PIROLUSITE
. La pirolusite (da πῦρ "fuoco" e λούω "lavo", per la proprietà di scolorire i vetri verdi per contenuto in ferro) è il biossido di manganese (MnO2) assai diffuso in natura. Di uguale costituzione chimica è la polianite dimetrica, isomorfa con la cassiterite e con il rutilo. La polianite stessa, e molti altri minerali di manganese, si trasformano, per processi di alterazione naturale, in pirolusite. Questa ben di rado si presenta in cristalli (da considerarsi in ogni caso come pseudomorfosi di altri minerali di manganese; v. figura) ma più spesso è terrosa o fibrosa, o globulare, o oolitica, o variamente concrezionata. La pirolusite ha durezza di poco superiore a 2 e un peso specifico che varia da 4,7 a 5,0. Friabile, di color nero o bruno scuro, con lucentezza semimetallica scarsa. Alla formula teorica corrisponde un tenore di Mn pari a 63,2%, ma sono sempre presenti H2O, BaO, SiO2.
Tutti i composti di manganese in natura si ossidano in definitiva a MnO2. Nella flocculazione di soluzioni colloidali ha grande importanza questo grado di ossidazione del manganese, perché, mentre le particelle del sol Fe(OH)3 si caricano positivamente, quelle del sol Mn(OH)4 si caricano negativamente dei conseguenza l'idrato ferrico assorbe anioni e il perossido idrato di manganese cationi. Infatti le limoniti contengono acido fosforico e le pirolusiti, gli psilomelani, i wad, ecc., invece, Ba, Li, Co, Cu, Pb, ... Inoltre i sol di Fe e di Mn si flocculano a vicenda in ragione della loro carica opposta. Questo spiega la particolare costituzione chimica dei più comuni composti di manganese (ossidi e idrati) che possono venire considerati anche come manganati o manganiti.
Numerosi minerali di Mn si trovano inoltre fra i solfuri, ossidi, carbonati, tungstati, fosfati, silicati, ecc.
Giacimenti dei minerali di manganese. - Uno dei più importanti del mondo è quello di Čjatury al limite occidentale della catena del Caucaso verso il Mar Nero.
Si tratta di uno strato di potenza media di 2 m., e talvolta anche di 5 m., che si può seguire per una lunghezza di 120 km. Consta di 5 a 12 banchi di pirolusite e di psilomelano oolitico, intramezzati da pirolusite terrosa, dai quali dopo opportuni lavaggi, per asportarne la parte argillosa, si ottiene un minerale al 52% e anche più di Mn, al 0,16 di P e a non più di 8% di SiO2 che viene esportato dal porto di Poti e va col nome mercantile di minerale di Poti. L'origine del giacimento si deve a una concentrazione in lagune del mare oligocenico - tanto esteso in quel periodo nell'Europa sudorientale e di cui il Mar Nero attuale è soltanto un residuo - di soluzioni contenenti il manganese con conseguente deposito di natura oolitica. Della stessa natura e origine è l'importante giacimento presso Nikopol′ nel Mar d'Azov.
D'origine diversa sono i grandi giacimenti indiani di Vizagapatam fra il golfo di Bengala e i Ghati orientali. Qui viene sfruttato un potente cappello di ossidi di manganese che derivano dall'alterazione di grandi masse di rocce intrusive, le cosiddette Koduriti, che contengono fino al 10% di Mn. Il minerale ricco (pirolusite e braunite) è accompagnato dai silicati di manganese sopraricordati. È opportuno osservare che il Mn, il quale costituisce il 0,07% della parte superficiale della litosfera, non si concentra, come il ferro, sotto forma di segregazioni magmatiche, ma invece, nella sua separazione dal magma, si associa alla silice, sia nelle prime differenziazioni basiche (silicati femici), sia nelle formazioni di contatto. Analogie geologiche con i giacimenti delle Indie hanno quelli del Brasile (Minas Geraes). Il minerale primario è silicato o carbonato superficialmente trasformato in biossido.
Da pochi anni sono entrati nella fase di grande produzione giacimenti africani della Costa d'Oro (Tarkva-Insuta) e dell'Unione Sudafricana. Altri giacimenti di minore importanza, ma abbastanza frequenti sono quelli che si ritengono originati da sedimentazione marina. Sono formati da alternanze di diaspri con fanghi manganesiferi in intimo legame con silice organogena. Riguardo alla provenienza del manganese in tali giacimenti la si pone in rapporto con eruzioni sottomarine di rocce basiche, dalle quali un processo di decomposizione dovuto a azioni sottomarine postvulcaniche (almirolisi) estrae il metallo, che viene fissato poi da organismi a scheletro siliceo (radiolari e diatomee) e depositato insieme con la silice nei diaspri. I più importanti giacimenti italiani sono di questa natura e si trovano negli scisti silicei e nei diaspri dell'Eocene, interposti fra le sottostanti rocce ofiolitiche (gabbri, diabasi, serpentine) e i calcari alberesi, nell'Appennino ligure, fra Spezia e Chiavari. Essi dànno i nove decimi circa della produzione italiana che ammontò nel 1930 a più di 10.600 tonnellate ridotte a 4500 nel 1933. Nel 1930 la produzione mondiale fu di tonnellate 3.657.600, di cui 1 milione e 1/2 dalla Russia, 830.000 dall'India, più di 550.000 dall'Africa (Costa d'Oro e Unione sudafricana), quasi 160.000 dal Brasile e quantità minori da tante altre nazioni.