PESCA (XXVI, p. 922; App. I, p. 929; II, 11, p. 528)
Produzione e commercio. - Caratteri generali. - Benché abbia mantenuto le caratteristiche di economia distruttiva che le derivano dall'approvvigionarsi direttamente di risorse senza tener conto della loro ricostituzione, la p. ha assunto un carattere di attività assai complessa, integrata sia verticalmente sia orizzontalmente, che comporta un ampio impiego di forza lavoro e di capitali. Essa sollecita vieppiù, infatti, l'attività di numerosi settori industriali (cantieristico, meccanico, alimentare, chimico, farmaceutico, ecc.) oltre che prestazioni di servizi marittimo-portuali e commerciali e non manca, infine, d'imprimere indirettamente un vigoroso impulso alla ricerca scientifica e tecnologica, tesa soprattutto a un più razionale sfruttamento delle risorse ittiche e quindi al superamento dei condizionamenti tipici del settore.
La p. riveste, pertanto, un ruolo di primaria importanza nel complesso delle attività economiche. Le spinte verso una maggiore rilevanza della p. derivano, oltre che dalla maggior domanda di prodotti del mare da parte dell'industria, anche dal possibile contributo risolutivo che questi potrebbero dare al gravissimo problema della sottoalimentazione di gran parte dell'umanità.
È avvenuto così che, superato il periodo postbellico, durante il quale gli sforzi dei principali paesi furono indirizzati verso la ricostruzione e la riorganizzazione del settore, gravemente danneggiato dalla guerra, sulla fine degli anni Cinquanta si è avviata una ristrutturazione su base industriale favorita sia dal vigoroso sviluppo della tecnologia sia dall'espansione e dalla diversificazione della domanda. Sono stati così rivoluzionati i metodi di p. in uso da lunghi anni, determinando un progressivo abbandono della p. costiera, non più in grado di sostenere la concorrenza della p. d'altura e in misura ancor più rilevante della p. oceanica.
Esercitata con scarsi mezzi tecnici, in un braccio di mare che non va oltre i 15 km dalla costa, la p. costiera ha ritmi quotidiani e la sua produzione è direttamente commercializzata nel porto peschereccio dallo stesso pescatore. Mentre assai varie sono le specie di fauna ittica catturate con tale tipo di p., la quantità di pescato è modesta e comunque soggetta a notevoli oscillazioni. Ne risulta quindi una struttura produttiva obsoleta e non più consona alle esigenze di una moderna economia.
In posizione intermedia si pone la p. d'altura, o d'alto mare, che è esercitata stagionalmente da natanti attrezzati per una permanenza in mare superiore alla settimana, su fondali di circa 200 metri.
Condotta da natanti attrezzati per la navigazione oceanica ed equipaggiati con impianti per la conservazione e una prima lavorazione del pesce (non mancano però esempi di lavorazione a ciclo integrale), la p. oceanica, o grande p., infine, rappresenta il livello più alto di specializzazione raggiunto dall'attività peschereccia attraverso un largo impiego di mezzi tecnici e finanziari. Le flotte pescherecce oceaniche svolgono la loro attività là dove le condizioni ecologiche dell'idrosfera garantiscono i migliori risultati in ordine alla cattura di grandi quantitativi di pesce, solitamente di una sola specie: merluzzi o aringhe nei mari freddi, ovvero tonno nei mari caldi.
Un riscontro assai probante di un tale tipo di evoluzione sarebbe stato possibile esaminando i mutamenti intervenuti nella consistenza e nella tipologia della flotta peschereccia. Purtroppo a causa dei numerosi e differenti tipi di nave oltre che dei metodi statistici di rilevazione, basati su classificazioni assai varie da paese a paese, non è possibile presentare l'insieme della flotta peschereccia sotto forma di una tabella sinottica e procedere quindi a valide comparazioni temporali e spaziali. A solo titolo di esempio si rileva che la flotta da p. giapponese, la più consistente e tecnologicamente avanzata a livello mondiale, ha registrato un rapido incremento della stazza media del naviglio peschereccio essendo passata da 4,6 t nel 1963 a 6,1 t nel 1969, con un incremento del 33% in soli sei anni.
Le modificazioni strutturali che hanno investito il settore della p. e che, come in altri settori produttivi, muovono verso il "gigantismo", vanno ponendo alla comunità internazionale una serie di rilevanti problemi che al momento risultano ancora insoluti.
È evidente, infatti, che l'attività peschereccia, in quanto esercitata a scapito di risorse comuni, è per sua natura attività internazionale che rischia di creare contrasti d'interessi via via crescenti man mano che le flotte pescherecce si ampliano in dimensione e allargano il loro campo di azione, aumentando la concorrenza nei riguardi di risorse che risultano necessariamente sempre più limitate.
