PIETRO di Martino da Milano
PIETRO di Martino da Milano (Pietro da Sormano, Petar Martinov, Pierre de Milan). – Non si conosce la data di nascita di questo scultore, medaglista e probabilmente anche architetto che, tra il 1430, quando è documentato a Milano, e il 1473, quando morì a Napoli, lavorò anche a Ragusa (Dubrovnik) e alla corte di Renato d’Angiò in Francia. Secondo un documento, nel quale il maestro è menzionato come «magister Petrus filius Martini de Sormano de Mediolano lapicida» (Archivio di Stato di Dubrovnik, Diversa notariae, 30, c. 153r), si può stabilire il luogo d’origine dello scultore, o più precisamente di suo padre, a Sormano, paese tra Como e Lecco (Novak Klemenčič, 2000, p. 6).
Pietro viene menzionato per la prima volta il 15 gennaio 1430 negli Annali della Fabbrica del duomo di Milano (1885), quando fu pagato per una Maestà da inviare a Bellinzona. Nello stesso anno firmò il tabernacolo del Ss. Sacramento («Hoc opus fecit M. Petrus de Sormano Ducatus Mediolanensis MCCCCXXX») nella chiesa di S. Maria Assunta a Prà, nei dintorni di Genova (pp. 6 s.). Il confronto del tabernacolo con le sculture nel Duomo di Milano dimostra che la sua formazione si svolse nel cantiere del Duomo di Milano, e più esattamente nella stretta cerchia, se non proprio nella bottega, di Jacopino da Tradate, verso la fine del primo quarto del Quattrocento.
Il 19 febbraio 1432 Pietro è documentato per la prima volta a Ragusa, quando diede a indorare «carlande sancte Marie» con alcune figure al pittore Ivan Ugrinović (p. 8, n. 4). Nonostante le fonti d’archivio di Ragusa siano pressoché completamente preservate, il suo nome non appare fino al 18 novembre 1439, quando insieme all’ingegnere Onofrio di Giordano della Cava dirigeva i lavori al palazzo dei Rettori (Novak Klemenčič, 2001-2002, p. 282; Grujić, 2008, p. 34). Si può dunque desumere che tra il 1432 e il 1439 non fosse presente nel territorio della Repubblica ragusea. Un certo «Maistro Piero da Milan taiapiera» negli anni 1436 e 1437 fu pagato per alcuni lavori alla Ca’ d’Oro di Venezia (Paoletti, 1893) ma, allo stato attuale degli studi, non è possibile collegarlo con il nostro maestro.
Il secondo soggiorno raguseo di Pietro è ben documentato. Per la facciata del palazzo dei Rettori fu incaricato di scolpire due grandi «fenestre serachine» (20 marzo 1440), una quadrifora, una trifora e una grande figura «la qual se chiama Hector, cum tutti li ornamenti intorno che bisognano» (19 febbraio 1441), le balaustrate per le finestre menzionate (14 novembre 1443; Novak Klemenčič, 2014), la grande scalinata e una statua di S. Biagio da collocare sopra il portale principale (28 gennaio 1445; Fisković, 1988, p. 122). La facciata fu trasformata dopo il 1463; il S. Biagio è identificabile con quello sulla Torre Puncijela delle mura ovest della città (Novak Klemenčič, 2001-2002, pp. 293-298).
Tra il 1441 e il 1442 eseguì la Fontana piccola in collaborazione con Onofrio della Cava, e nel 1444 fece la copertura della volta della Fontana grande, anche questa progettata da Onofrio (Novak Klemenčič, 2003). Nel novembre 1441 Pietro firmò un contratto per «parapetos cum colonellis necessarios ad altare mayus» della chiesa francescana (Fisković, 1988, p. 128, n. 52), e il 19 giugno 1442 per la sacrestia della cattedrale.
La sacrestia, ornata con leoni, colonne, archi, fogliame, tabernacoli, due bifore e varie figure, fu completata il 16 gennaio 1446 e rimase distrutta in uno dei terremoti ragusei (Fisković, 1988, pp. 124-126; Novak Klemenčič, 2012b).
