PARLAMENTO (XXVI, p. 368)
Inchiesta parlamentare. - 1. Le origini di questo istituto, come quelle di molti altri relativi alla struttura e alle funzioni dei p., si trovano nella storia costituzionale inglese.
Si fanno risalire al 14° secolo, e in particolare ai regni di Edoardo II e di Edoardo III, i primi esempî di commissione di inchiesta; comunque è soprattutto nel 17° secolo che l'istituto viene applicato a casi di notevole interesse e non riguardanti l'accertamento di operazioni elettorali. Era naturale che, maturando ormai i tempi della supremazia del p., questo sentisse la necessità di acquisire elementi d'informazione sia per meglio legiferare (inchiesta legislativa) sia per meglio controllare l'attività della pubblica amministrazione e l'applicazione delle leggi (inchiesta di carattere ispettivo). In Inghilterra l'istituto dell'inchiesta, dopo essere stato usato nel 18° secolo in episodî famosi (si ricordi l'inchiesta sull'operato del Walpole), decadde rapidamente con l'affermarsi della forma di governo parlamentare. Il rapporto di fiducia collegante la maggioranza al gabinetto faceva venir meno i motivi politici per le inchieste sull'operato del governo e della pubblica amministrazione. Attualmente, poi, anche le inchieste "legislative" o preparatorie dell'attività legiferante, avvengono in genere per mezzo di Commissioni reali formate dal governo, le quali, dopo una congrua istruttoria, sono in grado di fare idonee proposte agli organi governativi competenti. Così l'attività di inchiesta si connette direttamente all'iniziativa legislativa esercitata ormai in Gran Bretagna dal gabinetto, in situazione di quasi monopolio. È negli S. U. A. che l'istituto conserva la maggiore vitalità, essendo i poteri di inchiesta attribuiti non solo a commissioni speciali, ma anche a commissioni permanenti del Senato e della Camera dei rappresentanti. La prima inchiesta dopo l'entrata in vigore della Costituzione del 1787 fu promossa il 27 marzo 1792 dalla Camera dei rappresentanti, per indagare sulle responsabilità concernenti la distruzione da parte degli indiani di un corpo dell'esercito condotto dal generale St. Clair. Il principio della separazione dei poteri e l'antagonismo tra il Congresso e l'amministrazione hanno dato una estensione sempre più vasta al potere d'inchiesta parlamentare, fino a raggiungere l'attività di semplici cittadini o di associazioni private (cfr. l'azione per le loyalty inquiries dell'Un-American Activities Committee della Camera, del Permanent Subcommittee on Investigations of the Committee on Government Operations del Senato).
Nell'Europa continentale la prima inchiesta parlamentare fu quella deliberata nel giugno 1828 dalla Camera dei deputati francesi per indagare sull'attività del ministero Villèle.
La storia costituzionale dimostra come il potere di inchiesta sia stato considerato come implicitamente contenuto negli altri poteri attribuiti ai parlamenti e come un mezzo indispensabile al loro esercizio, al di là di ogni riconoscimento testuale (che manca, per esempio, nella Costituzione statunitense). Peraltro meno certi sono apparsi, di volta in volta, i limiti entro i quali i poteri di inchiesta dovevano esercitarsi, soprattutto nei riguardi delle persone chiamate a testimoniare dinanzi alle commissioni.
