PIETRO E PAOLO
Apostoli e martiri. Già la Lettera detta di Clemente (Il sec.) raccoglie la tradizione romana secondo cui i due apostoli avrebbero subito il martirio insieme; nel IV sec. il Catalogo detto liberiano ha un'unica data di commemorazione per entrambi. Nell'iconografia cristiana l'associazione dei due martiri e apostoli è assai antica, sia in rapporto alla loro posizione preminente, sia in relazione alla tradizione romana del martirio.
1. - Pietro. - Nessuna fonte ci ha trasmesso l'aspetto fisico di Pietro, a prescindere da un passo di Niceforo Callisto (Hist. eccl., ii, c. xxxvii) evidentemente già influenzato dalla tradizione iconografica. I primi tentativi di rappresentazione oscillano, tanto per esso quanto per Paolo, tra un ritratto giovanile, sbarbato (vetri graffiti: Garrucci, tavv. 1, 3; ix, 6; x, 5;xi, i) e uno "filosofico" (v. filosofi) barbato, con la fronte spaziosa o addirittura calvo (id., tavv. x, 9; xi, 8 ecc.). Malgrado l'affermarsi del ritratto "filosofico", il tipo di Pietro sembra differenziarsi per una sua certa rudezza e il personaggio irsuto che a poco a poco si delinea sembra ascoltare sempre meglio un'eco del ritratto assai vivo tracciato dai Vangeli e dagli Atti (affresco nel cimitero di Pietro e Marcellino, Wilpert, Pitture, tav. xciv). Fu infine nel rapido arricchirsi dell'iconografia cristiana negli anni immediatamente precedenti la pace costantiniana che, come osservò il Gerke, la figura di Pietro trovò a Roma una sua definizione sicura, (come nel sarcofago 161 del Laterano), che sarebbe rimasta negli anni a venire, con singolare coerenza. Una immagine d'uomo vigoroso e massiccio, già vecchio, il volto incorniciato dalla barba tonda, i capelli folti e corti, ben presto tagliati in modo di formare quasi una corona (come in un affresco nelle catacombe di San Gennaro a Napoli, probabilmente teodosiano) e che alla fine sembrano accennare già alla tonsura (mosaico di Sant'Agata de' Goti a Roma, 472). In un primo tempo né Pietro né Paolo sono nimbati e il loro attributo è il libro. Soltanto dopo la metà del IV sec. Pietro appare con la croce (bronzetto nei Musei di Berlino). È incerto se siano antiche le chiavi che l'apostolo stringe nel mosaico di Galla Placidia in S. Paolo fuori le mura a Roma: l'iscrizione lo chiama comunque (secondo la restituzione di G. B. De Rossi) ianitor coeli. Le chiavi sono attributo di Pietro in una lampada di terracotta da Akhmin-Panopolis. La lunga controversia sulla data della statua bronzea in S. Pietro in Vaticano, in cui Pietro ha l'attributo delle chiavi, sembra definitivamente risolta nel senso di riconoscervi una creazione del primo Rinascimento.
Il racconto neotestamentario ispira numerose rappresentazioni in cui appare Pietro (v. Nuovo testamento), accanto alle quali se ne dispongono altre che non sono scene storiche, ma quadri simbolici. Sui sarcofagi (120 volte), nella pittura cemeteriale (26 volte), nei vetri graffiti (4 volte), anche in una lampada di bronzo (Firenze, Museo Archeologico) Pietro è raffigurato nell'atto di far scaturire l'acqua da una roccia percuotendola con una verga. In nessun episodio della vita di Pietro ricorre un miracolo simile: non nel battesimo di Cornelio (Atti, 10, 47), mentre la leggenda del carcere mamertino è documentata soltanto alla fine del VI secolo. L'intento simbolico è dunque evidente: Kephas Pietro, pietra su cui sorge l'edificio dell'ecclesia, pietra da cui sgorga l'acqua salutifera. Nel IV sec. Pietro sostituisce del tutto Mosè nella rappresentazione del miracolo dell'acqua. Si afferma il concetto di Mosè quale prefigurazione di Pietro, che raggiungerà la più completa formulazione con Sant'Agostino, sciogliendo così anche i lati oscuri della biografia di Pietro: figura petra iacens, figura virga percutiens, figura aqua fluens, figura et Moises dubitans... figura erat Petri ter illum negantis. Quare Petrus dubitavit? Quia lignum petrae propinquavit. Cum mortis suae genus, id est crucem ipsam, praeenuntiaret Dominus, ipse Petrus expavit.
