Vedi PIAZZA ARMERINA dell'anno: 1965 - 1996
PIAZZA ARMERINA (Villa antica del Casale)
Fuori dell'abitato di P. A., a circa 3 km a S, nella contrada Casale, sorge una grande villa, che sugli inizî della tarda antichità si sostituì completamente ad un precedente edificio del primo Impero. Essa è ubicata in un'amena valletta, compresa tra il declivio inferiore dell'altura di monte Mangone e il corso sorgentifero del fiume Gela, e raggiunta evidentemente da un diverticolo che si staccava dalla strada romana Catina-Agrigentum (usata dai provinciali d'Africa per raggiungere la Penisola) forse nel luogo di quella statio di Philosophiana (oggi "La Soffiana") menzionata negli Itinerari. La villa, distante circa 5 km in linea d'aria verso S, risulta antica almeno tanto quanto i più remoti resti archeologici, attribuiti al sec. I d. C., sottostanti una terma della prima metà del IV sec. che vi è stata messa in luce oltre a tombe comprese entro tale periodo ed a testimonianze più recenti di età bizantina (basilica e sepolcreto), ed ha sfruttato sapientemente per lo sviluppo della sua complessa planimetria l'aspetto naturale del terreno nel suo andamento e nella sua variazione di livelli. È sorta così un'architettura movimentata, con i varî quartieri che la compongono variamente gravitanti attorno al grande peristilio quadrangolare e distribuiti secondo una disposizione terrazzata, che trova ad una quota intermedia il quartiere del ricordato peristilio.
Uno sguardo alla pianta delle rovine della lussuosa dimora, sita nel mezzo di un latifondo romano, chiarisce l'essenza di quest'architettura tendente verso forme planimetriche poligonali e curvilinee, e fa seguire il suo sviluppo logico e consequenziale nella successione e distribuzione dei quartieri, funzionalmente distinti pur nell'organica unità dell'edificio. Attraverso il monumentale ingresso a triplice fornice, nello schema proprio di un arco onorario, si accede alla vasta corte porticata dalla pianta irregolarmente poligonale, che disimpegna da un lato il più basso quartiere termale e dall'altro introduce nel rialzato quartiere del peristilio per mezzo del vestibolo dello Adventus (pianta, n. 1). Le terme, ponderate tra peristilio ed ingresso, hanno lo sviluppo più movimentato con la pressoché libera successione di sale (palestra, frigidarium, alepterion, tepidarium, calidaria con laconicum) collegate e comunicanti tra loro secondo una linea assiale normale ai due saloni longitudinali chiusi da testate ad esedra, tra cui è compresa l'architettura spaziale dell'ottagona con la sua forma a margherita per i nicchioni perimetrali sporgenti, l'uno dei quali si allunga per costituire la piscina natatoria, risulta formalmente prossima al cosiddetto tempio di Minerva Medica a Roma nella sua prima planimetria (4).
Sui lati lunghi del peristilio dai colonnati marmorei rivolto verso il viridario, allietato dall'ampio bacino della grande fontana e accogliente il piccolo sacello cultuale, gravita una serie di ambienti di abitazione confortati da due più ampie sale di soggiorno, la diaeta della "Piccola caccia" (11) e quella più ampia di "Orfeo" (13), absidata e già allietata da una fontanina quadrata. Gli ambulacri del quadriportico avviano verso il quartiere soprelevato dell'aula basilicale e degli appartamenti privati che la fiancheggiano, superando il dislivello esistente per mezzo di tre scalinate - una centrale e due laterali - che immettono sull'esteso corridoio della "Grande caccia" (14), aperto con un marmoreo colonnato per tutta l'ampiezza del peristilio.
Il corridoio, con le sue testate conformate ad esedra, assume l'aspetto di un grandioso atrio a forcipe, sulla cui parte mediana, pressoché sull'asse del peristilio, domina col suo prospetto distilo la soprelevata aula basilicale, comprendente già nel colmo dell'abside la cathedra sovrastata da una nicchia per statua. (Una tale disposizione di ambienti troverà stretta analogia in architetture africane e ancora nella pianta della basilica giustinianea di Nikopolis; v. basilica). Ai suoi lati gravitano due appartamenti privati: il settentrionale risulta di due cubicoli ad esedra rispettivamente rettangolare ed absidata, disposti a squadro sul vestibolo comune che li disimpegna: il meridionale, più complesso nel suo simmetrico sviluppo, è composto di due corpi laterali costituiti ognuno da un cubicolo, con alternanza anche qui dell'esedra rettangolare e semicircolare, e dai rispettivi vestiboli disimpegnati da un atrio a pianta semicircolare, che fa ricordare il motivo architettonico curvilineo del prospetto del tempio massenziano di Romolo nel Foro romano. Oltre l'atrio si allunga la sala di soggiorno absidata, la diaeta di "Arione" (18).
