulitura e di restauro, non mancano opere di alta qualità artistica. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Notizie sull'attività di ricerca e sulle scoperte: E.M. De Juliis, Un quindicennio di ricerche archeologiche in Puglia: 1970-1984. Parte II: 1978-84, in Taras, 5, 2 (1985), pp. 177-227; A. Andreassi, Atti XXV Convegno studi sulla Magna Grecia (Taranto 1985), Taranto 1986, pp. 369-413; Id., Atti XXVI Convegno studi sulla Magna Grecia (Taranto 1986), ivi 1987, pp. 623-72; Soprintendenza archeologica della Puglia, Notiziario delle attività di tutela, 1986-1987; 1987-1988; 1988-1989; 1989-1990; 1990-1991; 1991-1992, in Taras, 7, 1-2 (1987), pp. 89-179; 8, 1-2 (1988), pp. 63-218; 9, 1-2 (1989), pp. 133-279; 10, 2 (1990), pp. 265-479; 11, 2 (1991), pp. 191-364; 12, 2 (1992), pp. 197-360; E.M. De Juliis, Le antichità sommerse, in La Puglia e il mare, a cura di C.D. Fonseca, Milano 1984, pp. 121-30.
Opere di carattere generale: La civiltà dei Dauni nel quadro del mondo italico, Atti del XIII Convegno di Studi Etruschi e Italici (Manfredonia 1980), Firenze 1984; La Daunia antica. Dalla preistoria all'alto medioevo, a cura di M. Mazzei, Milano 1984; E.M. De Juliis, I popoli della Puglia prima dei Greci, in Magna Grecia. Prolegomeni, a cura di G. Pugliese Carratelli, vol. i, ivi 1985, pp. 145-88; Id., L'origine delle genti iapigie e la civiltà dei Dauni, in Italia omnium terrarum alumna, a cura di G. Pugliese Carratelli, ivi 1988, pp. 591-650; F. D'Andria, Messapi e Peuceti, ibid., pp. 651-715; E.M. De Juliis, Gli Iapigi. Storia e civiltà della Puglia preromana, Milano 1988; Archeologia e Territorio. L'area peuceta, Atti del seminario di studi (Gioia del Colle 1987), a cura di A. Ciancio, Putignano 1989; Archeologia dei Messapi, Catalogo della mostra a cura di F. D'Andria, Bari 1990; G. Volpe, La Daunia nell'età della romanizzazione, Bari 1990; I Messapi, Atti XXX Convegno studi sulla Magna Grecia (Taranto 1990), Taranto 1991.
Sulla produzione artigianale: A.D. Trendall, A. Cambitoglou, The red-figured vases of Apulia, 2 voll., Oxford 1978, 1980; M.L. Nava, Stele Daunie I, Firenze 1980; Gli ori di Taranto in età ellenistica, a cura di E.M. De Juliis, Milano 1984; D.G. Yntema, The matt-painted pottery of Southern Italy, Galatina 19902.
Sui principali centri antichi: Ordona VIII. Rapports et études, a cura di J. Mertens, Bruxelles-Roma 1988; Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, Catalogo della mostra, a cura di G. Andreassi e F. Radina, Bari 1988; Monte Sannace. Gli scavi dell'acropoli (1978-1983), Galatina 1989; A. Dell'Aglio, E. Lippolis, Catalogo del Museo nazionale archeologico di Taranto. II, 1. Ginosa e Laterza. La documentazione archeologica dal VII al III sec. a.C. - Scavi 1900-1980, Taranto 1992; Principi imperatori vescovi. Duemila anni di storia a Canosa, a cura di R. Cassano, Venezia 1992.
Tutela dei beni architettonici. - La quasi totalità degli interventi di restauro architettonico effettuati in P. negli ultimi decenni coincide con l'attività di tutela e intervento della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, e Storici. Il restauro, interpretato da una parte come ripristino e dall'altra come intervento critico, è stato diversamente inteso da due figure eminenti nell'ambito dell'attività della Soprintendenza non solo per il gran numero di interventi progettati e diretti, ma anche per il lungo periodo di reggenza: F. Schettini, soprintendente dal secondo dopoguerra alla metà degli anni Sessanta, e R. Mola dagli anni Settanta fino alla sua scomparsa (1991).
