Nome usato dai Greci a partire dall’età ellenistica per indicare la descrizione topografica di un paese con l’esposizione dei fatti storici antichi e dei costumi degli abitanti (per es., l’opera di Ecateo di Mileto, fine del 6° sec. a.C.). Già alla fine del 3° sec. a.C. vennero definiti p. anche gli scritti che, pur seguendo un filo topografico, miravano a soddisfare interessi antiquari. La descrizione corografica sparì, per lasciare posto soprattutto alla descrizione di edifici e di opere d’arte (non complete, nel senso delle guide moderne, ma limitate a pochi monumenti), da cui presero le mosse degli excursus (λόγοι) col racconto delle «meraviglie», i prodigi naturali (παράδοξα). L’interesse artistico manca del tutto. Il più antico, forse, dei periegeti conosciuti di tale tipo è l’autore della p. di Hawara, nota da un papiro, molto frammentaria, e anteriore al 200 a.C., che descrive minutamente pochi edifici di Atene. Della metà circa del 3° sec. a.C. è il frammento di Eraclide Pontico Intorno alle città della Grecia, in cui si vedono interessi anche per il clima, i commerci, le vie di comunicazione. Eraclide sta fra la p. geografica antica e quella antiquaria. Scarsi sono i frammenti del periegeta Diodoro di Atene (Sulle tombe); Eliodoro, cui risalgono le notizie periegetiche delle vite pseudoplutarchee dei dieci oratori, è anche autore di un’opera intitolata, come quella di Diodoro, Sulle tombe, e di un’altra sulle dieci tribù attiche. Non fu storico dell’arte né autore di guide ma solo erudito il più celebre dei periegeti ellenistici, Polemone d’Ilo. Conservata per intero è solo la p. di Pausania.