Potere, autorità inerente a una carica, o piuttosto il diritto, giuridicamente riconosciuto, all’esercizio di un potere e delle funzioni con questo connesse.
Potestà dei genitori. - In base all’art. 30 Cost. è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli. In particolare, l’art. 316 c.c., così come modificato dalla l. n. 151/1975 ha attribuito a entrambi i genitori, e non più solo al padre, l’esercizio della potestà; essa è esercitata di comune accordo, ma, in caso di contrasto su questioni di particolare importanza, ciascun genitore può ricorrere senza formalità al giudice, indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. Come residuo della previgente normativa (che attribuiva alla funzione paterna un carattere prevalente) è data facoltà al padre di adottare i provvedimenti urgenti e indifferibili se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio. Il giudice, sentiti i genitori e il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene più idoneo a curare l’interesse del figlio. Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile a uno dei genitori l’esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo dall’altro. La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, scioglimento, annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, i figli vengono affidati a uno solo di essi; anche il genitore del figlio naturale esercita la stessa potestà (art. 261 c.c.). I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, hanno la rappresentanza legale dei figli e ne amministrano i beni: gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore, mentre per gli atti di straordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare che sarà data solo in caso di necessità o utilità evidente per il figlio. I genitori, infine, hanno l’usufrutto dei beni del figlio; i frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia, all’istruzione e all’educazione dei figli. In base all’art. 324 c.c., non sono tuttavia soggetti a usufrutto: a) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro; b) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un’arte o una professione; c) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori non ne abbiano l’usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima; d) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell’interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà; se uno solo era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Incapacità legale e incapacità naturale