A Schettini si devono i maggiori interventi su significativi settori della città di Bari fra i quali, oltre ai restauri della Cattedrale di San Sabino e della chiesa di San Gregorio, è da ricordare il restauro della basilica di San Nicola e delle parti circostanti, consistito nella liberazione della chiesa dalla fastosa decorazione barocca e nella restituzione delle parti compromesse dagli interventi di ammodernamento succedutisi a partire dal 14° secolo; particolare rilevanza assumono la liberazione dell'intorno della Basilica col successivo inserimento in stile del portico dei Pellegrini, e il restauro del Castello svevo che si collega ad analoghi interventi sui castelli federiciani della regione. Sono infine da ricordare il restauro della Cattedrale di Polignano, l'intervento sulla Cattedrale di Taranto, oltre agli scavi di Canne e dell'anfiteatro di Lucera.
Su altri principi si è fondata l'attività di Mola, nella quale è possibile individuare le istanze di un atteggiamento più moderno nei confronti delle problematiche del restauro da intendersi non più come attività riservata esclusivamente alla salvaguardia del monumento, ma come tutela da estendersi al più vasto ambito del restauro architettonico di edifici collocati in ambienti sia urbani, sia naturali. Oltre agli interventi sulla chiesa di San Francesco d'Assisi a Bitonto, sulla cattedrale di Trani, sulla chiesa di Santa Maria di Siponto a Manfredonia e sul complesso abbaziale nell'isola di San Nicola nelle Tremiti (con G. De Tommasi e N. Tomaiuoli), l'opera di restauro e tutela di Mola si è esercitata nel recupero di una molteplicità di edifici minori, eppur rilevanti per la storia dell'architettura in P., come il battistero di San Giovanni a Canosa, la chiesa di Santo Antonio Abate a Monte Sant'Angelo, la chiesa di Santa Maria a Monte D'Elio a Sannicandro Garganico, la chiesa di San Pietro a Otranto, la torre costiera di Peschici.
L'attività dell'attuale soprintendente R. Di Paola nel proseguire, fra gli altri, i lavori iniziati dal predecessore con il restauro della Cattedrale di Bitonto, delle mura e della Cattedrale di Otranto, si prefigge per i prossimi anni una più attenta cura dei contesti ambientali all'interno dei quali i restauri saranno operati, con attenzione sempre maggiore al recupero integrale dell'ambiente urbano, come nel caso dei lavori d'indagine e restauro della chiesa di San Giovanni al Sepolcro a Brindisi, di recente iniziati.
Altri interventi di restauro sono stati svolti sotto il controllo della Soprintendenza a opera di singoli professionisti (Castel del Monte ad Andria, chiesa di Santa Caterina a Bitonto, basilica di San Leucio a Canosa, castelli di Trani e Manfredonia, chiesa di San Francesco a Cerignola: G. De Tommasi; chiesa del Santo Sepolcro a Barletta, complesso conventuale di Santa Scolastica a Bari, chiesa di Santa Maria la Veterana a Bitetto, Cattedrale di Vieste: A. Ambrosi; chiesa di San Nicola ad Andria, Cattedrale e chiesa di San Domenico a Taranto: G. Fuzio; Teatro Curci a Barletta, Cattedrale di Ruvo, Teatro di Lucera, Santuario della Madonna di Altomare ad Andria: M. Civita). Anche questi interventi hanno avuto un'amplissima casistica: dal carattere archeologico della basilica di San Leucio a Canosa, al rifacimento dei paramenti murari esterni di Castel del Monte, alla posa in opera di dispositivi per la deumidificazione del Santuario della Madonna di Altomare, all'innesto dei segni contemporanei dell'architettura nelle preesistenze del complesso conventuale di Santa Scolastica a Bari.
