PLINIO IL VECCHIO (C. Plinius Secundus)
Nato a Como nel 23-4 d. C., morto il 24 agosto del 79 nell'eruzione del Vesuvio, seguì la carriera militare, poi ricoprì varie cariche nelle province; da ultimo era ammiraglio della base navale di Miseno.
Dalle sue numerose opere è restata intera la Naturalis Historia in 37 libri dedicata a Tito: una enciclopedia risultante dalla riunione di circa 20.000 schede desunte da 2.000 libri riassunti in 100 autori scelti. Le notizie storiche sull'arte antica sono principalmente contenute nei libri xxxiii, 131-163 (toreutica); xxxiv, 1-141 (scultura in bronzo), xxxv, 1-173 (pittura); xxvi, 1-44 (scultura in marmo).
Evidentemente, pur essendo indefesso lavoratore di notte e di giorno (come egli ci dice), P. dovette avere una non piccola schiera di collaboratori - schiavi amanuensi e trascrittori dai volumi greci e latini -; soltanto così possono spiegarsi le ripetizioni di una stessa notizia da fonti diverse, le contraddizioni e anche gli errori, non molti in verità. Comunque la procedura redazionale è stata sempre unica: spoglio delle opere, compilazione di schede (commentana) raggruppamento delle schede a seconda del contenuto; stesura del testo di collegamento; alla penna di P. sono senza dubbio dovute le numerose prefazioni e digressioni, ravvivate da una fresca e vibrante personalità, piena di ammirazione per la grandezza e sapienza della Natura, e di disprezzo per la meschinità umana. Per il fatto che spesso viene aggiunto alla scheda o al gruppo di schede anche il nome dell'autore, la critica filologica in un primo tempo credette possibile di recuperare le singole schede originarie, e di ricostruirle così - una per una e gruppo per gruppo - all'autore; si illuse anche di ritrovare, tra l'ordine delle schede e l'ordine degli autori citati nel I libro, una certa corrispondenza. Ma i risultati furono vani; finchè nel 1897 il Münzer pose su nuove basi la critica del testo fissando in linea generale questi quattro punti circa il modo di lavorare di P., il quale: o accoglie nel testo reminiscenze di lettura, o trascrive regolari note di lettura, o riunisce sotto un nuovo punto di vista dati sparpagliati nei testi, o prende la fonte come base di una nuova trattazione. È esclusa quindi la possibilità di ricostruire le singole fonti, se non dopo un lungo riesame del testo condotto più storicamente. In seguito lo Schweitzer (1932) ed altri riconoscono che larga parte del pensiero e dell'opera di Xenokrates (v.), artefice e scrittore della fine del IV sec. a. C., è penetrata, direttamente o indirettamente, nell'opera di P.: è cioè il concetto di evoluzione (Democrito) e di svolgimento dell'arte, in ogni singolo artista e in ogni gruppo di artisti, per cui si ha sempre un "primo", o "inventore" (heuretes) e un perfezionatore (teleiotes, consummare); e inoltre i principî tecnici della simmetria, del ritmo, della composizione; le argutiae (= minuzie), la diligentia, la prospettiva, il contrasto dei colori, il tònos, la harmogé (v. valore di questi termini alle singole voci).
Infine più recentemente è stato messo in rilievo in maniera definita che i termini tecnici adoprati in sede critica da P. derivano tutti dal frasario retorico usato dai Greci dal sec. V in poi, e che questo uso del frasario retorico non costituisce affatto un inquinamento o un deterioramento del testo. Fin dal V sec. i Greci hanno concepito la creazione artistica alla pari con quella filosofica, musicale, letteraria; ed hanno stabilito parità di valore, di diritti e di doveri, sì alla statua come alla sua descrizione: le formule critiche sono sempre le stesse. Il termine "quadratus" (v.), per esempio, è applicato a creazioni plastiche del V sec., costruite secondo un dato canone, ed è contemporaneamente una formula squisitamente retorica. Esistette insomma in Grecia e poi in Roma (ad opera dell'Auctor ad Herennium, di Cicerone, di Quintiliano) tutta una terminologia critica che è necessario riconoscere e fissare nelle sue sfumature prima di affrontare ogni altro problema (v. critica dell'arte).
