pronti contro termine
Operazione in cui una parte (usualmente una banca) vende ad altra (usualmente un cliente della banca) titoli contro pagamento di un prezzo ‘a pronti’ e si impegna a riacquistarli a una certa scadenza (comunque non superiore a un anno) a un prezzo (‘a termine’) maggiore del primo. L’operazione concilia le esigenze di chi vuole fare fruttare le proprie liquidità per un periodo prestabilito e chi, in modo speculare, vuole rendere liquidi i propri titoli nello stesso periodo. La banca ottiene, in sostanza, un finanziamento a breve termine garantito dai titoli ceduti, che normalmente rimangono in deposito presso la banca; la differenza fra il prezzo a termine e il prezzo a pronti rappresenta l’interesse dell’operazione. ● Rispetto a una operazione di provvista (➔) realizzata mediante deposito in conto corrente, la banca ha il vantaggio di non dovere accantonare a riserva obbligatoria (➔ riserva bancaria) alcuna parte della provvista ottenuta. Il cliente non è invece protetto da una eventuale insolvenza della banca; non opera infatti, in questo caso, l’istituto dell’assicurazione a garanzia dei depositi che copre per l’insolvenza della banca rispetto al rimborso delle somme depositate fino a 100.000 euro. In compenso, il cliente conserva pur sempre la proprietà dei titoli, ma nulla garantisce che riuscirà a rivenderli sul mercato al prezzo a termine concordato. Inoltre, nell’eventualità di insolvenza dell’emittente dei titoli, la banca non è più obbligata (salvo esplicito patto contrario) al loro riacquisto. In questo caso, il cliente è soggetto al rischio di controparte. Esso dipende, ovviamente, dal tipo di titolo oggetto dell’operazione; spesso si tratta di titoli di Stato domestici, ma possono anche essere obbligazioni della banca stessa. Rispetto a ciò, l’insolvenza della banca fa automaticamente svanire anche la garanzia dei titoli e dunque equivale al rischio di controparte.