PROCONSOLE
. È essenzialmente, nella repubblica romana, colui che tiene un comando militare o un'amministrazione provinciale per essere stato console l'anno precedente.
L'origine dell'istituzione è nel diverso modo in cui il principio della temporaneità della carica funziona, secondo che si tratti di imperium domi (comando esercitato entro la città) o d'imperium militiae (comando militare). Mentre il comando all'interno scade automaticamente alla mezzanotte del 31 dicembre, anche se il successore designato sia assente o premorto (v. interregno), il comando militare si protrae, per evidente necessità, fino all'arrivo del successore; salvo che il console non è più tale, ma sta in vece del console (pro consule). Da questo principio il senato trasse profitto per organizzare il comando sulle varie fronti e le crescenti amministrazioni provinciali senza aumentare il numero dei magistrati supremi: riconosciuta l'impossibilità di destinare un nuovo capo al comando dell'uno o dell'altro esercito consolare, si lasciava che il console scaduto continuasse nel suo compito per tutto un altr'anno; e ciò mediante una deliberazione formale detta appunto prorogatio imperii. Secondo Livio (VIII, 23, 26), la prima proroga del genere fu disposta il 327 a. C., nella persona di Q. Publilio Filone; successivamente, essa divenne abituale, non solo estendendosi dal consolato alla pretura, ma staccandosi dalla massima della conservazione del posto precedentemente occupato, per modo che fra i nuovi consoli e quelli dell'anno precedente gl'impieghi si poterono distribuire dal senato in piena libertà. D'altronde il titolo di proconsole venne presto attribuito anche a privati (normalmeme essi pure ex-magisirati, ma senza continuità) che il senato elevava a comandi straordinarî e talvolta prolungati, come P. Scipione nella guerra di Spagna (210-206 a. C.).
Allo scopo di evitare i colpi di mano di generali vittoriosi, Silla regolò tutta questa materia della distribuzione dei comandi con una legge dell'81 a. C.: egli separò nettamente il comando all'interno dal militare, in modo che durante l'anno del consolato fosse esercitato solamente il primo, e il secondo, in qualità di proconsole, l'anno successivo; dispose che l'attesa ulteriore del successore non potesse superare i trenta giorni; vietò inoltre, a quanto pare, ogni comando straordinario. Ma come Silla stesso aveva goduto di tutti i privilegi che oggi vietava, così anche in seguito il titolo di proconsole fu, nella crisi delle istituzioni repubblicane, il punto di passaggio a un nuovo regime: perciò nel 67 a. C., con la scusa di volere sterminare la pirateria, una legge Gabinia costituiva in persona di Cn. Pompeo un imperium proconsulare senza limite di tempo, con potere su tutti i mari e sul litorale, e l'anno seguente una legge Manilia vi aggiungeva il comando nella guerra contro Mitridate e il governo delle tre provincie di Asia, Bitinia e Cilicia; nel 59, una legge Vatinia assegnava a Cesare un comando quinquennale proconsolare per la sottomissione della Gallia, e il vigore della legge veniva poi prorogato per altri cinque anni.
Era naturale che, nella creazione delicata del suo nuovo regime, Ottaviano Augusto ricorresse a questo tipo di comando, anche per la sua ormai tradizionale conciliabilità con tutte le magistrature e promagistrature ordinarie esercitate da altri sugli stessi territorî: perciò nel 23 a. C. egli si fece attribuire un imperium proconsulare maius, infinitum su tutte le provincie riservate per l'amministrazione corrente ai promagistrati di designazione senatoria. Ciò non impediva che i governatori delle maggiori provincie potessero essere a loro volta proconsoli nel buon senso antico; ma ben presto il titolo cambiò significato, per designare non più la posizione del personaggio nella carriera politica, bensì la funzione di governatore di provincia senatoria, fosse o non fosse stato console colui che ne era rivestito.
Nella costituzione monarchica di Diocleziano e Costantino, il nome di proconsole fu riservato ai governatori delle provincie di Asia e di Africa, più tardi anche di Acaia; ma venne anche adoperato a indicare tutt'altre funzioni, ad es., per il funzionario posto a capo dell'amministrazione e della polizia costantinopolitana, prima che gli si desse il titolo di praefectus urbi.
Bibl.: E. Betti, Le origini giuridiche e lo svolgimento politico del conflitto fra G. Cesare e il Senato romano, Città di Castello 1915; P. Bonfante, Storia del dir. rom., I, 3ª ed., Milano 1923, pp. 138, 301 segg.; II, p. 15; P. De Francisci, La costituzione augustea, in Studi in onore di P. Bonfante, I, Milano 1930, p. 11 segg.; C. Halgan, De l'administration des provinces sénatoriales dans l'Empire romain, Parigi 1898; L. Homo, Les institutions politiques romaines, ivi 1927, p. 259 segg.; M. A. Levi, La costituzione romana dai Gracchi a Cesare, Firenze 1928; J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, II, 2ª ediz., Berlino 1884, p. 62 segg.; H. Soldan, Quaestionum de aliquot partibus proconsulum et propraetorum... capita sex, Hannover 1831.