PANDOLFINI, Pier Filippo
PANDOLFINI, Pier Filippo. – Nacque a Firenze il 1° giugno 1437, secondogenito di Giannozzo e di Giovanna Valori.
Educato agli ideali della cultura umanistica e raffinato conoscitore del greco, del latino e della filosofia, fu allievo di Marsilio Ficino, frequentò l’Accademia fiorentina ascoltando le lezioni dell’Argiropulo e commentando, sotto la sua guida, le opere di Platone e di Aristotele. Scrisse un’opera, il Protesto, densa di riferimenti ermetici e neoplatonici e, nell’ambiente accademico, strinse legami di amicizia personale e intellettuale con Lorenzo de’ Medici, Vespasiano da Bisticci, Bartolomeo Platina e Bartolomeo della Fonte (o Fonzio).
Nonostante l’accurata formazione culturale, appartenne al ramo della famiglia Pandolfini economicamente meno cospicuo, ma nonostante ciò, e diversamente da altri suoi parenti, non si immatricolò all’Arte dei Setaiuoli o di Por S. Maria.
Rimasto orfano di padre in giovane età, ebbe a vent’anni un figlio illegittimo, Giovanni, primogenito dei dodici nati dai due successivi matrimoni. Nel 1461 contrasse le prime nozze con Maria Neroni. Nello stesso periodo iniziò a dedicarsi alla carriera politica.
Il suo atteggiamento verso il governo mediceo fu improntato alla lealtà, ma pur facendo parte del gruppo dei più stretti collaboratori di Lorenzo il Magnifico, il suo impegno pubblico non fu mai esercitato con toni di accesa partigianeria nei riguardi della famiglia egemone fiorentina.
La sua presenza all’interno delle magistrature dello Stato fiorentino fu costante e assidua a partire dal 1465 quando diventò camerario di Orsanmichele. Da allora, rivestì incarichi di crescente prestigio culminati in tre uffici di particolare rilevanza sia per l’assetto politico di Firenze sia per la delicatezza del momento; fu, infatti, membro della Balìa costituita dopo la congiura dei Pazzi del 26 aprile 1478 e rinnovata per il successivo periodo di guerra, ufficiale del Monte dal 1° marzo 1481 al 28 febbraio 1484, e gonfaloniere di Giustizia (la massima carica dello Stato fiorentino) nel bimestre 1° maggio-1° luglio 1482.
Particolarmente intenso fu l’impegno nell’attività diplomatica, nella quale, nonostante soffrisse di febbre terzana, profuse tutte le sue energie e le sue riconosciute e apprezzate capacità di mediatore. Questo stile di vita frenetico gli fu rimproverato dall’amico Vespasiano da Bisticci che gli consigliò, in una lunga lettera indirizzatagli all’inizio degli anni Ottanta del Quattrocento, di trascorrere un periodo di riposo ospite della sua villa all’Antella.
Pandolfini non ascoltò il suggerimento di Vespasiano e si trovò spesso a operare presso le maggiori corti italiane ove la sua abilità ebbe modo di manifestarsi nel periodo più difficile per la Repubblica fiorentina e per la sopravvivenza dell’egemonia medicea: la sua carriera di ambasciatore iniziò infatti nei primi anni Settanta del Quattrocento e si intensificò in seguito alla congiura dei Pazzi.
Dopo due legazioni relativamente semplici – a Piombino nel 1473 e a Napoli quattro anni più tardi – fu impegnato, tra il 1478 e il 1480, nella gestione dei rapporti sia con gli alleati sia con i nemici di Firenze. Durante quel biennio fu quasi costantemente assente da Firenze. Prima a Venezia (8 giugno 1478 - 12 gennaio 1479), poi a Roma (19 febbraio - 9 giugno 1479) e infine a Milano (20 dicembre 1479 - 1° agosto 1480), condusse le complesse trattative diplomatiche con sagacia e moderazione meritando l’apprezzamento del governo fiorentino.
Gli anni in cui consolidò la sua esperienza di oratore furono il momento di transizione tra le legazioni occasionali di breve durata e le ambascerie stanziali. Fu proprio Pandolfini a sperimentare il cambiamento in atto nell’organizzazione dell’apparato della diplomazia internazionale, conseguente non soltanto alla crisi successiva alla congiura dei Pazzi, ma connesso con una generale evoluzione dei rapporti interstatali in direzione di una maggiore stabilità e di una più efficace azione politica. In questa mutata fisionomia, durante l’ottavo e il nono decennio del Quattrocento, Milano, Roma e Napoli furono le sedi dove Pandolfini continuò a svolgere il suo incarico di oratore, accreditandosi con particolare favore presso la Curia romana. Nel febbraio 1487, infatti, trattò, per conto del Magnifico, le clausole contrattuali per le nozze fra Maddalena de’ Medici e Franceschetto Cibo, figlio del pontefice Innocenzo VIII. I buoni rapporti instaurati con il papa gli furono di utilità quando, nell’autunno del 1491, dopo la morte della prima moglie, avvenuta il 14 giugno dello stesso anno, decise di sposare Cassandra Ricasoli. Per celebrare le nozze, Pandolfini fu infatti obbligato a chiedere al pontefice la dispensa, in quanto Cassandra era la vedova di Giovansimone Tornabuoni, suo consanguineo di terzo grado. Il matrimonio fu registrato l’8 ottobre 1491.
Da marzo a settembre 1492 fu vicario in Val di Cecina e, nello stesso semestre dell’anno successivo, fu capitano di Pisa.
Dopo la cacciata da Firenze di Piero di Lorenzo de’ Medici nel 1494, divenne un convinto seguace di Girolamo Savonarola, del quale difese calorosamente idee, ortodossia e prassi di governo in una lettera inviata il 16 aprile 1496 allo scrittore apostolico Ricciardo Becchi. Nonostante la vicinanza al Savonarola, Pier Filippo mantenne inalterato il suo prestigio presso la corte pontificia, tanto da perorare, nell’agosto 1496, rivolgendosi direttamente al papa Alessandro VI, la causa del fratello Niccolò, vescovo di Pistoia, accusato da un monaco dell’abbazia di Pisa di avergli sottratto un beneficio in modo fraudolento.
Nel 1496, svolse l’ultima ambasceria a Livorno con l’incarico di incontrare Massimiliano I d’Asburgo.
Morì il 5 settembre 1497.
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