PIETRO da Montagnana
PIETRO da Montagnana (Pietro Floriani da Montagnana, Petrus de Florianis de Montagnana). – Nacque da Francesco, un esattore delle imposte originario del borgo padovano di Montagnana, nell’ultimo decennio del Trecento.
Benché il cognome Floriani sia da tempo noto, esso non si impose nella tradizione, essendogli di solito preferito il nome di Pietro da Montagnana, con cui fu chiamato già dai suoi contemporanei.
Consacrato sacerdote nella diocesi di Padova attorno al 1420, dal 1423 al 1433 insegnò grammatica ai chierici della cattedrale, alle dirette dipendenze del Capitolo. Attratto dalla possibilità di integrare i suoi guadagni e di usufruire dei benefici riservati a cappellani, mansionari e custodi, nel 1426 riuscì a ottenere la cappellania di Ss. Maria Maddalena e Caterina in cattedrale; fu poi nominato parroco della chiesa cittadina di S. Luca il 22 settembre 1431 (Archivio di Stato di Padova, Notarile, 287, c. 271rv) e di lì a qualche anno consolidò la sua posizione economica e sociale grazie all’interessamento del papa veneziano Eugenio IV. Questi il 29 agosto 1432 incaricò Ermolao Barbaro il vecchio e l’abate di Praglia Antonio da Casale di conferirgli il canonicato di S. Maria di Boccon. Inoltre, il 21 luglio 1433 lo destinò alla più redditizia parrocchia dei Ss. Fermo e Rustico, cosa che gli valse l’ingresso nella fratalea cappellanorum, l’elitaria corporazione dei parroci cittadini, di cui frequentò con assiduità le cerimonie comuni. A San Fermo ebbe contatti con illustri esponenti delle famiglie Ovetari, Passeri Genova e Polcastro, che partecipavano alla vita della comunità. A differenza di molti suoi colleghi di dubbia moralità e preparazione in ambito liturgico, Pietro da Montagnana visse con impegno la sua vocazione sacerdotale, tanto che in occasione della visita pastorale promossa dal vescovo Fantino Dandolo la sua condotta fu giudicata positivamente (18 febbraio 1453).
In concomitanza con gli impegni curati, accantonò per qualche tempo l’insegnamento in cattedrale: i documenti contabili del Capitolo registrano in successione dal maggio 1433 all’aprile 1438 i maestri Giovanni Daniele (Padova, Archivio storico diocesano, Canipa, 1433-34, c. 27v), Francesco «de Castronovo» e Pietro «de Monteforte» (1437-38, c. 42v). Dal 26 settembre 1438 il sistema organizzativo della scuola mutò radicalmente a causa della riforma eugeniana: parte del lascito di Giacomo Volpe fu destinata al sostentamento di otto bambini poveri interessati alla carriera religiosa e a due prebende per un maestro di grammatica e uno di canto. Un documento capitolare inedito del 2 luglio 1469 rivela che il «professor grammatice» Pietro da Montagnana percepiva denaro dalla Commissaria Volpe (Padova, Archivio storico diocesano, Acta Capituli, 5, c. 142r). In questo senso devono essere interpretati il testamento di Riccardo de Vulpario (22 settembre 1442), in cui Pietro era definito «rector scolarum in ecclesia cathedrali» (Sambin, 1973, p. 808), e una registrazione contabile del 1446-47, in cui era detto «magister» (Canipa, 1446- 47, c. 5v).
Anche le opere (inedite, ma con una discreta circolazione manoscritta coeva) nacquero in seno alla scuola e documentano un’attività distribuita lungo tutta la vita. Le Reportationes relativorum secundum Petrum de Montagnana presbyterum artis grammaticae professorem ad utilitatem scholarium composite in urbe Patavio anno nativitatis domini 1435 (London, British Library, Mss., Addit. 17903; San Daniele del Friuli, Biblioteca Guarneriana, 165; Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9295), con un’appendice sui numerali, ebbero nel 1460 una seconda edizione semplificata, attestata dall’esemplare idiografo Venezia, Biblioteca statale Marciana, Lat. XIII.28 (3989): Sectio super reportationibus relativorum novissime facta a Petro de Montagnana presbytero, ne in legendo materiae prolixitas adolescentulos demoretur 1460, (c. 1r). Il ms.Vat. lat. 9295 è anche l’unico testimone di una Editio Petri de Montagnana presbiteri super Donato minori, basata sui diffusissimi Ianua longa. Anche la grammatica di Gasparino Barzizza fu oggetto dell’attenzione di Pietro, che dopo il 1431 ne trasse un manuale intitolato Orthographiae magistri Gasparini Pergamensis oratoris clarissimi, post obitum eius revisae per egregium artis grammaticae professorem presbyterum Petrum de Montagnana, qui, superfluis resecatis et admodum utilibus superadditis, eam in quam plurimis locis mutavit, liber incipit feliciter (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss., 856, altre copie prive di titolo nei mss. Oxford, Balliol College, 132; Padova, Biblioteca universitaria, 517; Vicenza, Biblioteca civica, 378; una rielaborazione con contaminazioni nel ms. Padova, Biblioteca del Seminario vescovile, 22).
