MORANDO, Pietro
MORANDO, Pietro. – Nacque a Orti, frazione di Alessandria, il 5 giugno 1889. Non si conosce il nome dei genitori.
Fu battezzato col nome di Pierino Stefano (Marchiando Pacchiola, 1981, p. 6).
Finite le scuole elementari cominciò ad aiutare il padre nel lavoro di muratore e, contemporaneamente, frequentò le scuole serali, sotto la guida di Ettore Filippelli, dedicandosi anche alla lettura di Anton Čechov, Émile Zola e Fëdor Dostoevskij. Rivelate precoci doti di disegnatore, nonostante le ristrettezze economiche della famiglia riuscì a frequentare in modo irregolare l’Accademia Albertina di belle arti di Torino (Sottomano, 1999, p. 15; Vescovo, 1988, p. 15). Nel 1910 intraprese un viaggio a piedi verso Roma e partecipò all’Esposizione della Società di belle arti di Genova. Due anni dopo fu presente all’Esposizione internazionale di belle arti della Società amatori e cultori di Roma. Nel 1913, grazie all’interessamento di Angelo Morbelli, ottenne dalla Provincia di Alessandria una borsa di studio per frequentare l’Accademia di Brera a Milano, con la quale riusciva solo a dormire all’albergo popolare e a malapena nutrirsi.
Frequentando lo studio di Morbelli, Morando vedeva la traduzione artistica di quel mondo di povertà che iniziava a ritrarre, facendone parte. All’artista interessavano soprattutto il segno analitico di Morbelli e le scene caratterizzate da una visione precisa, da un solo punto di fuga, tralasciando però l’intensità preziosa dei toni chiari del maestro. Trasferitosi nella sua abitazione, venne in contatto con vari pittori, fra cui Cesare Tallone, Gaetano Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo, del quale ammirava la vocazione socialista (Vescovo, 1988, pp. 16 s.).
Tornato a Orti, nel 1915 accompagnò Cesare Battisti in varie città per fare propaganda a favore dell’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale; quindi si arruolò come volontario nel corpo speciale degli Arditi. Combatté sul Carso e ottenne tre medaglie al valor militare. Catturato durante la ritirata sul Piave nel luglio 1918, fu internato prima nel campo di prigionia di Nagymegyer (allora in Ungheria e ora in Slovacchia), poi nel campo di punizione di Komárom in Ungheria, dove ritrasse la fame, il colera e le torture. Nel suo «taccuino di trincea» realizzò una serie di disegni, datati fra il 1915 e il 1918, in cui la guerra viene accettata come una «realtà dolorosa» e «anche l’arte è dominata dalla routine squallida della morte » (Passamani, 1968).
Raramente nei suoi disegni, di cui molti eseguiti a carboncino, su fogli di fortuna o su fogli d’album, Morando si fa travolgere dal naturalismo o da compiacimenti estetici. Passamani (1968) parla di «sintetico espressionismo» e Vescovo (1988, pp. 20 s., 30) nota in vari lavori l’influenza del verismo di Giovanni Fattori, del dinamismo di Umberto Boccioni, del cosiddetto periodo negro di Pablo Picasso nonché della scultura di Arturo Martini e di quella romanica di Wiligelmo nel duomo di Modena. Se è vero che Moramdo racconta sempre l’esatto momento in cui avviene un episodio (Passamani), è certo anche che l’uomo ritratto nei suoi disegni assurge a una dimensione a-storica, diventa il soldato di tutti gli eserciti. L’artista cancella quasi sempre il paesaggio, la natura è assente (Vescovo, 1988, p. 26). Talvolta i disegni illustrano solo singoli particolari anatomici non più legati a un organismo vivente, come Frammenti di uomini eroici ed Eroe del Carso (entrambi del 1917; Rovereto, Museo storico italiano della guerra, ripr. in P. M., 1988, pp. 66 s.). In altri casi, in alcune scene narrative, il teschio si sostituisce al volto: Pane! (1918; Rovereto, Museo storico italiano della guerra, ripr. ibid., p. 162).