Si rende quindi necessaria una concertazione delle iniziative, non soltanto a livello locale o nazionale, ma soprattutto sul piano internazionale, in grado di conciliare sia i legittimi interessi dei singoli paesi e della collettività internazionale, sia la tutela del comune patrimonio di risorse marine e del più intenso e necessario sfruttamento delle stesse da parte di tutti. A tal proposito il problema più spinoso rimane la questione delle acque territoriali, la cui soluzione appare ancora lontana: la Terza conferenza internazionale dei mari, convocata, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, in prima sessione nel 1974, non ha ancora approdato a risultati concreti. Nel frattempo alcuni paesi hanno, unilateralmente, esteso il limite delle proprie acque territoriali (zona esclusiva di p.) fino alle 200 miglia marine, provocando in alcuni casi incidenti diplomatici anche di rilievo.
La mancata regolamentazione di tale questione tocca particolarmente l'Italia, paese che disponendo di una consistente flotta peschereccia, a causa dell'assoluta mancanza di "acque utili", ha estrema necessità di poter accedere ai grandi distretti di p. oceanica.
Altro problema di rilevante importanza, posto alla comunità internazionale che coinvolge e trascende al tempo stesso il settore economico della p., è costituito dalla sempre maggiore alterazione dell'equilibrio ecologico delle acque marine a causa delle crescenti fonti d'inquinamento chimico e biologico. Anche in questo caso solo il tempestivo e concertato concorso degli sforzi di ciascun componente della comunità internazionale potrà impedire un aggravamento dell'attuale situazione già notevolmente deteriorata.
La produzione mondiale. - Se si esclude la p. costiera, cui si dedicano praticamente lungo tutti i litorali delle terre emerse le popolazioni ivi insediate, l'attività peschereccia è attività esercitata in misura preponderante dai paesi economicamente sviluppati tra i quali spiccano per lunghissima tradizione quelli nordeuropei e il Giappone. A tale stato di cose non è certamente estranea l'evoluzione che ha caratterizzato l'economia mondiale in quest'ultimo quarto di secolo, per cui alcuni paesi si sono avviati verso un poderoso sviluppo economico mentre altri vivono la triste condizione del sottosviluppo. Infatti, l'elevato impiego di capitali e di capacità tecniche che comporta la p. d'altura e oceanica ha praticamente emarginato i paesi sottosviluppati ove, com'è noto, difettano sia i mezzi finanziari sia quelli tecnologici. Nel caso specifico, peraltro, non sono da trascurare i condizionamenti ambientali che, almeno per il passato, hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'attività peschereccia. Le condizioni ecologiche migliori per lo sviluppo della p. si ritrovano, infatti, nella fascia dell'emisfero boreale, compresa tra i 40 e i 70 gradi di latitudine, che interessa esclusivamente paesi a economia avanzata. In tale zona trovano le migliori condizioni di sviluppo il fitoplacton e lo zooplacton, essenziali per il ciclo nutritivo della fauna marina, grazie alla presenza di ampie zone di piattaforma continentale, ove fattori geografici, quali l'insolazione e la circolazione delle acque, condizionano favorevolmente gli elementi che caratterizzano i singoli ambienti ecologici marini.
Sulla base di quanto precede si comprende facilmente come nella suddetta porzione dell'idrosfera, che si può ulteriormente distinguere nelle due grandi aree atlantica e pacifica, si concentrino circa i due terzi del pescato mondiale, e come nel 1976 la quantità pescata da soli cinque paesi del gruppo delle nazioni industrializzate (Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia e URSS) rappresentassero circa i due quinti dell'intera produzione mondiale, contro il terzo del totale rappresentato da questi stessi paesi nel 1938.
Nell'area atlantica spicca il distretto di nord-est, che dall'Islanda si prolunga fino al Mediterraneo, e quello nord-occidentale accentrato intorno al Banco di Terranova. Nel Pacifico l'area nordorientale che dall'Alasca corre lungo le coste americane fino alla California e l'area nord-occidentale che dalla penisola di Camciatca, attraverso l'arcipelago giapponese e la penisola coreana, raggiunge l'Indocina.
È comunque interessante notare che va assumendo sempre maggior peso lo sfruttamento dei distretti di p. che interessano le regioni costiere dell'Africa di Sud-Ovest (Namibia) e della Patagonia, i litorali del Madagascar, della Tanzania e della Nuova Zelanda. Anche in questo caso tuttavia l'iniziativa è presa prevalentemente da flotte pescherecce di paesi industrializzati che la concorrenza nei distretti tradizionali ha spinto a superare i gravi limiti imposti dalla lontananza dei centri di consumo.
