NIOBIDI, Pittore dei
Ceramografo attico operante entro il secondo venticinquennio del V sec. a. C. Il nome è tratto dal famoso cratere a calice da Orvieto, nel Louvre, che riprende con tanta novità di schemi e di spazieggiatura figurazioni riferibili alla strage dei Niobidi e forse agli Argonauti. Il Pittore dei N. è senza dubbio una delle figure più rilevanti e più compiutamente rappresentative di questo periodo artistico: e per molti aspetti è a lui che si devono le espressioni più vivide e incisive della prima classicità che si va affermando. Anche il dato puramente esteriore del gran numero di vasi di forme importanti e impegnative tra le opere a lui assegnate, in special modo crateri a calice e a volute, è un'indicazione precisa della posizione di indiscussa autorità tenuta da questo artista: presunzione che è poi confermata dal gran numero di imitatori o seguaci che si sviluppano ai margini della sua attività (v. i Pittori di Ginevra, della Hydria di Berlino, dei Satiri Villosi, del Trofeo).
Gli inizî del Pittore dei N. vengono comunemente ricondotti nell'ambito del Pittore di Altamura (v.). E. Buschor aveva anzi un tempo proposto la fusione dei due artisti, intendendo le opere del Pittore di Altamura come "prima maniera" del Pittore dei Niobidi. In realtà, se certe dipendenze tra i due sono innegabili, queste sono per lo più limitate a fatti d'ordine esteriore. Così il Pittore dei N., certamente il più giovane dei due, assume certi modi del maestro nei panneggi, nella disposizione del peplo e nel ductus delle pieghe. Ugualmente, dato che spesso troviamo i due artisti impegnati nello stesso tipo di vaso, il cratere a calice e il cratere a volute, ne deriva che la sintassi decorativa in generale, e persino l'impiego di peculiari bordi ornamentali, rimangono immutati nei due artisti. D'altra parte sono appunto queste assonanze fondamentali, ed esterne, questa base di partenza comune che ci consentono meglio di isolare le due personalità, per tanti aspetti violentemente antitetiche. Il Pittore di Altamura rientra completamente nel mondo del tardo arcaismo con le sue preoccupazioni di eleganze formali, i suoi slanci emotivi, i suoi panneggi elaborati e fruscianti. All'enfasi, alla concitazione romantica, agli abbandoni estroversi del maestro più anziano il Pittore dei N. oppone la sua stringata riserva, il suo ascetismo, la sua disciplina morale intera e senza compromessi. Al segno fluido, abbandonato e quasi istintivo del primo, si sostituiscono dei contorni scabri e tormentati, elaborati ed essenziali e sempre carichi di significato. Questo è particolarmente significativo nei nudi, in cui alla struttura semplificata e unitaria del Pittore di Altamura succede un'impostazione dura e serrata, in cui le membra e i muscoli intagliati ci appaiono sezionati come blocchi di un edificio dalle connessioni a giorno. Si vedano fra tutti i contorni angolosi degli Argonauti, o l'eroe con la bipenne nel tardo frammento di Vienna, in cui lo slancio appare come bloccato dalle dure partizioni che frammentano il corpo. Atteggiamento questo che sembra indicare una sorta di diffidenza iniziale verso una bellezza di contorni troppo ovvia e quasi istintiva negli artisti della generazione precedente.
Entro questi termini il mondo figurativo del Pittore dei N. è dei più vasti e variati che si conoscano per i ceramografi attici. I suoi temi sono tratti dall'epica e dal mondo della tragedia, con decisa predominanza di guerrieri e di fragore di armi. Particolarmente efficaci e spettacolari le battaglie serrate in un fluire continuo, quali nelle varie amazzonomachie, tra cui ultima quella trionfale del cratere a calice da Ruvo, o la gigantomachia ancora più vasta e più superbamente articolata del cratere di Spina. Tuttavia le espressioni più alte e genuine dell'artista sembra di poter cogliere in alcuni momenti statici, scene di addio, o comunque di intima tensione duramente repressa. È questa l'eco più eloquente e diretta di quella impostazione spirituale che si era prodotta in Attica per effetto della familiarità con il teatro tragico, dove era necessario riassumere in un gesto o in un atteggiamento di suprema efficacia e contenutezza situazioni disperate e sciagure senza nome. Questa intensa drammaticità il Pittore dei N. sa ritrovare quando evoca il silenzioso, fatale dialogo tra Erifile e Polinice nella hydrìa di Halle, o nella presentazione così sobria e toccante di Odisseo mendico (Hesperia, xvii, 1948, tav. lxviii, 5). Indicazione preziosa per l'altissima spiritualità del pittore è il tono di incomparabile serenità e limpidezza che egli riserva alle scene divine. Così i gruppi di Apollo e Artemide nella hydrìa dell'Ermitage o in quella della Bibliothèque Nationale, così anche la figura radiosa e immota di Atena tra gli eroi tormentati e scabri del cratere a calice da Orvieto, separati da lei appunto dalla loro umanità turbata e angosciosa. Rare sono invece le scene di inseguimenti d'amore, e anche in questi casi l'enfasi è piuttosto sulla drammaticità del ratto che su qualsiasi accento di abbandono o di tenerezza. Sintomatico per questo atteggiamento del pittore è una oinochòe della Bibliothèque Nationale in cui a Dioniso si accompagna un Eros giovinetto librato in volo, di forme insolitamente virili e austero nel volto e nell'atto.
Per quanto riguarda problemi puramente pittorici estremamente importante è anche l'apporto del pittore a riguardo della composizione spaziale. Nella critica moderna è abbastanza concorde il riferimento di alcune sue figurazioni, come i grandi fregi continui di battaglie, alle pitture di Mikon, mentre quelle che rivelano insolite spazieggiature e indicazioni di elementi paesistici paleserebbero l'influenza di Polignoto. Suggestioni e ipotesi che servono a far misurare l'altezza e la serietà d'impegno del pittore che incontriamo sino all'ultimo in un cammino di costante superamento delle sue posizioni. Per questo basterà avvicinare i fregi dei grandi crateri a volute con scene dell'Ilioupèrsis della prima maniera, con le gigantesche figure rinserrate e come soffocate nello spazio angusto, alle liberissime impostazioni dei Niobidi e degli Argonauti in ampî orizzonti pieni d'aria e di distanze.
Bibl.: A. Furtwängler, in Furtwängler-Reichhold, I, p. 130; J. D. Beazley, Red-fig. in Am. Mus., p. 115: id., Vasenm. rotfig., p. 336; T. L. B. Webster, Der Niobidenmaler, Lipsia 1937; J. D. Beazley, Red-fig., p. 418 ss.; A. Rumpf, Malerei und Zeichnung, Monaco 1953, p. 93.