Vedi POZZUOLI dell'anno: 1965 - 1996
POZZUOLI (v. vol. VI, p. 413)
Il fenomeno del bradisismo, riacutizzatosi negli anni '80, ha permesso il recupero di ulteriori notizie su fasi e monumenti antichi. Già altri fatti traumatici (p.es. l'incendio che distrusse alcuni anni or sono il Duomo) avevano restituito le forme del tempio corinzio esastilo pseudoperiptero, di cui erano precedentemente visibili solo parti limitate - come il colonnato del pronao - ma che in effetti era stato letteralmente foderato dalle strutture della chiesa. L'edificio, noto dai disegni di Giuliano da Sangallo, è uno degli esempî più interessanti del tipo che si ricollega ai templi di Apollo Palatino e di Apollo Sosiano a Roma, e viene associato da alcuni al culto di Augusto integratosi a quello apollineo, tradizionale nell'area flegrea come dimostra il confronto cumano. La datazione trova conferma nel nome dell'architetto L. Cocceius Auctus che aveva costruito la crypta neapolitana e la galleria dell'Averno (CIL, X, 1613-1614). Nel sottostante edificio, contraddistinto da un podio con profilo a echino, è sicuramente da leggere il primitivo impianto cultuale della colonia di cittadini del 194 a.C., programmato e coordinato agli allineamenti delle strade e alle costruzioni più antiche della zona di S. Liborio, caratterizzata da trovamenti risalenti anche all'età arcaica.
Nell'area urbana centrale le scoperte recenti riguardano edifici di carattere pubblico (sotto il Municipio), o serie di costruzioni con caratteristiche funzionali tipiche del terziario (zona Nord della città). Tabernae, con funzioni anche abitative, dalla pianta lunga e stretta, riscontrabile soprattutto nella fase tardo-repubblicana o nella prima età imperiale, sono dislocate sulle varie terrazze della città. Esse erano servite da strade principali ortogonali all'andamento della collina della Solfatara. Il raccordo tra quote diverse doveva avvenire con percorsi a forte pendenza, vie a gradoni o strade coperte (viae tectae, come quella sotto la Villa Avellino) che si insinuavano entro gli edifìci e i muraglioni di sostruzione in cui erano ricavate strutture di servizio e di immagazzinaggio. Queste ultime costituivano un modello architettonico di base in un centro con vocazione di mercato, risultando in definitiva una costante in tutti i quartieri cittadini, come ricordato nelle tavolette di Murecine con gli impianti per il deposito e lo stoccaggio differenziati sulle varie fasce urbane.
Trae dunque conferma la forma della città organizzata su tre larghi gradoni, secondo la rappresentazione in diversi registri nei noti vasi vitrei della serie Puteoli. Alle già note fiasche di Odemira e Praga si è aggiunto l'esemplare conservato nel Pilkington Museum, che chiarisce, o conferma ulteriormente, elementi della città antica finora male interpretati. Tra questi è il c.d. secondo anfiteatro del vaso di Odemira, plausibilmente da identificare con lo stadio inciso nell'esemplare di Praga in forma canonica e deformato in ellisse anche nella terza raffigurazione. Da sottolineare l'aspetto dell'affidabilità dei vasi per la ricerca topografica e in particolare il loro valore insostituibile per quanto riguarda edifici non altrimenti noti. Il teatro, p.es., pur nella visione deformata dei vasi che senza dubbio presentano il panorama cittadino visto dal mare, doveva trovarsi tra le terrazze mediana e inferiore della città, non lontano dall'area forense ricordata sia nel vaso di Odemira (strata. pos. foru) sia in quello inglese (foru. pos. foru). Il punto corrisponde a un quartiere di recente e radicale urbanizzazione per la vicinanza ai decatria, toponimo ricordato in una delle raffigurazioni e localizzabile nella topografia grazie a un'iscrizione che permette il riferimento alla zona di S. Giuseppe.
L'area della piazza principale si può attribuire alla fase di espansione della città, visto che il centro repubblicano post-annibalico, sorto secondo il caratteristico schema regolare delle coloniae maritimae sul Rione Terra, si allargò nel breve volgere di qualche decennio come risulta anche dal dimensionamento urbano «...ad portam mille a porta est...» riportato in Lucilio (III, frg. 125 Krenkel). A questa area fanno riferimento complessi edilizî e viabilità riconoscibili nell'organizzazione regolare dell'intero quartiere del Foro con possibilità di aggancio cronologico alle fasi amministrative del centro antico: che tale momento sia da riconoscere entro gli inizî del I sec. a.C. in una giustificazione dello sviluppo economico puteolano tradotto nel fervore edilizio desumibile dalla Lex parieti faciendo, potrebbe trovare conferma nell'orientamento del c.d. anfiteatro minore, coerente con il sistema zonale. In tale ambito cronologico la costruzione dell'edificio di P. si collegherebbe da un lato con l'acquisizione di un modello di urbanitas che ha riscontri a Pompei, e dall'altro con la diffusione del coementicium che trovava proprio nella pozzolana una delle sue componenti.
Nei quartieri nord-occidentali le linee della pianificazione regolare dalla fase flavia (anfiteatro maggiore, neroniano secondo un'ipotesi recente) si collegano a quelle d'età traianeo-adrianea con le grandi terme - convenzionalmente note con il nome di Tempio di Nettuno - che costituiscono un esempio di impianto a riscaldamento artificiale con le componenti disposte assialmente secondo i modelli di Roma. Nel contempo si delineano complessi termali (p.es. il «Bagno Ortodonico») che dovevano basarsi sul recupero delle acque e dei vapori connessi con il vulcanismo secondario della zona, con precisa continuità nel costone urbano a E del Rione Terra che vede l'uso di questo tipo di impianti fino ai nostri giorni.
Bibl.: P. Sommella, Forma e urbanistica di Pozzuoli romana, Napoli 1980 (con bibl. prec.). - Studi e aggiornamenti compaiono periodicamente in Puteoli, I, 1977 e ss. - V. inoltre: M. Frederiksen, Campania, Roma 1984; F. Zevi (ed.), Puteoli, Napoli 1993.