PIETRE PREZIOSE e ORNAMENTALI
. Caratteri di preziosità. - I caratteri che stabiliscono il valore delle pietre preziose, sono, in fondo, tre: bellezza, rarità, durezza. La durezza ha importanza fondamentale sotto aspetti diversi: prima di tutto perché permette alla pietra, una volta tagliata e lucidata, anche se sottoposta all'inevitabile logorio derivato dall'uso stesso della gemma come oggetto d'ornamento, di conservare, per molto tempo, la nitidezza degli spigoli e la lucentezza delle falce; in secondo luogo le pietre, a parità delle altre condizioni, acquistano, con il lavoro del lapidario, tanto maggiore splendore, quanto più sono dure. Che la rarità aggiunga pregio alle pietre, è cosa facilmente comprensibile, ed è evidente pure che le pietre saranno, sempre a parità di altre condizioni, tanto più pregiate, quanto più raro sarà trovarle in grandi individui. La bellezza sfugge a una definizione precisa ed è il risultato di proprietà diverse, quali il colore, la lucentezza, la trasparenza, di cui nessuna, però, ha valore assoluto, e sono pregiate sia pietre incolore, sia pietre colorate, trasparenti od opache, con lucentezza vivissima o no. Un elemento importantissimo per determinare il valore delle gemme, elemento che non è possibile analizzare e che si sottrae a qualunque regola, è costituito dalla moda; ai suoi capricci si sottraggono solo, e non interamente, le pietre di maggior valore.
Proprietà delle pietre preziose. - La massima parte delle pietre preziose si trova allo stato cristallino; esse hanno quindi tutte le proprietà dei cristalli (v. cristalli). In pratica, però, molte di tali proprietà non servono per lo studio e per la determinazione delle gemme, onde ci limiteremo, qui, ad accennare solo a quelle che hanno importanza particolare, specialmente diagnostica.
La conoscenza del peso specifico è fondamentale per il riconoscimento delle pietre preziose, perché esso si può determinare con facilità e rapidamente, e perché è in molti casi un dato caratteristico, il quale consente di distinguere fra di loro pietre per altri caratteri (v. densità); il più rapido e comodo è quello detto dei liquidi pesanti. Come liquido di prova serve ottimamente quello del Clerici (soluzione acquosa di formiato e malonato di tallio), che si può diluire con acqua, in modo da fargli assumere pesi specifici via via decrescenti. In molti casi non occorre, per scopi pratici, neppure una determinazione precisa, perché spesso si tratta di decidere tra due pietre di analogo aspetto, ma di peso specifico notevolmente diverso. Si possono usare, in tali casi, serie di liquidi con peso specifico diverso e conosciuto, e basta vedere se la pietra in esame galleggia o affonda in uno dei termini della serie.
Anche la durezza, cioè la resistenza che la pietra oppone a essere scalfita da una punta, costituisce un carattere diagnostico di grande valore; essa deve però esser determinata con molta prudenza, a fine di evitare un deterioramento della gemma in esame, specialmente se si tratta di pietra già tagliata. La determinazione si fa, di solito, per confronto con i termini della scala di Mohs (v. cristalli, XI, p. 939). Talvolta la durezza delle gemme si saggia semplicemente provando se esse sono intaccate da una limettina o da una punta di acciaio indurito, facendo la prova sull'orlo fra la parte superiore e quella inferiore della pietra, orlo che rimane poi nascosto o seminascosto dalla montatura. Dato che l'acciaio indurito ha press'a poco la durezza del 7° termine della scala di Mohs, il saggio ci dirà solamente se la pietra ha durezza maggiore o minore di 7. La prova con la lima, o con la punta di acciaio, serve specialmente per riconoscere se si tratta di una pietra vera o di un vetro, quest'ultimo avendo bassa durezza, mentre la massima parte delle pietre preziose l'ha assai elevata.
Fra le proprietà ottiche ha importanza massima il colore; per il suo studio però non esistono metodi semplici, e perciò il gioielliere e l'amatore di pietre preziose debbono fidarsi, quasi esclusivamente, della pratica acquistata con il lungo esercizio. Bisogna avvertire peraltro che, se in realtà la conoscenza del colore delle gemme ha importanza grandissima, errerebbe chi su di essa soltanto volesse fondare i proprî giudizî, giacché esistono pietre di natura e di valore diversi, le quali hanno un medesimo colore. In alcuni casi può essere utile esaminare le pietre attraverso schermi colorati, come quelli della cosiddetta lente da smeraldi o di Walton, o del detectoscopio di H. Michel e G. Riedl; pietre del medesimo colore possono avere assorbimento diverso nelle varie regioni dello spettro, ciò che vuol dire che il colore stesso è prodotto da miscele di colori elementari differenti; togliendo dalle miscele suddette uno stesso colore, e questo si può fare facilmente per mezzo di un vetro colorato, si ottengono, naturalmente, risultati differenti per le diverse miscele: su tale principio sono costruiti gli apparecchi ora ricordati.
