LEICHT, Pier Silverio
Nacque da Michele e da Maria Teresa Arnulfi il 25 giugno 1874 a Venezia, città dove trascorse la sua giovinezza.
Il padre era stato tra gli iniziatori del moto studentesco dell'8 febbr. 1848, a Padova, e aveva valorosamente partecipato alla difesa di Venezia come ufficiale di artiglieria: questo favorì il sentimento di patriottismo dal quale il L. mai si separò, sia nella sua carriera di studioso sia nella vita pubblica.
Compì gli studi elementari e medi a Venezia e a Torino; frequentò poi l'Università di Padova dove, sotto la guida di A. Pertile, si laureò nel 1896 discutendo una tesi dal titolo "Diritto romano e diritto germanico nel diritto privato friulano", pubblicata col titolo Diritto romano e diritto germanico in alcuni documenti friulani dei secoli XI, XII, XIII (Udine 1897). Lo stesso anno si recò in Germania, presso l'Università di Lipsia, alla scuola di E. Friedberg e di H. Dernburg, e nel 1898 fu anche a Roma, dove ebbe un significativo incontro con F. Schupfer, che teneva cattedra di storia del diritto italiano già da venti anni. Tuttavia egli fu di fatto allievo di N. Tamassia che, appena succeduto a Pertile, seppe guidarlo e consigliarlo non solo nella ricerca scientifica ma anche nell'ufficio di direttore della Biblioteca civica di Udine, incarico che mantenne dal 1900 al 1902.
I primi studi del L. furono stimolati dalla polemica tra Schupfer e Tamassia sulla sopravvivenza dell'elemento romano nelle forme e nelle istituzioni consuetudinarie della vita giuridica medievale. La questione che divise la storiografia giuridica di età intermedia verteva, infatti, sul carattere prevalentemente romano o germanico assunto dal diritto in Italia nell'Alto Medioevo, ovvero su quanto gli istituti romanistici avessero resistito all'influenza del diritto germanico. Il L. aveva affrontato l'argomento nella sua dissertazione di laurea, in cui assunse una posizione di mediazione, riconoscendo da un lato l'importanza della penetrazione e applicazione di principî e istituti germanici, dall'altro il cambiamento, perché, almeno alla fine dell'Alto Medioevo, e per quanto concerne più specificatamente il diritto friulano, gli istituti in disuso erano i germanici, mentre tendevano a riaffermarsi le antiche istituzioni romane. La lettura attenta delle fonti gli permise di spostare l'attenzione sulla vita degli istituti e sulla concretezza dell'esperienza giuridica. Non a caso gli Studi sulla proprietà fondiaria nel Medioevo (I, Verona 1903; II, ibid. 1907) dimostrano che egli mise anche in luce la connessione profonda tra gli aspetti pubblicistici e privatistici nel mondo giuridico medievale, e in particolar modo nell'ordinamento dei domini e possessi terrieri e dei rapporti di concessione fondiaria.
Aderendo all'impostazione generalmente seguita dalla scienza giuridica contemporanea, il L. accettò come valida anche per il Medioevo la distinzione tra la sfera del diritto pubblico e quella del diritto privato e indirizzò i suoi studi verso il primo, inaugurando un filone di indagine fino ad allora sostanzialmente trascurato dagli storici del diritto. Nel 1903 pubblicò Il Parlamento della Patria del Friuli… (1231-1420) (Udine), in cui in primis mise in luce le ragioni che lo avevano indotto a indagare e ricostruire la storia del Parlamento friulano, organo la cui importanza trascendeva, a suo parere, la storia locale.
Il Parlamento era l'organismo centrale dello Stato aquileiese: fungeva da organo di coesione di un paese profondamente diviso al suo interno, nell'epoca in cui le diverse nazionalità confinanti combattevano una guerra che vedeva contrapposti i signori di origine tedesca, il popolo prevalentemente latino e la gente slava che occupava una parte importante delle Alpi. Il Parlamento, inoltre, riusciva a moderare e talvolta a contrastare le tendenze del patriarca, serviva ai Comuni "per far sentire la loro forza" e, al tempo stesso, esercitava la funzione legislativa. Pur riconoscendo che in Italia i parlamenti non erano numerosi, il L. criticò l'idea invalsa presso alcuni storici secondo i quali il Parlamento del Friuli era probabilmente sorto a imitazione di istituzioni straniere. Egli ritenne che la causa del sorgere dei parlamenti andasse ricercata nell'avverarsi di alcuni fatti comuni a buona parte d'Europa.
