Glass, Philip
Compositore statunitense, nato a Baltimora il 31 gennaio 1937. Ha collaborato costantemente con registi teatrali e cinematografici e con coreografi, trasferendo nei lavori teatrali e nelle colonne sonore per il cinema le risorse drammatiche scoperte nella musica strumentale e in particolare l'effetto quasi ipnotico dei procedimenti compositivi da lui elaborati.
Studiò all'università di Chicago e successivamente alla Juillard School di New York, con V. Persichetti e W. Bergsma, perfezionandosi a Parigi, con N. Boulanger e D. Milhaud. Sempre a Parigi, dove iniziò a studiare la musica africana, avvenne l'incontro decisivo con R. Shankar, dal quale imparò a strutturare la composizione per cicli ritmici, come in molta musica orientale, maturando inoltre un approccio complessivo alle sonorità indiane e a quelle della musica africana. Ritornato a New York nel 1967, dopo un lungo viaggio attraverso Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan e India, mentre si guadagnava da vivere con i mestieri più diversi, G. prese le distanze dal serialismo e si avvicinò all'indirizzo minimalista, come dimostrano i lavori strumentali della fine degli anni Sessanta, caratterizzati dall'impiego di sovrapposizioni e sfasamenti di strutture ritmiche, dalla reiterazione ostinata di piccole cellule base che, pur nella sostanziale assenza di sviluppo nel senso tradizionale del termine, subiscono nel corso del brano variazioni 'minimali', con addizione o sottrazione di note, slittamenti di accenti e mutamenti pressoché impercettibili della pulsazione. Tra i fondatori del Mabou Mines Theater, compose negli anni Sessanta e Settanta le musiche di scena per diversi spettacoli, ma si impose all'attenzione della critica con Einstein on the beach (1976, scritto per lo spettacolo omonimo diretto da Robert Wilson, come molti dei lavori successivi), prima parte di una trilogia operistica dedicata a grandi personaggi della scienza, della politica e della religione, che G. avrebbe completato nel decennio seguente con Satyagraha (1980, su M.K. Gandhi) e Akhnaten (1984, sul faraone Amenofi IV). Mentre il successo premiava anche la sua produzione discografica, G. proseguiva l'esplorazione dei generi teatrali con alcune opere di contenuto letterario (The Juniper tree, 1984; The making of the representative for Planet 8, 1986), lavori per la danza come A descent into the Maelstrom (1985), opere multimediali come The civil wars (1984, su commissione del Teatro dell'Opera di Roma) e Monsters of grace (1998), entrambe ancora in collaborazione con Wilson.
I lavori di G. per il cinema si pongono in assoluta continuità con queste opere, tanto da rendere problematica l'individuazione di una vera e propria linea di demarcazione tra produzioni teatrali multimediali, che fanno anche ricorso al video e al cinema, e colonne sonore in un senso più tradizionale. Tra le prime bisogna ricordare la trilogia dedicata a Jean Cocteau, Orphée (1993), La Belle et la bête (1994) e Les enfants terribles (1996), in cui i tre film del regista francese diventano 'libretti' di altrettante opere multimediali. Tra le colonne sonore vere e proprie va anzitutto menzionata quella che G. ha composto per Koyaanisqatsi (1983), film d'esordio di Godfrey Reggio in cui le musiche, con l'alternanza tra brani in crescendo di impianto minimalistico e atmosfere meditative affidate al coro e all'organo, riprendono e sostengono il motivo della collisione tra sviluppo tecnologico e ambiente naturale, su cui si impernia il flusso, ora rallentato ora accelerato, delle immagini. Il sodalizio con Reggio è proseguito, sulla base dello stesso metodo di lavoro, con Powaqqatsi (1988), film in cui lo sguardo del regista si focalizza sulle culture millenarie minacciate dalla modernizzazione, Anima mundi (1992) e Naqoyqatsi (2002), opera che chiude la trilogia iniziata vent'anni prima con una nuova riflessione sul rischio tecnologico, cui fa questa volta da contraltare una colonna sonora suddivisa in tre parti, realizzata con la collaborazione del violoncellista Yo-Yo Ma. G. ha ottenuto risultati di rilievo componendo anche per film di impianto narrativo, in particolare le musiche di Mishima: a life in four chapters (1985; Mishima) di Paul Schrader, ancora improntate al minimalismo ma capaci di aderire alle varie fasi del racconto, le partiture di Hamburger hill (1987; Hamburger hill ‒ Collina 937), film di guerra di John Irvin, e di Candyman (1992; Candyman ‒ Terrore dietro lo specchio), moderno racconto gotico di Bernard Rose, e soprattutto la colonna sonora di Kundun (1998) di Martin Scorsese, basata sulla combinazione di strumenti della musica occidentale e di quella orientale, per la quale ha ottenuto una nomination all'Oscar. Dopo la meno felice collaborazione a The Truman show (1998) di Peter Weir, è tornato a comporre su ispirazione di un classico del cinema, scegliendo questa volta il Dracula (1931) di Tod Browning, ed è stato poi autore della colonna sonora dagli accenti melodrammatici di The hours (2002) di Stephen Daldry.Nel 1983 Peter Greenaway gli ha dedicato uno dei documentari della serie Four American composers (Quattro compositori americani). Nel 1987, insieme a R.T. Jones, G. ha scritto Music by Philip Glass (trad. it. 1993).
Writings on Glass ‒ Essays, interviews, criticism, ed. R. Kostelanetz, New York 1997.