2. Lo statuto albertino non faceva alcun accenno al potere di inchiesta delle Camere.
Ciò non impedì (a parte alcune inchieste elettorali, soprattutto nel 1857) che la Camera dei deputati deliberasse, nel dicembre 1862, di costituire una Commissione per indagare sulle cause del brigantaggio nelle province meridionali, e per proporre congrui rimedî. Risultati dell'inchiesta furono la relazione Massari, letta alla Camera riunita in Comitato segreto il 3 e 4 maggio 1863 e la cosiddetta legge Pica sulla repressione del brigantaggio (l. 15 agosto 1863, n. 1409). Tuttavia, la carenza di poteri coattivi da parte della commissione doveva necessariamente limitare le possibilità di acquisire tutti gli elementi desiderati. Ad evitare simili inconvenienti si pensò di fornire qualsiasi commissione, nominata dall'una o dall'altra Camera, di alcuni poteri attribuiti al giudice istruttore dal codice di procedura penale. Ma il Senato si oppose nel 1864 ad un progetto di legge in tal senso, già approvato dall'altro ramo del Parlamento: e la Camera continuò a deliberare inchieste (sulla società delle ferrovie meridionali, sui disordini di Torino del settembre 1864, sulle condizioni morali e politiche della provincia di Palermo). Successivamente con la l. 3 luglio 1875 (per l'esame delle condizioni di pubblica sicurezza in Sicilia) venne costituita una commissione formata prevalentemente da membri delle due Camere, con l'aggiunta di alcuni commissarî nominati dal governo: la legge attribuiva alla commissione poteri coercitivi, rendendosi applicabili alle persone chiamate a deporre le norme contenute nel codice penale per i testimoni renitenti e per quelli colpevoli di falsa testimonianza. Pure con legge fu istituita la Commissione per l'inchiesta agraria, comprendente 4 parlamentari nominati dal governo (oltre agli altri 8 eletti dalle due Camere), che ebbe per presidente e relatore Stefano Jacini.
È impossibile riferire sulle numerose inchieste condotte prima dell'avvento del fascismo: basterà dire che talune furono deliberate dalla sola Camera (come quelle sull'abolizione del corso forzoso nel 1868 e sulla tassa del macinato nel 1871), mentre per altre si provvide con legge sia allo scopo di consentire la formazione di una commissione composta di deputati e senatori, sia, soprattutto, al fine di dotare la commissione stessa di poteri sufficienti (liberandosi anche i funzionarî dal vincolo del segreto di ufficio come avvenne per l'inchiesta sulle spese per la costruzione del Palazzo di Giustizia in Roma). Inoltre, tra le inchieste ricordate e le altre di cui non si è potuto far cenno, alcune ebbero carattere legislativo, altre tendevano ad accertare la situazione di un ramo della pubblica amministrazione, altre infine (cosiddette inchieste personali) miravano ad accertare la responsabilità di singole persone coinvolte in qualche scandalo (così l'inchiesta sul Palazzo di Giustizia si chiuse con la denuncia all'autorità giudiziaria di quanti fossero incorsi in responsabilità penali).
3. La costituzione repubblicana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 contiene un art. 82 dedicato esclusivamente alle inchieste parlamentari. L'articolo è così formulato: "Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i proprî componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei varî gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria". Durante le due prime legislature repubblicane, questo testo, pur offrendo lo spunto ad una serie di studî che individuavano taluni dei problemi cui esso dà luogo, non provocò in sede parlamentare serî dubbi interpretativi.
Nella 1ª legislatura la Camera nominò due commissioni incaricate di indagare, l'una sullo stato della disoccupazione e l'altra sulla miseria e sui mezzi per combatterla. Nella 2ª legislatura entrambe le Camere, con atto bicamerale di carattere non legislativo, si accordarono per costituire una commissione mista, di senatori e deputati, per condurre un'inchiesta sulle condizioni dei lavoratori. È nella 3ª legislatura, e precisamente nel novembre-dicembre 1958, che il Parlamento si trova a dover affrontare i problemi interpretativi di maggiore impegno posti dall'art. 82. Si tratta di indagare sulle responsabilità della pubblica amministrazione a proposito della cosiddetta "anonima banchieri", e cioè dell'azione commerciale svolta in talune zone d'Italia dal sig. Giuffrè o da suoi incaricati, soprattutto mediante mutui pei quali era corrisposto altissimo interesse. Innanzi tutto si decide di procedere con legge alla costituzione di una commissione mista di senatori e deputati, ritenendosi giustamente (malgrado qualche isolato dissenso tra i parlamentari e i giuristi) che l'art. 82 non vieti di far ricorso alla legge per costituire commissioni parlamentari miste: senza dire che la forma di legge avrebbe potuto consentire, se del caso, alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla questione. Tuttavia la modesta controversia insorta su questo punto conteneva, in germe, il problema ben più grave che si sarebbe posto successivamente in ordine ai poteri della Commissione: si domandava, cioè, se l'art. 82 aveva inteso disciplinare in modo integrale il potere di inchiesta delle Camere, con norme valide in ogni caso, o si era limitato a tracciare qualche lineamento da applicarsi soltanto alle inchieste deliberate nei modi e nelle forme previste nel primo comma.