Dopo il completamento della sagrestia Pietro eseguì vari lavori per i conventi ragusei e per committenti privati: la fontanella nel chiostro del convento francescano (13 giugno 1447), un’altra simile per il convento di S. Chiara (10 ottobre 1449) e la lapide sepolcrale della famiglia Zamagna da sistemare nel presbiterio della chiesa di S. Domenico (13 maggio 1449). Il 6 luglio 1450 sottoscrisse il contratto per il baldacchino dell’altare maggiore della chiesa di S. Biagio. L’ultima commissione della Repubblica ragusea a Pietro fu la statua di S. Biagio sopra la Porta Ploče (contratto del 16 ottobre 1450, ultimo pagamento del 5 marzo 1451; Fisković, 1988, pp. 129 s., 132).
Basandosi su confronti stilistici con il tabernacolo di Prà e con le quattro opere documentate a Ragusa (la Fontana piccola, quattro Teste di leoni della fontana nel chiostro dei francescani e le due statue di S. Biagio), a Pietro si possono assegnare la figura della Sacra Mens e due mensole con la Giustizia e l’Udienza del Rettore, tutte nel cortile del palazzo dei Rettori (Fisković, 1988, pp. 96-98; Kokole, 1996, pp. 233 s.), nonché la maggior parte delle opere che Igor Fisković (1967-1968, pp. 35 s.; 1974, p. 724) aveva attribuito a un maestro anonimo della prima metà del Quattrocento (la Madonna della collezione dei francescani, l’Imago pietatis della collezione dei domenicani, entrambe a Ragusa, e tre rilievi di S. Biagio: uno sopra l’ingresso del palazzo del Rettore a Slano, il secondo sulle mura del palazzo del Rettore a Porto Giuppana (Luka Šipanska) e il terzo già nella chiesa della Madonna del Carmine a Ragusa).
A Ragusa Pietro teneva contatti con l’ingegnere Onofrio di Giordano della Cava e con l’orologiaio e fonditore di bombarde Guglielmo Monaco (Novak Klemenčič, 2012a). Poté conoscere anche Ciriaco de’ Pizzicolli d’Ancona, il quale fornì il concetto iconografico per la figura della Sacra Mens (Kokole, 1996, pp. 234 s.).
Nella primavera del 1452 Alfonso d’Aragona chiese al governo di Ragusa di permettere la partenza di Pietro per Napoli (Fabriczy, 1902, p. 4; Id., 1905, p. 192). Per la prima volta è documentato nella capitale del Regno il 17 luglio 1453, quando, insieme ai maestri Per Johan (dalla Spagna), Paolo Romano e Francesco Laurana, e a trentatré loro collaboratori, ricevette 346 ducati «por manament del Rey S.» a Castelnuovo (Filangieri di Candida, 1938, pp. 336 s., doc. V). Il 31 gennaio 1458, insieme con Isaia da Pisa, Antonio da Pisa, Domenico Lombardo, Francesco Laurana e Paolo Romano, Pietro stipulò un contratto per completare «integrament les figures del arc triumfal del dit Castell nou» (pagamento del 28 febbraio 1458; Fabriczy, 1899, p. 149, doc. IX). Sebbene molti studiosi abbiano cercato la sua mano tra le opere scultoree dell’Arco di Castelnuovo, la sua prima attività a Napoli resta oscura (Novak Klemenčič, 2000, p. 8, n. 2, con bibl. precedente). Delle sculture dell’arco esterno si può attribuire a Pietro con buona sicurezza soltanto la grande statua della Giustizia (Novak Klemenčič, 2012b, pp. 224 s.).
La possibilità che Pietro a Napoli non svolgesse soltanto un ruolo di scultore, ma anche o soprattutto di architetto, si può ricavare dal suo epitaffio esistente un tempo nella chiesa di S. Maria la Nova a Napoli: «Petrus de Martino Mediolanensis, ob triumphalem arcis novae arcum solerter structum, et multa statuariae artis suo munere huic aedi piae oblata, a divo Alphonso rege in equestrem adscribi ordinem et ab ecclesia hoc sepulcro pro se, ac posteris suis donari meruit, MCCCCLXX» (Summonte, 1675, pp. 14 s.). Quale potesse essere il ruolo di Pietro di Martino come architetto e quale fosse il suo vocabolario architettonico è per il momento difficile precisare. La descrizione della distrutta sacrestia del Duomo di Ragusa si avvicina alle forme architettoniche tardogotiche del tabernacolo genovese (cfr. Novak Klemenčič, 2012b, pp. 222-224).
