PIETRO IV re di Aragona, III di Catalogna, detto il Cerimonioso
Successe al padre Alfonso il Benigno nel 1336. La sua inimicizia con la matrigna Eleonora di Castiglia, rifugiata presso il fratello Alfonso XI, diede luogo a trattative finite con l'intervento di ecclesiastici ed altri importanti personaggi: Pietro riconobbe a malincuore le clausole testamentarie del padre in favore di Eleonora e figli. Certamente questi contrasti sarebbero sboccati in una guerra con la Castiglia senza l'intervento dell'infante Pietro, zio di P., e la minaccia dell'invasione dei Marinidi. I soldati di P. cooperarono contro i Musulmani alla vittoria del Salado (1340) e l'aiuto di navi catalane accanto a una forte armata genovese, fu efficace nella resa di Algeciras (1342). La questione dinastica con Maiorca, i cui sovrani erano costretti a prestare omaggio ai conti-re di Catalogna-Aragona, scoppiò sotto P.: egli provocò la rottura con Giacomo III (v. giacomo iii di maiorca), lo sottopose a processo e occupò le Baleari e il Rossiglione. A Llucmajor (Maiorca) Giacomo fu sconfitto e ucciso.
La lotta tra la monarchia e la nobiltà dell'Aragona che si protraeva fin dal secolo anteriore fu particolarmente pericolosa per P. La "Unión" aragonese, seguendo la causa di Giacomo fratello del re, che P. aveva posposto alla propria figlia Costanza quale erede al trono, determinò una rivolta quasi generale dell'Aragona contro il re, costretto a confermare nelle Cortes di Saragozza (1347) un privilegio concesso da Alfonso II (III) e ad accedere a ogni sorta di esigenze. Poco meno che fuggitivo lasciò l'Aragona per recarsi in Catalogna. Intanto l'Unione si era propagata a Valenza. L'esercito reale era sconfitto e Fernando, fratellastro di P., entrava con truppe castigliane nel regno. P. doveva confermare la Unión valenzana (1348), dichiarare Ferdinando erede della corona, in caso di morte sua senza eredi maschi, e nominarlo procuratore generale degli stati. Ma poi l'esercito di P., riorganizzato in Catalogna, irruppe nell'Aragona riportando a Epila una compiuta vittoria su gli unionisti comandati da Ferdinando, che cadde prigioniero. Nuove Cortes a Saragozza abolirono il Privilegio della Unión. Il re in persona tagliò la pergamena del privilegio col pugnale (donde il soprannome di "Pietro del Pugnaletto"). Poi si volse contro Valenza, che assediò e prese entrandovi trionfalmente. La vendetta contro i capi dei ribelli fu spietata. L'anno seguente (1349) P., vedovo la seconda volta, sposava Eleonora figlia di Pietro II di Sicilia. Le guerre peninsulari non gli permisero di dedicare subito tutta l'attenzione ch'egli avrebbe voluto alle ribellioni di Sardegna, dove il suo dominio ebbe per principale nemico Mariano IV, il giudice d'Arborea. La lotta in Sardegna supponeva quella contro Genova; perciò P. si alleò con Venezia (1351) e anche con Pisa e con l'imperatore Giovanni VI Cantacuzeno che non mantenne però la parola. Le armate alleate veneziana e catalana riportarono sulla flotta genovese una contrastata vittoria a Costantinopoli (13 febbraio 1352) e un'altra, più netta, davanti ad Alghero (27 agosto 1353). Tuttavia la pacificazione dell'isola non fu ottenuta; e allora con un forte esercito P. in persona andò in Sardegna. Ma le difficoltà di rifornimento, il mancato aiuto di Venezia e altre circostanze ostacolarono il buon esito dell'impresa. Altre spedizioni marittime successive non riuscirono a pacificare del tutto l'isola, nonostante un convegno a Barcellona (1386) con Eleonora, moglie di Brancaleone Doria. Durante lo svolgimento delle vicende