postfordismo
Fase di sviluppo industriale che caratterizza gran parte delle economie più avanzate sin dagli ultimi decenni del 20° sec. e che si contraddistingue per un radicale cambiamento dei metodi di produzione, dei modelli di organizzazione del lavoro e dei contenuti del lavoro stesso.
Se il fordismo (➔) era connotato da gigantismo delle fabbriche, produzione standardizzata, mansioni semplici e ripetitive, nel p. l’industria abbandona la tradizionale produzione di massa e acquista maggiore flessibilità produttiva e organizzativa. Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’automazione, si ottengono una generale riduzione dei costi e un abbattimento dei tempi di attrezzaggio di macchine e impianti. Ciò permette alle imprese di essere efficienti anche con piccoli lotti di produzione, potendo così adeguare l’offerta a una domanda sempre più diversificata e soggetta a cambiamenti repentini. La fabbrica postfordista riceve gli impulsi dalle esigenze del mercato, che riesce a soddisfare attraverso la riprogettazione dei processi, finalizzata a ottenere miglioramenti nelle prestazioni di costo, servizio e velocità, e modificando il rapporto con la rete dei fornitori con l’adozione di orientamenti fondati sulla fiducia reciproca, sulla collaborazione e su piani di medio-lungo termine.
Dal punto di vista della gestione del processo lavorativo, con il p. si passa a mansioni più ricche di contenuto, che permettono ai lavoratori di sviluppare capacità professionali polivalenti, coerenti con produzioni che si modificano con frequenza. In secondo luogo viene superata la tradizionale e rigida divisione del lavoro taylorista-fordista, centrata sulla catena di montaggio (➔), organizzando le attività in squadre o gruppi, all’interno dei quali i confini dei ruoli sono più sfumati, c’è una maggiore propensione all’aiuto reciproco in caso di necessità e una più diffusa assunzione di responsabilità, tanto che il lavoratore ha l’autonomia per interrompere il flusso produttivo nel caso in cui noti anomalie o difetti. Questi cambiamenti si traducono nel definitivo superamento della contrapposizione, tipica del fordismo, tra efficienza e qualità, che nelle organizzazioni postfordiste diventano due facce della stessa medaglia: la qualità si ottiene direttamente lungo il processo produttivo e l’efficienza perde una parte del suo valore se non è accompagnata da un adeguato livello di qualità. Tale approccio ha trovato nel ‘modello di produzione giapponese’ una delle sue espressioni più compiute. Alcune tecniche di gestione, come il Total Quality Management (TQM), il Just in Time (➔) e la produzione snella (lean production), sono state introdotte in molti altri Paesi industrializzati sia pure dopo essere state adattate alle differenti condizioni istituzionali, sociali e culturali.