PERIEGESI (περιήγησις, da περιηγέομαι "conduco intorno")
È chiamata già in tempo ellenistico l'opera (nell'originale probabilmente ancora sprovvista di titolo) di Ecateo di Mileto (v.), la quale descriveva il mondo abitato (οἰκουμένη) seguendo un filo topografico, ma per ogni paese soggiungendo alla topografia una esposizione degli avvenimenti storici più antichi, delle meraviglie naturali e artificiali, dei costumi degli abitanti. Le Storie di Erodoto risentono, almeno per la prima parte, di un tale schema. Periegesi è, in tal senso, quasi un sinonimo di periplo (v.), tranne che il periplo si limita alle coste, mentre la periegesi comprende tutto il paese. Periegesi di tal genere, prevalentemente corografiche, furono ancora scritte in età ellenistica: un erudito del sec. II a. C., Mnasea di Patre, compose "periegesi" (in plurale; o "periodo"; anche per Ecateo i due titoli si alternano nelle citazioni) le cui parti si chiamavano Asia ed Europa, come i due libri di Ecateo, e in più Libia. Nella seconda metà del sec. II Asclepiade di Mirlea scrisse una Periegesi dei popoli della Spagna Turdetana. È anche citata una periegesi della Macedonia di un Antigono, per noi indatabile. Ed è conservata la Periegesi del mondo abitato (Περιήγησις τῆς οἰκουμένης) di un Dionisio (v. dionisio il periegeta).
Ma "periegesi" aveva nel frattempo preso un altro significato che era presto divenuto prevalente; così, dalla fine del sec. III in poi, sono indicate scritture che, se continuano a seguire un filo topografico, mirano a soddisfare interessi antiquarî. In altre parole, gli eruditi s'impadroniscono dello schema etnografico (v. etnografia: Storia delle conoscenze), che Ecateo e ancora Erodoto avevano adoprato per la descrizione dei paesi barbari, e lo applicano a territorî ellenici, innanzi tutto a città elleniche. Che cosa doveva necessariamente divenire quello schema applicato da antiquarî a paesi ricchi di opere d'arte? La descrizione corografica doveva a poco a poco ridursi, intristire, sparire. Le parti storiografiche potevano rimanere così com'erano in Erodoto; soltanto, poiché la storia di una personalità interessa dall'età ellenistica in poi almeno quanto quella di popoli, e questa per giunta era ormai trattata in opere classiche che erano a portata di mano, questa parte storica si annoda spesso all'oggetto singolo descritto, e non viene più trattata quale complesso unico subito dopo la corografia. Gli usi (νόμοι) spariscono, tranne che qua e là in un excursus si fa cenno di qualche rito sacrale. Le meraviglie (ϑαυμάσια) erano già per Erodoto divise in due parti. L'una era costituita dalle grandi costruzioni. Queste aumentano d'importanza: la parte principale dell'opera consiste appunto in descrizioni di edifici e di opere d'arte disposte in ordine approssimativamente topografico. Da queste prendono le mosse le narrazioni storiche (λόγοι), per le quali i periegeti usano senza scrupolo, anzi abusano dell'antico privilegio della "storia" (ἱστορίη) ionica, l'excursus. Quanto all'altra categoria di meraviglie, i "prodigi" naturali (παράδοξα), i periegeti antiquarî, tant'è la forza della tradizione, non sanno risolversi a farne a meno; e trovano modo di farle entrare in excursus. L'interesse artistico manca del tutto. Nell'antichità non sono mancati scrittori capaci di descrivere opere d'arte, poeti come Teocrito, Leonida di Taranto, Stazio, prosatori come Luciano, i Filostrati, anche Petronio. I periegeti non l'hanno neppur tentato, perch'essi miravano a soddisfare altra curiosità: la curiosità di quelli che non vedevano nell'opera d'arte se non un ricordo storico. I periegeti scrivono per lo più non prosa d'arte, ma stile scientifico, ipomnematico.
Dei periegeti è conservato per intero, come suole avvenire in letteratura erudita, solo il più recente, Pausania. La caratteristica data qui sopra si fonda su lui, sulle scarse citazioni dei suoi predecessori, su quello che ricerca di fonti sicure riconquista a uno di essi, Eliodoro, su due frammenti, trovato l'uno in un papiro (Periegesi di Hawara), conservato l'altro in un codice medievale (Eraclide Pontico).
La Periegesi di Hawara è estremamente frammentaria; la parte che noi leggiamo si riferisce all'Attica. La frammentarietà è qui di gran danno, perché il periegeta di Hawara è per noi forse il più antico (prima del 200 a. C.). Egli si attiene in genere al filo topografico, ma con molta libertà nei particolari. Sceglie liberamente i suoi oggetti, senza aspirare a completezza. Dei porti di Atene segnala quei pochi edifici che gli hanno fatto impressione. Il suo interesse non si limita a edifici o a opere d'arte nel senso comune della parola: egli descriveva minuziosamente una meridiana. Non mancava un excursus sulle origini mitiche di Atene (del quale ci è rimasta purtroppo solo l'introduzione). Lo stile è, in complesso, ipomnematico.