di Sardegna, P. sostenne nella Penisola Iberica un'altra o altre guerre (1366-1369) col suo omonimo di Castiglia, Pietro I il Crudele. Diverse circostanze e il carattere stesso dei due sovrani mantenevano un tale stato di mutua sfiducia che bastò un piccolo incidente - quale fu la presa a Sanlúcar di due navi italiane, eseguita da altre navi catalane, e il reclamo del re di Castiglia a cui P. non fece caso - per accendere il fuoco. La guerra fu lunga e accidentata e fattori importanti ne furono i dissensi dinastici nell'uno e nell'altro regno: i Castigliani si videro aiutati dai fratellastri del Cerimonioso, mentre accanto a quest'ultimo interveniva Enrico di Trastamare, fratello naturale del re di Castiglia e aspirante al trono. P. rinforzò le sue truppe con le Compagnie Bianche di Bertrando du Guesclin. L'ultima fase della guerra fu la lotta civile tra i due fratelli castigliani, terminata con l'uccisione di Pietro il Crudele (1369). Posteriormente ci furono dissensi tra il nuovo re castigliano e P., finiti con un'unione matrimoniale. La politica di reintegrazione delle terre che erano state soggette alla casa dei conti di Barcellona si manifestò oltre che nell'annessione di Maiorca, nelle mire sul regno di Murcia, che P. non riuscì ad avere, e sulla Sicilia. Morto Federico III di Sicilia, marito di Costanza figlia di P. (1377), il suocero pretese quella corona. Davanti all'opposizione dei Siciliani e al rifiuto da parte del proprio figlio Giovanni di sposare Maria, figlia ed erede di Federico III, P. cedette i suoi diritti sulla Sicilia all'altro figlio Martino, e preparò il matrimonio di Maria con Martino il Giovane. I ducati catalani di Atene e di Néai Pátrai, dipendenti dalla Sicilia, chiesero, morto Federico, l'annessione alla corona d'Aragona. P. accettò (1379) mandandovi il visconte di Rocaberti in qualità di vicario generale. Durante il suo regno P. ebbe rapporti, quasi sempre pacifici, coi Saraceni. A Cipro P. intervenne (in conseguenza di vincoli matrimoniali tra le due Corti) nei disordini interni di quel regno. Il suo matrimonio in quarte nozze con Sibilla di Fortià (1380) gli procurò gravi dissensi col figlio Giovanni. Abbandonato dai suoi famigliari morì a Barcellona il 5 gennaio 1380.
P. fu politico accorto, diplomatico senza scrupoli, energico fino alla crudeltà e ipocrita. Come nessun altro re d'Aragona sentì la grandezza e l'unità delle terre acquistate dagli avi. Promulgò le Ordinacions per il ġeggimento della casa reale e altre. Appassionato della storia, partecipò alla redazione della Cronaca che porta il suo nome; e, benché cattivo poeta, vide formarsi attorno a sé una scuola poetica.
Bibl.: Cronaca di Pietro III, ed. di Barcellona 1850 e 1885; Zurita, Anales de la Corona de Aragón, VII-X; A. Lecoy de la Marche, Les relations politiques de la France avec le Royaume de Majorque, II, Parigi 1892; A. Rubió i Lluch, Documents per l'història de la cultura catalana mig-eval, Barcellona 1908, voll. 2; A. Giménez Soler, El viaje de Pedro IV á Cerdeña, en 1354, in Boletín de la R. Academia de Buenas Letras de Barcelona, V (1909-10), pp. 88-93; A. Rubió i Lluch, Estudi sobre l'elaboració de la Crónica de Pere III el Cerimoniós, in Anuari d. Inst. d'Estudis Catalans, 1909-10, pp. 519-570; id., La cultura catalana en el regnat de Pere III, in Estudis Universitaris Catalans, VIII (1914), pp. 219-245; A. Ballesteros, Historia de España y su influencia en la historia universal, III, Barcellona 1922, pp. 216-234; A. Rovira i Virgili, Historia Nacional de Catalunya, Barcellona 1928, V, pp. 305-383.