PRATO (fr. prairie; sp. prado; ted. Wiese; ingl. meadow)
Terreno coperto d'erba spontanea o seminata, destinato alla produzione di foraggio che, totalmente o in parte, viene falciato per essere dato in pasto al bestiame tenuto in stalla, somministrandolo sia allo stato di erba fresca, sia ridotto in fieno o altrimenti conservato. Il prato differisce sostanzialmente dal pascolo per la sua più copiosa produttività, onde la convenienza della raccolta del prodotto per mano dell'uomo anziché per bocca del bestiame. Talora la raccolta del prodotto viene effettuata con l'uno e l'altro mezzo, e allora la coltura conserva la denominazione di prato se dal bestiame si fa pascolare soltanto piccola parte dell'erba prodotta; ma se l'esercizio del pascolo assume maggiore importanza, in modo che l'erba falciata rappresenti circa la metà della produzione totȧle, allora la coltura assume il nome di prato-pascolo. Laddove la falciatura del foraggio sia del tutto occasionale, nelle annate di più copioso sviluppo dell'erba, ivi la coltura viene riferita senz'altro al pascolo. Il prato ha una funzione importantissima nello svolgimento dell'attività produttiva dell'azienda agraria in tutte le regioni ad agricoltura intensiva. Il prodotto del prato è a un tempo alimento per il bestiame allevato nell'azienda e materia prima per ottenere i diversi prodotti agrarî animali (carne, latte e suoi derivati, ecc.) che risultano dalla trasformazione del foraggio attraverso l'organismo animale. Ma il prato ha anche altre funzioni produttive indirette, dovute al lavoro degli animali all'uopo allevati nell'azienda, necessario per quasi tutte le colture, al concime di stalla o letame, di cui pure quasi tutte le colture beneficiano, e al miglioramento che la coltura pratense induce nello stato di fertilità del terreno a profitto delle altre colture che con il prato si avvicendano. La flora del prato è costituita esclusivamente o prevalentemente di piante vivaci o poliennali le quali possono essere spontanee o appositamente seminate. Da ciò deriva la distinzione di due principali specie di prati: naturali e artificiali.
I prati naturali sono prevalentemente permanenti o stabili, ossia di durata indefinita. Essi presentano una flora assai complessa, costituita in prevalenza da piante della famiglia delle graminacee; però ne fanno parte sempre anche piante leguminose e di famiglie diverse. Secondo le condizioni di fertilità e di freschezza del prato e le più o meno diligenti cure a esso prodigate dall'agricoltore, diversifica la qualità della flora e la produttività del prato. Fra le graminacee più frequenti nei prati naturali, le quali vengono considerate di buona o almeno mediocre qualità, si annoverano i generi seguenti: Agrostis, Alopecurus, Anthoxanthum, Arrhenatherum, Briza, Bromus, Dactylis, Festuca, Holcus, Glyceria, Cynosurus, Lolium, Phleum, Poa, ecc. Fra le leguminose: Anthyllis, Astragalus, Lathyrus, Lotus, Medicago, Melilotus, Onobrychis, Oxytropis, Trifolium, ecc. E fra le famiglie diverse: Achillea, Bellis, Plantago, Poterium, Ranunculus (solo alcune specie), ecc. Sono da ritenersi cattive piante, perché disadatte per foraggio epperò ingombranti, alcune persino velenose, quelle appartenenti ai generi seguenti: Aconitum, Artemisia, Aethusa, Arum, Aristolochia, Asphodelus, Carduus, Colchicum, Cynara, Cyperus, Equisetum, Euphorbia, Helleborus, Heracleum, Juncus, Lamium, Mentha, Orchis, Pastinaca, Petasites, Polygonum, Rhinanthus, Rumex, Sagittaria, Salvia, Scirpus, Tussilago, Veratrum, ecc. Con appropriate concimazioni, con il risanamento delle zone soggette a ristagno d'acqua e con l'estirpazione è possibile combattere le cattive erbe, favorendo invece lo sviluppo delle buone. I migliori prati naturali si trovano sotto climi temperati e umidi e specialmente nelle zone molto ricche di acque d'irrigazione. Tipici sono i prati naturali della Normandia, della