PASSERINI, Pier Francesco
PASSERINI, Pier (Pietro) Francesco. – Nacque a Codogno, «terra rinomata nel tenimento del lodigiano» (Crasso, 1666, p. 317), il 17 dicembre 1612, figlio di Paola de Hastis e di Stefano Passerino, la cui famiglia secondo Girolamo Ghilini (Teatro d’huomini letterati, cit. in Cerri, 1895, p. 182) discendeva dai Bonacolsi di Mantova. Scacciati dai Gonzaga, gli avi di Passerini si sarebbero quindi stabiliti vicino a Lodi in una villa detta La Passerina (Crasso, 1666, p. 318).
Avviato alle lettere «sin da teneri anni», studiò dodicenne retorica a Cremona per poi trasferirsi a Milano, presso il collegio Braidense, dove «inclinando col genio all’abito ecclesiastico» (ibid., pp. 320-323) studiò filosofia, teologia e giurisprudenza conseguendo la laurea in utroque iure. Nominato protonotario apostolico da Urbano VIII, nel 1642 fu invitato a Piacenza dal vescovo Alessandro Pisani, che lo fece entrare nel Collegio dei teologi della città e gli assegnò la rettoria della chiesa di S. Protasio.
Nel frattempo Passerini continuava a coltivare i suoi interessi letterari grazie ai quali fu accolto dall’Accademia codognese. Dopo aver pubblicato diciassettenne un manualetto di pronuncia latina e aver dato alle stampe nel 1630 un carme latino d’ispirazione virgiliana sulla pestilenza di Codogno, nel quale emergeva un certo afflato cronachistico oltre che poetico, Passerini pubblicò nel 1644 in occasione delle nozze del medico Paolo Carlo Belloni l’Echo genialis, una parodia del carme 34 di Catullo che dedicò all’accademia romana dei Geniali, il cui motto era «mens omnibus una» e di cui Passerini era divenuto membro.
Nominato esaminatore e giudice sinodale nel 1648, divenne successivamente consultore del S. Uffizio di Piacenza in una fase complicata della storia del ducato, nella quale non mancavano conflitti tra la censura ecclesiastica e quella laica. Passerini con il suo atteggiamento prudente e conciliante era riuscito però a conquistare la fiducia di Ranuccio II Farnese che nel 1652 l’aveva nominato suo personale «consultor teologo» (ibid., p. 318) e fatto chiamare come lettore di teologia morale dall’Università di Piacenza, dove insegnò fino al 1663. Promosso membro del Consiglio supremo di grazia e giustizia, di cui divenne presidente dal 1668, fu investito del titolo di conte di Bilegno in Val Tidone. Aggregato sin dal 1667 al Collegio dei dottori e giudici di Piacenza «ex spontaneo Nostri Ordinis» (Bolsi, 1723, p. 39), dal 1672 entrò in quello dei fisici quale Artium doctor (Cerri, 1895, p. 183). La sua brillante carriera come alto funzionario dello Stato farnesiano si accompagnò a una ricca produzione non soltanto di opere teologiche (tra cui una raccolta ordinata alfabeticamente di citazioni riguardanti la Vergine dal titolo Encyclopedia mariana uscita a Piacenza nel 1665), giuridiche e canonistiche, ma anche di carattere letterario che, gli avevano permesso nel 1655 l’entrata nell’Accademia piacentina degli Spiritosi.
Nel 1650 uscì a Piacenza una prima raccolta di scritti improvvisati (Schediasmata academica), comprendenti orazioni sacre e profane e discorsi per conferimenti di lauree, seguita poi, nel 1659, dallo Schedarium liberale, dove pubblicò oltre alle orazioni, ai trionfi accademici e alle epistole anche alcuni esempi di letteratura combinatoria (tra cui un carme quadrato combinato con versus intexti non isometrici) ed enigmistica, che si inserivano nel solco di una se pur sporadica tradizione piacentina con autori come Giuseppe Dagani e Gabriele Corvi, arricchita ora da stretti rapporti con ambienti culturali di più ampio respiro. Primo tra tutti vi era il circolo che si raccoglieva intorno al curatore della celebre Metametrica (1663-68), il vescovo Giovanni Caramuel di Lobckowitz, che gli dedicò un carme intessuto a partire dalla formula iniziale «Ama Fama» (pubblicato nello Schedarium, 1659, p. 177) e al quale Passerini dedicò un curioso esempio di poema proteo che offriva 22.476 possibili permutazioni del nome Caramuel (ibid., p. 25).
Accolto nella «ragunanza degli Arcadi» istituita a Roma nell’ottobre del 1690 come arcade trebbiense con il nome di Antiloco Mideate, Passerini morì a Piacenza il 20 gennaio 1697 in una casa di sua proprietà in via San Salvatore.
