EHRLICH, Paul
Patologo, nato il 14 marzo 1854 a Strehlen (Slesia) e morto il 20 agosto 1915 a Bad Homburg. Si laureò nel 1878 a Lipsia, poi fu a Berlino; ivi contrasse una tubercolosi sperimentale; guarì dopo lungo tempo e nel 1890 fu nominato a Berlino professore straordinario. Fu uno dei migliori e più geniali allievi di Roberto Koch, che lo propose per la nomina, poi conseguita, di direttore dell'Istituto di stato per le ricerche sui sieri e vaccini. Infine gli fu affidata la direzione del noto Istituto di terapia sperimentale di Francoforte sul Meno e di quello fondato dalla vedova Speyer. Fu uno scienziato di grande fama e valore e anche popolare per le sue scoperte di terapia, come il preparato 606 (Salvarsan) contro la sifilide. Egli è considerato il fondatore della chemioterapia e della nuova tecnica per colorire i tessuti vivi e morti, che diede tra l'altro grandi resultati nella conoscenza della struttura del sangue in alcune malattie (p. es. leucemia). Celebre è la dottrina dell'E. detta delle catene laterali (v. sotto), che diede un enorme impulso agli studî sull'immunità, specie alle ricerche sulla presenza di sostanze difensive nel sangue. Nel 1908, con Mečnikov, ebbe il premio Nobel per la medicina.
Delle pubblicazioni sue o da lui dirette ricordiamo: Farbenanalistische Untersuchungen über Histologie und Klinik des Blutes (Berlino 1891); Die Wertbemessung des Diphterieheilserums und deren theoret. Grundlagen (Jena 1897); Die Anämie (insieme con A. Lazarus); H. Nothnagel, Specielle Pathologie u. Therapie, VIII, 1; Über Toxine u. Antitoxine (Vienna 1901, 2ª ed., ivi 1906); Leukaemie, Pseudoleukaemie, Haemoglobinaemie (con A. Lazarus e F. Pinhus), 2ª ed. a cura di O. Naegeli (ivi 1913); Über die Beziehungen zwischen Toxin u. Antitoxin u. die Wege ihrer Erforschung (con H. Sachs; Lipsia 1905); Aus Theorie u. Praxis d. Chemotherapie (Lipsia 1911); Salvarsan, Arsenobenzol, ecc. (con S. Hata; Lipsia 1912); Abhandlumen über Salvarsan (Monaco 1911-14).
Teoria delle catene laterali (Seitenkettentheorie). - È stata concepita da Ehrlich per dare una forma materiale e tangibile ai complicati fenomeni dell'immunità (v.), specie dell'immunità umorale caratterizzata dalla comparsa di anticorpi. Secondo E. la genesi degli anticorpi è un fenomeno strettamente connesso con quello della normale assimilazione nutritiva. La materia vivente deve immaginarsi costituita, riguardo alla struttura chimica, a somiglianza di certi composti del benzolo, cioè d'un complesso atomico fondamentale cui si attaccano perifericamente complessi secondarî o "catene laterali" come vengono chiamate dai chimici. Il complesso fondamentale serve alle funzioni elevate e specifiche della cellula. Le catene laterali, combinandosi per affinità chimica con le sostanze alimentari, ne permettono l'assimilazione e la combustione cioè l'utilizzazione nutritiva. Per questo possono chiamarsi nutriceptori o, più generalmente, ricettori cellulari. Gli aggruppamenti atomici della sostanza alimentare e del ricettore cellulare che si combinano tra loro si chiamano gruppi aptofori. Ora, le sostanze capaci di dare anticorpi, cioè gli antigeni, sono sempre costituite di sostanza proteica e come tali hanno comunanza di struttura chimica con gli alimenti proteici, cioè possiedono gruppi aptofori identici a quelli d'alimenti normali: e perciò possono combinarsi coi ricettori di determinate cellule. Quest'unione chimica prelude in condizioni normali all'assimilazione dell'alimento. Quando, invece, si tratta di materiale incongruo come è quello degli antigeni, la trasformazione nutritiva non può compiersi e il ricettore cellulare non può liberarsi del composto