Dopo la morte d’Alfonso, nel 1458, Pietro lasciò Napoli. Nel 1461, quando è datata la sua medaglia firmata con l’immagine di Renato d’Angiò, era sicuramente già alla corte provenzale e lorenese, dove in quel momento si trovava anche Francesco Laurana. Del periodo francese sono noti le medaglie firmate, un documento del 1463 per un’opera non più esistente per la chiesa di Saint-Maxe a Bar-le-Duc («les ymages et misteres de la Magdeleine de la Bausme»; Maxe - Werly, 1896, p. 59) e un altro documento, che parla di un rilievo con due cani per la sala del castello di Bar-le-Duc, di solito identificato con quello nel Musée Barrois a Bar-le-Duc (pp. 60 s.). Pietro è documentato l’ultima volta alla corte di Renato il 4 dicembre 1463 (p. 62).
Nel 1464 tornò nel Regno napoletano, e nel dicembre di quell’anno, nella trascrizione di uno strumento dotale, è menzionato come «vir nobilis magister Petrus marmorarius de Milano habitator Fundorum» (Strazzullo, 1963, p. 339). Come «capmestre de totes les obres de pedra del Castel nou» (Fabriczy, 1899, p. 150) dal maggio 1465 fino al novembre 1471 ricevette pagamenti per lavori all’Arco di Castelnuovo. In questo periodo sono documentati altri lavori per il re Ferrante I (stemmi marmorei, 16 dicembre 1468; mortaio di marmo, 31 maggio 1470; sette finestre della Gran Sala di Castelnuovo, pagamenti dal 27 novembre 1472; Fabriczy, 1899, p. 151) e per committenti privati (parte della decorazione scultorea nella cappella di Giovanni Caracciolo nel Duomo di Napoli, 7 marzo 1468; la tomba del giurista Francesco Antonio Guindazzo in S. Domenico Maggiore a Napoli, 20 settembre 1468; il sepolcro di Giovannella Stendardo nella chiesa di S. Agostino ad Arienzo vicino Caserta, 18 gennaio 1471; Strazzullo, 1963). Delle opere documentate napoletane sono pervenute l’Incoronazione di Ferrante nell’arco inferiore di Castelnuovo, realizzata tra il 1465 e il 1468, e il sepolcro ad Arienzo, cui mancano però quattro Virtù e una Madonna dolente (Abbate, 1984). Per ragioni stilistiche, allo stesso periodo si può datare anche il busto di Ferrante I al Museo del Louvre a Parigi (Valentiner, 1937, p. 509).
Morì tra il 6 aprile 1473 – quando ricevette una parte del pagamento per le finestre al Castelnuovo – e il 7 agosto 1473, quando l’ultima rata per le stesse finestre fu pagata al figlio Bernardino.
Nell’inventario dell’eredità oltre ai terreni e ad alcune case, sono elencati i tanti oggetti che egli teneva nella sua bottega, come medaglie plumbee e di metallo, una medaglia di alabastro, colonnine, capitelli e basi, pezzi di marmo, «duy corpe de fegura antiqua de marmora». Come eredi furono da lui nominati la moglie Giovanna e i figli Simpliciano, Giovanni Martino, Bernardino, Francesco e Altobello (Strazzullo, 1963, pp. 336-338, in partic. p. 337).