Resta comunque indubbio che, al di là delle disparità di apporto riscontrate, a livello di produzione mondiale, la quantità di pescato ha registrato dei progressi notevoli essendo più che raddoppiata dal 1955 al 1976. Progressi ancor più vistosi, ove si consideri che la quantità prodotta nel 1955 era ancora sostanzialmente ai livelli prebellici.
Scendendo nel dettaglio dell'apporto dei singoli paesi (tab.1) è interessante notare che, accanto ai tradizionali principali produttori ne sono venuti emergendo altri, i quali hanno occupato posizioni di tutto rispetto. Notevole a proposito è l'esempio del Perù e del Sudafrica. Quest'ultimo ha visto costantemente accrescere la propria quantità di pescato, sicché al momento risulta il principale produttore del continente africano. Assai più spettacolare l'ascesa del Perù che ha potuto sfruttare le favorevoli condizioni dei suoi mari, di modo che da una produzione praticamente irrisoria nel periodo prebellico, aveva raggiunto, sul finire degli anni Sessanta, il primo posto mondiale. Successivamente tuttavia esso ha visto ridimensionata la quantità prodotta a causa della fortissima concorrenza subita dalla sua produzione destinata in larghissima misura alla preparazione della farina di pesce. La produzione peruviana resta comunque la principale del sub-continente latino-americano.
Nel continente asiatico, accanto a quella tradizionale del Giappone, primo produttore mondiale nel 1976, si sono poste le produzioni della Rep. Pop. Cinese e dell'India. Quest'ultima in particolare ha quasi triplicato la sua produzione.
In Europa, ridimensionato l'apporto relativo del Regno Unito e della Francia, sono invece emerse le produzioni danese e spagnola che seguono quella della Norvegia, principale produttore del continente.
Notevolissima, infine, l'ascesa quantitativa della produzione sovietica, quasi quadruplicata nel ventennio 1955-76, che, con circa un sesto del pescato complessivo, è la seconda produzione in assoluto.
Utilizzazione e consumo. - In conseguenza dell'evoluzione dell'economia mondiale risulta profondamente modificata l'utilizzazione finale dei prodotti della p. (tab. 2). Complessivamente, mentre nel 1950 soltanto il 13% circa veniva destinato a usi esclusivamente industriali, nel 1976 questi rappresentavano quasi il 30% del totale. Nell'ambito della quota riservata all'alimentazione umana i progressi realizzati nella tecnologia della conservazione hanno determinato una contrazione successiva dell'impiego per preparazione di prodotti salati, essiccati, ecc., con conseguente accrescimento della quota destinata alla refrigerazione e alla conservazione mediante inscatolamento.
Con riguardo al ruolo riservato nella dieta alimentare vi è da constatare che, malgrado i notevoli progressi, il prodotto ittico rappresenta ancora soltanto il 5% dei consumi alimentari complessivi. I prodotti dalla p. stentano, infatti, a inserirsi stabilmente nelle abitudini alimentari dei vari paesi, e in alcuni di questi si assiste addirittura a un loro minore utilizzo. Tuttavia le statistiche (tab. 3) sembrano indicare che il consumo diretto pro capite è in aumento. Il miglioramento è più sensibile per il Portogallo, la Spagna e i paesi scandinavi, dove il pesce occupa già un posto importante nell'alimentazione nazionale.
Commercio internazionale. - Malgrado i notevoli progressi realizzati nella conservazione dei prodotti della p. e malgrado il notevole peso assunto dal commercio internazionale dei derivati ittici destinati all'attività industriale, la quota di prodotti della p. destinati agli scambi tra paesi resta molto modesta. Nel 1976 si è commerciato a livello internazionale appena l'8,6% del totale del pescato mondiale, rapporto di poco superiore ai valori anteguerra (6,1%). Inoltre, nonostante la diversificazione dei prodotti, conseguente alla mutata utilizzazione finale, sostanzialmente inalterato appare anche il novero dei paesi principali importatori ed esportatori. Soltanto tra questi ultimi, e limitatamente alla parte destinata alle forniture industriali, si vanno inserendo stabilmente alcuni paesi dell'area del sottosviluppo tra i quali, in particolare, il Perù.
La pesca in Italia. - Attività tradizionale, e di rilievo per forza lavoro impiegata, la p. italiana, malgrado il notevole sviluppo delle coste, per le note condizioni naturali di sfavore in cui opera, non rappresenta che una quota assai modesta del pescato mondiale. La produttività media per addetto, quindi, risulta tra le più basse: 100 q pro capite contro, per es., i 600 q per pescatore britannico e gli 850 per norvegese. Ciò nonostante la quantità di pescato in Italia ha potuto quasi raddoppiare negli ultimi venti anni (tab. 4) grazie a un certo rammodernamento della flotta peschereccia, iniziato negli anni Sessanta, che ha consentito, mediante una crescente partecipazione alla p. oceanica, il superamento dei condizionamenti naturali presenti nel Mediterraneo. Tale processo di ristrutturazione del settore è tuttavia attualmente in stasi a causa della fortissima concorrenza esercitata da altri paesi quali, per es., la p. giapponese. L'aumento della stazza media dei motopescherecci italiani, che aveva compiuto notevoli progressi dal 1961 (26 t) al 1969 (48 t), si è ormai stabilizzato (1974: 48 t), così come da alcuni anni risulta in stasi sia il pescato nel complesso sia la parte di questo che proviene dalla p. oceanica.