con cui s'è legato e rimane inutilizzato per la cellula stessa. La quale allora (se non muore per il danno subìto) reagisce rigenerando nuovi ricettori identici a quello inutilizzato o perduto. La rigenerazione, come di regola, è eccessiva. L'eccesso di ricettori viene espulso dalla cellula e passa nel sangue dove verrà senz'altro a costituire l'anticorpo cioè - se l'antigene era una tossina - l'antitossina. Infatti questo ricettore libero divenuto antitossina, appena incontrerà una molecola di tossina si combinerà tosto, per la reciproca affinità chimica, col gruppo aptoforo della medesima, la quale così perde ogni affinità di combinazione e diviene perciò incapace di legarsi alle cellule dell'organismo e di danneggiarle: in una parola la tossina è resa innocua cioè "neutralizzata". Questa concezione fondata sul giuoco di affinità chimiche reciproche spiega uno dei caratteri fondamentali delle reazioni immunitarie: quello della specificità; per cui un anticorpo, p. es. un'antitossina, non reagisce che col proprio antigene, cioè con la propria tossina e non con altre. Dunque secondo E. un'antitossina non è altro che un frammento del protoplasma d'una cellula sensibile alla tossina, frammento corrispondente ai ricettori cellulari dotati di affinità per i gruppi aptofori della tossina. L'antitossina è semplicemente un ricettore distaccatosi dalla cellula madre e giunto nel sangue. Cosicché quella stessa sostanza che quando fa parte del protoplasma attira e lega una tossina a danno della cellula, quando è distaccata dalla cellula ne rappresenta la più valida difesa perché fissa e neutralizza la tossina prima che raggiunga la cellula stessa. I ricettori cellulari servono, come s'è detto, a fissare gli alimenti. Si può ammettere con E. che non tutti gli alimenti siano ugualmente assimilati. Stando alle proteine, basta che alcune si fissino al ricettore per essere utilizzate. Altre debbono essere prima trasformate e semplificate; per queste la cellula possiede speciali ricettori forniti d'un aggruppamento aptoforo e d' una parte fermentativa (gruppo ergoforo o zimoforo). Oppure l'azione fermentativa è prodotta da un fermento separato dalla cellula e presente nel sangue: il ricettore cellulare possiede allora due gruppi aptofori, uno per l'alimento, l'altro per il fermento circolante. Questo fermento è molto labile, si distrugge facilmente nel sangue estratto dai vasi e perciò per dimostrarlo occorre sangue fresco: si chiama alessina, o complemento, e quindi il gruppo aptoforo corrispondente del ricettore si chiama complementofilo. Si avranno dunque tre tipi diversi di ricettori cellulari. Così si spiegano i tre tipi di anticorpi conosciuti. A) Ricettori di 1° ordine: dànno quegli anticorpi che si legano semplicemente all'antigene neutralizzandolo, ma senza modificarlo altrimenti: per esempio antitossine, antifermenti. B) Ricettori di 2° ordine: dànno quegli anticorpi che si legano e trasformano l'antigene senza bisogno dell'intervento del complemento, quindi senza bisogno di siero di sangue fresco, p. es. anticorpi che agglutinano le cellule o che precipitano albumine disciolte (agglutinine, precipitine). C) Ricettori di 3° ordine: dànno quegli anticorpi che si legano e trasformano l'antigene solo con l'intervento del complemento cioè solo in presenza di siero fresco, per esempio anticorpi che disciolgono cellule, batterî (citolisine, batteriolisine) e altri. In questi casi il ricettore, combinandosi da un lato con l'antigene dall'altro col complemento, funziona da intermediario fra i due: perciò lo si chiama ambocettore. Quindi gli anticorpi derivati dai ricettori di 3° ordine sono ambocettori (v. fig.).