I minerali colorati birifrangenti, e molte pietre preziose sono tali, presentano quasi sempre, in grado maggiore o minore, il fenomeno del pleocroismo, conseguenza del quale sono i cosiddetti colori delle facce e degli assi. I primi si possono osservare semplicemente traguardando il minerale attraverso coppie di facce diverse, ma non molte sono le pietre preziose che, come, p. es., la tormalina, mostrino in tal modo differenze di colore notevoli; perciò del fenomeno dovrà tener conto il lapidario, per tagliare la gemma in modo da dare il colore più bello. I colori degli assi si studiano con un polariscopio, o anche con un apparecchietto molto semplice e di uso facilissimo il dicroscopio o lente di Haidinger (fig. 1). I servigi che il dicroscopio può rendere allo studioso delle pietre preziose e al gioielliere, sono grandissimi: un'osservazione, che richiede pochi istanti, permette spesso di distinguere sicuramente l'una dall'altra due pietre identiche per molti altri caratteri, o una pietra vera da una falsa.
Lo studio del peso specifico, della durezza, del colore e del pleocroismo è sufficiente, nel massimo numero dei casi, per il riconoscimento delle pietre preziose tra di loro, e di queste dalle falsificazioni. La conoscenza di altri caratteri può essere talora utile, o anche necessaria, ma la loro determinazione richiede una certa pratica e, inoltre, l'uso di apparecchi piuttosto costosi.
Ricorderemo per primo, tra tali caratteri, l'indice di rifrazione (o gl'indici di rifrazione per le sostanze birifrangenti). Ci sono rifrattometri, di uso relativamente semplice, costruiti apposta per lo studio delle pietre preziose. I fenomeni di luminescenza, oltre a servire per lo studio completo delle gemme, possono in alcuni casi fornire buoni caratteri diagnostici; non sembra peraltro che essi possano servire, in generale, come si riteneva, per riconoscere le pietre naturali da quelle sintetiche. La trasparenza rispetto ai raggi di Röntgen è in generale diversa per le diverse pietre preziose, e per i vetri che servono a falsificarle; può quindi servire come carattere distintivo, ma le esperienze, che non sono poi molto facili, debbono esser eseguite sempre nelle medesime condizioni, per poter dare risultati confrontabili fra di loro. La conducibilità termica è in generale buona per i minerali usati come gemme, specialmente in confronto con quella dei vetri adoperati per le falsificazioni: una pietra vera apparirà, perciò, assai più fredda al tatto di una falsa, e una persona molto pratica potrà, con questo mezzo, riconoscere l'una dall'altra. Molte pietre preziose si elettrizzano per confricazione, per riscaldamento, o in altro modo, e questa proprietà, e anche la maggiore o minore rapidità con la quale l'elettricità acquisita viene poi perduta, può fornire un buon carattere di riconoscimento.
Si deve anzi ricordare come nel primo trattato veramente scientifico riguardante le pietre preziose, quello di R.-J. Haüy (Parigi 1817) tradotto in italiano da L. Configliachi, si desse appunto importanza prevalente alla determinazione dello stato elettrico delle pietre preziose per distinguerle tra di loro.
Usi e lavorazione delle pietre preziose. - Le pietre preziose servono principalmente per scopo di ornamento, ma alcune di esse hanno anche applicazioni tecniche notevolissime. Né è da tacere come, in passato, per le particolari virtù loro attribuite, molte pietre servissero, oltre che come amuleti e talismani, anche come specifici contro svariate malattie.
L'uso delle pietre preziose come oggetti ornamentali è antichissimo, specialmente presso i popoli dell'Oriente; accenni a tale uso si trovano nei poemi sanscriti, nella Bibbia, nei poemi omerici; e pietre preziose lavorate a intaglio o a rilievo sono state rinvenute numerose negli scavi in Assiria, in Egitto, e così via.
L'arte d'incidere le pietre e di lavorarle a rilievo (v. cammeo) è sicuramente anteriore, e forse di molto, a quella di sfaccettarle, ma per quest'ultima non esiste, per quanto è noto, nessuna notizia certa che possa farci sapere quando essa si sia iniziata. Non si sa quindi con sicurezza se il taglio vero e proprio, o sfaccettatura, delle pietre preziose, sia stato conosciuto nell'antichità; forse alcuni accenni di Plinio il Vecchio, specialmente quello che si riferisce al berillo, al quale egli ritiene sia stata data artificialmente la forma esagona, possono indicare che i Romani conoscessero l'arte di sfaccettare le pietre preziose. È ignoto peraltro se essa sia stata praticata prima presso gli Orientali o da noi. Ad ogni modo le forme non dovevano essere molto perfette, e spesso la lavorazione, specie delle gemme più dure, si limitava a lucidare le facce naturali, ad arrotondare un poco gli spigoli e, più che altro, a forar le pietre per poterle infilare. Cura principale del lapidario era, ed è tuttora in Oriente, quella di conservare il più possibile della pietra, cosa alla quale oggi meno si guarda, poiché scopo del taglio, secondo i moderni criterî, è quello di ottenere una gemma che faccia valere tutti i pregi della pietra, scartandone le parti difettose, e dandole una forma atta a favorire i giuochi di luce, a diminuire o aumentare, a seconda dei casi, la colorazione. Con ciò spesso si ha una forte diminuzione del peso, che può raggiungere e oltrepassare il 50-60% di quello originario.