Nel 1916 inviò dal fronte alcuni disegni per l’esposizione della Permanente di Milano. Nel dopoguerra frequentò Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Felice Casorati, Carlo Carrà, Arturo Martini e Lionello Venturi. Nella prima metà degli anni Venti espose in molte manifestazioni, fra cui l’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino (1920) e quella di Firenze (1922), l’Esposizione di Brera a Milano (1922 e 1923), la Quadriennale di Torino, la Biennale di Roma nel 1923 e quella di Venezia del 1924.
Le opere di questi anni subiscono varie influenze pittoriche. Paesaggio alpino (1922; Alessandria, Collezione privata, ripr. in Omaggio, 1999, p. 46), per esempio, risente del divisionismo, in particolare di Pellizza da Volpedo, per la luce calda e l’atmosfera mesta. Talvolta l’artista fa chiari omaggi alla pittura dei suoi maestri divisionisti, con poche varianti nei personaggi e nel paesaggio: si confronti Il ritorno di Morando (1923; Torino, collezione privata, ripr. ibid., p. 47) con Il ritorno dai boschi di Giovanni Segantini (1890; Sankt Moritz, Segantini Museum). Altri lavori risentono del clima del «ritorno all’ordine» e, moderatamente, anche della pittura «metafisica», guardando all’opera dei trecentisti italiani, del Beato Angelico e di Piero della Francesca o direttamente a Casorati, Carrà e Martini: Maternità (1925 circa; Alessandria, Pinacoteca civica, ripr. ibid., p. 53), Annunciazione (1926; Torino, collezione privata, ripr. ibid., 1999, p. 58), Il figliol prodigo (1926; Alessandria, Pinacoteca civica, ripr. in ibid., p. 65). Non mancano, inoltre, citazioni molto letterali di personaggi e paesaggi dal suo amico e sostenitore Carrà (Carluccio, 1965).
Nel 1924 alla Mostra di Guerra degli artisti combattenti e mutilati alla villa Reale di Monza ottenne una sala personale. Attraverso la sua arte Morando comunicava in questi anni il proprio dissenso dalla rappresentazione dei soldati «belli nelle loro uniformi» o nudi come pugili, sui piedistalli. La guerra, secondo l’artista, aveva reso un po’ più buoni coloro che l’avevano combattuta (Passamani, 1968). A Milano nel 1925 espose col gruppo degli artisti combattenti alla galleria Pesaro. L’anno seguente entrò nel sindacato fascista delle arti plastiche per le provincie piemontesi. Partecipò, sempre nel 1926, alla Biennale di Venezia (e ancora nel 1928, nel 1932, nel 1948, nel 1950 e nel 1956). Fu presente in varie manifestazioni sul territorio nazionale fino al 1928-1929, quando si recò a San Paolo del Brasile, a Buenos Aires e in altre città del Sudamerica, per organizzare mostre. La sua attività espositiva rimase intensa anche in Italia. Dalla fine degli anni Trenta fino al 1941 prese parte alle mostre sindacali fasciste piemontesi, di Napoli, Firenze e Milano.
Nel 1930 visitò varie capitali europee: Berlino, Monaco e Parigi, dove venne in contatto diretto con l’opera di Picasso. Nel 1931 partecipò sia alla Quadriennale di Roma (dove espose anche nel 1935, nel 1939, nel 1948 e nel 1959) sia alla Promotrice di Torino (dove fu presente anche nei due anni seguenti e in varie edizioni successive). Nel 1935 soggiornò a Roma e intorno al 1937 realizzò alcuni affreschi per la cappella seminterrata della casa del Mutilato di Alessandria (ripr. in Sottomano, 1999, pp. 19 s.), ispirati ai trecentisti italiani filtrati attraverso la pittura di Carrà e Sironi. Espose abbastanza regolarmente anche durante il secondo conflitto mondiale e per tutti gli anni Quaranta.
