MALVEZZI, Pirro
Nacque a Modena nel 1429, ultimo figlio di Gaspare di Musotto e di Giovanna Bentivoglio, esuli da Bologna dopo il fallimento dell'azione che avevano intrapreso a favore di Antonio Bentivoglio. A Modena la madre morì, ma il padre e i figli furono riammessi in Bologna già nel 1430.
Il M. si mise in luce nel 1451 quando fu tra i più decisi dell'intera fazione bentivolesca nel contrastare le milizie assoldate dai fuorusciti Pepoli e Fantuzzi, penetrate in città, e a porle in fuga. Nel 1453 i Riformatori assegnarono al M. e a Battista Della Volta il comando di una compagnia per catturare un pericoloso bandito, Cecchino da Lugo, ed essi lo assicurarono alla giustizia. In entrambi i casi il M., nonostante la giovane età, diede prova di possedere ottime attitudini militari. Sembrava quindi destinato a seguire le tracce degli zii Ludovico ed Ercole, capitani di milizie al soldo di Venezia e di Napoli; ma, diversamente da loro, il M. espresse tali attitudini solo al comando di milizie di Bologna, ricoprendo in questa veste numerosi incarichi.
Nel 1455 sposò Elena, figlia di Andrea Battaglia, e dal matrimonio nacquero Laura, che sposò prima Niccolò Isolani, poi Floriano Malvezzi; Elisabetta, sposa di Cristoforo Caccianemici; Gaspare, che fu marito di Giacoma Roverelli. La discendenza per linea maschile del M. fu però assicurata da Pirro ed Ercole, figli probabilmente naturali e della cui madre si ignora il nome. Ebbe residenza nella casa avita, in parrocchia di S. Sigismondo, in comunione di beni e di vita coi fratelli. Partecipò dei titoli loro concessi: conte di Castel Guelfo per nomina di Pio II nel settembre 1458; conte palatino per investitura di Federico III nel luglio 1460.
In varie occasioni fu incaricato di organizzare l'accoglienza nel territorio bolognese di contingenti militari al soldo di alleati (Galeazzo Maria Sforza nel febbraio 1460 e Tristano Sforza nel febbraio 1466). Nel 1466, giunta notizia della congiura di Luca Pitti e Angelo Acciaiuoli contro Piero de' Medici, guidò le "cernide" della montagna bolognese a Firenze e vi restò, in appoggio al Medici. Si unì quindi all'esercito della lega stretta da Firenze col duca di Milano, il re di Napoli e Bologna per contrastare le milizie al soldo di Venezia guidate da Bartolomeo Colleoni e il 25 luglio 1467 si distinse nella battaglia di Molinella. Nel 1471, nel contrasto sorto con gli Estensi per il confine sul fiume Panaro, fu tra i provveditori inviati a erigervi una bastia, a prova e difesa dei diritti di Bologna, e in novembre, nominato dai Riformatori commissario delle milizie bolognesi, le guidò negli scontri con quelle di Sigismondo d'Este. Nel 1478 ebbe ancora il comando delle milizie inviate da Bologna a sostegno di Lorenzo de' Medici, dopo il fallimento della congiura dei Pazzi. I rapporti del M. con i Medici, intensi sotto il profilo militare (come attesta il suo intervento in occasione delle due congiure), ebbero anche, episodicamente, alcuni risvolti di carattere economico, specie tra il 1473 e il 1474, quando la malleveria del banco dei Medici in Roma alla Camera apostolica rese possibile la concessione al M. della depositeria del dazio del vino in Bologna.
Agli incarichi militari, a lungo il più rilevante impegno pubblico del M., associò la responsabilità di uffici minori, come quello di riformatore dello Studio nel 1466-67 e 1473-74, e alcuni incarichi di rappresentanza in aperto sostegno al primato di Giovanni Bentivoglio. Nel luglio 1465 lo accompagnò a Milano; nel 1479 fu con Annibale Bentivoglio a Ferrara e poi di nuovo con Giovanni a Milano, dove presenziò all'atto con cui Gian Galeazzo Sforza e Ludovico il Moro donarono a G. Bentivoglio i feudi di Covo, Antignano e Pizzighettone.
La morte del fratello Virgilio ai primi di novembre 1482 trasferì al M., unico superstite dei figli legittimi di Gaspare, gli oneri di reggenza e rappresentanza del gruppo familiare. Il 12 febbr. 1481 fu cooptato al posto di Virgilio come membro a vita del Collegio dei riformatori; lo sostituì come depositario del dazio della mercanzia, i cui introiti erano destinati alle spese dello Studio; assunse i compiti della gestione del patrimonio comune, cui peraltro, nell'ultimo decennio, aveva spesso collaborato. Questi impegni assorbirono pressoché totalmente la sua attenzione. Fu solo riformatore dello Studio nel 1484-85 e 1488-89 ed ebbe nel 1486 il comando di compagnie di cavalleria per controllare le milizie di Roberto Sanseverino, in transito nel contado bolognese.