È stato già accennato (v. diamante) al modo di tagliare il diamante; per le altre pietre preziose, di minor durezza, le operazioni sono meno complesse. Si comincia di solito col dare alla pietra grezza una forma, nelle linee generali, prossima a quella definitiva, asportando anche le parti difettose, per mezzo di seghe metalliche a filo o, oggi più spesso, a disco, umettate con una miscela d'olio e polvere di diamante, di corindone, di carborundum, o altro; si sfaccetta poi la pietra, retta da apposito sostegno, premendola contro un disco metallico rotante velocemente e bagnato con la miscela già ricordata; finalmente si lucidano le faccette, usando polvere di tripoli, pomice, rosso inglese, e così via.
Le forme di taglio adoperate più comunemente per il diamante sono quella a brillante e quella a rosa. La forma del brillante è data da due tronchi di piramide uniti per le basi maggiori, diversi per dimensioni e per numero di faccette. Nel brillante perfetto la piramide superiore (corona) ha un'altezza, a partire dalla base comune, di un terzo dell'altezza totale (fig. 2), i due terzi della medesima appartenendo alla piramide inferiore (padiglione); anche il rapporto fra il diametro della grande faccia superiore (tavola) e quello della cintura ha, sempre nel brillante perfetto, un valore fisso, cioè di 5 a 9. Il numero delle faccette, tanto nella parte superiore quanto in quella inferiore, varia a seconda della complessità del taglio, e la forma del contorno è pure variabile (fig. 3). La rosa è formata da una sola piramide, e manca in essa la tavola superiore; anche qui, in una rosa perfetta, debbono essere rispettate certe proporzioni fra le varie parti (fig. 4). Per le altre pietre si ricorre alle forme medesime, specialmente a quella a brillante, o a forme diverse; le principali di esse sono: la rosa doppia, che si può considerare come l'unione, per le basi, di due rose, ugualmente spesse o no; il taglio a gradini, con contorno rettangolare, esagono, ottagono (fig. 5 a, b, c) e anche dodecagono, e con la parte superiore terminata da una grande tavola, mentre la parte inferiore, più spessa, ha diversi ordini (fino a 5) di faccette mistiformi (fig. 5 d); il taglio a tavola, di contorno per il solito rettangolare, con due tavole, una superiore e una inferiore, della medesima grandezza; i tagli misti, con la parte superiore a brillante, e l'inferiore a gradini, o a tavola; il taglio a superficie curva (cabochon); i tagli detti di fantasia, nei quali non è seguita nessuna regola prestabilita. Si deve poi ricordare che nel taglio a brillante, quando è usato per pietre diverse dal diamante, non è osservata quella proporzione fissa di parti che si cerca invece di rispettare quando si tratta di diamanti; oggi, però, si trovano in commercio anche molti diamanti, i quali si allontanano notevolmente dalle proporzioni del brillante classico.
Le pietre preziose vengono talora colorite artificialmente, sia sottoponendole a particolari procedimenti fisici, sia facendole imbevere da soluzioni coloranti. Le sostanze radioattive, i raggi Röntgen, e altre azioni fisiche possono modificare notevolmente il colore delle pietre preziose; non sembra peraltro che tali procedimenti siano usati in pratica. Molto spesso invece il colore delle gemme viene modificato per mezzo di un moderato riscaldamento (pietre bruciate); questo si fa, in modo particolare, per i topazî, per gli zirconi, per le ametiste. La colorazione artificiale per imbibizione è molto usata per pietre di pregio limitato, specialmente per le agate; si approfitta della differenza di porosità tra i varî strati della pietra, e si accrescono così le diversità di colore che già naturalmente presentano le pietre stesse. Spesso infine, si rende più intenso il colore di pietre sbiadite, sottoponendo loro, nella montatura, delle foglie colorate; sembra poi che talora si riesca a togliere ai diamanti il color paglierino, che spesso hanno, immergendo la pietra tagliata in una soluzione alcoolica di anilina, che, con il suo colore azzurro, neutralizza quello giallognolo del diamante; il colore si fisserebbe sulla cintura fra la parte superiore e l'inferiore, sola zona non lucidata della gemma.
Difetti delle pietre preziose. - Molto di rado una pietra è interamente priva di difetti; se questi sono chiaramente visibili, diminuiscono notevolmente il pregio della gemma. Nelle pietre incolore è difetto grave una colorazione anche leggiera: così la massima parte dei diamanti dell'Africa meridionale ha una tinta paglierina, che ne abbassa il valore venale. Viceversa, nelle pietre colorate, è considerato un difetto la tinta sbiadita o disunita; d'altra parte però il colore non deve essere così intenso da mascherare la trasparenza. Difetti comuni alle pietre incolore e a quelle colorate sono le fessure e le inclusioni di sostanze estranee, alle quali i gioiellieri, a seconda dell'aspetto, dànno nomi particolari.
L'abilità del montatore di pietre preziose riesce spesso a mascherare difetti anche non lievi; perciò l'acquisto di gemme, specie se di valore notevole, dovrebbe essere sempre preceduto da un esame accurato delle pietre sciolte.
