PELLAGRA
(formata secondo ποδάγτα; fr. pellagre; sp. pelagra; ted. mailändische Rose; ingl. maydism, Lombard leprosy).
Storia. - La pellagra, considerata come malattia endemica ben definita nella triplice sintomatologia: cutanea, gastro-intestinale e nervosa, a lungo decorso con recrudescenze e remissioni stagionali, fu diagnosticata in Italia verso la metà del sec. XVIII. Ma i primi casi di pellagra, sotto il nome di "mal de la rosa", erano stati osservati nella Spagna fin dal 1735 dal medico Gaspare Casal di Oviedo, il quale li considerò come forme speciali di lebbra. Comparve poi in Francia verso il 1800, attribuita da T. Roussel alla diffusione dell'alimentazione maidica; seguendo così la teoria del bresciano L. Balardini.
La pellagra si veniva estendendo verso la fine del 1700 in altri paesi a consumo di mais, come nella Polonia austriaca, nell'Ungheria, e negli stati danubiani; e verso la metà del sec. XIX anche in Egitto. Nel sec. XX si verificava poi un'imponente diffusione di pellagra fra i Negri degli Stati Uniti dell'America Settentrionale. In Italia si rilevarono i primi casi di pellagra nel Veneto da G. A. Pujati per il distretto di Feltre, da I. Odoardi per il Bellunese, da F. L. Fonzago nel Padovano. Quasi contemporaneamente si riconobbe la pellagra in Lombardia da molti studiosi: quali F. Frapolli, I. Zanetti, M. Gherardini, così da interessare a occuparsi di quest'endemia le classi dirigenti.
Doveva essere merito di Gaetano Strambio (senior) precisare per primo la forma classica della malattia col suo aureo trattato: De Pellagra pubblicato a Milano negli anni 1784-86-87, frutto delle diligenti e acute osservazioni come direttore del pellagrosario di Legnano, il primo istituitosi in Italia. G. Strambio seppe cogliere l'essenza del morbo, e nell'eritema, che aveva dato il nome alla malattia, vide un sintomo caratteristico e frequente, ma non essenziale e costante. Per primo elevò il diagnostico differenziale fra pellagra, scorbuto, lebbra, elefantiasi; sostenne che, di tutte le cause, la principale fosse la cattiva alimentazione; eclettico nei rimedî, consigliava doversi modificare i sistemi in uso per la panificazione e per la cottura della polenta. Fu veramente grande clinico e innovatore. È questo della fine del 1700 il periodo nel quale i governi s'interessarono della questione pellagrologica, e già nel 1776 i Provveditori di sanità della repubblica di Venezia emanavano un proclama a riparare "li perniciosi effetti, che possono derivare alla salute dei più poveri abitanti, e specialmente dei villici del Polesine, Padovano e Veronese, dal cattivo alimento dei sorghi turchi immaturi e guasti, in gran copia recuperati da terreni sommersi dalle alluvioni...".
Dopo questi primi e non proseguiti tentativi di legislazione sul commercio del mais guasto, nella repubblica veneta, e l'istituzione dei pellagrosarî promossa da Giuseppe II in Lombardia, nessuna traccia troviamo dell'intervento dello stato, nella questione dell'assistenza dei pellagrosi, sino verso la fine del sec. XIX. Infatti soltanto nell'anno 1900 il parlamento italiano stanziò in bilancio l'esigua somma di lire 100.000 per i provvedimenti contro la pellagra.
Le teoriche etiologiche. - Secondo V. De Giaxa si possono dividere in due gruppi principali; quelle che escludono l'influenza morbigena dell'alimentazione maidica, e quelle che la proclamano fattore necessario ed essenziale. Al primo gruppo appartengono le teorie che fanno risalire la causa della malattia ai fattori naturali legati alle plaghe pellagrose: aria, clima, suolo, acque potabili, la miseria, le abitazioni, il lavoro, l'insolazione, ecc. Vi si aggiunga la teoria protozoaria (V. Babes, E. Lang, L. W. Sambon).