Nel sarcofago costantianiano detto dei Tre Monogrammi, venuto in luce negli scavi sotto S. Pietro, tali concetti appaiono riuniti in uno svolgimento coerente, secondo l'esegesi proposta da E. Stommel. Ivi Pietro che percuote la roccia è contrapposto a Cristo che fa risuscitare Lazzaro: l'inizio e il compimento della vita cristiana, dal battesimo alla resurrezione della carne; inoltre, mentre Pietro batte la roccia, si volge verso Cristo che, mentre stringe un rotulo segnato dal monogramma, lo ammonisce predicendo la triplice negazione (il gallo segnala l'argomento della scena). A questo episodio si contrappone Pietro che, stringendo ora lui il rotulo con il monogramma, è condotto al martirio. Il sarcofago 135 del Laterano, anch'esso costantiniano, pone al centro l'annuncio della negazione, come scena della passione e, ai lati, la cacciata dei progenitori cui si contrappone il miracolo dell'acqua; Pietro è condotto al martirio mentre stringe la verga taumaturga. Nel sarcofago dei Due Fratelli, nel Museo Lateranense, i soldati irrompono su Pietro proprio mentre egli, seduto su una roccia (= pietra), apre il rotulo della legge. Nello stesso sarcofago - in cui Pietro è sempre rappresentato secondo il tipo "filosofico", affine a quello di Paolo - l'episodio della consegna della legge a Mosè - contrapposto all'intervento divino nel sacrificio d'Isacco - è a fianco dell'annuncio della triplice negazione. Infine nel sarcofago dei Maccabei, in San Pietro in Vincoli, non lontano cronologicamente, all'annuncio della negazione è avvicinata la consegna delle chiavi a Pietro, che le riceve nelle mani velate.
Ma la grande composizione celebrativa della missione di Pietro è la cosiddetta Traditio legis, creazione davvero nuova; anche se E. Stommel ne ha potuto rintracciare, come si è visto, i precedenti ideali, il Francovich ne ha ricercato analogie compositive con rappresentazioni come quella della largitio sull'Arco di Costantino a Roma e il Grabar ne ha potuto indicare convincentemente gli addentellati con l'iconografia imperiale. La rappresentazione compare sui sarcofagi per la prima volta circa il 370 (sarcofago in San Sebastiano) ed è forse preceduta, in mosaico, in un'absidiola di S. Costanza a Roma (v. tav. a colori) ritenuta di età tardo-costantiniana (De Rossi, Wilpert, Leclercq, Gerke, Kollwitz, Zaloziecky) o teodosiana (Michel, Toesca, Wessel, Cecchelli). Gesù, stante sul monte dai quattro fiumi, consegna il rotulo della legge (talora iscritto: dominus legem dat) a Pietro, che accorre alla sua sinistra, solitamente con una croce sulle spalle, mentre Paolo assiste acclamando. Sullo sfondo due palme e due costruzioni che alludono alle due città sante; su una palma la fenice (phoinix). La grandiosità della scena, la facilità con cui si dispone entro il catino dell'abside (altro esempio nella catacomba di Grottaferrata) e le difficoltà che invece incontrano gli scultori di sarcofagi a costringerla entro i loro schemi (v. Laterano, 138, 151, 106) sono circostanze che lasciano intravedere, all'origine, una composizione monumentale. Lo studio della cassetta di Samagher (Pola) del Buddensieg, in rapporto con i risultati degli scavi sotto S. Pietro, l'analisi delle descrizioni del Peristephanon di Prudenzio (Künzle) rendono ora nuovamente probabile l'ipotesi (De Rossi, Kollwitz, Klauser) che questa scena fosse comparsa per la prima volta nella decorazione musiva di S. Pietro in Vaticano (v. roma). In Santa Costanza, a Roma, di fronte all'abside con la scena della traditio si trova una seconda abside con una rappresentazione, molto alterata da restauri, che è stata interpretata variamente come consegna della legge a Mosè (De Rossi, Kondakov, Leclercq), donativo di una corona a un martire (Michel), consegna delle chiavi a Pietro Wilpert, Berchem-Clouzot, Kollwitz, Ihm). Sul sarcofago dei dodici apostoli, in Sant'Apollinare in Classe, come in altri sarcofagi di Ravenna, in un frammento di rilievo teodosiano nel Museo Archeologico di Istanbul (da Bakirköy) non è rappresentata la consegna della legge a Pietro, bensì a Paolo, mentre Pietro, con la croce sulle' spalle, acclama. Il Kollwitz ritiene trattarsi di uno schema specifico costantinopolitano e orientale, non seguito in questo dal Francovich. È comunque notevole che Pietro abbia qui il segno distintivo della croce, che gli deriva dalle rappresentazioni romane della traditio legis.