Nel testamento rogato il 7 ottobre 1795 dispose che, nel caso si fosse estinta la discendenza del conte Paolo Malareggia-Passerini che aveva precedentemente adottato, i suoi libri dovessero essere ereditati dal Collegio dei teologi di Piacenza con l’obbligo di renderli consultabili in una biblioteca pubblica. Così avvenne nel 1791 quando per ordine ducale la biblioteca Passerini venne fusa con quella che dal 1774 era stata aperta nell’antico Collegio dei gesuiti in seguito alla cacciata di questi ultimi dallo Stato. Divenuta comunale, dal 1878 la biblioteca fu chiamata Passerini-Landi, nome che conserva tutt’ora in ricordo di Passerini e di un altro benefattore, il marchese Ferdinando Landi.
Fu ricordato come «uno dei più begli ingegni che a quei tempi avesse mai la sua patria» (Molossi, 1776, p. 160). Un ritratto di Passerini inciso a Venezia da Giacomo Piccinni, di cui è conservata una copia nella collezione di stampe della Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza, figura nella Schediasmata academica del 1650 con intorno la leggenda «Petrus franciscus Passerinus aetat. Suae XXXIIX». Un altro ritratto, con la scritta «Pietro Francesco Passerino», fu pubblicato da Lorenzo Crasso insieme a una raccolta di elogi in forma poetica tra cui un anagramma di Paolo Malareggia suo erede e un epigramma di Pietro Francesco Minozzi (Crasso, 1666, pp. 320-323).
Opere. Per le opere a stampa di Passerini cfr. la bibliografia redatta da Cerri (1895), tra cui: Fundamenta verae pronuntiationis Latinae, Cotonei 1629; De Cotoniensi pestilentia, Mediolani 1630; Echo genialis, Romae 1644; Schediasmata academica, Placentiae-Bononiae 1650; Tractatus legalis et moralis de pollutione Ecclesiarum, Placentiae 1654; Schedarium liberale, Placentiae 1659; Encyclopedia mariana, Placentiae 1665; Problemata legalia per distinctiones ad concordiam redacta, Placentiae 1678; De occidente unum pro alio tractatio methodica, Parmae 1693; De ecclesiarum reconciliatione tractatus, Parmae 1694.
Fonti e Bibl.: L. Crasso, Elogii d’huomini letterati, II, Venezia 1666, pp. 317-323; O. Bolsi, Annotationes in Praestantissimum Iurisconsultorum et Iudicum parmensem Ordinem, Parmae 1723, pp. 39, 49; G.M. Crescimbeni, L’Istoria della volgar poesia, Venezia 1730, p. 364; J.A. Tadisi, Memorie della vita di monsignore Giovanni Caramuel di Lobkowitz vescovo di Vigevano, Venezia 1760, p. 151; G.B. Molossi, Memorie d’alcuni huomini illustri della città di Lodi, II, Lodi 1776, p. 160; G.B. Anguissola, Ephemerides sacrae anni christiani, Placentiae 1828, p. 17; L. Cerri, Memorie per la storia letteraria di Piacenza in continuazione al Poggiali, Piacenza 1895, pp. 182-189, 211; L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza 1899, pp. 278, 319; A. Balsamo, P.F. P. e le pubbliche biblioteche in Piacenza, in Strenna piacentina, 1926, pp. 42-49; F. Rizzi, Clero in cattedra, in Vita nuova, 17 gennaio, 4 e 28 marzo 1953; D. Bianchi, P.F. P. secentista, in Bollettino storico piacentino, LV (1960), pp. 109-136; F. Da Mareto, Bibliografia generale delle antiche provincie parmensi, Parma 1974, p. 778; G. Pozzi, La parola dipinta, Milano 1981, pp. 66, 267 s.; D. Higgins, Pattern poetry. Guide to an unknown Literature, New York 1987, p. 50; L. Bedulli, Segni del potere: i Farnese nei documenti della Biblioteca Palatina, Parma 1995, pp. 64 s., 264; G. Raboni, La letteratura in età farnesiana, in Storia di Piacenza, IV, 1, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802), Piacenza 1999, pp. 308-310; G. Benassati, L’arti per via: percorsi nella catalogazione delle opere, Bologna 2000, p. 153; R. Sabbadini, La grazia e l’onore: principe, nobiltà e ordine sociale nei ducati farnesiani, Roma 2001, pp. 37, 75, n. 220; L. Ceriotti - F. Dallasta, Il posto di Caifa. L’Inquisizione a Parma negli anni dei Farnese, Milano 2008, pp. 244 s.