PIEDE (lat. pes; fr. pied; sp. pié; ted. Fuss; ingl. foot)
Il piede è nell'uomo il segmento distale dell'arto pelvico con il quale egli poggia al suolo e che si è profondamente differenziato dall'omologo degli altri Mammiferi, per adattamento alla funzione portante bipede e al particolare atteggiamento eretto del corpo umano.
Esso risulta del tarso, del metatarso e delle dita: i due primi ne costituiscono il massiccio, mentre le dita, assai più corte di quelle della mano, ne rappresentano appena una piccola parte. Rivestito sul dorso da pelle sottile, munita nel maschio di scarsi peli, nella superficie plantare il piede ha cute assai più spessa di quella di tutte le altre regioni del corpo, glabra, priva di ghiandole sebacee, ma ricchissima di sudoripare. Il suo grosso strato epidermico poggia su di un derma particolarmente spesso e compatto in quei territorî nei quali la pianta viene a contatto col suolo. Un abbondante tessuto adiposo sottocutaneo, percorso da un traliccio di robuste formazioni fibrose, a direzione perpendicolare rispetto alla cute, e che si continuano con i connettivi del derma e dell'aponeurosi plantare, concorre a conferire alle parti molli della pianta le condizioni permettenti quella gravabilità, che consente loro di sopportare il carico prolungato, senza andare incontro a sofferenze da ischemia. La robusta aponeurosi plantare, che poggia su questo sottocutaneo, è sottesa all'arco scheletrico, suddividendolo in quattro logge, occupate e percorse dai tendini che vi discendono dalla gamba, dai muscoli proprî della pianta, nonché dai vasi e dai nervi. Lo scheletro del massiccio del piede risulta delle ossa tarsali e metatarsali: e prossimalmente dà sostegno allo scheletro della gamba, essendo il corpo dell'astragalo accolto nel mortaio tibio-peroneale, mentre distalmente si prolunga in quello delle dita. Davanti all'articolazione tibio-peroneo-astragalica, fra lo scheletro del piede e i suoi tegumenti dorsali, discendono i tendini (estensori del piede e delle dita), i vasi e i nervi; vi esistono le relative guaine tendinee e numerose borse mucose. Lo scheletro del massiccio del piede può essere paragonato per la sua conformazione generale alle costruzioni a vòlta, e permette di distinguere una vòlta longitudinale e una vòlta trasversale.
Nella prima possiamo riconoscere due arcate; e cioè un arco laterale, che è costituito dal calcagno, dal cuboide, e dagli ultimi due metatarsali e che poggia direttamente al suolo con la parte posteriore della superficie plantare della grande tuberosità del calcagno e con la testa del quinto metatarsale; e un arco mediale che è costituito dall'astragalo, dallo scafoide, dai tre cuneiformi e dai primi tre metatarsali, e che carica sul suolo soltanto con la testa del primo metatarsale, mentre con la sua spalla posteriore, cioè col corpo dell'astragalo, quest'arco grava sul talamo del calcagno, rappresentando l'astragalo una sovrastruttura alternante il gravame, che gli viene trasmesso dalla gamba, a seconda dell'atteggiamento del piede. Nella vòlta trasversale del piede possiamo distinguere un arco posteriore, costituito dalle ossa del protarso, strettamente collegate fra di loro; e un arco anteriore, metatarsale, i cui componenti godono di una notevole articolarità. Questa vòlta trasversale poggia al suolo soltanto mediante la testa del quinto e del primo metatarsale, e questa mediante i sesamoidi. Il problema statico di queste arcate risulta notevolmente complesso, sia per la differente forma e inclinazione delle superficie di contatto dei singoli segmenti ossei che concorrono a costituirle, sia specialmente perché questi, lungi dall'essere tra loro cementati, sono separati da vaste articolazioni e collegati da legamenti fibroso-elastici, e indirettamente dai tendini. La loro articolarità, consentanea con discrete variazioni nel loro atteggiamento reciproco, conferisce alla centinatura delle arcate risultanti dal loro insieme caratteristiche morfologiche che si modificano con i cambiamenti della distribuzione del gravame che ne sollecita i segmenti.
Il confronto di due radiogrammi, ottenuti da uno stesso piede, nella medesima proiezione (medio-laterale), in condizioni identiche per tutto il restante, tranne che il primo (fig. 1) ci dà l'immagine dello scheletro del piede libero e senza carico, mentre il secondo (fig. 2) ce lo presenta in appoggio plantare e sollecitato dal peso del corpo, dimostra con evidenza le modificazioni di rapporto che, nelle varie articolazioni del piede, si determinano per azione del carico. Questo confronto risulta ancora più facile e più dimostrativo, se, dopo avere ricavato il calco delle ombre ossee dai suddetti due radiogrammi, ne sovrapponiamo le immagini del calcagno (come nello schema: fig. 3); sotto il carico l'altezza della vòlta antero-posteriore diminuisce, ampliandosi la sua centinatura, mentre il piede in toto diventa apprezzabilmente più lungo. Ma, oltre a queste modificazioni, determinate dal carico sulla pianta, devono essere mantenute in evidenza anche quelle provocate dalla differente ripartizione e dalla differente intensità del gravame che il piede portante subisce nella stazione eretta e nel cammino. Invero, nel soggetto che sta sui piedi, l'appoggio avviene sulle due tuberosità calcanee e sulle teste dei primi e dei quinti metatarsali, e può essere equabilmente distribuito su ambedue, mentre nel soggetto che cammina, l'alternanza del passo, sottraendo al carico l'arto oscillante, trasferisce sul piede portante tutto il peso del corpo, e il gravame vi si distribuisce diversamente negli atteggiamenti taligrado, plantigrado, e digitigrado che si succedono nei tre tempi dell'appoggio.