Uno dei più impressionanti "ritratti" di Pietro è il frammento di mosaico oggi nelle Grotte Vaticane (dall'arco trionfale?). Un disegno del Ciacconio (Vat. Lat. 5407, tav. 82) ci trasmette il ricordo di un mosaico della fine del IV sec. in S. Pudenziana (chiesa legata al soggiorno di Pietro a Roma) con Pietro (sbarbato?) in cattedra fra due agnelli.
Eusebio (Hist. EccZes., vii, xviii, n. 4) ricorda icone dei due apostoli (ὅτε καὶ τῶν ἀποστόλων αὐτοῦ τὰς εἰκόνας Παύλου καὶ Πέτρου καὶ αὐτοῦ δὴ τοῦ Χριστοῦ διὰ χρωμάτων ἐν γραϕαῖς σῳζομένας ἱστορήσαμεν); nel palazzo del Laterano, a Roma, si trovavano due veneratissime icone di Pietro e Paolo, sotto le quali si sedeva il pontefice dopo l'elezione (Liber Pontificalis, vita di Sergio I) e il mosaico sull'arco trionfale di S. Maria Maggiore a Roma presenta due clipei con i ritratti dei due apostoli sui fianchi del trono di Cristo. Ancora di un'icona di Pietro a Pavia è ricordo nella Smoge einsidlense ded(icatio, in icona sci petri ΤΟΝ ΘΕΟΝ ΛΟΓΟΝ ΘΕΗCΕ (= ϑεήσαι = ϑεάσαι) ΧΡΥCW - ΤΗΝ ΘΕΟΓΛΙΤΤΟΝ ΠΕΤΡΑΝ ΕΝ H - ΒΕΒΗΚWC ΟΥ ΚΛΟΝ(Ο)ΥΜ(ΑΙ).
Due antiche icone ci sono pervenute. Una è un minuscolo dittico con le teste degli Apostoli, conservato nel Sancta sanctorum, a Roma, che è forse ricordo (nel sec. IX?) delle icone maggiori; l'altra è una stupenda icona a encausto nel monastero di Santa Caterina al Sinai, variamente datata dal V (Sotiriu) al VII (Kitzinger) sec. e che ancora ricorda le monumentali figure del mosaico di SS. Cosma e Damiano a Roma (526).
2. - Paolo. - Gli Atti di Paolo e Tecla, apocrifo noto a Roma circa il 200 e che Tertulliano attribuisce a un in Asia presbytero, disegnano un rapido ritratto di Paolo: "piccolo, calvo; vigoroso, con le sopracciglia congiunte, il naso pronunciato e tuttavia dotato di una particolare grazia". Un ritratto abbastanza realistico, anche se dettato dal desiderio di sottolineare il contrasto fra l'aspetto non attraente dell'apostolo e il fascino da lui esercitato, e che troverà un'eco nel tipo fisionomico di Paolo che incomincia ad apparire già nel III sec. (Neuss), riprendendo un tipo di ritratto filosofico genericamente affine al supposto Plotino (L'Orange). Agostino dubitava dell'esistenza d'un ritratto di Paolo (De Trinitate, 8, 5 = P. L., 42, 912). Circa il 360 (sarcofago di Giunio Basso, sarcofago dei Due Fratelli) questo tipo filosofico influenzerà lo stesso ritratto di Pietro (un frammento di lapide dal cimitero di S. Agnese, pubblicato nel N. Bull. Arch. Crist., vii, 1901, p. 257 ss., tav. 9, ha un busto con i tratti di Paolo con l'iscrizione Petrus; sulla parte mancante della lapide doveva essere rappresentato Paolo; un vetro dorato - Garrucci, x, 4 - ha invece Paolo con i tratti di Pietro).
