BOSCA, Pietro Paolo
Nacque nel 1632 da Giovanni Francesco, milanese, e, conseguita la laurea in teologia nel seminario di Milano, entrò nella Congregazione degli oblati. Dopo aver insegnato retorica per dieci anni nel seminario di Monza, passò, nel 1657, allo stesso insegnamento in Milano. Nel 1667 la famiglia Borromeo, della cui protezione il B. si avvaleva, lo designò come prefetto della Biblioteca Ambrosiana, al posto del defunto F. B. Ferrari. Nel 1668 propose a F. Ughelli una serie di correzioni al quarto volume dell'Italia sacra, in vista della edizione di un'appendice a quest'opera che poi non uscì. Il B. restò al governo dell'Ambrosiana sino al 1680 ed ebbe il merito di ristabilire nel 1669 l'Accademia d'arte, già fondata da Federico Borromeo nel 1625 e presto decaduta, e di sistemare, riordinandolo, il Museo naturale di Manfredo Settala. Nel 1680 fu fatto protonotario apostolico e arciprete del capitolo di Monza. Ivi morì il 22 aprile 1699.
Studioso di storia ecclesiastica ed erudito di vaste curiosità, il B. condivise tutti i difetti, dal campanilismo alla mancanza di prospettiva storica, dalla manchevole preparazione filologica alla pseudocultura universale e superficiale, di molti degli storici italiani, e milanesi in particolare, a lui poco anteriori o contemporanei. Ma di suo ebbe uno spiccato gusto per l'indagine di prima mano sulle fonti e la ricerca e l'utilizzazione di codici, di documenti, di epistolari e di cronache, che gli valsero la stima e l'amicizia del Mabillon e del Muratori, alle soglie della cui età egli arrestò la sua operosità di studioso. L'uso di una biblioteca come l'Ambrosiana fece nascere in lui, con ritardo, tale vocazione erudita, ma gli diede anche gusto per la valutazione delle opere d'arte e per la storia ecclesiastica contemporanea, che pure non godevano di buona opinione fra gli eruditi del tempo.Dopo un'occasionale orazione pronunciata a Milano in onore di S. Carlo Borromeo (Orazione panegirica in lode di s. Carlo Borromeo, Milano 1661) e quasi in coincidenza con la futile traduzione di un trattatello latino sul caffè (Discorso di d. FaustoNairone... intorno alla salutevole bevanda detta cahvè o sia cafè..., Milano 1673; l'opera originale era uscita a Roma due anni prima: A. F. Naironi De saluberrima potione cahve, Romae 1671), il B. pubblicò a Milano nel 1672 la sua opera maggiore, o almeno quella per la quale egli è ancora oggi ricordato: De origine et statu Bibliothecae Ambrosianae Hemidecas, Mediolani 1672.
In questo volume, diviso in cinque libri e dedicato al cardinale Federico Borromeo iunior, egli tracciò, sulla base di documenti d'archivio e dell'epistolario del fondatore dell'Ambrosiana Federico Borromeo senior, la storia della biblioteca di cui era prefetto e degli istituti annessi, dando dati precisi sull'acquisto dei singoli codici, descrivendo i pezzi di maggior pregio e fornendo un ampio e critico panorama delle raccolte artistiche della pinacoteca. Per quanto riguarda la parte relativa ai manoscritti, il B. rivela i limiti della propria erudizione, quando attribuisce al IV secolo il Flavio Giuseppe papiraceo che è invece del VI (p. 10) e soprattutto quando pretende di scoprire, in un manoscritto del XV secolo, che di petrarchesco non ha nulla, un autografo del Petrarca (p. 130). Nella sezione dedicata all'illustrazione dei quadri della pinacoteca egli mostra la sua aderenza ai temi fondamentali della critica artistica del suo tempo, nella indipendenza dalle impostazioni del Vasari, nella rivalutazione delle scuole pittoriche non fiorentine e in una valutazione del pregio artistico basata sulla "nobiltà" dell'opera d'arte; tipiche appaiono in lui l'esaltazione di Tiziano, Giorgione, dei due Bassano e infine di Jan Bruegel, che fu uno dei protetti del card. Borromeo.