Finalmente non va trascurato che nella sollecitazione scheletrica del piede, oltre al gravame statico, deve essere considerato anche quello risultante dalla somma delle potenze dinamiche, che vengono esercitate dall'energia cinetica dei muscoli che vi s'inseriscono.
Di queste modificazioni della forma e quindi delle dimensioni del piede, provocate dal gravame statico e dinamico, non si tiene sempre sufficiente conto nella scelta della calzatura, e a queste incongruenze può essere imputata m0lte volte la cagione d'importanti alterazioni anatomiche e funzionali che si stabiliscono particolarmente nel periodo formativo del piede.
Fra tutti i segmenti del corpo umano, il piede è il più soggetto a deformità congenite, e specialmente a quell'equinismo e varismo che, per antonomasia, si definisce come piede torto. Nell'infanzia il piede è spesso sede d'invalidità acquisite paralitiche, come esito di poliomielite anteriore, subendo una contrattura in varo, in valgo, in equino o in talo, a seconda che dalla paralisi siano stati risparmiati o meno interessati rispettivamente i muscoli supinatori o quelli pronatori o i flessori plantari o gli estensori dorsali del piede, derivandone una turba nell'antagonismo del loro tono e della loro energia cinetica; il piede risulterà ciondolante quando la paralisi abbia annullata ogni attivabilità di tutti i muscoli della gamba. Un'altra importante causa di deformità acquisite patologiche, si ha nella tubercolosi ossea e osteoarticolare del piede, particolarmente frequente nei bambini e negli adolescenti. Alle infiammazioni acute delle sue parti molli e del suo scheletro, il piede risulta soggetto assai meno della mano; perché, protetto dalla calzatura, è meno esposto a occasioni infettanti dirette. Ma la calzatura non lo mantiene a riparo da azioni violente (dirette e indirette) la cui intensità superi la resistenza del suo scheletro, determinando in esso raramente lussazioni, ma più spesso lussazioni-fratture, e più specialmente fratture. Anche le fratture dei malleoli, che in realtà interessano ossa della gamba, hanno una notevolissima importanza nella patogenesi dell'invalidità del piede, in quanto scontinuano i componenti prossimali dell'articolazione tibio-peroneo-astragalica; esse si producono con grandissima frequenza. Ma la particolare funzione portante del piede lo espone facilmente a deformarsi, specialmente se non adeguatamente sostenuto dalla calzatura, diventando insufficiente al carico, per distensione dei legami passivi e attivi del suo scheletro, e per il conseguente crollo della sua vòlta (piede piatto).
Insufficienza e appiattimento si stabiliscono più spesso nel periodo dell'accrescimento somatico più rapido (adolescenza); ma si possono determinare anche nell'adulto, a seguito di cause che indeboliscono notevolmente l'energia contrattile dei muscoli attivatori del piede (deperimento organico, varici profonde delle gambe, ecc.), o in conseguenza di aumento rapido del peso del corpo, che determini un carico sproporzionato rispetto alle attività cinetiche dei muscoli della gamba, o finalmente in conseguenza di lesioni violente e di lesioni patologiche influenti sulla statica e sulla dinamica dell'arto. Questa insufficienza del piede, accompagnata o meno da appiattimento, può provocare algie miogene, desmogene, artrogene, osteogene, che si manifestano nella gamba e nel piede in conseguenza della funzione deambulatoria, e talora si generano algie nevrogene, a carico dei nervi proprî del piede, ma che non di rado interessano territorî nervosi più o meno lontani dalla sede causale (rami del nervo crurale o dello sciatico). Quando la vòlta del piede sia crollata, le articolazioni del suo scheletro finiscono per adattarsi alle abnormi sollecitazioni di carico, e le conseguenti alterazioni da osteo-artrosi deformante statica, oltre che nelle giunture del piede, si possono determinare secondariamente anche nelle altre articolazioni dell'arto.
È facile intendere come l'inesatto apprezzamento della proteiforme sintomatologia dell'insufficienza e dell'appiattimento del piede possa essere causa di grossolani errori diagnostici, specialmente nella fase evolutiva, nella quale ancora non esiste una deformità conclamata.
Le articolazioni del piede, ma specialmente la prima metatarso-falangica, negl'individui uricemici sono particolarmente esposte a manifestazioni gottose (podagra). Tutti i tessuti componenti del piede possono essere soggetti allo sviluppo di tumori primitivi, sia benigni sia maligni; ma questa eventualità non suole presentarsi di frequente.
Il piede, come il più declive fra tutti i segmenti del corpo, prima degli altri risente l'influenza del turbato circolo sanguigno e quindi è più soggetto a subirne le conseguenze estreme (fino alla cancrena); sia perché è più facilmente esposto ad azioni angiospastiche e ischemizzanti occasionate dal freddo, dall'umidità, da contingenti pressioni (calzature, fasciature, ecc.), sia perché, più lontano dal centro circolatorio, è più soggetto a turbe angiotrofiche o neurotrofiche, specialmente in soggetti discrasici (iperglicemici).