Per quanto in Italia il consumo medio di prodotti ittici sia modesto, la nostra p. è lungi dal soddisfare il fabbisogno interno, sicché occorre importare forti e crescenti quantitativi di pesce (tab. 5) coperti essenzialmente dalla produzione olandese, francese, spagnola, giapponese e danese.
Bibl.: ISTAT, Annuario statistico della pesca e della caccia, Roma, vari anni; FAO, Annaire statistique des pêches, ivi, vari anni; FEDERPESCA, La pesca in Italia, ivi, vari anni; OECE, Politiques nationales de pêche, Parigi 1960; OCDE, Politiques et économies de pêche, ivi 1970; id., Examen des pêcheries dans les pays membres de l'OCDE, ivi 1974; Ministero dalla Marina Mercantile, Atti Iª Conferenza nazionale sulla pesca, Roma 1974.
Biologia. - La biologia della p., la quale è anche, ma non esclusivamente, la biologia dei pesci e, così pure, degli altri vari organismi marini oggetto di p., si occupa essenzialmente di studiare i metodi e i sistemi per una corretta gestione delle risorse biologiche. Essa parte dall'assunto teorico, verificato sperimentalmente, che l'attività di p., cioè il prelievo di una massa di organismi da uno stock, provoca una "mortalità di p." che si sovrappone alla "mortalità naturale" (dando luogo alla cosiddetta "mortalità totale") e che è necessario controllare, se non si vuole depauperare uno stock di pesci o di altri organismi animali marini. L'attrezzo da p., cioè, all'impatto con uno stock animale, si comporta come un predatore sui generis, per cui, al fine di una p. razionale, è importante conoscere non solo la struttura demografica dello stock considerato, ma anche le capacità selettive e di discriminazione che una rete possiede nei confronti delle diverse classi di età (distinguibili da classi di taglie) che compongono una popolazione o uno stock di organismi marini oggetto di cattura (sono da tenere presenti i termini di popolazione e di stock: il primo ha un significato genetico-demografico, il secondo invece statistico-economico; entrambi i termini comportano implicazioni ecologiche e non sistematiche).
Lo strumento di base adoperato dalla biologia della p. è lo studio della dinamica di popolazione. Essa si propone di conoscere prioritariamente i parametri dinamici fondamentali della biologia di uno stock, e cioè: il reclutamento (abbondanza relativa di uova, larve e avanotti), i tassi di mortalità naturale, l'accrescimento ponderale individuale, l'accrescimento ponderale dello stock nel tempo, ecc. (v. fig.). Si verifica infatti che, in una popolazione animale, la mortalità naturale agisce assai intensamente a livello dei giovanissimi individui allo stadio di larve e di avanotti, cioè nella classe di età 0 e 0+ ovvero, come dicesi con termine tecnico, nella fase di prereclutamento. Se è enorme (80-90% e oltre) il numero di individui sottratti dalla mortalità naturale in questa prima fase, la biomassa sottratta è invece scarsa, in termini ponderali (v. fig.). In seguito, crescendo l'età degl'individui e quindi il loro peso e nello stesso tempo riducendosi progressivamente il tasso di mortalità naturale, si verifica nella vita di uno stock una fase, corrispondente a una determinata classe di età intermedia, in cui lo stock stesso presenta la massima biomassa, cioè il massimo peso globale (v. diagramma). Cioè il prodotto del numero di individui di una classe di età per il peso individuale, dà la massima biomassa a livello di una classe di età intermedia dello stock (v. fig.).
