Termine cronostratigrafico che designa il periodo geologico che precede il Cambriano. Il limite superiore è posto in corrispondenza di 570 milioni di anni fa; quello inferiore, del tutto teorico, tra 4,6 e 4,7 miliardi di anni fa, età presunta della differenziazione della crosta terrestre. Le rocce precambriane sono in prevalenza granitiche e gneissiche, e formano gli scudi e i cratoni che costituiscono la parte centrale di ogni continente. Sono presenti anche rocce vulcaniche e sedimentarie, altamente deformate, che evidenziano come nel P. si siano verificati estesi fenomeni orogenetici. Da un punto di vista stratigrafico il P. è tradizionalmente diviso in due grandi complessi: l’Archeano, o P. inferiore, e il Proterozoico. La conoscenza degli eventi geologici registrati nelle rocce di tale periodo (fig. 1) ha consentito tuttavia di ricostruire uno schema stratigrafico del P. molto più articolato di quanto non fosse in precedenza. Numerosi studi geofisici, petrologici, vulcanologici, sedimentologici, geochimici, condotti sulle unità litologiche dei principali cratoni precambriani, hanno fornito ulteriori elementi alle ipotesi relative ai processi di prima formazione e di crescita della crosta continentale, consentendo, per es., di individuare alcuni episodi geologici, tra cui i più importanti sono collocati nell’Archeano superiore (ca. 2,7 miliardi di anni fa) e nel Paleoproterozoico (ca. 1,9 miliardi di anni fa), nei quali il ritmo di produzione di crosta continentale risulta intensificato, probabilmente in relazione al ruolo assolto dai primitivi supercontinenti nel favorire l’intrappolamento di crosta juvenile. Notevoli sono stati anche i progressi registrati nella definizione e nella descrizione delle unità tettoniche relative a differenti blocchi precambriani di accrezione. Con riferimento allo studio delle prime forme di vita (fig. 2), è stata riscontrata la presenza di microfossili in rocce dell’Archeano inferiore (ca. 3,8 miliardi di anni fa): si tratta di tracce di organismi procarioti del diametro di 0,1-3 μm, esaminate al microscopio elettronico in campioni a sezione sottile e analizzate chimicamente attraverso una microsonda e con tecniche spettrofotometriche; l’attribuzione di tali strutture a batteri fossili si basa su valutazioni delle dimensioni, della forma, delle eventuali divisioni della cellula, della distribuzione in colonie e dell’occorrenza in sedimenti biolaminati. Di notevole interesse risulta anche la scoperta (2000) di microrganismi in solfuri massivi vulcanogenici di 3,235 miliardi di anni fa, che retrodata di circa 2,7 miliardi di anni la presenza di forme di vita in ambiente termale sottomarino.