Dall’esame dei testi che Pietro raccolse emerge una personalità completa, in grado di interpretare le spinte culturali più vitali dell’età umanistica. Oltre al latino, coltivò con profitto le lingue greca ed ebraica, guadagnandosi l’ambita fama di homo trilinguis.
Dal greco sono giunte traduzioni ad verbum da Giorgio Scolario, Aristofane, Teocrito (Venezia, Biblioteca statale Marciana, Lat. XIV.10. 4659), ed Erodoto (Lat. XIV.11. 4320), attribuitegli su base paleografica; sono invece spurie quelle da Filostrato, Sofocle ed Euripide, contenute nel ms. Lat. XIV 54. 4328, che gli appartenne, ma è scritto da altra mano. Dall’ebraico si è conservato un volgarizzamento autografo di parte di Genesi e Salmi (Lat. XIV 11. 4320).
Non si conoscono i suoi maestri, ma per l’ebraico è plausibile che si sia rivolto alla comunità che viveva a Padova e nel contado. Gli studi greci fiorivano invece dal 1434 nella casa padovana di Palla Strozzi, dove Pietro da Montagnana apprese una splendida grafia crisolorina e conobbe nel 1441-44 Giovanni Argiropulo, la cui mano ricorre in una dozzina di manoscritti greci e latini da lui posseduti. In seguito, forse a Venezia, ebbe contatti con lo scriba cretese Manuele Rusotas, come dimostra una sua procura del 18 luglio 1465 «ad petendum et exigendum et recipiendum ducatos vigintiocto auri ab Emanuelo Rusota de Candia habitatore Venetiis» (Archivio di Stato di Padova, Notarile, 3117, c. 524v).
Si ignora l’esito della questione, ma non è escluso che sia stata portata in tribunale: in altre occasioni Pietro ricorse alle vie legali per difendere se stesso o i propri interessi. Nel 1472 ebbe la meglio in una controversia sorta con il canonico Geremia Badoer, che dal 1466 era titolare della cappellania di S. Maria Maddalena, beneficio di cui Pietro aveva goduto fino al 1459 o 1460, ma di cui si era riservato una pensione. Tra l’11 dicembre 1470 e il luglio 1471 dovette affrontare un lungo processo perché Giovanni Barbo lo aveva trovato in possesso di due codici di Livio (attuali Oxford, Bodleian Library, Canon. Class. Lat. 298, 299) che gli erano stati sottratti in precedenza: Pietro, pur avendoli acquistati da un commerciante veneziano, fu costretto a restituirli.
Sommando ai proventi dell’attività di scholasticus i benefici curati e le prebende, Pietro si garantì per tutta la vita ingenti introiti, che amministrò con oculatezza e di cui cominciò a preoccuparsi quando vide profilarsi l’età senile. Nel 1457 si procurò l’indulgenza plenaria attraverso l’iscrizione all’ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma (Archivio di Stato di Padova, San Giovanni di Verdara, 145, perg. 73). Non soddisfatto della licentia testandi concessagli da Pio II (12 luglio 1459), ne ottenne una seconda da Paolo II (16 febbraio 1465), nella quale erano esplicitamente menzionati i tanto amati «libros litteris Grecis, Latinis et Hebraicis, in diversis facultatibus scriptos» (146, perg. 117). A questo periodo probabilmente risale un’inedita bozza di testamento, non datata, ma scritta quando Pietro era «sanus […] mente ac corpore» (Archivio di Stato di Padova, Notarile, 1572, cc. 376v-377r), nella quale diede disposizioni riguardo alle modalità di sepoltura e alle messe in suffragio. Le forze cominciarono ad abbandonarlo nel 1477 e il 13 marzo, in pieno possesso delle proprie facoltà intellettive, con un nuovo testamento nominò erede universale dei suoi beni il monastero di S. Giovanni di Verdara, si assicurò con una donatio inter vivos che la biblioteca fosse trasferita con effetto immediato nel monastero e che lui stesso vi fosse ospitato fino alla morte. Inoltre elesse suo procuratore un canonico di Verdara, Faustino da Dulcigno, e presentò domanda di rinuncia alla parrocchia di S. Fermo, suggerendo come successore il suo cappellano e vicario Bartolomeo.