Dall'ala S dell'ambulatio della "Grande caccia" e dal portico meridionale del peristilio si poteva raggiungere l'ultimo quartiere, pressoché allo stesso livello del quartiere basilicale, del secondo peristilio ellittico o xystus dal portico sviluppato quasi a ferro di cavallo davanti all'aula di rappresentanza, l'aula triloba, che nella sua planimetria trova già dei precedenti nella forma architettonica romana della fonte Peirene di Corinto ed in genere nelle ben note cellae trichorae cristiane del II-III sec. d. C. e poi in architetture del IV e V sec. d. C. Le pareti della villa sono apparse a scavo ultimato rovinate, smozzicate; nei tratti in cui la loro altezza si conserva almeno per più di un metro è possibile scorgere le tracce, assai fatiscenti, di una decorazione pittorica, spesso a pannelli e a quadri figurati, talora ad imitazione di un intarsio marmoreo, l'opus sectile, che era realmente presente, in qualche caso con una eleborata tarsia, negli ambienti più spaziosi quale l'aula basilicale, l'ottagona delle terme - strutturalmente la più conservata delle sale e dove le murature perimetrali abbastanza alte consentono addirittura un consolidamento ricostruttivo dei nicchioni radiali con le loro calotte di copertura - e taluna delle più vaste sale di rappresentanza. Con le pareti e le colonne (di quest'ultime si è proceduto all'anastilosi, restituendole alla funzione di elemento statico alle moderne coperture fatte di materiali plastici trasparenti che danno all'occhio l'immediato distacco con l'antico) sono crollate le vòlte e le conche absidali delle grandi sale già ornate a mosaico da paste vitree.
Se della decorazione interna non si colgono più per quello che era l'alzato della villa che pallidi avanzi pittorici o le testimonianze rese dallo scavo, rimasta pressoché intatta in situ è la policroma decorazione delle pavimentazioni. Tolta l'aula basilicale, su cui si stendeva un marmoreo lithòstroton a intarsi di lastre marmoree per larghi tratti conservato, tutti gli ambienti sono pavimentati a mosaico, che raggiungeva uno sviluppo complessivo di 3.500 m2. Sono in genere mosaici ottimamente conservati, in parte geometrici e fondati su quei partiti decorativi largamente usati fin dal III sec. d. C., ma per lo più figurati.
Per rendere più chiara la descrizione dei mosaici figurati della villa, ne diamo qui di seguito l'elenco raggruppandoli per motivi e soggetti:
1. - Motivi decorativi. - Rientrano in questo genere: a) quei medaglioni figurati con symplegma, busti di stagioni, maschere teatrali, uccelli e pesci, che ravvivano alcuni dei mosaici geometrici.
b) Mosaico delle "protomi" (portici del peristilio, 7). Presenta entro tondi a festoni d'alloro, compresi in un partito geometrico di quadrati, busti e teste di animali, secondo il gusto e l'iconografia già noti per altri mosaici dell'Africa settentrionale.
c) Mosaico dell'"acanto" (portici dello xystus, 23). Conservato per lo più nell'ambulacro antistante all'aula triloba, è basato su una successione di piante d'acanto, le cui girali si animano di avancorpi di animali e di figure di palmipedi e di uccelli e di fiori stellari. Trova anch'esso esempi in mosaici africani.
2. - Motivi realistici. - Questo genere di motivi è rappresentato negli ambienti della villa con scene di vita reale, di gare, di cacce, ed è quello che si presenta maggiormente ricco di figurazioni insolite e di grandissimo interesse per la vita ed il costume dell'epoca.
a) Mosaico dell'Adventus (vestibolo del peristilio). Nel quadro, assai frammentato, che appare come un grande èmblema al centro di un motivo geometrico, due teorie di personaggi distribuite su registri porgevano il saluto per l'adventus acclamando ed agitando lumi e verdi fronde.