Il L. fu quindi promotore dell'edizione critica degli Atti delle Assemblee costituzionali italiane dal Medioevo fino al 1821, un lavoro che diresse per quasi mezzo secolo, dal 1912 alla morte, e che portò, sotto il patrocinio dell'Accademia dei Lincei (dal 1939 Accademia d'Italia), a una imponente raccolta di oltre quaranta volumi.
Tra i vari nodi problematici individuati, il L. pose particolare attenzione al significato dell'immissione dei rappresentanti della città come momento determinante nell'evoluzione delle assemblee feudali, e al principio "quod omnes tangit ab omnibus comprobari debet", le cui prime applicazioni teoriche nel campo del diritto pubblico dimostrò avvenute nelle nostre democrazie comunali, anziché nelle monarchie d'Oltralpe.
Dal 1903 fu professore incaricato nelle Università di Camerino, Siena e Cagliari, dove divenne per concorso, nel 1906, straordinario di storia del diritto italiano; fu quindi chiamato di nuovo a Siena dove insegnò dal 1908 al 1913.
Seguendo lo stesso criterio di indagine, iniziò le pazienti ricerche sul diritto privato nei documenti altomedievali i cui risultati cominciarono a comparire organicamente dal 1914 e terminarono nel 1933 con la pubblicazione de Il diritto privato preirneriano (Bologna), libro che riunisce tutti i precedenti studi apparsi, in più riprese, nel Bullettino senese di storia patria e nei Rendiconti dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna.
Il volume segue le vicende dei vari istituti nel periodo che precede il sorgere d'Irnerio e della sua scuola, dal X all'XI secolo e ai primi decenni del XII, qualora si tratti di luoghi che hanno risentito tardi l'influsso del movimento romanistico. Con quest'opera il L. fu il primo a individuare l'interconnessione profonda tra l'insegnamento scientifico dei glossatori bolognesi e la pratica giuridica. Il solo fatto, dunque, di aver qualificato tale periodo come "preirneriano" significò non far coincidere la rinascita degli studi del diritto romano con il sorgere dell'alma mater bolognese che, agli occhi del L., diede piuttosto seguito a un processo già iniziato.
Nel 1913 fu chiamato all'Università di Modena e nel 1921 all'Università di Bologna. Dopo il tesseramento al Partito nazionale fascista nel 1923, divenne deputato al Parlamento per la XXVII e XXVIII legislatura (1924-34), sottosegretario al ministero della Pubblica Istruzione dal luglio 1928 al settembre 1929, senatore del Regno dal 1934.
Dal 1934 al 1936 fu membro della Commissione permanente per l'esame dei disegni di legge per la conversione dei decreti legge. In quel triennio si impegnò principalmente per la conversione dei regi decreti n. 1226, 20 luglio 1934, concernente il coordinamento degli Istituti nazionali di studi storici in Roma, e n. 2070, 13 dic. 1934, concernente il contributo dello Stato per il funzionamento del Museo centrale del Risorgimento in Roma. Come membro della Commissione legislativa riunita di Finanza e dell'Educazione nazionale (poi della Cultura popolare) dal 1939 al 1943, espose, dinanzi all'Assemblea plenaria della Camera dei fasci e delle corporazioni, lo stato di previsione annuale della spesa del ministero dell'Educazione nazionale per gli esercizi finanziari. Quanto alle leggi fondamentali del regime, il L. partecipò attivamente: votò, il 24 dic. 1925, per le attribuzioni e prerogative del capo del governo; il 31 genn. 1926, per la facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche; il 9 dic. 1928, per l'ordinamento e le attribuzioni del Gran Consiglio del fascismo.
Nel 1935 aveva lasciato l'insegnamento bolognese perché chiamato all'Università di Roma. Nella sua prolusione romana rese omaggio alla memoria dei suoi predecessori Schupfer e F. Brandileone e trasse spunto dall'opera di quest'ultimo per trattare il tema "Oriente ed Occidente nella storia del diritto pubblico italiano nell'Alto Medioevo".
In questa occasione, e poi in altri suoi scritti, dimostrò come l'evoluzione delle istituzioni pubbliche del periodo bizantino in Italia coincidesse in molti punti con quella delle istituzioni che si svilupparono sotto l'influsso dei Franchi. L'Italia, secondo il L., elaborò però in modo autonomo tali germi, così da creare un'evoluzione propria che non si può confondere con quella degli altri paesi d'Occidente.
Continuò a studiare le origini e gli sviluppi degli ordinamenti corporativi durante l'intera età medievale, in Italia e nell'Europa occidentale e, nel volume Corporazioni romane e arti medievali (Torino 1937), affrontò il problema tanto discusso della continuità e derivazione dalle corporazioni romane dell'età imperiale alle organizzazioni professionali e artigiane dei primi secoli del Medioevo.