Una p. è razionale quando s'inizia a pescare nello stock a cominciare dal "punto" (classe di età) in cui lo stock stesso ha raggiunto il massimo peso. Le classi di età più anziane, infatti, presentano una minore biomassa globale, sia perché gl'individui singoli si accrescono molto lentamente o non si accrescono più, sia perché, per senescenza, sono votati alla morte. Una p. razionale deve consentire la cattura di queste classi di età, a partire dalla classe (taglia) che presenta il massimo di biomassa. Poiché questa classe di età corrisponde a una determinata taglia ("taglia critica" di Ricker), bisogna adottare un tipo di rete, la cui maglia possa discriminare a livello della "taglia critica" o anche prudenzialmente, a una taglia maggiore, per un dato stock studiato. In termini matematici, la razionalizzazione dell'attività di p. tenendo presente la formula di Russel, si può esprimere come segue: S2 − S1 = (A + G − M) − C; cioè la diminuzione di uno stock da un anno all'altro (S2 − S1) è data dai tassi di crescita (somma del tasso di reclutamento A più il tasso di accrescimento G, meno il tasso di mortalità naturale M), sottratta la mortalità di p. C. Questi ultimi due: M e C, costituiscono i tassi di decremento. Razionalizzare la p. significa quindi rendere S2 − S1 = 0; avere cioè lo stock in stato stazionario. In termini matematici è necessario quindi che sia soddisfatta l'equazione: (R + G) − M = C; dove R indica il reclutamento, cioè i nuovi nati della popolazione, G l'accrescimento in peso dello stock, M la mortalità naturale e C la quantità delle catture. La formula significa che la differenza fra l'incremento e il decremento naturale costituisce la disponibilità per la p. (C). Se quanto sottrae C, cioè la p., supera la differenza positiva fra l'incremento naturale (R + G) e il decremento naturale (− M), lo stock entra in overfishing. Questa è l'equazione di Russel. Il problema è quindi di rendere le catture costantemente proporzionali al reclutamento più l'accrescimento, sottrattavi la mortalità naturale. In termini concreti si tratta di catturare i pesci appartenenti a quelle classi in cui la crescita ponderale è divenuta lenta o che rischiano di sparire per morte naturale, dopo la senescenza.
Il modello matematico della scuola inglese è basato sull'idea che una popolazione appartiene a un sistema biologico aperto che riceve e dispensa energia e in cui l'apporto e il dispendio si equilibrano. Come abbiamo detto, l'apporto è costituito dalle forze di aumento ponderale (cioè il reclutamento e la crescita individuale), il dispendio è costituito dalle forze di diminuzione ponderale della popolazione (cioè dalla mortalità). Conoscere analiticamente i termini di questa equazione significa approntare ricerche quantitative e qualitative su larve e uova e sulla consistenza del reclutamento (R) o per lo meno indici di abbondanza di esso, e ciò non sempre è facile e possibile; approntare analisi sulla struttura dello stock o della popolazione, mediante opportuni campionamenti biologici, ai fini di conoscere, attraverso i rapporti di taglia e di peso, i tassi di crescita (G), e attraverso le differenze tra le diverse classi di frequenza e le differenze di cattura, i tassi di mortalità (cioè M e C). È evidente che è necessario evidenziare le classi di età, confortando gli studi biometrici con gli studi sulle squame, sugli otoliti e su altre parti anatomiche (trattandosi di pesci) e su altri parametri biologici individuali, come sarebbe opportuno confrontare i valori relativi ai tassi di mortalità con altre risultanze derivanti per es. da esperienze di marcature. Appare chiaro che l'approccio analitico è di tale complessità e mette in moto una tale gamma d'indagini e di studi che solo paesi i quali dispongono da molti decenni di adeguate strutture di ricerca applicata alla p. come anche di una p. organizzata e di statistiche esaurienti, si sono potuti cimentare in questo tipo d'indagine.
Portando avanti studi di questo tipo e introducendo nell'equazione di Russel altre variabili, quali l'età alla 1a cattura in funzione di parametri tecnologici (selettività) e altri parametri biologici, la scuola inglese di Beverton e Holt è riuscita a elaborare modelli previsionali in cui, mediante "funzioni di rendimento" espresse da famiglie di curve (isoplete), si riesce a simulare l'andamento della p. al variare di uno o più parametri (per es. la grandezza della maglia e lo sforzo globale di p.). A questi autori si deve anche il concetto di "massimo rendimento sostenuto" che è la cattura massima possibile, continua nel tempo, che può sostenere una popolazione o uno stock. I massimi di produzione sostenuti determinano la cosiddetta curva di "rendimento ponderale eumetrico" a tendenza asintotica. Tale rendimento massimo è ottenuto pescando le classi di età dal momento in cui raggiungono la cosiddetta "taglia critica" di Ricker, cioè il momento in cui il peso totale della classe di età comincia a decrescere. C'è quindi nella dinamica di una popolazione, nell'evoluzione temporale di uno stock, un periodo in cui, in seguito all'accrescimento ponderale degl'individui, talune classi di età dànno il massimo in termini di biomassa. Ciò in quanto il peso individuale, che ha raggiunto il massimo, per il numero di individui presenti, esprime il massimo valore di biomassa possibile. È evidente che la p., per essere razionale, deve potere intervenire a selezionare, cioè a catturare, partendo dalle classi a maggiore biomassa.