Fu effettivamente destituito dall’incarico solo il 1° novembre 1478, poco prima della morte, che avvenne entro la fine dell’anno: il 31 dicembre la chiesa, vacante «per obitum quondam venerabilis domini presbiteri Petri ultimi eiusdem rectoris» (Padova, Archivio storico diocesano, Diversorum, 40, c. 128v), fu assegnata a un nuovo parroco.
Fu sepolto a S. Giovanni di Verdara e sulla sua tomba fu posto l’epitaffio: «Corpus humi coeloque animam comitto fidelis venerabilis presbyteri, et eximii grammaticae Latinae, Graecae, Hebraicaeque doct. Petri de Montagnana ossa hic iacent M.CCCC.LXXVII [sic]» (Tomasini, 1649, p. 118).
Nella biblioteca del convento, tra gli affreschi di Giovanni Marcanova, Girolamo Santasofia, Gaetano da Thiene e Battista dal Legname e di altri benefattori che contribuirono alla costituzione della raccolta, si conserva anche un ritratto di Pietro da Montagnana: seduto a una scrivania intarsiata, l’anziano, con la veste dei canonici e un libro aperto tra le mani, è identificabile dallo scorcio di Montagnana visibile attraverso una finestra aperta alle sue spalle. Ben diverse sono le fattezze del «Petrus de Montagnana» presente in una celebre xilografia del Fasciculus medicinae (edito dai De Gregori a Venezia nel febbraio1493-94), che non può essere identificato con l’umanista.
Pietro non nutrì interesse alcuno per le discipline scientifiche e filosofiche, ma si concentrò su grammatica, testi per la scuola, classici greci e latini e sacre scritture. I volumi, certo ben più numerosi dei circa 110 esemplari oggi noti, erano studiati con cura, annotati, confrontati con altre fonti e, se necessario, restaurati con l’inserimento di nuovi fogli, con modalità simili a quelle dei più noti umanisti coevi. Se il solo Claudiano già di Gasparino Barzizza vanta una nota di acquisto autografa («Emi autem ab heredibus eius ego Petrus de Florianis de Montagnana auri ducato uno», Milano, Biblioteca Ambrosiana, M.5.sup., c. 136v), la maggior parte dei codici reca in calce al testo la nota donationis che i monaci di Verdara apposero a imperitura memoria del lascito a favore del convento. Poiché nel corso dei secoli XVII-XVIII alcuni eruditi (come Ulrich Fugger, Marquard Gude e Thomas Coke) rimpolparono le loro raccolte attingendo anche a S. Giovanni di Verdara, molti manoscritti di Pietro sono oggi dispersi in varie sedi europee (Città del Vaticano, Londra, Milano, Oxford, Parigi e Wolfenbüttel). I circa 70 manoscritti rimasti a Padova fino alla soppressione del monastero dal 1784 si trovano nella Biblioteca Marciana di Venezia. È stato possibile individuare anche otto incunaboli, divisi tra biblioteche inglesi, statunitensi e il mercato antiquario, che ben rappresentano l’ampiezza di interessi di Pietro anche negli ultimi anni di vita: S. Agostino (1470), Quintiliano (1471), Svetonio (1471), Plauto (1472), Orazio (1474), una miscellanea di poeti latini (1475), Dante (1477) e il lessico greco-latino di Giovanni Crastone (ante 1478).
