POTERI
. Divisione dei poteri (XXVIII, p. 117). - Il principio della divisione dei poteri, che era stato accolto, sia pure con varie limitazioni, nello Statuto del 1848, ed era stato la base di tutta la legislazione pubblicistica del periodo successivo, doveva subire, sotto il fascismo, continue e crescenti menomazioni. Con la legge sul primo ministro (24 dicembre 1925, n. 2263), con quella sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche (31 gennaio 1926, n. 100) e con quella sul Gran consiglio (9 dicembre 1928, n. 2693), era stata assicurata la preminenza del potere esecutivo sugli altri poteri dello stato, particolarmente sul potere legislativo. La tendenza trovò la sua più decisiva espressione nella legge che sostituì la Camera dei deputati con quella dei fasci e delle corporazioni (19 gennaio 1939, n. 129). L'elettività della Camera, già ridotta ad una pura parvenza con la legge 2 settembre 1928, n. 1993, fu interamente soppressa. Fra i fini principali della nuova Costituzione v'hanno il ripristino dell'indipendenza di ciascuno dei tre poteri e la relativa garanzia costituzionale.
L'indipendenza del potere legislativo dall'esecutivo è stata assicurata non solo con la ricostituzione della Camera dei deputati quale assemblea di origine interamente elettiva, ma anche con la sostituzione del vecchio senato di nomina regia con una seconda camera, egualmente eletta dal popolo. Dal punto di vista funzionale, la Costituzione ha cercato di separare il più possibile le funzioni proprie dei due poteri. La funzione legislativa è attribuita esclusivamente alle due camere rappresentative, senza alcuna partecipazione del capo dello stato (art. 70). Inoltre, l'esercizio eccezionale della funzione legislativa da parte del governo, mediante i decreti legislativi e i decreti legge, è stato ridotto entro termini ristrettissimi e circondato di speciali garanzie e responsabilità (articoli 76, 77; v. legge, in questa Appendice). Quanto al potere giudiziario, esso, per la prima volta nella Costituzione, è dichiarato "un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere" (art. 104): è governato dal Consiglio superiore della magistratura, il quale è presieduto dal presidente della repubblica e composto di membri eletti dai magistrati stessi e, per un terzo, dal Parlamento. Al Consiglio spettano le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari. È riaffermata e meglio garantita la inamovibilità dei magistrati agli articoli 101,104-110 (v. giudiziario, ordinamento, in questa App.).
Un contributo al principio della divisione dei poteri ha recato pure il sistema della costituzione rigida, introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dalla nuova Carta costituzionale. Tale sistema importa che qualunque modificazione alla costituzione non possa essere introdotta con legge ordinaria, ma solo con legge formalmente diversa, detta legge costituzionale, e che le leggi ordinarie se contrarie alla costituzione possano essere denunziate ad appositi organi giurisdizionali. In alcuni ordinamenti l'approvazione delle leggi costituzionali è attribuita a un'apposita assemblea straordinaria, distinta dalle camere parlamentari (v. italia: Costituzione, in questa seconda Appendice). Ciò che importa l'esistenza, in tali ordinamenti, di un quarto potere, detto appunto potere costituente, che si aggiunge ai tre poteri tradizionali. Questo non può dirsi per l'ordinamento italiano, nel quale le leggi costituzionali sono attribuite alle stesse camere legislative e si distinguono dalle leggi ordinarie solo per una particolare e più complessa procedura di approvazione. Tale differenza formale è, però, sufficiente ad estendere quel principio di garanzia, che è l'essenza della dottrina della divisionne dei poteri: essa, infatti, sottopone lo stesso potere legislativo a limiti giuridici, rappresentati dai principî della costituzione, e predispone un sistema di controlli giurisdizionali per l'accertamento della loro osservanza. In tal modo, accanto alla giustizia amministrativa, affidata ai tribunali ordinarî e ai tribunali speciali amministrativi (art. 113), si pone la nuova giustizia costituzionale, affidata all'apposita Corte costituzionale, per la prima volta istituita nel nostro ordinamento con l'art. 138 (v. corte costituzionale, in questa App.).
È molto importante rilevare che nel nostro ordinamento, come in genere in quelli degli stati democratici, il principio della divisione dei poteri trovasi attuato in modo da assicurare una forte preponderanza al potere legislativo sugli altri poteri e segnatamente sull'esecutivo. Le due camere non hanno soltanto l'esercizio normale della funzione legislativa, ma anche un complesso di funzioni organizzative e di controllo nei riguardi del potere esecutivo. Spetta alle camere, integrate dai rappresentanti delle regioni, eleggere il presidente della repubblica, che è capo del potere esecutivo (art. 83); ad esse spetta concedere o negare la fiducia al governo e quindi consentire alla nomina e alla conservazione in carica dei ministri (articoli 92, 94). Le camere stesse esercitano sul governo una funzione ispettiva, che si estende dall'approvazione annuale dei bilanci, alla vigilanza su tutti i pubblici servizî, all'accertamento delle eventuali responsabilità dei ministri (articoli 81, 82, 95, 96).
Quest'ampia ingerenza del potere legislativo nell'organizzazione e nell'attività del potere esecutivo è conseguenza del sistema accolto negli ordinamenti europei per attuare la combinazione del principio della divisione dei poteri con quello, altrettanto importante, della sovranità popolare. Quest'ultimo, proclamato nell'art. I della Costituzione, rappresenta il principio dottrinale del moderno stato democratico. Salvo i casi eccezionali di leggi che possono essere approvate per mezzo del referendum popolare (v. referendum, in questa App.), il sistema democratico non si attua con l'esercizio delle funzioni sovrane da parte del popolo (democrazia diretta), ma con la elezione da parte di questo degli organi cui tale esercizio è affidato dalla Costituzione (democrazia rappresentativa). Perché questa emanazione popolare della sovranità non sia soltanto parziale, è necessario che essa non sia limitata agli organi legislativi, ma si estenda anche a quelli esecutivi e giudiziarî. In alcuni ordinamenti è prevista un'elezione diretta da parte del popolo anche per questi organi, e principalmente per il capo dello stato (repubbliche presidenziali); in altri è invece stabilita un'elezione indiretta e di secondo grado, attraverso le Camere (repubbliche parlamentari). Nei primi, il principio della divisione dei poteri viene attuato in modo completo; nei secondi il detto principio riceve una notevole limitazione, per la preponderanza che il potere legislativo viene ad assumere rispetto agli altri poteri dello stato. Tale preponderanza tuttavia non presenta i pericoli che sono proprî dei sistemi che attribuiscono un'analoga posizione al potere esecutivo, perché questo in tali sistemi non ha origine popolare e, inoltre, essendo l'unico potere che dispone della forza pubblica e delle altre forze armate, è nella condizione più favorevole per assumere, ove non sia frenato con mezzi costituzionali, posizione tirannica e dispotica.
Pieni poteri (p. 119). - L'espressione indica la delega della potestà legislativa, fatta in forma generale, dal parlamento al governo. La possibilità di una delega così estesa, e quindi della figura dei pieni poteri, devesi ritenere esclusa dalla Costituzione. L'art. 76 dispone: "l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegata al Governo se non con determinazione di principî e criterî direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti".