placebo
Termine che indica una preparazione farmaceutica a base di sostanza farmacologicamente inerte. L’impiego più consolidato del placebo è quello a scopo psicoterapeutico suggestivo, essendosi riscontrato che una sostanza concreta, consigliata o somministrata dal medico, può determinare nel paziente una reazione psicologica positiva e quindi una pronta ripresa di funzioni sotto controllo neurovegetativo, fornendo altresì elementi di aspettativa di guarigione (soggettiva) o di reale miglioramento (oggettivo). Il fattore psichico si avvale perciò della concretezza dell’inerte, ritenuto sostanza attiva, per influire attraverso neuromediatori sulle ;funzioni biologiche (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, diuresi, e così via.). Le variazioni sono dovute quindi al sistema parasimpatico o simpatico, interagente come componente fisica dell’attivazione psichica, e non all’interazione molecolare a livello cellulare, come invece avviene quando si somministra un principio attivo. Il valore terapeutico del placebo, mediato dal rapporto di fiducia tra medico e paziente, non deve quindi essere sottovalutato, pur ponendo attenzione che la sostanza inerte somministrata sia innocua, e che sia percepita dal paziente come un principio attivo. Per tale motivo, un placebo è in genere indistinguibile dal farmaco. Ben diversa è la condizione nella quale il placebo è impiegato per distinguere l’effetto vero di un principio attivo che venga somministrato in parallelo, e per evidenziare le differenze esistenti con il principio attivo. In questo caso, l’uso del placebo è un importante strumento conoscitivo, parte di complessi disegni sperimentali per valutare appieno l’attività di sostanze ritenute efficaci. Si usano a questo scopo trial clinici opportunamente progettati che consentano l’analisi statistica dei risultati. (*)
→ Farmacologia clinica; Medicina complementare e alternativa