Piccardia, di parte del Belgio, dell'Olanda, della Gran Bretagna e quelli delle vallate alpine italiane e specialmente della Pianura Padana. Ivi il prato naturale può fare buona riuscita anche in terreni di mediocre fertilità naturale, purché abbastanza permeabili, ben livellati e abbondantemente concimati e irrigati. Questo è il caso di non piccola parte delle magnifiche praterie della Lombardia. Lo strato superficiale di questi prati, per uno spessore di circa quattro centimetri, è costituito da un insieme di terriccio bruno e dagli abbondanti cespi delle erbe pratensi con le principali radici; ciò costituisce la cosiddetta "pelliccia del prato", racchiudente gli organi vitali delle erbe. La pelliccia può facilmente venire rimossa, previo taglio incrociato con erpice a coltelli. La rimozione della pelliccia viene soltanto eccezionalmente praticata, nei migliori prati naturali, durante il periodo invernale, quando occorra riformare la sistemazione del terreno; a sistemazione compiuta, la pelliccia viene rimessa a posto e le erbe riprendono regolarmente la loro attività vegetativa. Il prato naturale irriguo deve venire concimato con terricciato o concimi chimici fosfatici e azotati a dosi proporzionate alla quantità di foraggio ritraibile. Talora giovano anche concimi potassici e calcarei. Il prato naturale rappresenta la coltura agraria più adatta a valorizzare larghe disponibilità di acqua d'irrigazione. La produzione del prato naturale irriguo consiste in tre o quattro sfalci d'erba che, valutata a quantità di fieno, ammonta complessivamente a circa q. 90 per ha., variando da un minimo di q. 50 a un massimo di q. 125. In condizioni speciali la produzione massima può essere anche assai maggiore come, per es., per le marcite (v.).
Il prato naturale irriguo o asciutto è generalmente assai meno produttivo di quello irriguo e presenta forti scarti nella produzione di un anno sull'altro, specialmente se sotto climi caldi e siccitosi. E il foraggio prodotto dal prato asciutto riesce di qualità assai differente secondo le condizioni del clima e del terreno; buono sotto climi temperati e in montagna, mediocre, invece, sotto climi caldi e in pianura. La produzione media dei prati naturali asciutti in Italia è di circa q. 23 di fieno per ha. e risulta di regola di un solo sfalcio o taglio d'erba. Data la scarsa produzione del prato naturale asciutto, col progredire dell'agricoltura si tende a diminuirne la superficie per destinare il terreno ad altre colture, fra le quali parte importante viene assegnata al prato artificiale, capace di migliore e più elevata produzione.
Il prato artificiale è generalmente monofita, ossia costituito da una sola specie di erba foraggera, quasi sempre appartenente alla famiglia delle leguminose. Le foraggere all'uopo impiegate sono principalmente quattro: l'erba medica (Medicago sativa), il trifoglio pratense (Trifolium pratense), la lupinella o crocetta (Onobrychis sativa) e la sulla (Hedysarum coronarium). Queste foraggere vengono talora consociate a due a due; le consociazioni più frequenti sono quelle della medica con la lupinella, della medica con la sulla, della lupinella con la sulla. In condizioni speciali vengono adottate anche altre foraggere, come il trifoglio bianco o ladino (Trifolium repens), il trifoglio ibrido o nero (Trifolium hybridum), il trifoglio egiziano o bersim (Trifolium alexandrinum), e qualche altra di minore importanza.
La coltura del prato artificiale di leguminose pratensi si avvicenda ordinariamente con quella delle cereali che traggono profitto della migliorata fertilità del terreno per virtù del prato, specialmente per l'azoto atmosferico fissato e indotto nel terreno per mezzo di residui delle leguminose, a condizione che queste vengano bene concimate con fertilizzanti minerali principalmente fosfatici.
Nei climi temperati è largamente diffuso il prato di erba medica (v. medicaio).
