piante C4
Specie vegetali – mais, canna da zucchero e alcune dicotiledoni come l’Amaranthus – in cui il primo prodotto stabile formato a seguito della organicazione della CO2, è un acido organico a quattro atomi di carbonio. Questa via metabolica alternativa venne identificata negli anni Sessanta del secolo scorso, e tali piante furono chiamate C4 e il loro metabolismo fotosintetico è denominato fotosintesi C4 e viene considerato come un particolare adattamento a specifiche condizioni ambientali. Alle alte temperature, infatti, l’attività ossigenasica della Rubisco di una tipica C3 è favorita rispetto all’attività carbossilante, diminuendo quindi l’efficienza della fotosintesi; in altre parole aumenta il rapporto tra carbonio consumato nella fotorespirazione e quello fissato tramite la fotosintesi. Alle alte temperature, inoltre, l’umidità relativa dell’atmosfera diminuisce comportando un aumento del vapore acqueo traspirato dalle foglie; le piante possono allora reagire riducendo la conduttanza stomatica, ma ciò causa una minore disponibilità di CO2 per la fotosintesi. In questi stessi ambienti caldi e tendenzialmente aridi, le piante C4 sono mirabilmente adattate, sia anatomicamente sia biochimicamente, per ridurre la perdita di acqua e aumentare l’efficienza fotosintetica. Esse, infatti, concentrano la CO2 nelle cellule della guaina del fascio, dove è localizzata la Rubisco, diminuendo fortemente, se non annullando, l’attività ossigenasica dell’enzima e quindi la risultante fotorespirazione. La fissazione della CO2 nella C4 si realizza mediante una complessa interazione tra le cellule del mesofillo e le cellule della guaina del fascio. L’iniziale carbossilazione avviene nelle cellule del mesofillo a opera della PEP carbossilasi che converte il PEP (fosfoelpiruvato) in ossalacetato (l’acido C4). Quest’ultimo viene trasferito nelle cellule della guaina del fascio dove rilascia la CO2 che verrà rifissata mediante un ciclo di Calvin del tutto simile a quello delle piante C3.