Anche il frammento di Eraclide Intorno alle città della Grecia (Περὶ τῶν τῆς ‛Ελλάδος πόλεων) appartiene al sec. III (dopo il 261 e prima del 229, probabilmente verso il 250). Qui la periegesi non si limita alle città, ma descrive anche le vie che dall'una vanno all'altra; ed è caratterizzato, assai vivacemente, anche il paese che le strade attraversano. Non sono evitati numeri. Gl'interessi non sono prevalentemente antiquarî; solo di Atene si notano un paio di edifici belli. L'autore ha occhi non tanto per l'arte quanto per la vita pratica: clima, commercio; s'intende anche di flora e di fauna. Degli abitanti di ogni città dà una caratteristica. Anch'egli, come il periegeta di Hawara, come Pausania, non vuole esaurire le singole città: la periegesi non è mai una "guida", un Baedeker. E evidente che Eraclide è più vicino all'antica forma della storia ionica di qualunque altro periegeta; anche evidente che egli non è ancora pienamente antiquario, che sta tra la periegesi puramente geografica e quella antiquaria. Lo stile ha alte aspirazioni: è probabile la connessione con gli Asiani (v. asianismo), particolarmente con Egesia di Magnesia.
Assai poco possiamo dire del periegeta Diodoro di Atene che scrisse un'opera Sulle tombe (Περὶ μνημάτων) e un'altra sulle dieci tribù attiche: i frammenti ci dicono poco; molto più di Eliodoro, poiché par dimostrato che a lui risalgano tutte le notizie periegetiche contenute nelle vite pseudoplutarchee dei X oratorî, se pure l'autore ha adoprato queste notizie non direttamente, ma attraverso un biografo che le ha rivedute, forse Cecilio di Calacte; Eliodoro viveva forse ancora nel sec. III (data incerta). La sua opera s'intitolava come quella di Diodoro, Περὶ μνημάτων. Non è dubbio che il filo fosse cronologico, ma la limitazione a un genere di monumenti mostra che di guida non si può parlare. Eliodoro era antiquario e poliistore, non critico d'arte; il suo libro era documentario; conteneva anche copie di decreti attici. Il più celebre dei periegeti ellenistici fu Polemone d'Ilio (v.): quel che sappiamo di lui mostra che fu un grand'erudito, ma che non fu né autore di guide né storico dell'arte.
Di altre opere periegetiche nomineremo il Περὶ 'Αϑηνῶν (De Athenis) di un certo Menecle o Callicle, il Περὶ τῶν ἐν Δελϕοῖς ἀναϑημάτων (De donariis Delphicis) di Alceta, il Περὶ ἀναϑημάτων (De donariis) di Menetore, la Periegesi di Argo (Περιήγησις "Αργους) di un Socrate, la Periegesi di Sicilia (Περιήγησις Σικελίας) e la descrizione della Sicilia ("Εκϕρασις Σικελίας) di un Teofilo. Se non dà sicurezza il titolo, i frammenti spesso non indicano se l'opera sia veramente periegetica, cioè disposta lungo un filo topografico.
L'attività dei periegeti continua anche durante l'impero: Telefo, autore di una Periegesi di Pergamo, fu maestro dell'imperatore Lucio Vero: tra i periegeti ellenistici e Pausania (v.) non c'è soluzione di continuità.
Bibl.: Le citazioni dei periegeti perduti per ora sono accessibili (tranne Polemone) solo nei Fragmenta historicorum graecorum del Müller; Diodoro, II, 353; Eraclide, II, 254; Menecle, IV, 449; Alceta, IV, 295; Menetore, IV, 452; Socrate, IV, 496; Teofilo, IV, 515; Telefo, III, 634; la parte di Eraclide sull'Attica è edita con buone congetture da G. Kaibel, Strena Helbigiana, 123. Una raccolta di frammenti dell'antica periegetica è ancora da fare. Su periegesi in genere, G. Pasquali, in Hermes, XLVIII (1913), p. 161 segg. e la bibl. su pausania; polemone. Per la Periegesi di Hawara: U. Wilcken, Genethliakon für Robert, p. 191 segg. Su Eraclide, Fabricius, in Bonner Studien für Kekule, 58. Su Eliodoro (oltre la bibl. citata nell'art.), Keil, in Hermes, XXX (1895), p. 199 segg.; Fr. Drexel, in Athen. Mitt., XXXVII (1912), p. 119 segg.