Nomenclatura e classificazione. - La nomenclatura delle pietre preziose, comunemente usata in commercio, è difettosissima e si presta a inganni e a frodi: con lo stesso nome s'indicano pietre che non hanno nessuna relazione tra di loro, tranne una certa rassomiglianza di colore, e l'aggiunta, che spesso si fa, di un'indicazione di provenienza non raggiunge altro fine che quello di accrescere la confusione. Anche l'aggettivo "orientale", del quale si usa e si abusa, serve oggi soltanto per distinguere pietre di particolar tono di colore. Sarebbe opportuno che in Italia, come è stato fatto altrove, si stabilisse una nomenclatura ufficiale delle pietre preziose.
Le pietre preziose sono suddivise in modo vario dai diversi autori: i più distinguono, a seconda del valore commerciale, le pietre preziose propriamente dette, le pietre semipreziose e le pietre ornamentali, distinzione che, giusta nelle linee generali, è poi incerta nei limiti; alcuni giungono a distinguere sei categorie diverse, fondate sempre sul valore, ma si capisce che se arbitrarî sono i limiti nel primo caso, ancor più lo divengono nel secondo.
Noi daremo pochi cenni, complementari di quelli contenuti nelle singole voci, ordinando le pietre secondo il loro valore; è d'uopo ripetere che un tale ordinamento non è scevro di difetti e d'incertezze, principalmente per le variazioni che spesso avvengono nei prezzi delle gemme.
Diamante (v.).
Corindone - Sono varietà del corindone due delle gemme più pregiate: il rubino e lo zaffiro. Il rubino era probabilmente noto agli antichi, ma sotto altro nome, giacché la parola rubino appare soltanto negli scritti degli autori medievali. È probabile che il nostro rubino sia l'antrace di Teofrasto, e uno dei carbonchi di Plinio; dopo l'introduzione della parola rubino, è certo che come rubini sono state indicate diverse pietre rosse, tra le quali, oltre alla varietà del corindone, gli spinelli, che oggi pure vanno sotto i nomi di rubini balasci e di rubini spinelli. La tinta più pregiata nel vero rubino, dovuta a piccola quantità di cromo, è un rosso-carminio intenso e puro, detto "rosso-sangue di piccione"; esso è presente in alcuni rubini di Birmania, e più di rado in quelli di Ceylon. Frequente è la tendenza al violaceo o al giallo, la quale deprezza notevolmente le pietre, come le deprezza il colore sbiadito e disunito. Data la grande rarità di bei rubini, di dimensioni non troppo minute, le gemme di qualche carato, se di bella tinta e prive di difetti, raggiungono prezzi altissimi, superiori forse a quelli di tutte le altre pietre preziose, diamante compreso.
È quasi certo che lo zaffiro degli antichi non era il nostro e che, in parte almeno, corrispondeva al lapislazzuli; d'altra parte è molto difficile sapere quale, delle tante pietre ricordate negli antichi testi, sia quella che noi chiamiamo zaffiro. Il colore più pregiato è un azzurro intenso, vellutato, simile a quello del fiordaliso; oggi sono assai stimati anche gli zaffiri piuttosto chiari, come di frequente sono quelli di Ceylon; pietre di bellissima qualità provengono spesso dal Siam, mentre quelle australiane, di solito, tendono al verde o al giallo e sono troppo scure. Il colore degli zaffiri si ritiene dovuto a piccole quantità di titanio e di ferro.
Le altre varietà di corindone nobile, talora usate in gioielleria, e malamente indicate con il nome di altre gemme, unito all'aggettivo "orientale" (smeraldo orientale, topazio orientale, ecc.), hanno importanza minima.
Per la sintesi del corindone, v. più avanti.
Berillo - Due gemme molto importanti sono varietà del berillo: lo smeraldo e l'acquamarina. Dal fatto indiscutibile che gli antichi sotto il nome di smeraldo indicavano diverse pietre verdi, alcuni autori hanno dedotto, erroneamente, che il vero smeraldo non sia stato conosciuto altro che dopo la scoperta dell'America. È certo invece che le miniere dell'alto Egitto erano lavorate molti secoli prima dell'era volgare. Il colore dello smeraldo, che si ritiene dovuto a piccole quantità di cromo, è un bel verde-erba, intenso e vivace; difettose sono le pietre che tendono al giallo, come avviene spesso per quelle del Brasile, o al grigio, o di tinta sbiadita. Comunissime le fessure interne e le inclusioni, per cui pietre senza difetti e di notevoli dimensioni, raggiungono prezzi elevatissimi, paragonabili talvolta a quelli dei rubini.
L'acquamarina ha colore verde-azzurrognolo chiaro, talora tendente più al verde, talora più all'azzurro, e quest'ultima tinta è oggi quella maggiormente pregiata; principio colorante si crede che sia il ferro, sotto forma di ossido ferroso. A differenza di ciò che succede per lo smeraldo, è facile trovare l'acquamarina in cristalli di notevoli dimensioni e privi di difetti; per questa ragione il suo pregio è molto minore di quello dello smeraldo.