La congiura organizzata dai figli di Battista Malvezzi per assassinare Giovanni Bentivoglio e i suoi familiari, che avrebbe dovuto attuarsi nella notte del 27 nov. 1488, sconvolse fino a distruggerlo il contesto di ricchezza e prestigio di cui il M. si circondava. Nonostante nella congiura fossero coinvolti, oltre ai figli di Battista Malvezzi, altri suoi congiunti, tra cui il nipote Giulio figlio di Virgilio, pare accertato che il M. ne fosse del tutto estraneo. Di certo non seppe o non volle intuire che la reazione di Giovanni Bentivoglio e dei figli non avrebbe conosciuto limiti. Si oppose così all'azione di forza, proposta dal nipote Giulio, per liberare i tanti congiunti arrestati, nella convinzione che G. Bentivoglio avrebbe punito solo coloro che erano direttamente coinvolti. Partecipò nello stesso 28 novembre alla seduta del Collegio dei riformatori in cui, estromesso Battista Malvezzi, padre di quattro dei congiurati, fu cooptato al suo posto Tommaso Malvezzi Bentivoglio.
Tuttavia anche nei confronti del M. non tardarono a manifestarsi i segni di una crescente ostilità da parte di Bentivoglio, in cui non è affatto escluso vi fosse anche il calcolo di colpire nel M. il principale rappresentante di una famiglia che per ricchezza, legami esterni, influenza nella città e nella fazione, contrastava con il progetto di signoria assoluta perseguito da Giovanni Bentivoglio. Il M. avvertì che su di lui si addensava una minaccia, ma, forse anche per il rapporto personale di amicizia che lo aveva legato a G. Bentivoglio, ne sottovalutò a lungo la gravità. Pensò probabilmente che gli bastasse appartarsi nel suo feudo di Castel Guelfo, e a tutto il 1491 vi investì in terre e case buona parte dei proventi della cessione di beni posti in altre località.
Nel primo semestre del 1492, membro dei Dieci riformatori che, sotto la presidenza di Giovanni Bentivoglio, agivano in tale periodo a nome dell'intero Collegio, prese costantemente parte alle sedute. Nei mesi seguenti tuttavia dovette avvertire che la sua posizione era divenuta ormai insostenibile e si predispose ad abbandonare la città convertendo vari beni immobili in denaro contante. Nel novembre 1492 rinunciò alla depositeria del dazio della mercanzia evitando di corrispondere i salari ai dottori dello Studio; cedette i crediti della bottega dell'arte della seta, secolare attività della famiglia e quelli della depositeria del dazio del vino. Si allontanò quindi da Bologna, scortato per ordine di Giovanni Bentivoglio da una compagnia di balestrieri, e col figlio Gaspare si rifugiò a Cesena.
Prima di partire aveva fatto dono al Comune di Bologna del suo feudo di Castel Guelfo nell'intento di preservarne l'integrità; ma Bentivoglio, che si era subito appropriato della grande casa del M. e l'aveva ceduta al genero, il conte Niccolò Rangoni, si impadronì anche di Castel Guelfo e nella sua rocca pose proprie milizie. Il 22 ag. 1495 il podestà di Bologna dichiarò il bando del M. e la confisca di tutti i suoi beni; in ottobre Francesco Fantuzzi ne prese il seggio nel Collegio dei riformatori.
L'assassinio, avvenuto su istigazione di Bentivoglio nell'agosto 1495, del fratellastro Troilo, che due anni prima lo aveva raggiunto a Cesena, indusse il M. a trasferirsi a Roma sotto la diretta protezione di Alessandro VI, sempre più intollerante delle pretese di signoria di Bentivoglio. A Roma il M. trascorse gli ultimi anni di vita e vi morì il 4 febbr. 1505.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, IX, Riformatori, Libri partitorum, 2, c. 144; 9, cc. 45, 227; 10, c. 40; 11, cc. 44-54v; Arch. Malvezzi-Campeggi, bb. 27/264: Historia genealogica, cc. 146-147; 149/386, n. 24; 151/388, n. 66; Arch. Malvezzi-Lupari, bb. 2, nn. 49, 54 s., 57, 63, 65; 3, nn. 7, 11, 18, 22, 37, 46, 48; 4, nn. 5 s., 12, 25, 33; 5, nn. 5, 7, 12, 18 s., 25, 29-31; 6, n. 6; Arch. Malvezzi de' Medici, bb. 5: Notizie storiche (1176-1614); 118, n. 15; 119, n. 4; 121, nn. 12, 35, 53; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, ff. 15, doc. 92; 29, doc. 853; 30, doc. 985; 38, doc. 298; 137, doc. 357; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, vol. IV, ad ind.; Il "Liber secretus iuris caesarei" dell'Università di Bologna (1451-1500), a cura di C. Piana, Milano 1984, ad ind.; L'Archivio dei Riformatori dello Studio. Inventario, a cura di C. Salterini, Bologna 1997, pp. 234-237; P.S. Dolfi, Cronologia della famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 497; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, III, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1933, ad ind.; Malvezzi. Storia, cronologia e iconografia, a cura di G. Malvezzi Campeggi, Roma 1996, pp. 155, 159 s.