Mentre rimane incerta l'origine antica dei cicli figurativi ispirati agli Atti degli Apostoli (v. nuovo testamento), le testimonianze archeologiche sono assai più scarse per Paolo che per Pietro. Si ritiene un'aggiunta medievale la spada che l'apostolo stringe sul mosaico dell'arco trionfale di S. Paolo fuori le mura; però la spada è un attributo abbastanza antico, come dimostra una lucerna di terracotta, già ricordata, da Akhmīn-Panopolis. Un tema tipico di Paolo è la storia di lui e Tecla. Paolo che insegna, ascoltato da Tecla, rinchiusa, appare su una tavoletta d'avorio nel British Museum, parte di una cassetta-reliquiario oggi scomposta (all'incirca contemporanea della cassetta di Pola-Somagher), un'altra scena di insegnamento nel "mausoleo dell' Esodo" di Bagāwāt di data discussa (VI sec.?), dove esiste anche un'altra rappresentazione di Tecla sola, infine in una lastra scolpita di Ešmiadzin. Ancora il tema di Tecla è ripreso curiosamente in un frammento di coperchio rinvenuto in S. Valentino, ora nei Musei Capitolini: su un mare delimitato da uno scoglio su cui siede un pescatore, naviga una barca sul cui fianco è l'iscrizione Thecla, guidata da un nocchiero identificato come Pavlvs. Lo schema della nave e del nocchiero è già noto per Cristo e gli evangelisti (frammento nel Museo Lateranense) e per lo stesso Pietro (lampada nel Museo Archeologico, Firenze). Il simbolismo funerario della scena con Paolo è trasparente, e va ricordato che l'Ordo commendationis animae nel III sec. implorava: sicut liberasti Petrum et Paulum de carceribus, et sicut beatissimam Theclam de tribus atrocissimis tormentis.
La conversione di Paolo era rappresentata in una basilica in Spagna (Saragozza?) secondo Prudenzio (Dyttochaeum, n. 48.). Il martirio era forse rappresentato a Roma in S. Pietro in Vincoli, dato il distico noto dalle sillogi.
Sulla stessa cassetta già menzionata del British Museum è rappresentata la lapidazione di Paolo. Il martirio di Paolo appare in modo singolare, con accento forse locale, nei due sarcofagi, assai vicini, di Giunio Basso e dei Due Fratelli: nel primo la scena, in cui è colto il momento in cui il carnefice sta per sguainare la spada, si svolge sullo sfondo di canne palustri, che accennano probabilmente alla località presso il Tevere in cui era sepolto il martire; nell'altro Paolo indica, rivolto ai soldati e al giudice, una sorgente copiosa: forse ancora un riferimento topografico e insieme le acque salutari del cristianesimo. (Il primo accenno alla località Ad Aquas Salvias come scena del martirio di Paolo è in S. Gregorio, Reg., xiv, 14; confronta V. Capocci, in Atti dell'viii Congresso Int. di Studi Bizantini, 2, 1953, p. 18 ss.). Le acque sono indicate nella scena dei martirio di Paolo anche in un sarcofago da San Vittore di Marsiglia, che si lega anche per un altro particolare alla tradizione del martirio di Paolo. Il sarcofago, che aveva al centro la croce trionfale, ha sulla sinistra due storie di Paolo e sulla destra due di Pietro (queste ultime sono l'annuncio della triplice negazione e l'arresto). Di Paolo, oltre al martirio, è rappresentata la custodia militaris, scena in cui accanto all'uomo che tiene Paolo per una corda, è rappresentata una figura femminile, in cui G. B. De Rossi riconosceva Plautilla, l'eroina degli Atti apocrifi attribuiti a Lino, papa.