Le teorie del secondo gruppo sono quelle che designano l'alimentazione, considerandola come un'avitaminosi per la supposta mancanza di vitamine nel granoturco, e quindi la pellagra si dovrebbe comprender tra le malattie da carenza (O. Rossi, P. Rondoni). Vi è la teoria fotodinamica (I. Aschoff) e quella dell'ipersensibilità, (G. Volpino). Vi si aggiunga, sempre però legata al mais, la teoria infettiva (D. Majocchi, G. Cuboni, G. Tizzoni). La teoria dell'intossicazione esogena che, sostenuta da L. Balardini (1844) al VI° Congresso degli scienziati in Milano, affermava che la pellagra era malattia sviluppatasi con la generalizzazione dell'alimentazione maidica, e precisamente che era dovuta all'alterato chimismo del mais, invaso da muffe (verderame) favorito da imperfetta maturazione.
Il più costante ed efficace seguace del tossicozeismo fu Cesare Lombroso, che nel 1869 presentava al concorso di fondazione L. Cagnola nell'Istituto Lombardo i suoi: Studi clinici e sperimentali sulla natura, causa e terapia della pellagra e continuò indefessamente con ricerche sperimentali, pubblicazioni di propaganda a lottare perché lo stato traducesse in legge i provvedimenti profilattici e curativi che egli aveva esposto nel Trattato della pellagra nel 1892.
Ancora intorno al 1850 non veniva accolta in generale la relazione fra il mais guasto e la pellagra, ma neppure quella generica fra pellagra e alimentazione maidica. Strenuo difensore dell'insufficienza alimentare del mais fu il fisiologo Filippo Lussana, seguito da Clodomiro Bonfigli e da Gaetano Strambio iunior. Successivamente si contesero il campo le due teoriche dell'insufficienza alimentare del mais e della tossicità del mais guasto. Entrambe però riconoscevano la miseria come causa predisponente. Innumerevoli sono le pubblicazioni e gli studî intorno al principio lombrosiano. Sulla flora del mais guasto e sui tossici del mais trattarono V. De Giaxa, A. Monti, G. B. Pelizzi, V. Tirelli, S. Ottolenghi, B. Gosio, E. Ferrati, M. Di Pietro, C. Ceni, C. Besta e molti altri. Il Gosio, già direttore dei laboratorî della Sanità pubblica, riuscì a isolare dal mais ifomicetico un tossico, che sta in rapporto con la fermentazione aromatica con produzione di composti fenolici, e gli fu possibile isolarne e purificarne uno, caratterizzato per la marcatissima reazione al percloruro di ferro. La relazione di A. Lustig, presidente della Commissione ministeriale per lo studio della pellagra, nominata nel 1910 dall'allora ministro dell'Interno L. Luzzatti, così riassume lo stato attuale del problema etiologico:
Che tutti i fatti osservati concordano nel provare che la pellagra è malattia di origine alimentare, e che sta per eccellenza in rapporto con l'alimentazione a base di mais. Alle primitive concezioni sull'esistenza di una speciale sostanza tossica (zeina) inerente alla sua costituzione chimica, o allo sviluppo in esso di parassiti vegetali si è andato gradatamente sostituendo il concetto della deficienza alimentare specifica, senza che si possa ancora con sicurezza affermare se si tratti di mancanza di un'unica sostanza, l'ipotetica vitamina antipellagrosa, o piuttosto di un complesso di deficienze sul quale entrino vitamine, sostanze proteiche, sali minerali, ecc. (V. Camurri). È logico inoltre pensare che se il mais sano è già povero di principî essenziali alla nutrizione dell'uomo, quello avariato sarà anche più scarso di tali principî, e avrà le proprie proteine denaturate e meno adatte all'alimentazione.
