PELIADI (Πελιάδες)
La tradizione ci ha trasmesso in vario modo i nomi e il numero stesso delle figlie di re Pelia. Igino ne conosce cinque, vale a dire, oltre alla più nota Alcesti, Pelopia, Medusa, Peisidike e Hippothoe: Diodoro (iv, 53, 2) elenca Alcesti, Anfinome ed Evadne. Mikon a sua volta, apparentemente entro il secondo venticinquennio del V sec. a. C., aveva dipinto le immagini di due P., Asteropein e Antinoe. Da questi fatti risulta evidente che, ad eccezione di Alcesti, che ha una personalità ben spiccata che si rivela nella storia della romantica conquista di lei da parte del re di Fere Admeto con la prova del carro tratto da animali feroci (v. admeto) e in seguito nella sua appassionata devozione coniugale, il carattere delle sorelle è decisamente corale, collettivo.
Nell'Arca di Kypselos, che è il più antico monumento figurato in cui esse appaiono, Pausania ricorda la presenza delle figlie di Pelia, di cui la sola Alcesti aveva il nome scritto accanto. In seguito, poichè non è del tutto sicura l'identificazione di due figure fuggenti come le figlie di Pelia nel Thesauròs del Sele (P. Zancani Montuoro), una più sicura e consistente tradizione iconografica per le P. s'incontra a partire dalla fine del VI sec. a. C. nella tarda ceramica a figure nere e poi in quella a figure rosse. Non vi sono notevoli variazioni nello schema: Medea presiede presso il caldaio magico e le altre incolori figure femminili non possono essere che le P. nella loro parte di allieve maghe. Di gran lunga più drammatica è la figurazione del cratere a calice di Tarquinia assegnata al Pittore di Pistoxenos, in cui il vecchio Pelia stanco e incerto si trova di fronte una donna autorevole e decisa con la spada nuda in mano che l'iscrizione indica come Alkandra (Alcesti?). Una sempre più vivida e precisa caratterizzazione delle P. si ha invece nell'hydrìa di Cambridge 12.17 in cui l'atteggiamento di Alcesti che si allontana atterrita si oppone alla cieca decisione di una delle sorelle con la spada in mano, mentre la terza al centro esita incerta. Situazione drammatica di tipica discendenza teatrale che si ritrova anche nei tanto discussi rilievi a tre figure, anch'essi apparentemente collegati con il mondo della tragedia. In questi Medea eretta e rigida in tutta la dignità del suo potere magico si trova di fronte la cieca servile obbedienza di una delle sorelle curva sul lebete, mentre l'altra medita angosciata, la spada inerte nella mano. Meno rassicurante appare invece la discendenza da un simile rilievo a tre figure postulata da M. Gütschow per la figurazione delle P. con il lebete e il padre su uno dei lati del grande sarcofago degli Argonauti nel Cimitero di Pretestato. Mentre momenti di semplice tenerezza s'incontrano nella pyxis del Louvre (CA 636) e nella coppa del Valicano, dove una delle figlie sorregge e accompagna con persuasiva dolcezza i passi incerti del vecchio padre.
Non è chiaro in quale contesto siano da inserire le immagini delle P. attribuite a Mikon: nel caso si accetti l'inserzione di questi dipinti nel ciclo di affreschi dell'Anakeion di Atene, le P. dovrebbero assistere alla partenza degli Argonauti da Iolkos. Lo stesso atteggiamento passivo, di sfondo, è loro assegnato nei dipinti figuranti l'arrivo di Giasone per il solenne sacrificio a Posidone (L. Curtius, Pompeianische Wandmalerei, p. 240 ss.), dove Pelia domina al centro e affiancato dalle figlie timide e scolorite.
Del tutto diverso come schema iconografico e soprattutto come clima spirituale è la figurazione in tono di idillio che si incontra sull'epìnetron di Eretria. La scena ci appare come una delle consuete figurazioni di mondo femminile toccato di suggestioni erotiche: e anche in questo contesto alla sposa Alcesti è assegnata una posizione di assoluta predominanza sulle sorelle che l'attorniano.
L'evocazione più intensamente poetica delle P. come malinconiche penitenti, potrebbe essere, nel caso si accetti questa identificazione, nel lato secondario del sarcofago di Torrenova.
Bibl.: Höfer, in Roscher, III, 1897-902, c. 1845 ss., s. v.; W. v. Massow, in Ath. Mitt., XLI, 1916, p. i ss.; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung, Monaco 1923, II, p. 660; L. Curtius, in Ath. Mitt., XLVIII, 1923, p. 31; M. Gütschow, in Röm. Mitt., XLIX, 1934, p. 195 ss.; W. Lamb, C.V.A., Cambridge, II, tav. 35; B. Goetze, in Röm. Mitt., LIII, 1936, p. 200; P. Zancani Montuoro, L'Heraion alla foce del Sele, Roma 1954, vol. II, p. 95 e passim; E. Simon, in Gymnasium, LXI, 1954, p. 209; Fr. Brommer, Vasenlisten, 2a ed., Marburg 1960, p. 348.