b) Mosaico delle "Danze" (sala a N del peristilio, 8). Vi si riconoscono, pur nelle gravi lacune, sei coppie di giovani intente nelle evoluzioni di una danza, in cui le giovinette vengono sollevate da terra dai giovani.
c) Mosaico della "Dama e figli" (ambiente di accesso alle Terme dal peristilio, 2). La dama avvia al bagno i suoi due ragazzi accompagnata da due ancelle. Caratteristico il tipo di acconciatura della dama con la piega dei capelli dal collo ricondotta sul capo secondo la foggia che si incontra già in età gallienica ed è in uso sino alla metà del sec. IV e oltre.
d) Mosaico delle mutationes vestis (nicchioni dell'ottagona, 4). Nell'una delle due lunette più conservata è la rappresentazione di un giovinetto che inizia a vestirsi, assistito da due ministri; nell'altra quella di una figura che, toltasi la lunga tunica superiore, appare nella ricca tunica interiore, ornata di clavi, orbicoli e segmenta (il mosaico è alquanto più recente ed è stato sovrapposto ad altro, frammentato, avente una scena analoga in cui la figura appare di ragazzina).
e) Mosaico dell'alepterion (5). Un personaggio virile pratica il massaggio e le frizioni con l'intervento di quattro servi, di cui i due inferiori recano sul bianco perizoma il nome tite e cassi: caratteristico l'alto copricapo conico dell'ultimo ministro. Le figure superiori sono deturpate da restauri medievali.
f) Mosaico delle "coronariae e ragazzini cacciatori" (cubicolo N dell'appartamento privato meridionale, 20). Nell'esedra sono scene di raccolta di rose e di intreccio di ghirlande per opera di due giovinette coronariae. Nell'aula, sono rappresentati, su tre registri, episodî di ragazzini cacciatori alle prese con la lepre ed il caprone, con l'anatra ed il pavone o soggiacenti alla reazione del grosso topo o del gallo su uno sfondo neutro campito da rami frugiferi.
g) Mosaico delle "coronariae e dei cori ed attori" (cubicolo opposto, 22). Nell'esedra due fanciulle intrecciano ghirlande al piede di un alberello, fra i cui rami biforcuti campeggia una grande foglia d'edera. Nell'aula antistante, sotto un grande tavolo con premi (corone gemmate, rami di palma e sacchetti di danaro) su tre registri si succedono gare di musica, della commedia, della tragedia, e di declamazioni poetiche.
h) Mosaico della lampadedromia (tepidarium delle Terme, 6). Se ne conservano alcuni frammenti, nei quali si riconoscono figure di cursores con fiaccola e grande scudo, probabilmente in azione in un ippodromo, e i resti di un tubicine e di un personaggio ampiamente ammantato a lui vicino: assisteva alla corsa anche un ragazzino sulla testimonianza del frammento rimasto.
i) Mosaico delle "Gare del Circo" (palestra delle Terme, 3). Nell'arena del Circo, probabilmente il Circo Massimo, attorno alla spina ornata dell'obelisco, della statua della Magna Mater e delle altre edicole, sta terminando un missus di un certamen binarum al segnale del tubicine, che è al fianco del magistrato già pronto con la palma a premiare l'auriga prasinus vincitore. Dai carceres irrompono intanto nell'arena al gran galoppo le quadrighe delle quattro fazioni per un nuovo missus. Dai pulvinaria a lato dell'arco onorario prospettante sulla meta prima assistono alle gare due gruppi di personaggi. Nella lunetta oltre i carceres, forse per un'indicazione di ambiente e di tempo della celebrazione delle gare, sono rappresentati in disposizione piramidale tre templi, quello di Roma al vertice e quelli di Iuppiter ed Hercules in basso; nel campo antistante ai templi attendono ai preparativi per la corsa due aurighi.
l) Mosaico del "piccolo circo" (vestibolo alla stanza dei "cori ed attori", 21). Può altrimenti essere inteso come l'allegoria delle stagioni questo mosaico ambientato in un piccolo circo con spina e metae, ove gareggiano quattro bighe trainate da coppie di uccelli, ciascuna nel piumaggio del colore d'una fazione, e governate da ragazzini aurighi.
m) Mosaico delle "Dieci Ragazze" (stanza a S sul peristilio, 12). La composizione, distribuita su due registri, presenta nove giovinette in succinto costume ("bikini") il subligar e la fascia al seno, intente in esercizî sul prato della palestra o reggenti il premio della vittoria o in atto di riceverlo dall'ultima ragazza, che, in veste di agonothètes, è chiusa nel manto. Il mosaico, che si sovrappose ad un precedente geometrico e pertanto fu creato in un secondo tempo, è stato altrimenti inteso come rappresentazione di spettacoli in acqua o "tetimimi" (v.) celebrati nella colymbetra dei teatri.