I due apostoli, riuniti., vengono a rappresentare l'unità della chiesa, nelle sue due origini ex circumcisione e ex gentibus (v. maria, Ecclesia). Con finezza è stato notato che nel mosaico sull'arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma Pietro ha il libro rivolto verso la congregazione, perché questa lo legga, mentre Paolo l'ha aperto verso se stesso. Eccezionale un vaso di vetro intagliato, a Cartagine, con Pietro e Giovanni raffigurati come pescatori accanto a un edificio basilicale. Significativi alcuni dittici sacri, o piatti di legature, che hanno su una valva Pietro e sull'altra Paolo. Si datano variamente dall'inizio del V sec. (Victoria and Albert Museum-Louvre, prima metà del V sec.; Bryn Athin, Collezione Pictaim, VI sec.; Kikkos, Cipro, VI sec.; Rouen, V sec.; Museo di Cluny, VI sec.; Metropolitan Museum, da Mettlach, VII sec. ecc.). È alquanto strano un dittico nel Metropolitan Museum, ritenuto del V sec., in cui la rappresentazione dei due apostoli, imberbi, deriva da una rappresentazione della consegna delle chiavi.
È stato discusso e variamente identificato un pezzo d'avorio scolpito, di incerta destinazione, nel Museo del Louvre, con un personaggio calvo e con la caratteristica barba a punta, in atto di predicare dinnanzi ad una città e ascoltato da uno stuolo di trentacinque clamidati. Identificato a lungo con Paolo, fu invece ritenuto S. Marco con i suoi primi trentacinque successori ad Alessandria dallo Strzygowski.
Un monumento molto peculiare è il dittico del Bargello che ha sulla valva postica Adamo nel paradiso terrestre e, sulla antica, in alto Paolo in cattedra con un accolito alle spalle e davanti a sè un barbato stante su una pedana (Pietro? Barnaba?) e, sotto, Paolo a Malta (Atti, 28, 1-9). Il dittico, proveniente da Magonza e databile nel V sec., è attribuito dal Volbach con dubbio a Costantinopoli, pur rilevando le affinità con dittici di Roma.
Monumenti considerati. - Vetri graffiti: R. Garrucci, Vetri ornati di figure in oro, Roma 1864 (da consultare insieme al catalogo di C. R. Morey e G. Ferrari dei vetri graffiti in oro del Museo della Bibl. Vaticana, 1959). Catacombe di Roma: J. Wilpert, Pitture delle Catacombe romane, Roma 1903. Catacombe di S. Gennaro a Napoli: H. Achelis, Die Katakomben von Neapel, Lipsia 1936. Sarcofagi: J. Wilpert, Sarcofagi paleocristiani, i-iii, Roma 1929-36. Bronzetti di Berlino: O. WuIff, Beschreib. der Bildwerke der christl. Epochen, iii, i, Berlino 1909. Mosaico di S. Agata de' Goti: C. Ihm, Die Programme der christl. Apsismal., Wiesbaden 1960. Statua di S. Pietro in Vaticano: ultimamente M. Salmi, Il problema della statua etc., in Commentari, XI, 1960, p. 22 ss. (con la bibl. relativa). Mosaico di S. Paolo fuori le mura: J. Wilpert, Mal. und Mos. der röm. Kirchenbauten, i, Friburgo i. Br. 1917, p. 548 ss.; ii, p. 1165 ss. Lampade del Museo Arch. di Firenze: P. Toesca, Storia dell'arte, i, i, Torino 1914, p. 67, figg. 49, 50. Cassetta di Pola: W. F. Volbach, Elfenbeinarbeiten der Spätantike u. des frühen Mittelalters, Magonza 1952. Santa Costanza: C. Ihm, op. cit. (ivi anche le opinioni precedenti). Mosaico nelle Grotte Vaticane: F. J. Mather Jr., in Studien zur Kunst des Ostens, J. Strzygowski zum 60. Geburtstag, Vienna 1923, p. 17 ss. Mosaico di S. Pudenziana: Bull. d'archéol. chrét., 1867, p. 