Proverbi
Libro del Vecchio Testamento, primo dei libri didattici, che in ebraico porta il nome di Mešālim ed è reso in greco con παροιμίαι e in latino con Proverbia. Il titolo ebraico va ricondotto alla tecnica letteraria del māšal - che indica, grosso modo, il procedimento gnomico - propria soprattutto della precettistica morale e religiosa. In tal senso il titolo greco e latino vuole evocare specificamente l'idea di ‛ detti ' e di ‛ massime '. I P. sono un'opera dalle caratteristiche sapienziali, che presenta una varietà di contenuti istruttivi svolti in formule sentenziose.
Il libro, dopo una breve introduzione, eleva una lode alla Sapienza invitando ad acquistarla e indicandone gl'ineguagliabili benefici; la Sapienza vi appare personificata nell'atto d'imbandire un convito mistico mentre la Follia tenta di attrarre a sé gli uomini (1, 8 - 9, 18). A questa sezione seguono poi: alcune norme di condotta (10, 1- 22, 6); i doveri verso il prossimo e alcune regole di temperanza, la lode della giustizia e la condanna della pigrizia (22, 17-24, 34); una serie di massime di vario cotenuto (25-29); confronto tra sapienza divina e piccolezza umana (30, 1-4); sentenze morali con parallelismo a numerazione ascendente (30, 15-33); consigli ai re (31, 1-9) e, infine, un elogio alla donna forte (31,10-31). Le due raccolte maggiori (10,1- 22, 16 e 25-29), che rappresentano anche la sezione più antica dei P., vanno sotto il nome di Salomone (di qui l'attribuzione a quest'ultimo di tutto il libro). Il libro dei P., frequentemente echeggiato nel Nuovo Testamento, fu oggetto di scarsi commenti da parte dei Padri della Chiesa. Il suo uso liturgico è tuttavia ben attestato, in particolare per l'elogio della donna forte riferito sovente alle sante. Negli autori medievali, comunque, il libro dei P. è tra i più usati.
Anche in D. il libro dei P. - insieme alla Genesi, al Salterio, e a Isaia - è uno dei libri più citati del Vecchio Testamento. Il suo uso riguarda sia la tematica sapienziale che la precettistica morale, ambedue ampiamente presenti nei Proverbi. Le citazioni esplicite dei P., oltre un'occorrenza della Monarchia, ricorrono unicamente nel Convivio. In Cv III XI 12 a proposito dell'affermazione che 'l vero filosofo ciascuna parte de la sua sapienza ama, e la sapienza ciascuna parte del filosofo è citato ciò che essa Sapienza [personificata] dice ne li Proverbi di Salomone: " Io amo coloro che amano me " (Prov. 8, 17 " ego diligentes me diligo "). In Cv III XIV 7, a celebrazione della sapienza divina è ricordato, accanto ad altre auctoritates bibliche, quanto ne li Proverbi di Salomone essa Sapienza dice: " Etternalmente ordinata sono " (Prov. 8, 23 " Ab aeterno ordinata sum "); allo stesso tema è da ricondurre l'ampia citazione accolta in Cv III XV 16 per sottolineare la compresenza in Dio della Sapienza nell'atto della creazione: E però disse Salomone in quello de' Proverbi in persona de la Sapienza: " Quando Iddio apparecchiava li cieli, io era presente; quando con certa legge e con certo giro vallava li abissi, quando suso fermava [l'etera] e suspendeva le fonti de l'acque, quando circuiva lo suo termine al mare e poneva legge a l'acque che non passassero li suoi confini, quando elli appendeva li fondamenti de la terra, con lui e io era, disponente tutte le cose, e dilettavami per ciascuno die " (Prov. 8, 27-30 " Quando praeparabat caelos aderam, / quando certa lege et gyro vallabat abyssos, / quando aethera firmabat sursum, / et librabat fontes aquarum, / quando circumdabat mari terminum suum / et legem ponebat aquis, ne transirent fines suos, / quando appendebat fundamenta terrae, / cum eo eram cuncta componens / et delectabar per singolos dies "). La traduzione appare letterale, ma è da notare l'accentuazione della presenza della Sapienza in Dio attraverso la versione di " cum eo eram " in con lui e io era. Ancora a proposito della manifestazione della divina sapienza nelle operazioni umane, in Cv IV V 2 D. dice posso parlare con la bocca di Salomone, che in persona de la Sapienza dice ne li suoi Proverbi: " Udite: però che di grandi cose io debbo parlare " (Prov. 8, 6 " audite, quoniam de rebus magnis locutura sum "). In Cv IV VII 9, D. si richiama ai precetti di Salomone: comanda Salomone a colui che 'l valente antecessore hae avuto, nel vigesimo secondo capitolo de li Proverbi: " Non trapasserai li termini antichi che puosero li padri tuoi "; e dinanzi dice, nel quarto capitolo di detto libro: " La via de' giusti ", cioè de' valenti, " quasi luce splendiente procede, e quella de li malvagi è oscura. Elli non sanno dove rovinano ". Il primo passo è quello di Prov. 22, 28 " Ne transgrediaris terminos antiquos, / quos posuerunt patres tui ", e il secondo è di Prov. 4, 18-19 " iustorum [che D. glossa come valenti] autem semita quasi lux splendens, / procedit et crescit usque ad perfectam diem. / Via impiorum tenebrosa, nesciunt ubi corruant ". La traduzione di D. omette la specificazione " et crescit usque ad perfectam diem ", mentre risulta completa, con un minimo adattamento, in Cv III XV 18: non chiudete gli orecchi a Salomone... dicendo che ‛ la via de' giusti è quasi luce splendiente, che procede e cresce infimo al die de la ‛ beatitudine '. Alla precettistica salomonica fa ancora riferimento Cv IV VII 13 e però dice Salomone nel quinto capitolo de li Proverbi: " Quelli muore che non ebbe disciplina, e ne la moltitudine de la sua stoltezza sarà ingannato " (Prov. 5, 23 " ipse morietur, .quia non habuit disciplinam, / et in moltitudine stultitiae suae decipietur "); da ciò D. trae il senso morale: Ciò è a dire: Colui è morto che non si fé discepolo, che non segue lo maestro; e questo vilissimo è quello [che non usa ragione], specificando inoltre il valore allegorico di morto (§ 14): colui che ha rinunciato al retto uso della ragione è morto [uomo] e rimaso bestia.