Non solo, ma è stato anche facilmente riscontrato che molti sono i passi del testo pliniano tradotti dal greco e spesso fraintesi. Una retroversione letterale e geometrica in greco ha più di una volta offerto la chiave alla nostra comprensione. È possibile pertanto pensare anche alla esistenza di un sommario greco di storia dell'arte, che Plinio avrebbe tradotto e aggiustato qua e là, aggiungendovi i capitoli nei quali si elencavano (da Varrone, v.) le numerose statue greche esistenti a Roma. Comunque, è instaurato al presente un periodo di attività filologica tesa all'individuazione e alla valutazione del terminus technicus e alle sue vicende nel passaggio dal greco al latino. Sempre meno importante invece è riconosciuta la influenza degli epigrammi sul testo di P., la cui forma talora poetica è semplicemente prescritta dal contenuto richiedente un linguaggio ecfrastico che possa uguagliare l'opera dello scalpello e del pennello. E la èkphrasis è appunto la veste letteraria della critica antica.
P. non ha voluto scrivere una storia dell'arte, bensì intese soltanto redigere un elenco degli artisti antichi secondo uno schema alessandrino il quale amava elencare per diadi, triadi, tetradi, decadi le varie categorie d'artisti, fissandone l'acmé, la patria, le opere, e un giudizio sommario su ciascuno di essi. La disposizione della materia nei libri xxxiii-xxxiv-xxxv è abbastanza omogenea e deve dipendere dal trattatello-sommario greco; la classificazione è fatta sotto varie rubriche in ordine decrescente: insignes, primis proximi, aequalitate celebrati, per gli scultori, e per i pittori: clari, lumina artis, primis proximi, non ignobiles. Entro ciascuna di queste rubriche i nomi sono disposti approssimativamente in ordine alfabetico, per lo più in tetradi. P. non valuta nel senso moderno nessuna delle opere d'arte che egli ricorda; non capisce il fenomeno artistico in sé e vede nel quadro e nella statua anzitutto il prezzo, poi l'ingenium o "trovata bizzarra" dell'autore; ha interesse solo per la tecnica e apprezza la virtuosità; resta colpito piuttosto dalle particolarità esteriori dell'opera che dall'opera stessa; ma ha il grande merito di aver trasmesso i giudizi delle varie generazioni greche in questa o quella opera, su questo o quell'autore. Questi giudizi "turistici" unitamente ai frammenti tecnici xenocratei costituiscono una sufficiente documentazione della posizione critica dei Greci di fronte alla loro arte durante cinque secoli di storia. Il testo di P. è stato alla base di molte speculazioni teoriche sull'arte ad opera di artisti e di umanisti del Rinascimento italiano ed europeo. Una prima traduzione, con molti fraintendimenti, dei libri relativi alle arti figurative costituisce il primo dei Gommentarii di Lorenzo Ghiberti, lo scultore delle porte del Battistero di Firenze (1378-1455).
Bibl.: O. Jahn, Ueber die Kunsturteile d. Pl., in Berichte Sächs. Akad., 1850, pp. 105-142; O. Benndorf, De Anthol. Gr. epigrammatis quae ad arts spectant, Lipsia 1862; H. Brunn, in Sitzungsber. Bayer. Akad., 1875, pp. 311-327; g. Oehmichen, Plinianische Studien, Erlangen 1880; A. Furtwängler, Pl. und seine Quellen, in Jahrbuch klass. Philol., suppl., IX, 1877, pp. 3-78; F. Münzer, Zur Kunstgeschichte d. Pl., in Hermes, XXX, 1895, pp. 499-547; E. Sellers-Strong, The Elder Pliny's Chapters on the History of Arts, Londra 1896; A. Kalkmann, Kunstgeschichte d. Pl., Berlino 1898; D. Detlefsen, Untersuchungen über die Zusammensetzung der Naturgeschichte d. Pl., Berlino 1899; F. Münzer, Beiträge zur Quellenkritik der Naturgeschichte d. Pl., Berlino 1897; A. Klotz, Die Arbeitweise d. Pl., in Hermes, XLII 1907, p. 323 ss.; B. Schweitzer, Xenokrates von Athen, Halle 1932; S. Ferri, in riv. Ist. Arch. St. dell'Arte, VII, 1940, p. 117 ss.; id., in Annali Scuola Normale Sup. di Pisa, 1942, pp. 69-116; id., Plinio il Vecchio, Storia delle arti figurative, Roma 1946; W. Kroll, in Pauly-Wissowa, XXI, 1952, c. 271-439, s. v., n. 5.