n) Mosaico della "Piccola caccia" (diaeta a N del peristilio, 11). Il grande quadro, in cui permane una eco della tradizione ellenistica nella sua versione provinciale-occidentale, avvertibile nella resa delle piante e in alcune notazioni degli orizzonti, è la risultante di una serie di episodî aneddotici sviluppati più o meno su registri attorno a due scene centrali, il sacrificio e il banchetto; questo occupa gran parte del campo centrale del mosaico. È questa la colazione all'aperto, sotto la tenda distesa tra gli alberi sullo stibadium a sigma, dei cacciatori assistiti da dapiferi e cucinieri. Nei due registri superiori si succedono: l'avvio alla caccia dei cani e il loro inseguimento alla volpe; il sacrificio del capo della battuta venatoria sull'altare ardente di Artemide Agrotera mentre due servi avanzano portando a spalla il bastone su cui è appeso il cinghiale stretto tra le maglie della rete e, sulla destra, un barbuto cacciatore che soppesa nella mano la lepre catturata. Nei due piani alla sinistra della colazione sono presentati l'uccellagione dei tordi da parte di due cacciatori forniti del fascio di panie e del falcone e la fuga della volpe, ormai raggiunta dal segugio, entro un anfratto roccioso. In quelli a destra figurano invece i due cani messi sulle piste della lepre dal battitore che sbuca fuori dal cespuglio e l'uccisione della lepre acquattata nella macchia al piede dell'albero da parte del cavaliere che l'ha raggiunta. Nella fascia inferiore si succedono i due episodî della cattura con la rete dei cervi sospinti dai cavalieri e della caccia al cinghiale.
o) Mosaico della "Grande caccia" (corridoio antistante l'aula basilicale, 14). Nella composizione, insolita per grandiosità, con molte figurazioni che appaiono appositamente inventate per essa, gli episodî narrativi convergono simmetricamente dalle ali verso il centro, compresi tra le lunette estreme ove sono le personificazioni di due Province, a un estremo l'Africa (o secondo alcuni l'Egitto) nell'aspetto di donna negra assisa reggente la zanna d'avorio e fiancheggiata dall'elefante, dalla tigre e dalla fenice che risorge nel suo nido in fiamme, e nell'altro estremo forse la Mauretania (o l'Armenia) nella frammentaria figura muliebre in tunica stretta alla vita da una cintura gemmata, stante con l'asta, ai cui lati giacevano il leone e la pantera. Tra gli episodî di cacce e di catture degli animali selvatici vivi con gli accorgimenti teorizzati sin dal sec. II d. C. nel trattato venatorio di Oppianus figurano: a sinistra, cattura delle pantere con la trappola avente per esca il capretto; cattura del cavallo selvatico col laccio di cui sono armati i cavalieri; caccia al cinghiale tra il brado della palude; a destra, attacco di un cacciatore con l'asta all'alato grifone posato su una gabbia tra le cui sbarre appare un volto umano; cattura dei tigrottini che il cavaliere rapitore, approfittando dell'assenza della tigre, tiene in grembo affrettandosi a raggiungere a galoppo l'imbarcazione che l'attende; caccia al leone e alla leonessa con il venabulum da parte dei cacciatori protetti da scudi. Nei secondi piani, conclusi dalle linee ondulate e collinose degli orizzonti con casolari ed alberi, si svolgono in genere lotte di animali (felini contro antilopi e capri selvatici; leone contro onagro) e le stragi dei capridi. Alle catture degli animali succedono i loro trasporti in grosse gabbie trainate su carri o portate a spalla da servi, quando le bestie legate non sono sospinte direttamente all'imbarco sui velieri (quello di destra, rifatto, fa pensare al secondo venticinquennio del V sec.) in sosta nelle acque pescose. Spicca per un voluto isolamento nella composizione il gruppo dell'anziano signore (pressoché concordemente ritenuto il proprietario della villa) chiuso nell'ornato paludamento, appoggiato all'alto bastone con presa a fungo, coperto il capo del pileus pannonicus, e dei due armati che lo scortano. Al centro della composizione, dalle navi ormai giunte al porto di destinazione, sono scaricate le prede sotto la sorveglianza di funzionarî ammantati, caratterizzati anch'essi dal basso copricapo cilindrico e da più corti bastoni a fungo. La rappresentazione evidentemente illustra le varie fasi dell'attività di quella organizzazione che, sotto il controllo imperiale, procurava le bestie per le venationes degli anfiteatri che trovano così ricca documentazione nei mosaici africani.
