Vedi PIAZZA ARMERINA dell'anno: 1965 - 1996
PIAZZA ARMERINA (v. vol. VI, p. 146)
Nell'ultimo venticinquennio l'interesse scientifico sulla Villa Romana del Casale ha continuato a esercitarsi, battendo vecchie e nuove vie. Sulla linea di una ricerca dei vari elementi stilistici dispiegati nella creazione del complesso musivo si pone lo studio del Dorigo (1966), che tuttavia esaspera quella tendenza sul piano storico- artistico moltiplicando il numero dei maestri nel tentativo di chiarire l'origine dei mosaici. Sulla linea di comprensione del carattere architettonico della Villa si colloca lo studio di H. Kahler (1973), che con la definizione di quattro fasi edilizie precisa la cronologia principale dell'edificio intorno al 300-320 d.C. Per quanto concerne il problema del committente e del proprietario non mancano tentativi di identificazione del personaggio o dei personaggi imperiali; per il mosaico della Grande Caccia, sono stati proposti i nomi di Massimiano nella figura che assiste al trasporto delle belve, e di Massenzio in quella che frusta uno schiavo.
Le basi per un discorso nuovo vengono poste nel campo dell'articolazione cronologica della Villa, della sua collocazione storico-sociale, che investe l'indagine sull'intero territorio del latifondo, sul programma architettonico- decorativo, sulla «immagine» del proprietario.
Per quanto attiene la cronologia della Villa, essa viene estesa alle fasi che precedettero l'impianto tardo-romano grazie ai saggi operati nel 1970 da A. Carandini, che hanno individuato resti di edifici rurali databili dalla fine del I sec. d.C. all'età tetrarchica. Dal 1983, nel quadro di nuove ricerche impostate dalla Soprintendenza Archeologica di Agrigento (De Miro, Fiorentini), altri saggi hanno accertato nell'area del cortile 10 e in quella compresa tra il recinto 12 e il cortile ovoidale della Sala Tricora - sulla base della ceramica sigillata e delle monete rinvenute - una fase «rustica» (che dalla fine del I-II sec. d.C. giunge, con l'abbandono, all'ultimo quarto del III sec. d.C.) e una fase «intermedia» da definire meglio, con cui avverrebbe la «monumentalizzazione» delle strutture e a cui si riferirebbe l'impianto originario delle terme. Gli scavi hanno portato all'acquisizione di nuovi dati per la planimetria della Villa, quali una grande aula pilastrata (già recinto 12) e una rampa di accesso a S, su cui si affacciano grandi vani, probabilmente di deposito nella parte di servizio della Villa ancora da scoprire. Nell'ambito dei nuovi elementi cronologici, il rinvenimento di una moneta di Costanzo II negli strati relativi alla costruzione della Sala Tricora e del cortile ovoidale riapre il problema della posteriorità di questa parte rispetto al resto della Villa.
L'esigenza di considerare la Villa inserita nella topografia e nell'assetto sociale ed economico cui si riferisce la vicina mansio di Philosophiana, viene metodologicamente ribadita nello studio di A. Carandini in collaborazione con A. Ricci e M. De Vos (1982), così come viene ribadito il carattere programmatico del complesso architettonico e decorativo, la cui lettura in tal senso era stata accuratamente svolta dal Settis (1975) e che ha trovato ulteriori elaborati sviluppi (Torelli, 1983), non senza riserve da parte di chi continua a sostenere piuttosto l'esistenza di una koinè illustrativa circolante, del· tutto indipendente dalla localizzazione della Villa, dalla sua architettura e dal contesto storico (Duval, 1983).
La soluzione del problema dell'identificazione del proprietario, caduta ogni attribuzione imperiale, si è conseguentemente spostata sul «tipo sociologico», più o meno collegando l'ipotesi di una carriera politica in quel periodo storico al programma iconografico principale, per cui l'attenzione si è rivolta a quei personaggi dell'aristocrazia senatoria romana per un qualche indizio collegati alla Sicilia, quali L. Aradius Valerius Proculus Populonius, governatore di Sicilia tra il 327 e il 331, praefectus urbi e infine console ordinario nel 340 (Cracco Ruggini, 1980; Carandini, 1982), e di Ceionius Rufus Lampadius, in piena fortuna sotto Costanzo II (Calderone, 1985), alla formula onomastica del cui padre risulta collegato l'appellativo di Philosophus (Coarelli), così significativo a spiegare il toponimo di Philosophiana, vale a dire del latifondo cui apparterrebbe la Villa. L'indagine stilistica dei mosaici non ha, nel frattempo, cessato di esercitarsi, apportando nuovi dati alla cronologia, e in tal senso ha operato lo studio della Dunbabin (1978) nel quadro dei mosaici romani dell'Africa settentrionale, mentre nuove vie vengono additate nel ricercare in Asia Minore l'ambiente di provenienza delle maestranze cui si devono le straordinarie scene erculee della Sala Tricora (Arias, 1983).
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