La sintesi dello smeraldo è riuscita varie volte, per vie diverse, ma si sono ottenuti sempre cristalli molto piccoli, onde i procedimenti non hanno nessuna importanza pratica; le "acquemarine sintetiche" che si trovano abbondanti in commercio, non sono acquemarine, ma spinelli sintetici del colore dell'acquamarina.
Altre varietà di berillo nobile sono talora usate in gioielleria, specialmente il berillo aureo, giallo, detto anche eliodoro, e quello roseo (morganite).
Crisoberillo - La varietà limpida, verde-gialla del crisoberillo è conosciuta in gioielleria con il nome, improprio, di crisolito, o crisolito orientale, e proviene principalmente da Ceylon e dal Brasile, insieme alla varietà gatteggiante, o cimofane, detta crisoberillo-occhio di gatto o, più spesso, occhio di gatto orientale o indiano o di Ceylon. L'alessandrite è la varietà verde del crisoberillo, di un bel verde-smeraldo alla luce diurna e di color rosso-sangue o violaceo, a quella artificiale; questo fenomeno, che rende assai pregiata la pietra, dipende dal forte assorbimento che essa esercita nelle zone del giallo e dell'azzurro dello spettro. La sintesi dell'alessandrite è stata ottenuta, ma non ha avuto applicazioni pratiche; le cosiddette "alessandriti sintetiche" messe in commercio, sono per lo più corindoni sintetici con il giuoco di luce dell'alessandrite, benché assai meno netto.
Spinello - L'etimologia della parola spinello, di origine piuttosto recente, è ignota; il nome di una delle varietà più importanti, il balascio, deriva dal luogo di provenienza, l'odierno Badakhshān. Oltre al balascio o rubino balascio, di color roseo, sono usati il rubino spinello, rosso puro intenso, l'almandino spinello, rosso-violaceo, il rubicello o spinello aceto o giacinto, rosso-giallognolo; piuttosto raro è lo spinello azzurro, detto zaffiro spinello; tutti questi nomi, tranne quelli di spinello e di balascio, sono improprî. Sostanza colorante sembra essere principalmente il cromo nelle varietà rosse, il ferro ferroso in quella azzurra. Raramente usata come gemma è la varietà nero-verdastra (pleonasto) detta anche ceylanite. Il pregio degli spinelli, specie di quelli di un bel rosso, è assai notevole, ma molto minore di quello dei rubini.
Gli spinelli dei varî colori sono riprodotti sinteticamente con facilità e usati largamente.
Topazio - Il topazio degli antichi era, probabilmente, il nostro peridoto o crisolito; oggi, in gioielleria, si dicono topazî, spesso con aggettivi diversi, molte pietre gialle di differente natura, mentre viceversa i veri topazî, se non abbiano colore giallo, sono talora indicati con nomi di altre gemme, e così crisolito di Sassonia quello verdolino, zaffiro e rubino del Brasile rispettivamente quelli azzurro e rosso. Il giallo dei veri topazî ha intensità e anche tono assai varî; quelli di colore intenso, diventano rosei per il riscaldamento (topazî bruciati). Il colore dei topazî gialli è dovuto al cromo, quello dei topazî azzurri al ferro allo stato ferroso. La sintesi del topazio non ha importanza industriale; i "topazî sintetici" del commercio sono corindoni artificiali.
Zircone - In gioielleria questa pietra è conosciuta con i due nomi di giargone e di giacinto: i giargoni, o cerconi, sono gialli chiari, talora anche incolori (diamante Madura o del Siam); i giacinti hanno colore aranciato, ora tendente al giallo, ora al rosso, e di variabile intensità. Il giacinto degli antichi era una pietra violacea (Plinio); gli Arabi comprendevano probabilmente sotto il nome di giacinto (yākūt) le diverse varietà di corindone nobile; nel Medioevo il nome era dato a pietre diverse e anche oggi, del resto, son chiamati giacinto tanto il giacinto vero e proprio, quanto una varietà di granato. Oltre a quelli incolori, gialli e aranciati, il cui principio colorante è il cromo, se ne conoscono di quelli verdi e anche azzurri, ma in questi ultimi il colore è ottenuto artificialmente, per riscaldamento di giacinti; talora il riscaldamento dello zircone conduce invece solo a uno schiarir della tinta originaria, o a una decolorazione completa: la decolorazione però non è molto stabile. Zirconi naturalmente o artificialmente incolori imitano, per la viva lucentezza, assai bene il diamante.
Granato - Anticamente i granati di vario colore erano indicati con nomi diversi; la parola granato è stata introdotta, a quel che sembra, da Alberto Magno. Dei varî tipi di granato, sono usati come gemme principalmente: la hessonite indicata, falsamente, come giacinto, e che ha colore giallo-arancio o giallo-cannella; il piropo, di un bel rosso-sangue, detto granato di Boemia, di Fashoda, rubino del Capo; la spessartina, di tinta simile a quella della hessonite; l'almandino, rosso-violaceo, detto granato nobile o siriaco, rubino di Ceylon o di Adelaide; il demantoide, verde, conosciuto come granato della Bobrovka, smeraldo degli Urali, crisolito siberiano. I granati sono pietre preziose di prezzo, in generale, piuttosto basso.