Poiché l'attrezzo da p. è in genere una rete costituita da maglie di una certa misura, è chiaro che è la misura della maglia che determina la discriminazione delle taglie, cioè la qualità e quindi la quantità della pescata all'atto della cattura. Le taglie discriminate dalla grandezza della maglia corrispondono infatti a determinate età di individui e queste a valori ponderali. In pratica, cioè, si verifica che una determinata maglia di rete (del sacco propriamente) trattiene (cioè cattura) gl'individui al di sopra di una certa taglia, mentre lascia scappare gl'individui al di sotto di quella stessa taglia. Questa taglia limite, i cui individui per il 50% hanno probabilità di restare dentro il sacco della rete e per il 50% nel cover (cioè il controsacco sperimentale che viene sovrapposto al sacco per valutare l'entità delle fughe attraverso una determinata maglia di cui si vuol conoscere il potere di selettività), corrisponde nelle "curve di selettività", al cosiddetto "punto di selettività" o "punto 50%" o lunghezza di ritenuta al 50%.
Gli studi di selettività delle reti che consentono di dimensionare la maglia ai fini di catturare le classi di età a maggiore biomassa, sono assai complessi e delicati. La selettività delle maglie infatti non è soltanto influenzata da un complesso di parametri fisico-dinamici legati alla dimensione delle maglie, alla natura del filato da cui è costituita la rete, alla sua struttura (reti con nodo o senza nodo, ecc.), a fattori cinetici (velocità di trazione della rete), ma anche da un complesso di parametri biotici legati alla percentuale delle classi di età dello stock presente nel tratto di fondale in cui opera la rete in quel determinato tempo di p. e a talune caratteristiche peculiari della specie cui appartiene lo stock considerato, quale il rapporto lunghezza-circonferenza degl'individui. Tuttavia, trovata la maglia adeguata a catturare nelle classi di età a massima biomassa, la razionalità di p. non è ancora raggiunta. Lo stock può incorrere ugualmente nelle condizioni di depauperamento se aumenta lo sforzo globale di p., cioè il numero di natanti e la loro potenza, in definitiva il numero e la capacità delle reti in esercizio. Si è accennato, in termini estremamente semplificati, all'approccio consentito dai modelli matematici "analitici" (su cui peraltro esistono diverse riserve) e brevemente alle esperienze di selettività. Si è anche visto quale può essere un approccio relativamente più semplice, perché comporta meno dati biologici, ma più dati statistici. Esso è quello che può essere consentito dall'adozione di modelli semplici di cattura e sforzo di pesca.
È opportuno chiedersi, anzitutto, quale concetto racchiude l'espressione "sforzo di p." che si è tante volte usata. Esso è il meccanismo determinante l'intensità dei prelievi, cioè la quantità delle catture. Lo sforzo di p. è in sostanza la quantità di lavoro che è stato necessario compiere su uno o più stock in un determinato tempo, per produrre una quantità determinata di catture o di prodotto pescato. Lo sforzo di p. in rapporto a una determinata area prende il nome di "intensità di pesca". Esso quindi può essere espressione del numero dei natanti, della loro stazza, della loro potenza, del consumo di carburante impiegato, della misura della maglia delle reti usate, delle apparecchiature di reperimento dei banchi o delle attrezzature di bordo, dell'abilità degli equipaggi o di tutti questi indici messi assieme, se si riuscisse a dare loro un valore o un coefficiente. Lo sforzo di p., provocando delle catture, determina la cosiddetta "mortalità di pesca". Essa, com'è noto, si distingue dalla mortalità naturale che viene determinata dai fattori ecologici avversi o che agiscono in modo avverso allo stock o alla popolazione e dai fattori di senescenza.
Ritornando allo sforzo di p., ai fini dell'indagine, viene scelto quel tipo di indice che meglio lo rivela o magari, il più delle volte, quell'indice per il quale si possono avere i dati statistici necessari. Così, per es., un indice dello sforzo per la p. a strascico, può essere dato dalla stazza dei natanti, ma certamente un indice più rivelatore dello sforzo di p. e quindi più pertinente, è quello che può dare la potenza motore dei natanti medesimi; infine più efficace il consumo di carburante, in quanto indice di sforzo legato alla stazza e alla potenza motore, ma anche al tempo speso a pescare. Le catture (cioè la mortalità di p.) sono legate allo sforzo di pesca. Le curve che esprimono i valori delle catture e degli sforzi di p. risultano concordi fino a un certo livello al di là del quale possono divaricare. In termini più semplici, si può dire che, aumentando lo sforzo di p. su uno stock non sfruttato, aumentano nel tempo le catture globali, ma esse non risultano doppie o triple se lo sforzo di p. applicato diventa doppio o triplo. Se infine si considerano le catture per unità di sforzo, cioè il rapporto catture-sforzi impiegati a produrle in un'area data, in un determinato tempo, cioè il quantitativo di prodotto catturato per unità di stazza o per unità di potenza, o per chilo di carburante consumato, si può riscontrare che, in un arco di tempo abbastanza lungo, per es., in 10 anni, aumentando lo sforzo globale aumentano le catture per unità di sforzo, ma fino a un punto al di là del quale, continuando ad aumentare lo sforzo di p. (magari perseverando nel mito dell'inesauribilità delle risorse), le catture per unità di sforzo s'inflettono e diminuiscono, diminuendo infine anche le catture globali. Le catture per unità di sforzo sono quindi un indice dell'abbondanza dello stock nell'area considerata.