Importanza sociale. - La statistica pone in rilievo l'importanza sociale del problema rurale. Il primo censimento dei pellagrosi del Regno Lombardo-Veneto è del 1830. In Lombardia si contarono 20.282 pellagrosi, così ripartiti per le nuove provincie del territorio: Milano 3075, Mantova 1228, Como 1572, Lodi 377, Brescia 6939, Pavia 573, Sondrio 2, Bergamo 6071, Cremona 445. Per il Veneto, dagl'incompleti rilevamenti fatti dal 1853 al 1856, si deduce che i pellagrosi salivano a circa 20.000. Fu solo nel 1879 che si fece un primo censimento dei pellagrosi, esteso a tutte le regioni del regno. La cifra totale dei pellagrosi censiti fu di 97.855 così suddivisa: Piemonte 1692, Liguria 148, Lombardia 40.838, Veneto 29.936, Emilia 18.728, Toscana 4382, Marche e Umbria 2155, Abruzzi e Molise 0, Lazio 76. Nel successivo censimento del 1881 il numero dei pellagrosi era salito a 104.067; aumento dato quasi esclusivamente dal Veneto che era salito dai 29.000 ai 55.000. Nel 1899 il numero dei pellagrosi scendeva nel regno, ma aumentavano le cifre nelle Marche e nel Lazio; e nel censimento del 1905 nella discesa generale facevano eccezione le Marche e l'Umbria che figuravano ancora con la cospicua cifra di 4615, e compariva la pellagra nell'Abruzzo e nel Molise con 48 casi. Nel censimento del 1909 la cifra totale nel regno era di 41.768 con 22.525 pellagrosi nel Veneto; continuava la diminuzione generale della cifra complessiva, ma aumentava nelle Marche e nell'Umbria a 6320. Il censimento del 1928 segnava poi una diminuzione grandissima rilevabile anche dalla statistica dei morti per pellagra che nel 1910 erano ancora 1312, mentre nel 1921 si erano ridotti a 222. Dimostrativa della distribuzione geografica della pellagra in Italia e dello spostamento del numero nelle varie regioni è la tabella che dà le percentuali del numero dei pellagrosi in rapporto alla popolazione agricola, esposta nell'inchiesta sulla pellagra nel regno istituita nel 1899 per cura del comitato permanente interprovinciale di Udine, redatta da L. Perissutti e G. B. Cantarutti.
Legislazione della pellagra. - È di data relativamente recente. Come si è visto, dopo la fine del sec. XVIII i governi si disinteressarono di questa endemia. Solo nel 1878 la Direzione dell'agricoltura, allora alla dipendenza del ministro dell'Interno, iniziò un'inchiesta sulla pellagra, e pubblicò una prima relazione ufficiale, nella quale si ammetteva che il governo (1880) dovesse intervenire direttamente nella profilassi di questa malattia. E nel 1885 gli Annali di agricoltura se ne occuparono in una voluminosa pubblicazione sui Provvedimenti intesi a diminuire le cause della pellagra.
Ma se il governo era lento nel provvedere, le amministrazioni provinciali, che alla pellagra si interessavano per il fatto dell'aumentato numero di alienati pellagrosi che la legge già poneva a carico loro, istituirono le Commissioni provinciali pellagrologiche, le quali fecero sorgere le prime locande sanitarie a Bergamo nel 1884, a Padova nel 1892, seguite poco dopo da Venezia e da Vicenza e Ferrara, e in tutto il Friuli. Pellagrosarî si istituivano in Milano e in Mogliano Veneto. La pertinace, indefessa, veramente apostolica opera di Cesare Lombroso, che nei suoi studî sulla pellagra e nelle successive edizioni del suo Trattato veniva sviluppando secondo i principî della sua teorica, anche un programma difensivo e curativo, accostava sempre più, se non lo stato, le provincie e il pubblico a dar corpo ai voti dei pellagrologi, così che le misure profilattiche inc0minciarono a tradursi in atto. Il Congresso pellagrologico di Padova nel 1899, promosso dal comitato provinciale di Udine, lanciava la prima invocazione a una legge sulla pellagra, e sottoponeva al Ministero i criterî che il congresso aveva indicato dovessero informare la nuova legislazione; cioè vigilanza sul mais a impedire la macinazione del mais avariato o immaturo, e del quarantino. E quando si radunò nel 1902 il II congresso pellagrologico in Bologna, la legge contro la pellagra era già stata votata dal senato, e il 21 luglio 1902 veniva promulgata.