Una qualche originalità mostrano anche le seguenti opere del B., che in parte si distaccano dal tono mediocre della erudizione ecclesiastica consueta al tempo suo. Un opuscolo del 1675 sul serpente di bronzo ancora oggi conservato in S. Ambrogio (De serpente aeneo Ambrosianae basilicae, Mediolani 1675) è volto a rivendicare la veridicità di una tradizione milanese, suffragata da cronache medievali, che il B. riscontra e cita, la quale identificava nella misteriosa scultura, probabilmente a ragione (cfr. M. Di Giovanni, Il serpente di bronzo della basilica di S. Ambrogio, in Arte lombarda, XI [1966], pp. 3-5), il serpente portato da Bisanzio in Milano da Arnolfo arcivescovo ivi recatosi nel 1004. La storia del vescovado di Gaspare Visconti, che resse la Chiesa milanese fra il 1584 e il 1595(Decadis quartae historiarum Mediolanensis ecclesiae sive de pontificatu Gasparis Vicecomitis libri duo..., Mediolani 1682), resta un interessante esempio di storia ecclesiastica moderna fondata su un ampio spoglio di fonti documentarie, anche se venata all'inizio di compiacenti fantasie genealogiche (a p. 5si ripete la favola della discendenza dei Visconti dai re longobardi). Gli stessi difetti, accresciuti da un accentuato campanilismo diocesano, ritornano nell'ultima e più ampia opera del B., il Martyrologium Mediolanensis Ecclesiae cum notationibus (Mediolani 1695), ove la sua erudizione, obbligata ad abbracciare argomenti e archi di tempo troppo vasti, e priva spesso della pezza d'appoggio documentaria, mostra limiti gravi di senso storico e di capacità critica.
Secondo l'Argelati e il Mazzuchelli il B. avrebbe lasciato numerose opere manoscritte, oggi perdute, fra cui una dissertazione sulla corona ferrea del tesoro monzese, dedicata al Muratori, e una raccolta di documenti della Chiesa di Monza; l'Ambrosiana conserva di lui un trattato storico De archiepiscoporum Mediolanensium aedibus, i libri di amministrazione per gli anni 1668 e 1671-1673 e alcune lettere.
Secondo quanto scrisse nel 1668 all'Ughelli, il B. condusse il suo lavoro erudito "fondandosi sempre su le raggioni de' i scrittori auttorevoli e de' i manoscritti preziosi" (Bibl. Apost. Vat., Barb. lat. 3240, c. 45v), ma gli mancavano i mezzi per giudicare della reale autorevolezza degli scrittori invocati e della sostanziale preziosità dei manoscritti ammirati, più che compresi.
Fonti eBibl.: Le lettere del B. all'Ughelli sono in Bibl. Apost. Vat., Barb. lat. 3240, pp. 17r-18v, 24r-33v, 45r-51v, 57r-58v, 136r-139v; altra sua lettera in Barb. lat. 2173, pp. 29r-30r. Cfr. inoltre: Epistolario di L. A. Muratori, a cura di M. Campori, II, Modena 1901, pp. 384, 385; III, ibid. 1902, p. 1068; J. Mabillon, Museum Italicum, I, Lutetiae Parisiorum 1687, pp. II, 14, 213; F. Argelati, Bibliotheca scrittorum Mediolanensium, Mediolani 1745, I, 2, coll. 204 ss.;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, coll.1817 s.; A. Ratti, Di un presunto autografo petrarchesco all'Ambrosiana, in Arch. stor. lomb., XXXI (1904), pp. 172-76; S. Bertelli, Erudizione e storia in L. A. Muratori, Napoli 1960, pp. 31, 68; Enc. Ital., VII, pp. 535 s.