Taluno, pur ritenendo che l'articolo non vietasse di far ricorso alla procedura legislativa per le commissioni miste, ritenne che, in regime di costituzione rigida, il limite relativo ai poteri dell'autorità giudiziaria in ordine alle indagini ed agli esami fosse insuperabile anche con legge ordinaria: in particolare si opinò che nessuna disposizione di legge, che non fosse costituzionale, avrebbe potuto ampliare i poteri di una commissione di inchiesta nel senso di prosciogliere i funzionarî, in contrasto con l'art. 352 cod. proc. pen., dal vincolo del segreto d'ufficio. Altri ritenne invece che l'art. 82 Cost. si limitasse a disciplinare talune modalità del potere d'inchiesta, il quale sarebbe comunque spettato alle Camere anche senza necessità di testuali riconoscimenti; in particolare il limite dei poteri riguarderebbe soltanto le Commissioni formate da ciascuna delle due Camere, e non quelle costituite con legge ordinaria, la quale, dunque, potrebbe disporre in contrasto con gli artt. 352 e 357 (non 351) cod. proc. pen. È da notare come la Camera dei deputati, respingendo un emendamento tendente a liberare i funzionarî dal vincolo del segreto d'ufficio in ordine allo svolgimento dell'inchiesta sulla "anonima banchieri", ha mostrato di accogliere l'opinione più restrittiva. Va peraltro segnalato che, secondo autorevoli esponenti della dottrina, dalla prima tesi non discendono necessariamente le conseguenze restrittive di cui si è detto: o perché si è ritenuto di non potere assimilare al testimone (terzo estraneo) la pubblica amministrazione, o meglio taluni suoi esponenti, qualora l'inchiesta abbia proprio per oggetto il funzionamento della P. A.; o perché si è escluso che i limiti di cui all'art. 82 si identifichino con quelli posti al giudice penale, risolvendosi in principî più generali relativi al rispetto della personalità di ogni soggetto che venga in contatto con autorità giudiziarie di qualsiasi tipo.
È necessario infine rilevare che nella 3ª legislatura, dopo il precedente dell'"anonima banchieri", ci si è orientati verso la costituzione di commissioni miste di inchiesta, mediante la formazione di un atto legislativo (cfr. ora la proposta di legge approvata dal Senato relativamente ai lavori per l'aeroporto di Fiumicino): ciò è avvenuto, oltreché per il motivo già accennato, anche per la mancata armonizzazione delle disposizioni contenute nei regolamenti delle due Camere per il caso che entrambi i rami del Parlamento deliberino di formare una commissione di inchiesta sul medesimo oggetto.
Le Commissioni di inchiesta (da non confondere con le Commissioni "d'indagine" o di onorabilità, organi puramente interni previsti dai regolamenti parlamentari per accertare il fondamento di accuse rivolte a deputaii o a senatori) non possono ovviamente avere nel nostro ordinamento, informato ai principî del governo parlamentare, gli sviluppi e la portata assunti nell'ordinamento americano: ma non sembrano nemmeno destinati all'atrofia che le ha colpite nell'ordinamento inglese, nel quale un rigido bipartitismo accentua le conseguenze implicite nel rapporto fiduciario tra Camere e Gabinetto. Pertanto è opportuno che nei casi, ponderatamente prescelti, in cui il potere di inchiesta verrà esercitato, non si riesca semplicemente alla raccolta di più volumi generalmente ininfluenti sull'attività legislativa (convalidandosi così l'atteggiamento scettico a suo tempo manifestato dall'Arcoleo); ed è altresì auspicabile, per le inchieste sulla pubblica amministrazione o "personali", che si raggiungano precise e documentate conclusioni da sottoporre alle due Camere e, più ancora, alla pubblica opinione.
Bibl.: Per la bibliografia essenziale confronta ampie indicazioni in C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1960, p. 564 e segg. nonché in P. Virga, Diritto Costituzionale, 5ª ed., Palermo 1961, pp. 244 e segg. Per indicazioni storiche e comparatistiche, oltre ai lavori citati in S. Furlani, Le Commissioni parlamentari di inchiesta, Milano 1954, v. ora, per gli S. U. A., Telford Taylor, Grand inquest (The story of congressional investigations), New York 1955.