Questa legge fece attuare efficaci provvidenze, con i censimenti nominativi, le locande sanitarie, le cucine economiche, i pellagrosarî, che si elevarono a istituti di educazione e di propaganda, gli essiccatoi; curando l'igiene delle abitazioni, col far scomparire dai mercati il mais guasto, con l'organizzare in tutte le provincie pellagrogene le commissioni provinciali, con la rifioritura di studî sull'etiologia e la cura della pellagra.
Sintomatologia clinica e anatomia patologica della pellagra. - Tre gruppi di sintomi sono caratteristici di questa forma morbosa: primo quello che riguarda le alterazioni della pelle, che possono essere di carattere infiammatorio in atto, vere dermatiti, o già decorse, e riconoscibili dall'atrofia e dalla perdita d'elasticità della cute, che rimane a lungo sollevata in pieghe. Le lesioni dell'epitelio delle labbra e della lingua si debbono attribuire a disturbi trofici, e sono più specificamente caratteristiche della pellagra che non lo stesso eritema desquamativo alle mani, poiché si determinano indipendentemente dall'azione del sole e di altri agenti irritativi. Al secondo gruppo appartengono i disturbi della digestione, con prevalenza ora di quelli gastrici ora di quelli intestinali: dilatazione di stomaco, pirosi, cardialgie, diarrea e stitichezza alternantisi, modificazioni del chimismo gastrico. Il terzo gruppo è quello dei disturbi cerebro-spinali, a carattere spastico, riflessi tendinei esagerati, ipertonia delle masse muscolari, resistenza ai movimenti passivi. Talora vi è tetania e in casi avanzati il tremore intenzionale, scosse fibrillari, paraplegie, disturbi trofici gravi, come il decubito acuto. Nell'ordine psichico si hanno lesioni del sentimento e dell'intelligenza, e nei casi acuti stati amenziali, sull'inizio irritabilità psichica, poi la depressione sentimentale si accentua fino alla lipemania. Molto frequente è il decorso aggravato dalla sitofobia, e può aversi l'esito mortale con la sindrome del delirio acuto (cosiddetto tifo pellagroso). Raro, ma possibile, il decorso con la sintomatologia della paralisi generale progressiva, così che fu descritta anche una forma di pseudo paralisi da pellagra.
L'anatomia patologica della pellagra è interessante per quanto riguarda il midollo spinale. S. Tonnini (Riv. sper. di freniatria e med. leg., 1883-84) trovò asimmetria dell'asse spinale, iperemia, rammollimenti, pigmentazione delle cellule delle corna anteriori e posteriori, degenerazione dei cordoni laterali. F. Tuchzek e E. Belmondo confermarono che nei casi acuti si ha una vera meningomielite.
L. Devoto studiò il ricambio dei pellagrosi e trovò diminuita la capacità assimilatrice dello zucchero. P. Albertoni dimostrò che nella stagione invernale vi è nel pellagroso un deficit nell'azoto assimilato rispetto a quello perduto con le urine.
