PITTURA DEL CORPO
. Il modo più semplice e più antico di adornarsi il corpo è quello per il quale esso viene abbellito mediante un rivestimento più o meno completo di materie coloranti. Questa ornamentazione precedette indubbiamente il tatuaggio e le cicatrici ornamentali, dalle quali forme differisce per il suo carattere di precarietà. La pittura del corpo non può essere altro che un segno provvisorio d'un grado o d'una funzione temporaneamente ricoperti in cerimonie speciali (danza, lutto, guerra) e non già la distinzione d'uno stato ormai raggiunto e nel quale l'individuo permane per tutta la durata della sua vita (tatuaggio e cicatrici ornamentali per le cerimonie d'iniziazione). Oltre che per uno scopo puramente estetico per il quale si adoperano disegni e motivi esclusivamente ornamentali, la pittura del corpo viene praticata anche per un fine puramente pratico e cioè come uno strato protettivo sia contro le inclemenze del clima, sia contro le punture delle zanzare; secondo qualche autore (M. Hoernes) anzi, questo scopo protettivo sarebbe molto più largamente diffuso dello scopo ornamentale.
La pittura del corpo è fatta sulle parti esposte della pelle e suole avere quindi maggiore sviluppo tra i popoli che vanno nudi. L'inizio di questa usanza, se a scopo protettivo, fu dato forse da un semplice imbrattamento mediante uno strato d'argilla raccolta nel letto dei fiumi, sostituita in seguito con materie coloranti impastate e diluite con sostanze oleose e, più raramente, con l'acqua o con la saliva. I colori più comuni sono il rosso, il bianco, il nero, più raramente l'azzurro e il giallo; le materie coloranti sono d'origine minerale (ocra, creta, gesso) o più spesso d'origine vegetale (succhi di foglie, di steli, o di semi e frutti di piante); il nero si ottiene dappertutto con la fuliggine che si deposita all'esterno dei recipienti che servono alla cottura degli alimenti, oppure con la polvere di carbone; i colori vengono preferibilmente preparati volta per volta, ma possono essere anche conservati, già diluiti, in speciali recipienti, quasi sempre in zucche, o, specialmente se preparati con materie oleose, impastati in pani che vengono rammolliti con olio o con grasso al momento di adoperarli. Gli uomini sono, in genere, più dipinti delle donne. Il disegno, spesso assai rudimentale, viene tracciato a mano libera, secondo la fantasia del pittore, ma in alcuni casi e specialmente presso quelle popolazioni nelle quali la pittura del corpo è molto largamente usata, s'adoperano speciali stampini di legno o di terracotta (pintaderas). Questo sistema era del resto noto in Europa fino dai tempi preistorici (Neolitico). La diffusione nelle popolazioni dell'età attuale, presentemente tuttavia molto ridotta, è notevole specialmente nell'America e nell'Oceania, un po' meno nell'Africa: è rimasto particolarmente esteso l'uso di tingersi con colori anche vivaci una ristretta parte della faccia o del corpo, spesso senza veri disegni ornamentali anche in Asia e perfino in Europa.
Nell'America Settentrionale in genere, presso i cosiddetti Pelli Rosse, la pittura del corpo è così largamente usata che diede origine al nome col quale gli Europei designarono quelle popolazioni, ed era diffusa al punto da dipingere di rosso la faccia dei morti per dissimularne il pallore cadaverico; varî colori usavano le tribù delle Montagne Rocciose (bianco, giallo, rosso e turchino): complicatissime erano le pitture di festa e di guerra dei Sioux, che si dipingevano la faccia e il corpo in tutte le cerimonie di grande importanza; più ricche e a colori più vivaci, tra i quali il rosso, ricavato dai semi della Bixa orellana, risultavano le pitture nelle regioni più occidentali (Colorado, California, Sonora). Nell'America Centrale fra i Messicani, le donne adoperano per la pittura stampini di terracotta che sono adoperati anche nell'America Meridionale (Colombia, Perù, Brasile, specialmente fra i Carajá e nel Chaco). Quest'usanza vigeva anche anticamente nelle Ande e nel Messico. Fra le popolazioni dell'Orinoco, che vanno completamente nude, la pittura del corpo è così comune che i due sessi hanno vergogna di mostrarsi l'uno all'altro senza quell'ornamento. Nelle foreste tropicali del Brasile (Carajá, Cayapó, ecc.) oltre al colore rosso ottenuto coi semi della Bisca orellana, viene largamente adoperato anche un color nero turchino splendente che si ottiene col frutto del genipapo (Cenipa americana); il bianco si produce con la macinazione di ossa calcinate.