Tormalina - Le prime tormaline sono state importate come tali, da Ceylon, in Europa dagli Olandesi sul principio del '700; è probabile che prima di tale tempo esse fossero usate da noi, ma indicate con altri nomi, e confuse con gemme diverse. Anche oggi, del resto, la parola tormalina non è molto usata in gioielleria, e spesso viene sostituita con altre. La varietà più pregiata è quella rossa (rubellite), talvolta detta siberite o rubino siberiano; più comune è la varietà verde, conosciuta come smeraldo o crisolito del Brasile; quella verde-gialla di Ceylon è indicata come peridoto o crisolito di Ceylon. La varietà di colore e di tono è grandissima nelle tormaline, e se ne trovano perciò in commercio dei tipi più varî.
Opale - Gemma molto stimata dagli antichi, mentre poi poco o punto ne parlano gli autori medievali. Le varietà usate in gioielleria sono, quasi esclusivamente, l'opale nobile e l'opale di fuoco.
Turchina (v. anche turchese) - È probabilmente la callais di Plinio il Vecchio ed è pietra pregiata specialmente presso gli Orientali. Il suo colore, dovuto al rame, e forse in parte anche al ferro, è un bel celeste, anche un celeste tendente al verde, ma le pietre di questo secondo colore sono meno apprezzate. La tinta delle turchine celesti è talora poco stabile. Oltre alla vera turchina, indicata anche come turchese minerale, orientale, di vecchia roccia, è usato il turchese d'ossa, detto occidentale, fossile, di nuova roccia, oppure odontolite: si tratta di ossa o di denti fossili, celesti o verdi per la presenza di fosfati di rame o di ferro. Nel turchese d'ossa, l'attenta osservazione con una lente fa quasi sempre riconoscere, sulle superficie lucidate, la struttura organica; molto difficile invece è riconoscere la turchina vera dal cosiddetto turchese sintetico o viennese, falsificazione ottenuta sottoponendo a fortissima compressione fosfato di alluminio colorato con sali di rame.
Olivina - L'olivina, o peridoto, o crisolito, è probabilmente il topazio di Plinio; la pietra, assai bella, ha colore verde-giallognolo, vario per tono e per intensità. Il nome crisolito, in gioielleria, è usato per molte pietre diverse, rassomigliantisi un poco solo per il colore, mentre dovrebbe essere riserbato per l'olivina.
Cordierite - Minerale usato come gemma quando sia in cristalli, poco comuni, di trasparenza perfetta; ha colore azzurro più o meno intenso. Le cordieriti di tinta chiara sono chiamate zaffiri d'acqua.
Cianite - La cianite, o distene, è usata essa pure quando sia ben trasparente e di colore unito; è conosciuta in gioielleria anche con il nome di sapparé.
Feldspati (v. le voci feldspati; labradorite; pietra di sole; pietra della luna; pietra delle amazzoni).
Lapislazzuli (v.).
Pirosseni anfiboli - Del gruppo dei pirosseni sono usati, raramente, il diopside e le due varietà dello spodumeno hiddenite e kunzite, più di frequente la giadeite. Il diopside usato come gemma è di color verde, ora chiaro (Val d'Ala), ora verde-bottiglia (Zillertal), ora verde cupo (Africa meridionale). La hiddenite, detta anche smeraldo di litio e smeraldo spodumeno, ha tinta variabile fra il giallo e il verde-smeraldo; la kunzite è rosea o rosa-violacea. Per le giadeiti v. le voci giadeite; giada.
Degli anfiboli è usata la nefrite, la quale ha aspetto simile a quello della giadeite; le due pietre sono spesso confuse sotto il nome comune di giada; giadeite e nefrite si distinguono facilmente fra di loro per il peso specifico (giadeite 3,3; nefrite 2,9) e per la facile fusibilità della prima.
Quarzo - Del quarzo sono usate, per scopi ornamentali, diverse varietà e principalmente: il cristallo di rocca incoloro; l'ametista di color violetto; il citrino, giallo, detto anche topazio di Spagna, di Scozia, Madera, aureo, occidentale o, finalmente, falso topazio; il quarzo affumicato o morione; il prasio translucido, verde, assai usato in antico; l'occhio di gatto, l'occhio di tigre, l'occhio di falco, tutte varietà gatteggianti, per inclusioni di fibre anfiboliche, ma col riflesso, rispettivamente, biancastro su fondo grigio-verde, giallo-oro su fondo bruno, giallo su fondo azzurro. Altre varietà, come l'iris, l'avventurina, ecc., hanno importanza minore.