3. - Motivi idilliaci. - Vi figurano: il mosaico degli "Eroti in vigna", quello del "Trasporto e della pigiatura delle uve" (oeci settentrionali dello xystus, 24 e 25), ed i mosaici (in quattro redazioni presenti nei due oeci a S dello xystus; 26 e 27, in una stanza a N del peristilio, 9, nell'atrio a semicerchio dell'appartamento privato meridionale, 17) degli "Amorini pescatori" su scogli e su navigli ornati in uno sfondo di edifici marittimi a portici ed esedre tra padiglioni rettangolari e rotondi.
4. - Motivi epico-mitologici. - Comprendono, come il genere realistico, alcune delle composizioni più grandiose del repertorio musivo presente nella villa.
a) Mosaico dell'"Ulisse e Polifemo" (vestibolo dell'appartamento settentrionale, 15). È l'illustrazione del libro ix dell'Odissea: Ulisse, assecondato da due compagni, porge a Polifemo, seduto su un masso entro il nero antro con un capretto sventrato sul ginocchio, la coppa dell'inebriante liquore.
b) Mosaico di "Arione" (diaeta dell'appartamento meridionale, 18). Il vate di Metimna è trasportato, mentre accompagna il canto sulla lyra, dal delfino tra la folla degli esseri e dei mostri marini sulle onde del mare, che Oceano (dalla lunetta absidale) alimenta.
c) Mosaico di "Orfeo" (diaeta a 8 del peristilio, 13). Il cantore trace, seduto al piede di un albero, canta accompagnandosi sulla lyra eptacorde, ed in ascolto sono gli animali e gli uccelli, che si succedono in genere su una composizione a registri.
d) Mosaico di "Eros e Pan" (vestibolo N dell'appartamento meridionale, 19). La lotta di Eros e Pan si svolge davanti al grande tavolo con premi (quattro corone gemmate e palme) e ad essa assistono, a sinistra, personaggi del tiaso bacchico e a destra un gruppo di tre figure muliebri e di due ragazzini, che si avvicinano ad Eros.
e) Mosaico del "Tiaso marino" (ottagona delle Terme, 4). A cerchio si snoda la teoria delle nereidi, dei tritoni, dei centauri e degli animali marini attorno a quattro navigli centrali governati da eroti.
f) Mosaici di "Dafne" e "Ciparisso"; di "Esione" ed "Endimione" (fasce dell'aula triloba, 28).
g) Mosaico delle "Fatiche di Ercole" (aula triloba, 28). La grande composizione, guasta lungo la fascia dell'ingresso, presenta i mostri domati dall'eroe dorico. La statica, cui sarebbe andato soggetto il quadro in una ordinata presentazione degli àthloi, è invece stata superata particolarmente dalla movimentata presenza per tutta la scena e dall'arditezza delle pose delle cavalle di Diomede e dei cavalieri Bistoni caduti o rotolanti dalle loro cavalcature.
h) Mosaico dei "Giganti vinti" (abside E dell'aula triloba, 28). Cinque poderosi giganti, i quattro laterali anguipedi, nei quali si riflette ancora la tradizione dell'arte pergamena filtrata attraverso i centri di produzione provinciale, con scorci violenti e con disperati atteggiamenti soccombono sotto i colpi delle frecce erculee.
i) Mosaico dell'"apoteosi di Ercole" (abside N dell'aula triloba, 28). Ercole davanti all'albero dagli aurei pomi è incoronato d'alloro evidentemente da Giove, mentre ai lati giacciono inginocchiati a sinistra un vinto e a destra la personificazione di un fiume.
l) Mosaico della "Licurgia" (abside S dell'aula triloba, 28). La composizione, che riflette una megalografia ellenistica, presenta Licurgo (v.), furente contro Ambrosia, in gran parte già avviluppato dai tralci generati dalla ninfa che sta trasformandosi in vite. Da sinistra intervengono in soccorso di Ambrosia tre menadi e la pantera, e dal fondo e da destra accorrono Dioniso ed il suo tiaso (v. vol. iv, fig. 735).