I Cayapó usano assai raramente la pittura di tutta la persona, come nel Chile si dipinge di preferenza la faccia e la parte superiore del corpo; fra i Cumana del Venezuela e presso i Bororó del Brasile il corpo non è dipinto, ma, spalmato d'olio, viene ricoperto di piume. I popoli dell'Argentina (Araucani, Puelche, Patagoni) usano le pitture della faccia in rosso, nero, turchino e bianco. Rosso, bianco e nero sono adoperati largamente anche dai Fuegini; per il lutto viene usato soltanto il nero; nelle feste d'iniziazione si dipinge tutto il corpo nudo.
Mentre in Tasmania si dipingeva rozzamente il corpo in rosso e nero, in Australia prima delle danze o delle visite si suole ornare il petto e le gambe con linee rosse e bianche, nelle pitture guerresche predomina il giallo, e sempre la pelle appare più scura di quanto non sia in realtà, perché spalmata di grasso e di ocra; nelle cerimonie d'iniziazione l'adepto è dipinto con ocra e in giallo e rosso; i danzatori del corrobori hanno disegnate sul corpo figure di serpenti o di bumerang: per il lutto servono il bianco e il nero. In Melanesia la pittura del corpo viene usata soltanto in speciali cerimonie, adoperando il rosso, il nero e il bianco (Nuova Guinea, Isole dell'Ammiragliato, Arcipelago di Bismarck, Nuova Caledonia); in qualche isola (Nuove Ebridi, Bismarck) il nero e il rosso sono usati soltanto come segni di lutto; fra le donne è frequente (Nuova Guinea, Bismarck, Salomone, Santa Cruz, Nuove Ebridi) l'abitudine di scolorire i capelli con la calce, impiastricciandoli poi con creta. La pittura del corpo è più rara in Polinesia; i Maori e le donne dell'Isola della Pasqua, usavano tingersi i capelli in scarlatto; a Samoa il nero è pittura di guerra; i pescatori delle isole Marshall e Gilbert (Polinesia) si disegnano sulla faccia anelli neri.
In Africa è assai comune l'usanza di spalmarsi il corpo di grasso, e dipingerlo poi con ocre o polveri in rosso, bianco e nero (Sudanesi, Nilotici, Bantu occidentali e meridionali, Boscimani, Ottentotti): i Beciuana hanno anche pitture a riflessi e lucidità metallici, i Boscimani adoperano il giallo.
La pittura in bianco è usata per i guerrieri fra i Nilotici e i Bantu occidentali, per gli stregoni fra gli Zulu, per la sposa nel giorno delle nozze a Fernando Poo, in caso di eclisse o per la comparsa di comete a Assinie, fra la Costa d'Oro e la Costa d'Avorio.
Nell'Africa settentrionale e orientale si tingono con la henna i capelli e le unghie, gli occhi con antimonio e le sopracciglia col nero; le donne Cabile, specialmente invecchiando, si dipingono di rosso il corpo. Fra i Somali si usa scolorire i capelli con la calce.
In Malesia si osserva sporadicamente l'uso di colorire il corpo (Senoi di Malacca, Bataki, abitanti delle isole Mentawei e Bali); a Giava le ragazze si dipingono di giallo con lo zafferano. Le donne Ainu hanno dipinto in rosso sul labbro superiore agli angoli della bocca un ornamento che rammenta un paio di baffi.
Nell'India i vari culti sono rappresentati da differenti segni e pitture della faccia; nell'India settentrionale, durante le feste religiose e matrimoniali, il corpo è spalmato d'olio e tinto di rosso; fra i Dravida e i Toda la sposa è dipinta di rosso sulla fronte e sui capelli dallo sposo: i Toda hanno pitture anche per le danze. Nel Tibet le donne, uscendo di casa, s'impiastricciano di terra rossa, fuliggine e grasso; in Cina e in Giappone si dipingono invece di bianco e di rosso la faccia; le Giapponesi qualche volta si dorano le labbra. Nell'Asia anteriore si adopera la tintura con henna come fra gli Arabo-Berberi; le donne di Baghdād si tingono la bocca di turchino e quelle di Aleppo in nero le sopracciglia e le labbra (v. anche cosmetici).
Bibl.: P. Cocheris, Les Parures primitives, Parigi 1894; M. Hoernes, L'uomo, trad. it., I, Milano 1912; F. Krause, In den Wildnissen Brasiliens, Lipsia 1911; G. Buschan, Illustrierte Völkerkunde, Stoccarda 1922-23; M. Gusinde, Feuerland Indianer, Mödling (Vienna) 1931.