Nei climi temperati e freddi è molto diffuso il prato di trifoglio pratense; in Italia è coltivato, su minore estensione rispetto all'erba medica, nelle regioni settentrionali e centrali. Esso produce normalmente due tagli di foraggio se in coltura asciutta, tre se irrigato; per eccezione si possono fare, rispettivamente, anche tre o quattro tagli. La semina del trifoglio viene eseguita alla fine dell'inverno sul frumento o in consociazione con avena primaverile o altro cereale a semina primaverile.
Nel primo anno il trifoglio si sviluppa poco e ordinariamente non dà un prodotto apprezzabile; nell'anno successivo il prato di trifoglio dà la produzione normale, e, di regola, alla fine dell'anno stesso viene dirotto per destinare il terreno ad altra coltura, ordinariamente quella del frumento. Solo eccezionalmente il prato di trifoglio viene conservato in produzione un secondo anno. Il rendimento medio di un prato di trifoglio è di circa q. 60 di fieno per ha. se in coltura asciutta, q. 80 se in coltura irrigua, con massimi, rispettivamente di q. 80 e 100.
Il trifoglio ibrido tiene il posto di quello pratense nei terreni argillosi dei climi freddi. Nell'agricoltura italiana non ha interesse apprezzabile.
Il prato artificiale di lupinella trova condizioni di maggiore convenienza nelle terre molto calcaree, poco fertili e alquanto siccitose. È più frequente nell'Italia centrale che nella settentrionale e nella meridionale.
La lupinella viene generalmente seminata insieme con il frumento impiegando circa kg. 50 di seme nudo o una quantità doppia di seme vestito per ha. Il prato raggiunge il suo pieno sviluppo l'anno successivo a quello della semina e si conserva in buona produzione per due anni, eccezionalmente per tre anni; ordinariamente dà un solo sfalcio in maggio-giugno.
Il prato artificiale di sulla non ha interesse per i climi freschi, ma ne ha molto per i climi caldo-aridi e specialmente per i terreni eccessivamente argillosi che poco si prestano alla buona riuscita delle altre piante pratensi. In Calabria e in Sicilia si rinviene la sulla anche allo stato spontaneo, ma per formare con essa un buon prato conviene seminarla. Come la lupinella, viene seminata in autunno insieme con il frumento, impiegando circa kg. 20 di seme nudo per ha. o una quantità tripla di seme vestito. Ordinariamente dura in produzione un solo anno, come il trifoglio pratense; dà un solo sfalcio che però può riuscire abbondantissimo. Il foraggio fresco di sulla è molto appetito dal bestiame perché dolce; trasformato in fieno talora riesce alquanto grossolano per i grossi steli contenuti ed è più adatto per gli equini che non per i bovini. Si conserva benissimo allo stato fresco in silos.
Il prato di sulla arricchisce molto il terreno e lo prepara benissimo per la successiva coltura del frumento. La sulla è molto coltivata nei terreni argillosi delle Marche e degli Abruzzi e più ancora in quelli, pure argillosi, della Calabria e della Sicilia. Questa pianta favorisce molto l'allevamento delle api, grazie alla sua bella e abbondante fioritura ricca di ottimo nettare.
Il prato di trifoglio bianco o ladino ha notevole importanza nella bassa Lombardia dove più abbonda l'acqua d' irrigazione. Il prato di ladino può essere di puro trifoglio bianco, oppure di trifoglio bianco consociato a erbe graminacee; esso, se favorito da appropriate concimazioni e frequenti irrigazioni, produce tre o quattro tagli di ottimo foraggio e dura in produzione circa tre anni.
Il migliore trifoglio bianco è quello italiano (ladino lodigiano).
Il prato di trifoglio egiziano o alessandrino, detto bersim in Egitto, non ha importanza per l'agricoltura dei paesi freddi e temperati. Esso costituisce una specialità dell'agricoltura egiziana dove, mercé il clima caldo, il terreno permeabile e la grande abbondanza di acqua d'irrigazione, nel breve suo ciclo colturale di un solo anno, produce tre o quattro tagli di ottimo foraggio.
Serve inoltre come coltura da sovescio parziale e per tal modo arricchisce molto il terreno a profitto della successiva coltura (cotone, granturco, ecc.).