Bibl.: U. D'Ancona, Dell'influenza della stasi peschereccia del periodo 1914-18 sul patrimonio ittico dell'Alto Adriatico, in Comit. Talss. It., Mem. 126 (1926); V. Volterra, Variazioni e fluttuazioni del numero di individui in specie animali conviventi, in Mem. Accad. Lincei, 6 (2), 1927; E. S. Russel, Some teoretical consideration on the overfishing problem, in Journ. Cons. Int. Expl. Mer, 6 (1931); F. I. Baranov, On the question of the biological foundations of fisheries, in Int. Fisheries Comm. G. Brit. Min. Agric. Fish. (Copia FAO 1954), 1938; E. S. Russel, The overfishing problem, Cambridge 1942; U. D'Ancona, Rilievi statistici sulla pesca nell'Alto Adriatico, in Atti. Ist. Ven. Sc. Lut. Arti, 108 (1949); R. J. H. Beverton, S. J. Holt, On the dynamics of exploited fish populations, in Fish. Invest. Lond., 2 (19), 553 (1957); J. A. Gulland, Fishing and the stocks of fish at Iceland, ibid. (2), 23 (4), 52 (1961); D. H. Cushing, Fisheries biology. A study in population dynamics, Londra 1968; J. A. Gulland, Manuel des méthodes d'évaluation des stocks d'animaux acquatiques, in Manuels FAO de science halieutique, n. 4, Roma 1969; L. K. Boerema, Caractéristiques des stocks halieutiques, nota CGPM-FAO 1970; G. Bombace, Scienza e pesca, in Atti 3° Convegno Naz. sui problemi della pesca, Cam. di Comm. di Forlì 1972; CGPM (Conseil Général des Pêches pour la Méditerranée) - FAO, Effects prévisibles de la mise en application de diverses mesures reglementant la pêche des stock démersaux en Méditer. Occid., GFCM-72-5, 6 Sup. i, 1972; A. Percier, Les théories d'exploitation, in La pêche maritime, 20 giugno 1972; D. Levi, G. Giannetti, Fuel consumption as an index of fishing effort, in studies and Reviews, n. 53, CGPM-FAO 1973; CGPM - FAO, Quelques aspects des politiques halieutiques dans la Région Méditerranéenne, CGPM-EC-74-5. genn. 1974 - Symp. Varna (1974).
Diritto. - Il problema di diritto internazionale della p. si pone nel contesto di tre situazioni giuridiche ben distinte e pur strettamente connesse: in primo luogo, la proiezione o l'irradiazione della sovranità dello stato territoriale sulle acque prossime alle sue coste e, quindi, la possibilità giuridica dello stato di riservare la p. nelle acque stesse esclusivamente ai propri cittadini; in secondo luogo, la condizione giuridica dell'alto mare, e la connessa libertà di azione della quale i pescatori sono ivi naturalmente beneficiari; in terzo luogo, le eccezioni che, nei confronti degli operatori ittici, il diritto internazionale comune e convenzionale rende possibili alle troppo rigide conseguenze dell'uno e dell'altro principio.
Per quanto attiene al primo aspetto del problema, considerato in connessione con il terzo, soccorrono le considerazioni seguenti. Ogni stato costiero è legittimato bensì a esercitare uno ius excludendi alios rispetto ai pescatori stranieri nelle sue acque territoriali, ma non può estendere ad libitum la misura delle acque stesse. Secondo la Convenzione di Ginevra del 1958, la complessiva estensione del mare territoriale e delle zone contigue non può superare le dodici miglia. Di là da cotesti limiti, l'esercizio del menzionato ius excludendi alios non sarebbe giuridicamente corretto. Nelle stesse acque territoriali dello stato costiero possono essersi formati, in favore dei pescatori appartenenti a determinati stati esteri, diritti storici, che porrebbero un limite al menzionato potere dello stesso stato costiero. Tali sono, per es., i diritti di p. francesi nella baia di Hudson. Tra lo stato costiero e gli stati esteri, interessati a proteggere i propri cittadini nello svolgimento della p. in determinati settori geografici, possono essere conclusi accordi bilaterali, che sono rivolti a consentire a tali operatori ittici l'esercizio della p. stessa in zone di acque marine che lo stato costiero considera sottoposte alla sua sovranità. Esempi di accordi in tal senso sono quelli via via conclusi dall'Italia con la Iugoslavia, sin dal 1958; e l'accordo, altresì, stipulato dall'Italia stessa con la Tunisia il i febbraio 1963.