Calcedonio - Molte varietà di calcedonio hanno applicazioni ornamentali e si distinguono, a seconda del colore e della zonatura, con nomi diversi, non sempre da tutti intesi nello stesso modo. Il calcedonio comune è di tinta chiara e non zonato; le agate arborizzate, muscose, o pietre di Moka hanno delle dendriti rosse o nere, o delle inclusioni verdi; la corniola e la sarda son di colore unito o quasi, rosso, rispettivamente, e giallo-bruno; il crisoprasio è verde-mela; il plasma, molto usato dai Romani e forse varietà del iaspis di Plinio il Vecchio, è verde scuro; l'eliotropio ha quasi lo stesso colore del plasma, ma è cosparso di macchie o vene rosse o gialle, ed è spesso indicato col nome di diaspro sanguigno. Agate, in generale, sono i calcedonî con zonatura distinta, e s' indicano poi con nomi varî, a seconda del colore predominante; quando la zonatura sia molto spiccata, le agate sono dette onici (v.). Molte delle agate, che si trovano oggi in commercio, sono colorate artificialmente (agate bagnate).
Diaspro - Secondo Plinio il iaspis è verde e spesso translucido; oggi s'indicano come diaspri pietre di colore svariatissimo, anche verde, ma sempre opache. È pietra molto comune; da noi si rinvengono diaspri di varia tinta in Sicilia, a Monterufoli presso Pomarance, all'isola di S. Pietro ìn Sardegna, e diaspri rossi e fioriti a Barga e a Montefegatesi.
Malachite - È la molochite o melochite dei vecchi autori: spesso associata all'azzurrite viene usata anche in tal caso, giacché l'unione del verde vivace dell'una con l'azzurro scuro dell'altra è assai bella.
Ricorderemo poi, benché di uso non comune in gioielleria, alcuni altri minerali, per i quali rimandiamo alle voci relative, e cioè la fluorite, l'euclasia, la fenacite, la vesuviana, l'axinite, l'andalusite, la staurolite, l'epidoto, il diottasio, la titanite, la benitoite. (V. tav. a colori).
Imitazioni, falsificazioni e riproduzioni. - Come imitazioni si debbono intendere delle pietre vere che, per il loro aspetto, imitano altre pietre vere di maggior pregio: per es. alcuni zirconi incolori imitano il diamante, certi spinelli rossi il rubino, e così via.
Falsificazioni vere e proprie si hanno quando si fanno passare per pietre vere dei vetri (stras) incolori o variamente colorati. Anche le "doppie" son falsificazioni; esse si ottengono unendo, con apposito mastice, due pezzi di pietra vera con una foglia colorata interposta, per aumentarne il colore, o un pezzo di pietra vera con uno di vetro colorato. Le doppie si riconoscono assai bene se non montate, mentre per pietre montate il riconoscimento può essere assai difficile.
La riproduzione vera e propria delle pietre preziose è molto recente; oggi la massima parte di esse si sa ottenere artificialmente, ma in generale i cristalli sono di dimensioni minime, assolutamente inadatti per uso ornamentale. In pratica, le sole pietre che si ottengono in quantità, con metodi relativamente semplici e di costo limitato, in individui di notevoli dimensioni, identici per i loro caratteri fisici e chimici alle corrispondenti pietre naturali, sono quelle del gruppo del corindone (rubino, zaffiro, corindone nobile) e quelle del gruppo dello spinello. Il nome che si deve dare a tali pietre, che hanno le medesime proprietà di quelle naturali, ma che sono fabbricate dall'uomo, è "pietre artificiali" o "pietre sintetiche"; l'altro nome, in uso comunemente, di "pietre ricostituite" è errato. Così pure è da condannare la consuetudine d'indicare alcune di queste pietre artificiali con il nome di gemme e con le quali esse hanno in comune solo l'aspetto: come già è stato avvertito, le acquemarine sintetiche del commercio, p. es., non sono affatto acquemarine, ma spinelli artificiali.
La sintesi del corindone si ottiene oggi con un metodo che, in complesso, è quello ideato fino dal 1891 da A. Verneuil e reso pubblico nel 1902; prima del Verneuil, molti altri ricercatori si erano occupati del problema, e già nel 1837 il Gaudin era riuscito a risolverlo; però le piccole pietre ottenute non si prestavano all'uso come gemma, e quelle fabbricate nel 1891 da E. Fremy e dal Feil potevano servire solo nell'orologeria. Il metodo del Verneuil consiste, essenzialmente, nel fondere alla fiamma ossidrica dell'allumina pura, in polvere sottilissima, mista alla sostanza colorante, e nel raccogliere le goccioline fuse su di un apposito sostegno refrattario dove, nel raffreddarsi, cristallizzano insieme, dando un individuo cristallino unico; l'apparecchio è schematicamente rappresentato dalla fig. 6. La polvere fusa per azione del dardo, ottenuto accendendo il miscuglio di ossigeno e idrogeno, si deposita sul sostegno refrattario, formando una goccia che si accresce via via, per il continuo, lento e regolare depositarsi di nuova sostanza. I prodotti ottenuti in questo modo hanno forma di pera (fig. 7), ma oggi, con accorgimenti particolari, si riesce a dar loro forma cilindrica; raramente si osservano faccette cristalline. L'allumina pura si ottiene per precipitazione da soluzioni di allume di ammonio, ripetutamente cristallizzato, e successiva calcinazione e macinazione. La sostanza colorante varia a seconda del colore che si vuole ottenere; per i rubini si usa dell'ossido di cromo (al massimo nella proporzione del 2,5%); per gli zaffiri si aggiunge all'allumina l'1,5% di Fe3O4, e il 0,5% di TiO2; è da avvertire, a questo proposito, che la sintesi dello zaffiro è riuscita molto dopo (Verneuil 1910) di quella del rubino. Con aggiunta di altre sostanze, si ottengono pietre di svariati colori, simili a quelli delle diverse varietà del corindone nobile, e anche di altre pietre preziose.