44. Mosaico dell'arco di S. Maria Maggiore: v. ultimamente P. Künzle, in Rendiconti Pont. Accad. Rom. Archeol., 1962. Icona di Pavia: G. B. De Rossi, Inscriptiones Christianae urbis Romae, ii, i, Roma 1888, p. 9 ss., p. 33. Dittico del Sancta Sanctorum: H. Grisar, Sancta Sanctorum, Friburgo i. Br. 1908, tav. v, 5, n. 6. Icona del Sinai: ultimamente E. Kitzinger, in Studies in Honor of A. M. Friend, Jr., Princeton 1955, p. 132 ss. Lampada Akhmīn-Panopolis: R. Forrer, Die frühchriste Altertümer... von Akhmin Panopolis, Strasburgo 1893, p. 6, tav. 5, 2. Cassetta-reliquiario del British. Museum: W. F. Volbach, Elfenbeinarbeiten, n. 117. Distico di S. Pietro in Vincoli: G. B. De Rossi, Inscriptiones, ii, Roma 1888, p. 110, n. 68. Frammento con Paolo sulla nave "Tecla": M. Simon, L'apôtre Paul dans le symbolisme funéraire chrétien, in Mélanges archéol. hist., L, 1933, pp. 156-182. Affreschi di Bagāwāt: ultimamente H. Stern, in Cahiers Archéol., xi, 1960, pp. 93-118. Lastra di Ešmiadzin: Dict. Archéol. Chrét., ii, c. 2668, fig. 2221. Sarcofago da S. Vittore a Marsiglia: E. Le Blant, Cat. des mon. chr. du musée, n. 37. Avorio de Louvre: W. F. Volbach, Elfenbeinarbeiten, 144. Dittici con i due apostoli: W. F. Volbach, Elfenbeinarbeiten, 122, 123, 124, 134, 135, 146, 147, 150, 152-56.
Bibl.: Oltre a quanto indicato s. v. filosofi; nuovo testamento; roma e, naturalmente, alle voci generali sull'arte paleocristiana: H. Leclercq, in Dict. Arch. Chrét., XIII, 2, cc. 294-99, s. v. Paul (Saint); s. v. Pierre (Saint); E. Josi, in Enc. Catt., IX, cc. 720-722, s. v. Paolo Apostolo, cc. 1417-1420; W. Neuss, Ikonographische Studien zu den Kölner Werken der altchristl. Kunst, I, in Zeitschr. f. christl. Kunst, XXVIII, 1915, p. 112 ss.; F. J. Mather Jr., An Unidentified Mosaic Head from old S. Peter's, in Studien zur Kunst des Ostens, J. Strzygowski zum 60. Geburtstag, Vienna 1923, p. 17 ss.; J. Vielliard, Notes sur l'iconographie de Saint Pierre, in Le Moyen Age, II s., XXX, 1929, p. 6 ss.; W. Amelung, in Am. Journ. Arch., XXXI, 1927, p. 281 ss.; A. Grabar, L'empereur, Parigi 1936, p. 200 ss.; C. Cecchelli, Iconografia dei papi, I, S. Pietro, Roma 1937; F. Gerke, Petrus u. Paulus. Zwei bedeutsame Köpfe in S. Sebastiano, in Riv. Arch. Christ., 1932, p. 307-329; G. Ladner, I ritratti dei papi nel Medioevo, Città del Vaticano 1941; W. F. Volbach, Die Ikone der Apostelfürsten in St. Peter zu Rom, in Or. Chr. Per., 1941; A. Grabar, Martyrium, Parigi 1946; H. P. L'Orange, The Portraits of Plotinus, in Cahiers Arch., V, 1951, p. 15 ss.; F. Gerke, Duces in militia Christi, in Kunst-chronik, 1954, p. 95 ss.; E. Stommel, Beiträge zur Ikonographie der Konstantinischen Sarkophagplastik, Theophaneia, 10, Bonn 1954; H. P. L'Orange, Plotinus-Paul, in Byzantion, XXV-XXXVII, 1955-57, p. 472 ss.; P. Künzle, Bemerkungen zum Lo bauf Sankt Peter und Sankt Paul von Prudentius, in Rivista storica della Chiesa in Italia, XI, 1957, pp. 309-370; G. de Francovich, in Felix Ravenna, 1958, p. 118 ss.; W. N. Schumacher, recens. a E. Stommel, in Röm. Quartalschr., 1958, pp. 99 ss.; T. Buddensieg, Le coffret en ivoire de Pola, Saint-Pierre et le Latran, in Cah. Archéol., X, 1959, pp. 157-200; Chr. Jhm, Die Programme der christlischen Apsismalerei vom vierten Jahrh. bis zur Mittei des achten Jahrhunderts, Wiesbaden 1960.