Garrel, Philippe
Regista, sceneggiatore e attore cinematografico francese, nato a Parigi il 6 aprile 1948. Fedele allo spirito della sua generazione, legata agli eventi del Sessantotto, G. ne ha costantemente filmato tensioni ideali ed esistenziali, lasciando trasparire nella sua opera significative tracce di autobiografismo. A partire dagli anni Settanta, ha posto al centro dei suoi film eventi e personaggi appartenenti al proprio vissuto biografico, familiare o sentimentale, come la sua relazione con la cantante rock Nico che ha ispirato il particolare tema ossessivo della sua opera, ossia il rapporto tra poeta e musa, pittore e modella. Egli ha così composto il ritratto sofferto e intenso di un'affezione amorosa per riviverla e modificarla, mantenendola luttuosamente in vita attraverso la finzione cinematografica. Nel 1991 ha vinto alla Mostra del cinema di Venezia il Leone d'argento per J'entends plus la guitare.
Figlio dell'attore Maurice, realizzò il suo primo film all'età di quattordici anni: Une plume pour Carole (1962), storia d'amore girata in bianco e nero, senza sonoro. Nel 1970 decise di distruggerlo, attuando in questo modo una sorta di autocensura, poi ripetuta nell'ambito della sua filmografia. A sedici anni diresse Les enfants désaccordés (1964), storia di un gruppo di adolescenti che lascia la famiglia per rifugiarsi in una reggia abbandonata; nel film senso di minaccia ed ebbrezza adolescenziale si scontrano, lasciando presagire i sentimenti di disillusione e la violenza che sarebbero poi emersi all'indomani del 1968. L'anno successivo realizzò Droit de visite (1965), la giornata di un adolescente in gita con il padre e la sua nuova compagna. Anémone, un lavoro televisivo girato nel 1966-67, fu rifiutato dalla televisione francese, ma G. riuscì a sottrarre alla produzione una copia del film, che sarebbe poi stato proiettato nel 1968 per una settimana in un cinema parigino e, in seguito, alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro (1970). Nel 1968 fu la volta di Marie pour mémoire in cui gli adolescenti hanno qualche anno in più e la tensione aumenta in modo esponenziale, al punto che una ragazza è anche affetta da gravidanza isterica.
Sono gli anni della sua sperimentazione artistica: nel 1968 G. girò La concentration, con Jean-Pierre Léaud, e si spostò in Germania per realizzare Le révélateur; l'anno successivo realizzò Le lit de la vièrge, interpretato da Pierre Clémenti. Durante le riprese a Roma, G. incontrò Nico (nome d'arte di Christa Pffagen), chanteuse nel gruppo rock Velvet Underground e diva della factory di Andy Warhol. I due diedero vita a una relazione sentimentale e artistica che avrebbe segnato le successive opere del regista. La cicatrice intérieure (1971), Athanor (1972), Les hautes solitudes (1973), Un ange passe (1975), Le berceau de cristal (1976), Voyage au jardin des morts (1978), Le bleu des origines (1979) sono film dedicati alla 'musa ispiratrice', ma anche agli amici pittori (Frédéric Pardo in Le berceau de cristal) e al padre attore (Un ange passe). Realizzati con pochi soldi, rappresentano il lato più ermetico e sconosciuto della sua filmografia, sorta di diario cinematografico sospeso tra metafora e confessione autobiografica; ancora oggi ‒ ennesima autocensura ‒ G. non permette la proiezione di alcuni di essi, a causa del loro carattere dichiaratamente intimo.
Terminato il sodalizio sentimentale con Nico sul finire degli anni Settanta, G. ha realizzato L'enfant secret (1982, iniziato nel 1979), cominciando, con questo film, a ricostruire il suo passato per metterlo in scena in una specie di autoanalisi. Da L'enfant secret fino a Sauvage innocence (2001, girato con la fotografia in bianco e nero di Raoul Coutard, scelta che indica la volontà di mantenersi fedele allo stile originario della Nouvelle vague), il regista si è mosso a ritroso per rivivere alcuni istanti del suo passato e meglio comprenderli. In questo senso, egli fa parte di quella schiera di cineasti che, come Jean-Luc Godard, per dirla con lo stesso G. 'mancano d'immaginazione', nel senso che preferiscono la riflessione, l'analisi di un gesto e di un sentimento, alla mera fantasticheria (cineasti di cui ha schizzato l'ennesimo ritratto generazionale in Les ministères de l'art, 1988). Con la sua opera G. ha quindi cercato di raggiungere instancabilmente i risultati di una libera ricostruzione autobiografica a costo di mille sacrifici, privazioni, incomprensioni, isolamento e solitudine: Liberté, la nuit (1983), Rue Fontaine (episodio del film collettivo Paris vu par… vingt ans après, 1984), Elle a passé tant d'heures sous les sunlights (1985), Les baisers de secours (1989), J'entends plus la guitare (1991), La naissance de l'amour (1993), Le cœur fantôme (1996), Le vent de la nuit (1999), Sauvage innocence (2001) costituiscono le tappe di un percorso politico-esistenziale (e per questo, d'autore) volto a cristallizzare, in maniera dolorosa, un moderno discorso amoroso.
Nel 1992 G. ha pubblicato in collaborazione con T. Lescure una raccolta di saggi con un'intervista da lui rilasciata dal titolo Un caméra au place du cœur.
Philippe Garrel, éd. G. Courant, Paris 1983.
G. Deleuze, L'image-temps, Paris 1985 (trad. it. Milano 1989, pp. 189 e segg., pp. 221 e segg.).
Philippe Garrel, éd. J. Deniel, Dunkerque 1986.
Philippe Garrel, a cura di S. Della Casa, R. Turigliatto, Torino 1994.