procedimento sommario
procediménto sommàrio locuz. sost. m. – Tale sintagma appare plurisignificante nell’utilizzo che lo caratterizza con riguardo al processo civile. In senso ampio, esso descrive come determinati procedimenti siano caratterizzati da più o meno significativa sommarizzazione rispetto alle forme procedimentali che definiscono il processo di cognizione ordinario. In tale accezione il p. s. si qualifica di norma per una semplificazione delle forme processuali, per una più accentuata oralità e immediatezza dei rapporti tra giudici e parti, a volte per una ridotta istruzione. Storicamente emerge con chiarezza una tendenza a far sì che le forme del p. s. si sostituiscano a quelle per cosiddetto procedimento formale, come è avvenuto con il cod. proc. civ. del 1942 rispetto a quello del 1865. Dal p. s. si devono distinguere i cosiddetti procedimenti a cognizione sommaria, i quali sono caratterizzati non tanto o almeno necessariamente da più semplificate forme procedimentali, ma soprattutto dal fatto che il giudice decide in base a una cognizione incompleta perché parziale, ossia conosce a fondo solo alcune eccezioni, mentre altre le riserva a una ulteriore (eventuale) fase decisoria (cfr. art. 35 cod. proc. civ.). Lo scopo di questi procedimenti è quello di favorire la formazione di un titolo esecutivo per l’attore al fine di assicurargli una più rapida tutela esecutiva. Tale tutela, peraltro, è sempre condizionata, nella sua stabilità, alla completa definizione della cognizione del giudice sul diritto mediante un integrale esame delle eccezioni. In senso stretto, invece, con p. s. s’intende descrivere un particolare procedimento di cognizione, come regolato dall’art. 702-bis all’art. 702-quater cod. proc. civ. e introdotto con la l. 69/2009 per cercare di ridurre i tempi della giustizia civile. L’utilizzo di tale p. s. non è imposto ma è rimesso alla discrezione dell’attore, al ricorrere peraltro dei presupposti di legge, dovendosi trattare di «cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica». Discusso è se il p. s. possa sostituire anche procedimenti ordinari a rito speciale quale il rito laburistico e locatizio, come peraltro sembrerebbe ammettere la lettera della legge e come, soprattutto, la linea di tendenza a riunificare i riti lascia immaginare. Peraltro, al di là di collaterali profili, ciò che caratterizza tale procedimento è la possibilità che se il giudice «ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria… con ordinanza non impugnabile fissa l’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ.», ossia converte la causa nelle forme del procedimento ordinario di cognizione (art. 702-ter, c. 3, cod. proc. civ.). La non sommarietà dell’istruzione costituisce il (discusso) discrimine applicativo dell'istituto, il quale peraltro non sembra qualificarsi per una cognizione superficiale in senso proprio, quanto piuttosto per l’oggettiva semplicità delle questioni di fatto e di diritto da affrontare. Se non viene disposta la conversione, si ha un procedimento caratterizzato nell’essenza dal fatto che il giudice all’udienza sente le parti «omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio», istruisce la causa e a tal fine, con accentuata elasticità, «procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto». La semplificazione procedimentale, peraltro, non deve andare a detrimento di quelle fondamentali garanzie processuali che sono riconosciute dall’art. 111 della Costituzione. La tutela richiesta può essere non solo di condanna, ma anche costitutiva e di mero accertamento, la decisione ha la forma dell’ordinanza, idonea al giudicato (art. 702-quater cod. proc. civ.). Tale provvedimento è appellabile e in questo modo il procedimento rientra nei binari fondamentali del rito ordinario, pur con qualche particolarità conseguente alle peculiarità del primo grado: si apre una fase di gravame in cui sono più largamente ammessi nuovi mezzi di prova e non opera il filtro di cui agli artt. 348-bis e -ter cod. proc. civ. Inoltre il presidente del tribunale può delegare l’assunzione dei mezzi istruttori a uno dei componenti del collegio.