Se non è controversa l'attribuzione di questo imponente complesso di mosaici, per gran parte così estranei ai comuni repertori dell'artigianato musivo fuori del territorio provinciale africano, alla fase artistica del tardo Impero, discordanti riescono invece i limiti loro assegnati entro detto periodo. Dalla datazione all'età tetrarchica (fine III-inizî IV sec. d. C.), cui sembrano convenire alcuni caratteri, ed alla quale rimandano, ancorché scarse, le ceramiche e le monete raccolte, in più tratti, sotto i mosaici, si scende alla seconda metà del IV sec. (o addirittura agli inizî del successivo). Le diverse attribuzioni cronologiche portano ovviamente ad avanzare disparate ipotesi sull'appartenenza della villa a questo o a quel personaggio di rilievo nel momento storico considerato (Massimiano Erculio, ipotesi sostenuta dalla somiglianza del signore della villa con uno degli Augusti del gruppo porfirico nella piazza di S. Marco a Venezia posto che questi siano tetrarchici; gens Sabucia per ragioni toponomastiche; Claudius Maniertinus; Nicomachus Flavianos iunior). Ma, a meno di qualche trovamento epigrafico, tutte queste ipotesi non possono raggiungere alcuna base sicura.
Una eco della decorazione scultorea che si associava alle architetture della villa è rappresentata dalla mutua copia dell'Apollo Liceo di Prassitele, dalla statuina di putto, da due frammentati torsi virili ignudi, da una testina di giovanetto e da una grande testa forse di Ercole imberbe, oltre a minori frammenti statuarî, tra cui è presente qualche elemento panneggiato. Alla precedente costruzione del primo Impero, le cui vestigia si sono incontrate dal corridoio della "Grande caccia" alla palestra delle Terme e nello xystus, vanno assegnate, assieme a capitelli d'anta riutilizzati, due teste ritratto, l'una virile di tipo giulio-claudio e l'altra muliebre di età flavia.
Bibl.: G. V. Gentili, in Not. Scavi, IV, 1951, p. 332 ss. (ivi bibliografia precedente); B. Pace, in Rend. Accad. Lincei, Classe di Scienze morali, V, 1951; G. V. Gentili, in Boll. d'Arte, 1952, p. 33 ss.; H. P. L'Orange-E. Dyggve, in Symbolae Osloenses, fasc. XXIX, 1952, p. 114; H. P. L'Orange, Aquileja e P. A., in Studi Aquileiesi, Aquileja 1953, p. 185 ss.; S. Mazzarino, Sull'otium di M. Erculeo dopo l'abdicazione, in Rendic. Lincei, 1953, p. 417 ss.; B. Pace, I mosaici di Piazza Armerina, Roma 1955; H. P. L'Orange, in Late Class. and Medieval Studies in Honor of A. M. Friend, 1955, p. 13 ss.; id., in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, Milano 1956, p. 593 ss.; G. Giannelli-S. Mazzarino, Trattato di storia romana, vol. II, Roma 1956, pp. 417-578, nota 2; G. V. Gentili, La villa imperiale di P. A. (Itinerari di musei e monumenti d'Italia), Roma 1956; id., in Boll. d'Arte, 1957, p. 23 ss.; id., La Villa erculia di Piazza Armerina. I mosaici figurati, Roma 1959; G. Manganaro, in Arch. Class., XI, 1959, p. 242 ss.; G. Ch. Picard, Mïosaques fricaines du III siècle ap. J. C., in Revue Arch., 1960, II, p. 38; N. Duval, Que savons-nous du palais de Théodoric à Ravenne?, in Mélanges d'Archéol. et d'Hist., LXXII, 1960, p. 370; M. Cagiano de Azevedo, I proprietari della Villa di P. A., in Scritti in onore di M. Salmi, Roma 1961; A. Ragona, Un sicuro punto di partenza per la datazione dei mosaici della villa romana di P. A., Caltagirone 1961; id., Il proprietario della Villa Romana di Piazza Armerina, Caltagirone 1962; J. Lavin, The House of the Lord, ecc., in The Art bulletin, marzo 1962, p. i ss.; per Philosophiana: D. Adamesteanu, in Rend. Accad. Lincei, 1955, p. 199 ss.; id., in Boll. d'Arte, 1956, p. 158 ss.; A. Carandini, in Studi Miscellanei dell'Istituto di Archeologia, 7, Roma 1964.