Fonti e Bibl.: I.Ph. Tomasini, Urbis Patavinae inscriptiones sacrae et prophanae, Patavii 1649, p. 118; P. Sambin, La formazione quattrocentesca della biblioteca di S. Giovanni di Verdara in Padova, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti. Classe di scienze morali e lettere, CXIV (1956), pp. 263-280; A. Pertusi, Leonzio Pilato fra Petrarca e Boccaccio: le sue versioni omeriche negli autografi di Venezia e la cultura greca del primo Umanesimo, Roma 1964, pp. 121-125, 536; G. Tamani, I manoscritti ebraici di P. da M., in La Bibliofilia, LXXIV (1972), pp. 219-225; P. Sambin, Per la biografia di P. da M., grammatico e bibliofilo del sec. XV, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti. Classe di scienze morali e lettere, CXXXI (1973), pp. 797-824; G. Tamani, P. da M. studioso e traduttore di testi ebraici, in Italia medioevale e umanistica, XVI (1973), pp. 349-358; A.C. De La Mare - P.K. Marshall - R.H. Rouse, P. da M. and the Text of Aulus Gellius in Paris B. N. Lat. 13038, in Scriptorium, XXX (1976), pp. 219-225; R.W. Hunt, P. da M.: a donor of books to San Giovanni di Verdara in Padua, in Bodleian library record, IX (1973), pp. 17-22; S. Bernardinello, Gli studi propedeutici di greco del grammatico padovano P. da M., in Quaderni per la storia dell’università di Padova, IX-X (1976-77), pp. 103-128; Id., La ‘Consolatio’ Coisliniana di Boezio: le glosse e la biblioteca di P. da M, in Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze lettere ed arti, XCIII (1980-81), pp. 29-52; M.C. Vitali, La biblioteca del convento padovano di S. Giovanni di Verdara, in Archivio Veneto, s. 5, CXIX (1982), pp. 5-25; G. Billanovich - E. Menegazzo, Tito Livio nell’umanesimo veneto, in Italia medioevale e umanistica, XXV (1982), pp. 313-344, in partic. pp. 313-325, 329-333, 338 s., 343; G. Braggion, Un indice cinquecentesco della biblioteca di S. Giovanni di Verdara a Padova, ibid., XXIX (1986), pp. 233-280, in partic. pp. 240, 251, 253 s., 257 s.; A. Rigon, Clero e città: «Fratalea cappellanorum», parroci, cura d’anime in Padova dal XII al XV secolo, Padova 1988, pp. 217, 235, 240; A. Porro, La versione latina dell’Ecuba euripidea attribuita a P. da M., in Dotti bizantini e libri greci nell’Italia del secolo XV. Atti del convegno internazionale (Trento, 22-23 ottobre 1990), a cura di M. Cortesi - E.V. Maltese, Napoli 1992, pp. 343-361; P. Tosetti Grandi - G. Galiazzo, Il ciclo pittorico degli «Uomini Illustri» nella biblioteca di San Giovanni di Verdara in Padova: un contributo agli itinerari copernicani, in Copernico a Padova. Atti della Giornata copernicana nel 450° della pubblicazione del «De revolutionibus orbium coelestium» (Padova, 10 dicembre 1993), Padova 1995, pp. 185-225, I-VIII, pp. 202-206; C. Vergnano, P. da M. e la grammatica greca di Giorgio Scolario, in Accademia patavina di scienze, lettere ed arti. Classe di scienze morali, lettere ed arti. Atti e memorie, CIX (1996-97), 3, pp. 159-188; P. Gios, Vita religiosa e sociale a Padova: la visita pastorale di Diotisalvi da Foligno alle parrocchie cittadine (1452-1458), Padova 1997, pp. 75 s.; T. Pesenti, Il «Fasciculus Medicinae», ovvero le metamorfosi del libro umanistico, II, Treviso 2001, pp. 149-181; A. Rollo, Mimetismo grafico alla scuola di Manuele Crisolora, in I luoghi dello scrivere da Francesco Petrarca agli albori dell’età moderna. Atti del convegno internazionale di studio, Arezzo (8-11 ottobre 2003), a cura di C. Tristano - M. Calleri - L. Magionami, Spoleto 2006, pp. 85-108, in partic. pp. 106 s.; G. Barbero, L’«Orthographia» di Gasparino Barzizza, I, Catalogo dei manoscritti, Messina 2008, pp. 25, 32, 117, 140, 203-205, 212-214; F. Ciccolella, Donati Graeci: Learning Greek in the Renaissance, Leiden-Boston 2008, pp. 47, 258; M. Ferrari, Il commento padovano all’«Ecerinis» e P. da M., in Meminisse iuvat. Studi in memoria di Violetta de Angelis, a cura di F. Bognini, Pisa 2012, pp. 367-378; M. Melchiorre, «Ecclesia nostra». La cattedrale di Padova, il suo capitolo e i suoi canonici nel primo secolo veneziano (1406-1509), Roma 2014, pp. 103 n. 21, 171 n. 43, 408; E. Gamba, Da S. Giovanni di Verdara a Wolfenbüttel: riflessioni intorno alla biblioteca di P. da M. e all’Euripide Cod. Guelf. 15 Gud. graec., in «Diese Liebe zu den Büchern beherrscht mich so mächtig» - Marquard Gude (1635-1689) und seine Handschriften, a cura di P. Carmassi, Wolfenbüttel (in corso di stampa).