HARROW, Pittore di
Ceramografo attico, attivo entro la prima metà del V sec. a. C. Il nome proviene da una oinochòe conservata ad Harrow, intorno a cui è stato possibile raccogliere una produzione ampia e svariata, ma con caratteri singolarmente omogenei e ben differenziati.
Dalle circa ottanta opere che J. D. Beazley gli attribuisce, emerge una figura non certo di primo piano, ma indubbiamente tra le più notevoli e caratteristiche del suo periodo. Il pittore sembra prediligere vasi di grandi dimensioni, in particolare crateri a colonnette e anfore nolane: secondo J. D. Beazley peraltro le sue espressioni più felici sarebbero da cogliere nelle oinochòai, o comunque in vasi più modesti in cui spesso la decorazione è limitata a una figura singola. Per certi aspetti il Pittore di H. costituisce una salutare reazione a certe forme di accademismo troppo stanche e raffinate rappresentate in primo luogo dal Pittore di Copenaghen. Accanto a personalità di questo tipo il Pittore di H. ci appare assai meno permeato di cultura e di tradizione e in compenso più ricco di forza e di vitalità native. Le sue figure atticciate e angolose, duramente costruite e articolate, con giunture senza flessibilità, partecipano sempre di una inconfondibile robusta virilità. Il Teseo dinnanzi a Posidone nello stàmnos di Baltimora (C. V. A., ii, tav. xx) manca indubbiamente di quell'incomparabile profumo di giovinezza che troviamo nel contemporaneo Teseo del Pittore di Syriskos (calice della Bibliothèque Nationale, Mon. In., 1, 52), ma alla trepida grazia di quest'ultimo oppone senza compromessi e senza in definitiva risultarne inferiore, la sua schietta solidità virile. È anche singolare che a così scabre e recise affermazioni di mascolinità, solo in parte spiegabili con le tendenze della plastica contemporanea, vengano ad affiancarsi incantevoli figure femminili, quali la fanciulla nell'oinochòe di Cambridge (n. 164, C. V.A., tav. 35, 4 e tav. 40) che può contare tra le più felici, misurate realizzazioni dell'artista. La Clitennestra del cratere a colonnette di Vienna (v. Lucken, tav. 86) malgrado i farraginosi restauri, sembra conservare ancora nella nitida incisività del profilo una eco del Pittore di Berlino: e a questo proposito si può ricordare che una testa femminile tra i frammenti dell'Acropoli (n. 27) attribuita ora al Pittore di H., era stata in un primo tempo avvicinata da E. Langlotz al Pittore di Nereo, che oggi è stato assorbito nel Pittore di Berlino.
Non diversamente da altri suoi contemporanei, il Pittore di H. sembra voglia sperimentare le possibilità pittoriche della vernice diluita: o quanto meno impiega la vernice diluita a masse, in modo da ottenerne effetti coloristici e non già delle filiformi grafie interne. Ed è indubbiamente tale peculiare sensibilità che può aver indotto J. D. Beazley ad avvicinare a questo artista quel singolare sconcertante piccolo capolavoro che è lo psyktèr con la centauromachia in Villa Giulia.
Bibl.: J. D. Beazley, in Journal Hell. St., XXXVI, 1916, p. 128; id., Red-fig. in Am. Mus., Cambridge 1918, p. 56; id., Vasenm. rotfig., p. 118 e 471; id., Red-fig., p. 177 ss.