In Cv IV XV 13 contro i cattivi sapienti è richiamato quanto per costoro dice Salomone ne li Proverbii: " Vedesti l'uomo ratto a rispondere? di lui stoltezza, più che correzione, é da [sperare] (Prov. 29, 20 " Vidisti hominem velocem ad loquendum: stultitia magis speranda est quam illius correctio "), dove la resa di " loqui " con rispondere è in connessione con la tecnica medievale della quaestio. In Cv IV XXIV 16, a riprova dell'obbedienza dovuta dal figlio al padre è arrecato ciò che scrive Salomone ne li Proverbi, che quelli che umilemente e obedientemente sostiene dal correttore le sue corrett[iv]e riprensioni, " sarà glorioso "; l'adattamento al contesto obbliga D. a una parafrasi del testo biblico che è, con tutta probabilità, quello di Prov. 13, 18 " qui autem adquiescit arguenti glorificabitur ". Il " qui... adquiescit " diviene qui ‛ colui che sopporta umilmente e obedientemente ' e l' " arguens " è chi, in qualità di correttore, muove delle corrett[iv]e riprensioni. D. inoltre chiosa e dice ‛ sarà ', a dare ad intendere che elli parla a lo adolescente, che non puote essere, ne la presente etade. Sullo stesso tema è la citazione di Cv IV XXIV 14 E però dice Salomone, quando intende correggere suo figlio...: " Audi, figlio mio, l'ammaestramento del tuo padre " [che è traduzione fedele di Prov. 1, 8 " Audi, fili mi, disciplinam patris tui "]. E poi lo rimuove incontanente da l'altrui reo consiglio e ammaestramento, dicendo: ‛ Non ti possano quello fare di lusinghe né di diletto li peccatori, che tu vadi con loro '; questa seconda citazione è un sunto e adattamento di Prov. 1, 10-16, in particolare 10-11 e 15: " Fili mi, si te lactaverint peccatores, ne adquiescas eis: / si dixerint: Veni nobiscum... Fili mi, ne ambules cum eis... "; le lusinghe e il diletto cui accenna D. sono quelli esposti in Prov. 1, 11-14. Sempre ai precetti di Salomone fa appello Cv IV XXV 2 con riferimento ai doveri dell'adolescente: E però dice Salomone a lo adolescente figlio: " Li schernidori Dio li schernisce, e a li mansueti Dio darà grazia " [Prov. 3, 34 " Deludet ipse illusores et mansuetis dabit gratiam "]. E altrove dice: " Rimuovi da te la mala bocca, e li altri atti villani siano lungi da te " (Prov. 4, 24 " Remove a te os pravum, / et detrahentia labia sint procul a te "); qui li altri atti villani non è certo traduzione di " detrahentia labia ", a meno che D. non leggesse " detrahentia alia ".
Allusioni ai P. sono infine contenute in Mn III I 3, dov'è ricordato come Salomon... silvam Proverbiorum ingrediens meditandam veritatem, impium detestandum in se fatturo nos docet (con riferimento a Prov. 8, 7 " Veritatem meditabitur guttur meum / et labia mea detestabuntur impium ", cfr. anche 1, 10-19, e in particolare 1, 18 e 22): l'espressione silvam è forse da attribuire alla ‛ materia varia e composita ' dei Proverbi.
Puramente implicite sono le allusioni di Ep VI 21 (Prov. 1, 17), di Ep XI 15 (Prov. 30, 15), e appena un eco quella di Ep VI 10(Prov. 11, 7). Una citazione letterale ma non dichiarata è quella di Pg XXXII 62-63 (Prov. 1, 17).
Alla raffigurazione della sapienza qual'è in Prov. 8, 22-31, si richiama D. nell'identificazione di Filosofia-Sapienza-Donna Gentile. In particolare in Cv II XV 12 è ricordata come la bellissima e onestissima figlia de lo Imperadore de lo universo, a la quale Pittagora pose nome Filosofia; e appunto in Prov. 8, 22-24 la Sapienza dice di sé " Dominus possedit me in initio viarum suarum / antequam quidquam faceret a principio. / Ab aeterno ordinata sum / et ex antiquis, antequam terra fieret. / Nondum erant abyssi, et ego iam concepta eram ".
Il libro dei P. sembra, infine, simbolizzato in uno dei ventiquattro seniori (cioè i 24 libri del Vecchio Testamento secondo l'enumerazione di Girolamo) della processione mistica in Pg XXIX 83-84; v. anche SALOMONE; SAPIENZA; SCRITTURA.
Bibl. - H. Wiesmann, Das Buch der Sprüche, Bonn 1923; W.O. Oesterley, The Book of Proverbs, Londra 1929; B. Gemser, Spruche Salomos, Tubinga 1937; J.J. Weber, Le livre des Proverbes, le livre de la Sagesse et le Cantique des Cantiques, Parigi 1949; A. Barucq, Le Livre des Proverbes, ibid. 1964.