Petronio: il Satyricon come labirinto del racconto
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Al nome di Petronio è legata una delle opere più sorprendenti dell’Antichità, il Satyricon. Caratterizzato da elementi di incertezza – l’identità dell’autore, la cronologia ed altri aspetti della tradizione del testo – sfugge anche ad una rigida classificazione di genere. Con il Satyricon ci troviamo di fronte a un frammento di narrazione nel quale, come in un labirinto, si moltiplicano i registri e le forme del racconto: il tutto in un gioco letterario condotto da Petronio con formidabile ironia.
Il Satyricon, tra le opere della letteratura latina, colpisce il lettore moderno per una pluralità di aspetti: la rappresentazione straordinariamente realistica di un mondo pieno di aberrazioni e bassezze, la presenza costante di un eros tutt’altro che idealizzato, un turbine di personaggi e situazioni a dir poco grottesche. Un’opera “irregolare”, che l’antichità ci ha consegnato non soltanto in modo frammentario – non ci resta che una parte molto limitata rispetto all’estensione originaria –, ma anche circondata da numerosi tratti di incertezza e problemi irrisolti.
Il primo “enigma” del Satyricon è l’identità stessa dell’autore: la critica oggi tende a sovrapporre storicamente il Petronius Arbiter indicato dai codici al Gaio Petronio di cui parla Tacito nel XV libro degli Annales. L’elegantiae arbiter della corte neroniana è ritratto come un personaggio culturalmente influente, raffinato, anticonformista; fuori dagli schemi, tanto nello stile di vita, quanto nel modo dissacrante di affrontare il suicidio impostogli da Nerone, sembra davvero il candidato ideale per l’identificazione con l’autore del Satyricon: uno scrittore colto che gioca con gli aspetti più bassi e sordidi della vita, ma sempre con un mirabile, elegante distacco.
Enigmatico anche il titolo dell’opera, tramandato nei codici in forme diverse che si ricollegano sia alla satira, sia ai licenziosi satiri della mitologia greca.
Problematico è poi tentare di definire il genere letterario: si parla del Satyricon come di “romanzo”, usando però un termine moderno, che non ha un vero corrispettivo nella letteratura antica. L’elemento romanzesco del Satyricon, fatto di avventure e peripezie, costituisce una grande cornice narrativa, all’interno della quale c’è però spazio per molto altro. Più che un genere unitario è possibile individuare un intreccio di modelli: vi è il filone delle novelle a tema erotico o grottesco, che riprendono la tradizione della fabula milesia; abbiamo l’inserimento di parti in versi nella narrazione in prosa, tipico della satira menippea; ma soprattutto si impone il gioco della ripresa parodica di generi seri come l’epica e il romanzo ellenistico.
Ambientato inizialmente in una città greca dell’Italia meridionale, il frammento superstite racconta le avventure del giovane Encolpio, che è anche il narratore, e di altri personaggi a lui legati in diversi modi: tra questi l’efebo Gitone, oggetto da parte di Encolpio di un desiderio erotico perennemente frustrato, spesso a causa della presenza di un “terzo incomodo”, rappresentato prima da Ascilto, in seguito dall’anziano poeta Eumolpo. La coppia Encolpio-Gitone sembra parodiare il modello del romanzo ellenistico, proponendone un radicale rovesciamento dei contenuti: non un giovane e una giovane innamorati, che affrontano infinite peripezie prima di ricongiungersi e di unirsi in matrimonio, ma una coppia omosessuale, la cui relazione si basa su dinamiche antitetiche rispetto ai valori di fedeltà e castità incarnati dai personaggi dei romanzi greci.
Ancor più espliciti i riferimenti all’Odissea, con riprese parodiche di singoli episodi, ma soprattutto per la struttura narrativa di base che ha il suo motore nel viaggio: i personaggi si spostano, talvolta senza una meta, fuggono, si smarriscono, incappano in tempeste, strani incontri e disavventure di ogni tipo. E se Odisseo è perseguitato dall’ira di Poseidone, Encolpio, per un qualche atto sacrilego compiuto in precedenza, è punito dal dio Priapo nell’ambito che più compete a questa divinità, quello sessuale.
Tra le peregrinazioni di Encolpio e della sua compagnia nei labirinti dei bassifondi cittadini c’è spazio anche per un singolare invito a cena: l’episodio noto come la cena di Trimalcione, dal nome del bizzarro ospite, occupa la parte più cospicua del testo conservato. Molti elementi rendono memorabile questa sezione del Satyricon, tanto da farne quasi un’opera a sé stante: la caratterizzazione del padrone di casa, un liberto arricchito che nell’ostentazione di uno sfarzo senza limiti rivela la propria natura rozza e volgare; la spettacolarità delle portate, un misto di eccesso, artificio, teatralità e scenografico cattivo gusto; le conversazioni tra i convitati, anch’essi liberti, che riecheggiano in un grottesco rovesciamento i dialoghi filosofici del Simposio platonico. Nella riproduzione mimetica della lingua quotidiana dei convitati di Trimalcione Petronio realizza un capolavoro di realismo unico nell’antichità.
Il Satyricon è un’opera estremamente ricca pur nella sua frammentarietà. L’elemento unificante risiede principalmente nel gusto del narrare: con fluidità e naturalezza, senza giudizi morali, ma con lo sguardo di chi conosce bene il mondo che racconta e può permettersi di trattarlo con disincantata ironia.