Tutela dei beni ambientali. - Gli interventi a carattere ambientale sia urbano sia naturale rimangono ancora frammentari: con esclusione dei centri di maggior interesse come Gravina di Puglia, Taranto e pochi altri, le azioni di recupero urbano risentono di un certo disinteresse da parte degli utenti e delle amministrazioni locali, che finora hanno potuto contare quasi esclusivamente su sporadici interventi ''a pioggia'', erogati dai ministeri dei Lavori Pubblici e dei Beni Culturali e Ambientali con le somme attribuite con i capitoli di spesa annuali dalle leggi finanziarie e il frequente intervento del Genio Civile, ma sempre in assenza di piani organici di recupero e tutela.
A questi finanziamenti si è aggiunto il determinante intervento della Regione P. con la L. R. 37/79, gestita dall'assessorato alla Cultura, col programma degli Itinerari Turistico-Culturali, ultimamente in grado di far fronte solo al 10% delle richieste. Ulteriore fonte di finanziamento è costituita dai FIO (Fondi Investimento Occupazione) della CEE e dai minori finanziamenti erogati dagli enti locali e da quelli ecclesiastici. Rimane da segnalare, in ambito privato, la Società Fratelli Dioguardi con gli interventi di studio e assistenza sugli antichi nuclei urbani di Bari e di Otranto, intesi come sperimentazione per la messa in esercizio di una rete informatizzata di dati utili alla tutela e alla manutenzione dell'edilizia minore.
La Regione P. non ha visto ancora l'applicazione dei decreti attuativi della l. 431/85 in virtù dell'esistenza della L.R. 56 del 31 maggio 1980 "Tutela e uso del territorio", a tutt'oggi non applicata completamente nel suo articolato. I pochi interventi di tutela delle aree extra-urbane sono demandati ai vincoli idrogeologici (R.D. 3267 del 30 dicembre 1923) o a quelli imposti dalla l. 1497/39. Secondo l'art. 3 della l. 56 del 31 maggio 1980, gli strumenti della pianificazione territoriale sono il Piano Urbanistico Territoriale regionale (PUT) con le sue articolazioni e il Piano Regolatore Generale comunale e/o intercomunale. Al momento attuale, tuttavia, l'unico strumento in itinere relativo all'ambiente è un Piano Urbanistico Territoriale Tematico (PUTT), previsto dall'art. 8 della stessa legge, in attesa dell'entrata in vigore del primo PUT.
Mentre il PUTT/PBA (Piano dei Beni Ambientali) è in cantiere dal 1987 su sollecitazione della cosiddetta legge Galasso, ma non ha ancora trovato applicazione, un disegno di legge regionale del dicembre 1992, a cura del gruppo consiliare dei Verdi, definisce, in attuazione dei principi programmatori dello Statuto regionale, l'istituzione delle aree, al fine di garantire la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e ambientale con la conseguente promozione di attività relative alla corretta fruizione del territorio per scopi sociali, scientifici, didattici e culturali (art. 1).
In attesa dell'approvazione degli strumenti operativi, si segnala l'attività dell'assessorato all'Ambiente attraverso delibere specifiche relative ai parchi naturali dell'area metropolitana barese (parchi delle Lame), all'individuazione dei limiti territoriali dei parchi dell'Alta Murgia, del Sub-Appennino Dauno, di Torre Guaceto nel Salento, delle Murge Tarantine e del Gargano-Tremiti, in applicazione della l. quadro 394 del 6 dicembre 1991 per l'indicazione/salvaguardia delle aree protette.
Bibl.: F. Schettini, La Basilica di San Nicola di Bari, Bari 1967; AA.VV., Restauri in Puglia 1971-1983, ii, Catalogo della mostra a cura della Soprintendenza ai BB.AA.AA.AA. della Puglia, Fasano 1983; G. Cataldo, Per una lettura del territorio: Persistenze e tracce, in Programma di salvaguardia del patrimonio storico-architettonico del territorio di Bari, a cura di G. Cataldo e S. Serpenti, Bari 1989, pp. 9-16.