In ordine al secondo aspetto del problema - quello, cioè, della p. in alto mare - considerato anch'esso in coordinazione con il terzo, devono ricordarsi le molteplici convenzioni multilaterali, o anche bilaterali, concluse al fine di porre all'assoluta libertà di p. i limiti necessari per tutelare, in certe parti del mare, interessi di carattere generale; e allo scopo, altresì, di preservare alcune risorse biologiche marine. Tali convenzioni internazionali sono, in particolare, le seguenti:1) La Convenzione dell'Aia del 6 maggio 1882, per la p. nel Mare del Nord; 2) la Convenzione di Washington del 7 luglio 1911, per la p. delle foche; 3) la Convenzione di Ginevra del 24 settembre 1931, e quella di Londra dell'8 giugno 1937, per la p. delle balene; 4) la Convenzione di Washington dell'8 febbraio 1949, sulla p. nell'Atlantico nord-occidentale; 5) infine, la Convenzione sulla p. e la conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare, adottata dalla ia Conferenza di Ginevra sul diritto del mare indetta dalle Nazioni Unite (29 aprile 1958). I princìpi fondamentali di dette convenzioni sono: a) Innanzi tutto, quello che consacra il diritto di ciascuno stato a che i propri cittadini esercitino la p. in alto mare, sotto riserva, peraltro, dei loro obblighi convenzionali, dei diritti e degl'interessi degli stati costieri quali sono definiti e riconosciuti dalla convenzione medesima. b) Il secondo degli accennati princìpi è quello per il quale ogni stato, pur titolare del menzionato diritto concernente i propri cittadini, ha il dovere - avuto riguardo ai cittadini stessi, in quanto operatori ittici - di cooperare affinché siano presi i provvedimenti necessari per assicurare la conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare.
L'alta importanza, che le questioni della p. rivestono nell'economia nazionale degli stati, e la non definitiva certezza del diritto internazionale in materia, hanno fatto sì che tra alcuni stati si aprissero crisi di gravità tale da turbare i reciproci rapporti. Tipico esempio è costituito dalla controversia tra l'Islanda e la Gran Bretagna, che, apertasi nel 1954, si è andata aggravando nel corso del decennio successivo (la cosiddetta "guerra del merluzzo"). Alla pretesa del governo di Londra, secondo la quale i pescherecci battenti bandiera britannica possono liberamente pescare sino al limite delle acque territoriali islandesi, si contrappone la pretesa del governo di Rejkiavik, secondo la quale la zona di p. riservata in modo esclusivo ai pescherecci islandesi si estende di là dai limiti delle acque territoriali, sino a comprendere tutta la zona marittima che è vitale per la stessa economia islandese. La scadenza, pronunziata dalla Corte internazionale di giustizia nel luglio 1974 sulla controversia britannico-islandese, ha riconosciuto l'esistenza di una norma consuetudinaria che attribuisce diritti preferenziali allo stato la cui economia dipende dalla pesca. La sentenza stessa ha ammesso, per altro, la validità dei cosiddetti "diritti storici" degli stati che sulla stessa zona di mare abbiano sempre esercitato la pesca. La sentenza conclude, quindi, stabilendo la necessità di un apposito accordo tra gli stati interessati.
Si confida che le questioni generali del diritto internazionale della p. potranno trovare adeguata soluzione nella nuova conferenza del diritto del mare, originariamente apertasi nel 1974 a Caracas, nuovamente convocata a Ginevra nel 1975, e destinata a riunirsi, in una terza e definitiva sessione, a New York nel 1976.
Bibl.: G. Balladore Pallieri, Diritto internazionale pubblico, Milano 19628, p. 428; R.R. Churchill, The Fisheries Jurisdiction Coses, in The International and Comparative Law Quarterly, vol. 24, 1, 1975; G. Scalfati, Pesca, in Novissimo Digesto Italiano, vol. XII, p. 1192; Dean, The Geneva Conference on the law of the sea, in American Journal of international Law, 1958, p. 607; Gros, La Convention sur la pêche et la conservation des ressources biologiques de la baute neuv, in Recueil des cours de l'Académie de La Haye, 1959, II, p, 1 segg.; N. Monaco, Manuale di diritto internaz. pubblico, Torino 1971, p. 417 segg.; M. Landiford, Il problema delle zone di pesca, in Studi in onore di G. Berlingieri, 1965, p. 483; G. Scalfati, La disciplina delle acque territoriali straniere e l'economia dell'impresa di pesca italiana, in Rivista della pesca, 1968, suppl., p. 30.