La sintesi dello spinello è riuscita essa pure da lungo tempo, ma anche in questo caso i procedimenti di interesse industriale sono fondati sull'uso dell'apparecchio Verneuil. Si adopera una miscela di Al22 O3 e di MgO, con aggiunte varie a seconda della tinta che si desidera. Più che altro son fabbricate pietre del colore dell'acquamarina, che si ottengono oggi bellissime e straordinariamente simili, nell'aspetto, alla pietra vera. Gli spinelli artificiali, peraltro, hanno quasi sempre, rispetto a quelli naturali, una notevolissima soprassaturazione di allumina; invece del rapporto 1:1 per Al2O3: MgO, si giunge talora a quello 5:1.
Il riconoscimento delle pietre sintetiche dalle corrispondenti naturali, specie per le varietà del corindone, può essere molto difficile, perché le proprietà fisiche si corrispondono esattamente o quasi; criterî di distinzione sono dati principalmente dallo studio delle inclusioni e delle strie di accrescimento. Nelle pietre naturali si trovano inclusioni di minerali e inclusioni liquide; nelle pietre artificiali mancano tanto le une quanto le altre, mentre sono presenti, in modo particolare nelle pietre di fabbricazione non tanto recente, le inclusioni gassose (figura 8). Nelle gemme sintetiche si trovano inoltre delle strie di accrescimento curvilinee, mentre la zonatura, che talvolta si vede in quelle naturali, è rettilinea; dato però che, nelle pietre fabbricate in questi ultimi tempi, la curvatura è poco spiccata, o manca, lo studio deve essere fatto con molta cura, in relazione anche con quello delle direzioni di estinzione. Finalmente si può ricordare che essendo le pietre sintetiche più fragili di quelle naturali, si producono spesso, nelle prime, durante le operazioni di taglio, delle piccole fessure superficiali. In conclusione, sarà ben raro il caso che uno studio attento e diligente non dia elementi per riconoscere, con sicurezza, una pietra sintetica da una naturale.
Commercio. - Il peso adoperato, in generale, come unità di misura nel commercio delle pietre preziose è il carato; fino a non molti anni addietro, i carati in uso erano parecchi, e differivano notevolmente da paese a paese; oggi, nel maggior numero degli stati, è adottato, per legge, il carato metrico, di gr. 0,200, suddiviso in centesimi; per pietre di valore notevole e di grandezza media, si usa correntemente il grano, che equivale a ¼ di carato e cioè, in misura metrica, a gr. 0,050.
I prezzi delle pietre preziose variano, naturalmente, da pietra a pietra, fra limiti molto estesi; per le pietre di maggior pregio poi, in modo particolare per il diamante, per il rubino e per lo smeraldo, avviene che il prezzo non cresce proporzionalmente al peso, ma in modo assai più rapido di questo. Data la relativa frequenza di diamanti di notevoli dimensioni e di ottima qualità, l'aumento di prezzo col peso, per questa gemma, è minore di quello che si verifica per i rubini e per gli smeraldi, che si trovano molto più raramente in grandi individui senza difetti e di bel colore; perciò rubini e smeraldi, quando oltrepassino un certo peso, costano assai più dei diamanti di peso corrispondente.
Il mercato delle pietre preziose segue, in certo modo, quello del diamante che, senza dubbio, per l'ingentissima produzione, è la pietra di gran lunga più importante. Bisogna avvertire peraltro che non tutta la produzione greggia è destinata a uso ornamentale; per il diamante, ad esempio, il 50% delle pietre scavate serve per scopi tecnici; sulla metà destinata al taglio, il 60% circa si perde nella lavorazione, cosicché dell'intera produzione solo il 20% vien messo in commercio come pietra lavorata. Anche per le pietre artificiali, una parte molto ingente di quelle fabbricate è adoprata nella tecnica, e solo un percento piuttosto basso viene mandato al taglio.
I principali centri di lavorazione del diamante sono, da molto tempo, Amsterdam e Anversa; oggi però i diamanti son tagliati anche altrove (v. diamante). Le altre pietre preziose vengono lavorate in molti luoghi diversi, ma spesso le taglierie sono in prossimità dei giacimenti, e così, p. es., i granati sono tagliati principalmente a Turnau in Boemia.
L'industria della fabbricazione di pietre preziose artificiali è sviluppata specialmente in Germania e in Francia.
Bibl.: P. Aloisi, Le gemme, Firenze 1932; M. Bauer e K. Schlossmacher, Edelsteinkunde, Lipsia 1932; E. H. Kraus e E. F. Holden, Gems and gem Materials, New York 1931. Per le pietre sintetiche, H. Michel, Die künstlichen Edelsteine, Lipsia 1925.