Fonti e Bibl.: G.A. Summonte, Dell’historia della città, e Regno di Napoli..., III, Napoli 1675, pp. 14 s.; Annali della Fabbrica del Duomo di Milano dall’origine fino al presente, Milano 1885, Appendice II, p. 25; P. Paoletti, L’architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, I, Venezia 1893, p. 26; L. Maxe-Werly, Un sculpteur italien à Bàr-le-Dùc en 1463, in Comptes rendus des séances. Académie des inscriptions et belles-lettres, XL (1896), 1, pp. 54-62; C. von Fabriczy, Der Triumphbogen Alfonsos I. am Castel Nuovo zu Neapel, in Jahrbuch der Königlich Preußischen Kunstsammlungen, XX (1899), pp. 3-29, 130-158; Id., Neues zum Triumphbogen Alfonsos I., ibid., XXIII (1902), pp. 3-16; Id., P. di M. da Milano in Ragusa, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XXVIII (1905), pp. 192 s.; G.F. Hill, A corpus of Italian medals of the Renaissance before Cellini, I, London 1930, pp. 15 s., II, tavv. 12-14; W.R. Valentiner, Andrea dell’Aquila, painter and sculptor, in The Art Bulletin, XIX (1937), pp. 502-536; R. Filangieri di Candida, Rassegna critica delle fonti per la storia di Castel Nuovo, in Archivio Storico per le provincie napoletane, n.s. XXIV (1938), pp. 258-342; C. Fisković, Naši graditelji i kipari XV. i XVI. stoljeća u Dubrovniku (I nostri architetti e scultori del XV e del XVI secolo a Dubrovnik), Zagreb 1947, pp. 22-30; F. Strazzullo, Documenti sull’attività napoletana dello scultore milanese P. de M. (1453-1473), in Archivio storico per le provincie napoletane, III (1963), pp. 325-341; I. Fisković, Neznani gotički kipar u dubrovačkom kraju (Scultore gotico anonimo nella regione di Dubrovnik), in Peristil, X-XI (1967-1968), pp. 29-39; Id., O djelovanju stranih kipara u Dubrovniku prije potresa (L’attività di scultori stranieri a Dubrovnik prima del terremoto), in Forum, XXVIII (1974), 10-11, pp. 717–729; F. Abbate, Appunti su P. da M. scultore e la colonia lombarda a Napoli, in Bollettino d’arte, LXIX (1984), 26, pp. 73-86; C. Fisković, Petar Martinov iz Milana i pojava renesanse u Dubrovniku (P. di M. da M. e la nascita del Rinascimento a Dubrovnik), in Prilozi povijesti umjetnosti u Dalmaciji, (Contributi di storia dell’arte in Dalmazia), XXVII (1988), pp. 89-144; H.-W. Kruft, Francesco Laurana. Ein Bildhauer der Frührenaissance, München 1995, ad ind.; S. Kokole, Cyriacus of Ancona and the revival of two forgotten ancient personifications in the rector’s palace of Dubrovnik, in Renaissance Quarterly, XLIX (1996), pp. 225-267; R. Novak Klemenčič, La prima opera documentata di P. da M., in Nuovi studi, V (2000), 8, pp. 5-11; Ead., Kiparski ukras Kneževa dvora u Dubrovniku u 15. stoljeću - nekoliko priloga (La decorazione scultorea del palazzo del Rettore di Dubrovnik nel XV secolo), in Prilozi povijesti umjetnosti u Dalmaciji, XXXIX (2001-2002), pp. 269-302; Ead., Dubrovniška Velika fontana (La fontana grande di Dubrovnik), in Zbornik za umetnostno zgodovino (Atti di storia dell’arte), XXXIX (2003), pp. 57-91; L. Cavazzini, Il crepuscolo della scultura medievale in Lombardia, Firenze 2004, pp. 111 s.; N. Grujić, Onofrio di Giordano della Cava i Knežev dvor u Dubrovniku (Onofrio di Giordano della Cava e il Palazzo del Rettore di Dubrovnik), in Renesansa i renesanse u umjetnosti Hrvatske, a cura di P. Marković - J. Gudelj, Zagreb 2008, pp. 11-18, 34-40; R. Novak Klemenčič, Guglielmo Monaco med Milanom, Dubrovnikom in Neapljem (Gugliemo Monaco tra Milano, Dubrovnik e Napoli), in Historia artis magistra, a cura di R. Novak Klemenčič - S. Štefanac, Ljubljana 2012a, pp. 177-182; Ead., P. di M. da Milano a Dubrovnik e Napoli: la diffusione e i cambiamenti del Gotico Internazionale, in Art and architecture around 1400, a cura di M. Ciglenečki - P. Vidmar, Maribor 2012b, pp. 219-226; Ead., Rekonstrukcija fasade Kneževega dvora v Dubrovniku v času prenove Onofria di Giordano della Cava (La ricostruzione della facciata del Palazzo del Rettore di Dubrovnik nella ristrutturazione d’Onofrio di Giordano della Cava), in Annales, Series historia et sociologia, XXIV (2014), pp. 253-260.