La profilassi e la cura della pellagra. - La legge del 1902 ha precisato in due ordini di provvedimenti la profilassi e la cura della pellagra: quelli che direttamente secondo la dominante teoria etiologica impediscono la diffusione del mais guasto e tendono a diminuire il consumo generico; e quelli che mirano ad aumentare le forze dell'organismo, prima che il soggetto diventi pellagroso, o lo curano e rinfrancano quando lo sia, a prevenire i danni della recidiva e della degenerazione ereditaria. Ma qualunque sia la causa specifica della pellagra non si può negare che un substrato favorevole al suo sviluppo sia costituito dal deperimento organico, e vi è in questo senso una relazione fra pellagra e miseria.
Sottraendo il pellagroso, ai primi attacchi del male, alla sua abituale alimentazione, migliora e guarisce. A questo scopo servirono ottimamente i pellagrosarî e le cucine economiche, le locande sanitarie, i forni rurali. Ai pellagrosarî si inviavano i pellagrosi con fenomeni già accentuati gastro-intestinali e nervosi, bisognosi non solo di essere sottratti all'alimentazione maidica, ma di venir curati dal medico. C. Lombroso si giovò dell'acido arsenioso, di preparati di china e di colombo, e fu seguito da molti con successo. Ma la scomparsa quasi completa della pellagra in Italia (qualche caso sporadico è stato recentemente segnalato da L. Messedaglia), è stata determinata oltreché dall'efficace applicazione della legge 1902, precisamente dalle migliorate condizioni economiche dei lavoratori dell'agricoltura, che hanno mutato il proprio regime alimentare. Il contadino del dopoguerra ha, si può dire, abbandonata l'alimentazione quasi esclusivamente a base di pane di mais e di polenta, e introdotto il pane di frumento, la carne, il latte, il pesce e la verdura. La scomparsa della pellagra endemica è dovuta alla guerra vittoriosa, che valorizzata dal fascismo ha accelerato, coi nuovi ordinamenti, il cammino ascensionale dell'intera nazione.
Bibl.: Casál Gaspar, Historia natural y medica de el principado de Asturias, ecc., par. 111: De affectione quae vulgo in hac regione "mal de la Rosa" nuncupatur, Madrid 1762; Fr. Frapolli, Animadversiones in morbum vulgo pelagrām, Milano 1771; F. L. Fanzago, D'una specie particolare di scorbuto, Venezia, e in Nuova raccolta di opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, CXI, Milano 1780, p. 217; I. Odoardi, D'una specie particolare di scorbuto, Belluno 1776; M. Gherardini, Descrizione della pellagra, Milano 1780; F. Zanetti, Dissertatio de morbo, vulgo pellagra, in Nova Acta physico-medica, Norimberga 1778; G. Strambio, De Pellagra Cajetani Strambio M. D. observationes, in Regio Pellagrosorum Nosocomio factae a calendis Junii anni MDCCLXXXIV, usque ad finem anni MDCCLXXXV, ecc.; P. L. Fanzago, Memoria sopra la pellagra, Padova 1789; L. Balardini, Della pellagra, del granturco, quale causa precipua di quella malattia e dei mezzi per arrestarla, Milano 1845; T. Roussel, Traité de la pellagre et des pseudopellagres, Parigi 1886; F. Lussana, Su la pellagra: Studi pratici, Milano 1854; C. Lombroso, Trattato profilattico e clinico della pellagra, Torino 1892; Klinische und anatomische Studien über Pellagra, Berlino 1893; B. Gosio, Ricerche batteriologiche e chimiche sulle alterazioni del mais, ecc., in Riv. d'igiene e sanità pubblica, Roma 1896; F. Salveraglio, Bibliografia sulla pellagra, Pavia 1914; V. De Giaxa, La pellagra, in Trattato d'igiene di O. Casagrandi, Torino 1927; L. Messedaglia, Il mais e la vita rurale italiana, Piacenza 1927; idem., L'alimentazione dei contadini e la pellagra nel veronese (in Atti d. Acc. d. agric. d. Verona, VII (1930); v. anche Rivista pellagrologica italiana (1901-1923).