Tema dominante della produzione pittorica di Morando è l’alienazione dell’individuo, vittima dei gesti seriali che la società gli impone. Tale tematica sociale, costante assoluta dell’artista, si incarnava spesso in personaggi di uomini affranti, umanoidi che rievocano a volte la tristezza del periodo blu di Picasso, nei colori e nei soggetti, e risentono moderatamente anche della scomposizione-ricostruzione dei volumi del maestro spagnolo: si vedano L’erpice (1948; Alessandria, Pinacoteca civica; ripr. in Omaggio, 1999, p. 99) e Contadina (1945; Alessandria, collezione privata, ripr. ibid., p. 101).
Negli anni Cinquanta e Sessanta si segnalano le partecipazioni del 1953 alla Biennale di Brera, alla Permanente di Milano e una personale alla galleria Bergamini di Milano, con un testo di presentazione di Carrà. In questo periodo aumenta il numero di lavori dai colori chiari e i personaggi hanno più frequentemente caratterizzazioni non drammatiche, unite a una costruzione geometrica dei corpi che li rende, raramente, anche giocosi: Suore in terrazza (1962; Valenza, collezione privata, ripr. in Omaggio, 1999, p. 134). Negli anni Settanta, l’attività espositiva di Morando continuò ininterrottamente sia in spazi pubblici sia in gallerie private.
Morì ad Alessandria il 24 settembre 1980.
Le sue opere sono presenti in varie collezioni, fra le quali: la Galleria d’arte moderna di Torino, la Galleria d’arte moderna di Milano, la collezione della Fondazione Davide Lajolo a Milano e i Musei Vaticani. Nell’Archivio bioiconografico della Galleria nazionale di arte moderna di Roma si conservano oltre 130 articoli in cui è menzionato il pittore oltre ad alcuni cataloghi ormai di raro reperimento.
Fonti e Bibl.: L. Bistolfi, P. M. Disegni di guerra (1926), Milano 1933 (con antologia critica); C. Carrà, in Mostra personale di P. M. (catal., galleria Bergamini), Milano 1953, pp. n.n.; L. Carluccio, I vagabondi si trasformano in «romei» nelle tele dell’alessandrino M., in Gazzetta del popolo di Torino, 9 ottobre 1965; E. Milano, Artisti della nostra terra: P. M., in La provincia di Alessandria, XIV (1967), 3, p. 19; B. Passamani, P. M., in Disegni di guerra di P. M. (catal.), Bassano 1968, pp. n.n.; Omaggio a P. M. (catal., Rovereto), a cura di A. Mensi, Calliano 1972 (con antologia critica); M. Vescovo, P. M., in N.A.C. Notiziario Arte Contemporanea, 1972, n. 1, pp. 23 s.; P. M., Savigliano 1976; M. Marchiando Pacchiola, Pittore umanitario, in Omaggio a P. M. (catal.), a cura di M. Marchiando Pacchiola, Pinerolo 1981, pp. 5-51 (con documenti e antologia critica); M. Vescovo, in P. M.: uomini e giganti. I disegni del fronte e della prigionia (1915- 1918) della collezione del Museo (catal.), Rovereto 1988, pp. 15-31; R. Tacchella, Artisti alessandrini tra Ottocento e Novecento. Dizionario bio-bibliografico, Torino 1989, pp. 48 s.; Omaggio a P. M. Opere dal 1920 al 1970 (catal., Alessandria), a cura di F. Massucco - A. Repetto, Milano 1999 (con bibl.); F. Sottomano, P. M. 1889-1980. Vita e opere, ibid., pp. 15-35; R. Breda, 1890-1940 Artisti e mostre, Roma 2001, p. 331; P. M.: obliterazioni. 278 disegni sugli scontrini del bar Vittoria di Alessandria (catal., Valenza), Sardigliano 2004; D. Molinari, Il patrimonio figurativo della Camera di commercio di Alessandria, in Rassegna economica della provincia di Alessandria, LVI (2005), 3, p. 48.