Nel maggio 1939 tenne un'importante e inconsueta lezione all'Università di Berlino sui suoi studi parlamentari medievali e sugli istituti di diritto pubblico dei secoli XIII-XV e, nel novembre, il rettore dell'ateneo romano lo nominò, per l'ultima volta, direttore della "Sezione di storia del diritto" dell'Istituto di diritto romano, diritti dell'Oriente mediterraneo e di storia del diritto, incarico che aveva avuto ininterrottamente dal 1936.
Il 4 luglio 1944, su ordinanza del commissario regionale del governo militare alleato fu esonerato dall'insegnamento con privazione dello stipendio perché riconosciuto colpevole di attiva partecipazione alla vita politica del fascismo e, a far data dal 1° novembre dello stesso anno, fu definitivamente dispensato dal servizio. Sempre nel 1944 fu radiato dall'Accademia dei Lincei, in cui era entrato come socio nazionale nel 1920 e della quale, dal 1936 al 1938, era stato vicepresidente.
Nell'immediato dopoguerra pubblicò Operai, artigiani, agricoltori in Italia, dal secolo VI al XVI (Milano 1946), testimonianza dei suoi studi sulle condizioni morali e materiali dei lavoratori dei secoli di mezzo.
Si tratta di una riflessione con cui il L. intende evidenziare la costante azione benefica del cristianesimo e della Chiesa in favore delle classi meno abbienti, perché "un capitolo di storia che sanguina per tanta umana sofferenza" è illuminato soltanto "dal conforto della salda fede religiosa, che anima il popolo nostro nell'età di mezzo e dall'opera di grandi apostoli".
In occasione dell'ottantesimo compleanno del L., la Società filologica friulana raccolse in un volume i suoi Studi di storia friulana (Udine 1954), composto di ben 170 voci, seppur non esaustivo di tutti gli scritti del L. sull'argomento. Nel 1948, sempre a Roma, gli fu affidato un ciclo di conferenze sulla storia delle obbligazioni, nonché l'incarico di istituzioni giuridiche medievali presso la Scuola speciale per bibliotecari e archivisti paleografi. In questo contesto, il 6 giugno 1949, F. Calasso propose al collegio della facoltà romana di pubblicare i tre volumi degli scritti di storia del diritto italiano del L., raccolti per cura dei discepoli. Nel settembre 1952, infine, presiedette il II Congresso di studi altomedievali, avendo in precedenza lui stesso fondato e diretto per un lungo periodo il Centro spoletino.
Il L. morì a Roma il 3 febbr. 1956.
Aveva sposato Amélie Gabrici, dalla quale ebbe due figlie, Lorenza e Giuliana. Per l'elenco completo delle opere del L. si rimanda alla Bibliografia di P.S. L., a cura di C.G. Mor, in Atti dell'Accademia di scienze lettere ed arti di Udine, s. 6, XIV (1954-57), pp. 287-307.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. dell'Università degli studi di Roma "La Sapienza", f. pers.; Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Educazione nazionale, Direzione generale dell'ordine universitario, f. pers.; M. Roberti, Il metodo storico di N. Tamassia, in Riv. di storia del diritto italiano, X (1932), pp. 5 s.; M. D'Amelio, Gli studi di storia del diritto italiano nel ventennio fascista. Introduzione, in Il Pensiero giuridico italiano, I (1941), pp. 7 s.; C. Costantini, Presentazione, in P.S. Leicht, Operai artigiani agricoltori in Italia, Milano 1946, pp. III s.; C.G. Mor, P.S. L., in Riv. di storia del diritto italiano, XXIX (1956), pp. 5 s.; G. Ermini, Ricordo di P.S. L., in Il monachesimo nell'Alto Medioevo e la formazione della civiltà occidentale, Spoleto 1957, pp. 37 s.; F. Calasso, Commemorazione del socio P.S. L., in Atti dell'Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 8, XIII (1968), pp. 281-288; G. Astuti, L'opera scientifica di P.S. L., in Commemorazione di P.S. L., Udine 1958, pp. 15 s.; C.G. Mor, Gli scritti minori di storia agraria di P.S. L., in P.S. Leicht, Studi sulla proprietà fondiaria nel Medio Evo, Milano 1964, pp. V s.; B. Paradisi, Apologia della storia giuridica, Bologna 1973, pp. 118 ss.; E. Cortese, Storia del diritto italiano, in Cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia. Atti del Congresso, Messina-Taormina… 1981, Milano 1982, p. 797.