Pittore (Venezia 1702 - ivi 1785). Fu tra i maggiori rappresentanti del rococò veneziano; espresse al meglio le sue qualità in quadri di genere e di costume con scene di vita veneziana, che lo resero famoso. I suoi suoi dipinti, spesso ambientati in interni, restituiscono una Venezia settecentesca rappresentata con arguta intimità, un mondo popolare, tenue e minuto reso spesso con libertà di tocco e con colori luminosi.
Dal padre, argentiere, ebbe le prime nozioni di disegno; fu poi allievo di A. Balestra e, a Bologna (1732-34), di G. M. Crespi. Nel 1756 fu nominato membro dell'Accademia di Venezia, dove insegnò, pur con qualche interruzione, fino al 1780.
Dopo alcuni incerti tentativi di grande composizione (S. Pellegrino al supplizio, 1730, parrocchiale di San Pellegrino; La caduta dei Giganti, 1732-34, Venezia, Ca' Sagredo) si diede a dipingere, con acuta sensibilità pittorica e garbata ironia, scene di vita popolare (Le lavandaie, 1740, Venezia, Ca' Rezzonico; I Bevitori, 1740-45, Milano, Gall. d'arte moderna) e di costume (Il Sarto, 1741, Venezia, Gall. dell'Accademia; Il rinoceronte, 1751, Venezia, Ca' Rezzonico), maturando uno stile più immediato e suggestivo capace di rendere, con concisa schiettezza espressiva, l'intimità degli ambienti (Il solletico, 1755, Lugano, collezione Thyssen). Oltre alla velata componente francese, nella serie dei Sacramenti (1750-55, Venezia, pinacoteca Querini-Stampalia) come nelle opere del decennio successivo, L. rivela l'adesione al più vivace gusto rococò veneziano che, nei delicati effetti tonali e nel colpeggiare sottile del pennello, si ricollega alle contemporanee soluzioni di R. Carriera e J. Amigoni. Solo nel periodo più tardo le tonalità si scuriscono e il segno, rapido ed approssimativo nella produzione di repliche poco difformi (serie dei Ciarlatani, delle Venditrici, ecc.), appare invece più sfumato e attento nella resa di atmosfere e di penetranti ritratti (Caccia in valle, 1770, Venezia, pinacoteca Querini-Stampalia).