PARIDE (Πάρις; chiamato anche ᾿Αλέξανδρος)
Principe troiano, più noto nei poemi epici come Alexandros, figlio di Priamo e di Ecuba e poi rapitore e sposo adultero di Elena. Come per diritto di nascita P. rientra in quella serie di principi asiatici famosi per straordinaria bellezza che ha portato loro come destino l'amore e anche la persecuzione degli dèi. Così Ganimede, Anchise amato da Afrodite, Tithonos perseguito da Eos e più alla lontana Pelope amato da Posidone. Questa impronta primaria dovrebbe almeno in certa misura chiarire certe innegabili ambiguità nella figura di P. "eroe di bellezza", così come l'ammirazione e il dispregio di cui lo circondano anche quelli della sua famiglia.
Nella tradizione figurata il documento più antico riferibile a P. anche se non assolutamente sicuro, è il lebete subgeometrico da Tebe nel British Museum con figurazione di un ratto, verosimilmente Elena e P. che l'accoglie sul ponte della sua nave.
Sicuramente attestata già a partire dalla metà del VII sec. a. C. è, invece, la storia della gara di bellezza delle tre dee, Hera, Atena e Afrodite. Come è noto questa tradizione appare ricordata solo in un passaggio di Omero che appunto per questo Aristarco aveva rifiutato (Il., xxiv, 25-30). Le versioni più antiche che ci siano arrivate s'incontrano in un pettine d'avorio dal santuario di Artemide Orthìa e nei frammenti assai lacunosi dell'oinochòe Chigi. E indubbiamente i due monumenti, seppure sostanzialmente contemporanei, rispecchiano due tradizioni assolutamente diverse: nessun punto di contatto invero è possibile riconoscere tra il personaggio autorevole e barbato che, seduto, sembra offrire il pomo nella mano protesa, e il fanciullo stante dell'oinochòe Chigi che si direbbe scelto al suo alto ufficio unicamente in ragione del suo candore giovanile. Figurazioni del giudizio sono menzionate nell'Arca di Kypselos e nel Trono di Amyklai. Nella ceramica corinzia si hanno altre due frammentarie figurazioni dello stesso episodio in cui peraltro il protagonista manca. Di conseguenza è una pura ipotesi quella di ritenere con H. Payne che la curiosa timidezza di P. che tenta sottrarsi fuggendo alle sue tremende responsabilità di giudice, sia un motivo peculiare della tradizione attica. Suggestiva sarebbe anche l'ipotesi di H. L. Lorimer di riconoscere P. arciere uccisore di Achille in due arỳballoi protocorinzi con battaglie miniaturistiche (Brit. Sch. Athens, xlii, 1947, p. 101 ss.). A questo proposito si può ricordare che anche nella ceramica calcidese P. appare nelle vesti di un agile arciere estremamente giovanile, una volta anzi per qualche curiosa assimilazione con Hermes, addirittura provvisto di calzari alati.
Nella ceramografia attica a figure nere P. appare unicamente nella scena del giudizio. Il principe troiano è di solito barbato e in vesti autorevoli, fatto che sembra rendere tanto più assurda la sua timidezza e i suoi tentativi di fuga. Hermes è costretto a impiegare le maniere forti per arrestarlo e lottare con il principe pastore: motivo che non scompare completamente neppure nella ceramografia a figure rosse, come rivela quel curioso excerptum che s'incontra in una grande coppa del Pittore di Pentesilea in cui Hermes e un giovanetto con una lyra appaiono serrati in una lotta che gli antichi esegeti avevano inteso come un'avventura erotica del dio.
Nelle figurazioni del giudizio lo schema è generalmente piuttosto tradizionale e conservativo. Le tre dee avanzano guidate da Hermes, il barbato P. le accoglie sorpreso o più spesso tenta di sottrarsi con la fuga. Una delle più antiche e più vivide immagini dell'eroe gravemente turbato si ha nel frammento da Berlino del Pittore K X (n. 3987, C. Clairmont K. 38, tav. 5) in cui la sola figura di P. impegnata in un gesto di allarme basta a lasciar intendere la drammaticità della scena. Del tutto diversa è invece la figurazione su un'anfora ovoidale del terzo venticinquennio del VI sec. a. C. nel museo di Berlino in cui P. imberbe siede al centro con intorno Hermes, Atena e altre figure disposte in uno schema che ricorda la nascita di Atena. Si tratta del resto di una figurazione assai rozza su cui pesa inoltre la disturbante etichetta di "caricatura" sin dai tempi di Panofka.
Nella ceramografia calcidese P. oltre che come arciere, ritorna in figurazioni del giudizio: e in particolare nel raffinatissimo psyktèr Castellani dove l'eroe è posto a confronto con le tre dee, giovanile e ammantato come nell'oinochòe Chigi o nell'anfora pontica di Monaco da cui deriva il nome di uno dei più significativi artisti del gruppo, il Pittore di Paride.
Nella ceramica attica a figure rosse P. appare sempre giovanile e poetico, di consueto occupato a far musica seduto su una roccia, con intorno gli animali del bosco in un clima di idillio che trova confronto in analoghe seppure più tarde figurazioni di Orfeo. Si può ricordare a questo riguardo che ad Alessandro il Macedone fu mostrata in Ilio una cetra, reliquia del suo omonimo.
La tradizione figurata relativa al giudizio di P. continua del resto con ininterrotta fortuna sino in tarda età romana su vasi dipinti, affreschi e rilievi. Come è naturale, ai troppo semplici schemi lineari delle tre dee in corteo vengono preferiti altri motivi, come quello delle tre dee irraggiate intorno a P. stante o seduto, come per imporre una connessione più serrata alla scena suggerendo allo stesso tempo valori di profondità. Circa la seconda metà del V sec. a. C. una nuova trasformazione si ha nella figura di P. che troviamo oramai quasi costantemente in sontuosi costumi persiani di evidente discendenza teatrale. Il principe siede neghittoso e squisito in atteggiamenti di sognante abbandono, così che anche la cetra sembra un'occupazione troppo faticosa e matenale. E a volte un piccolo Eros viene a suggerirgli all'orecchio le sue persuasive ragioni di scelta. Così anche nei grandi rilievi Spada o nel rilievo, forse di sarcofago, Ludovisi. Nel più famoso tra i rari sarcofagi dedicati a storie di P., quello antoniniano di Villa Medici, la scena del giudizio è concentrata nel campo a destra di chi guarda, mentre nel centro una gloriosa figura di guerriero stante, lo scudo levato, sembra proporre una troppo tarda rivendicazione delle qualità eroiche di Paride.
Si può ricordare da ultimo che in un dipinto pompeiano (H. 1554) figurante una gallina, un'oca e un'anatra dinanzi a un galletto, è stata riconosciuta una singolare parodia del giudizio di Paride.
A partire dagli inizî del V sec. quasi altrettanto numerose che le figurazioni del giudizio si fanno quelle del fatale incontro con Elena e del ratto o partenza consensuale dei due amanti. Le varianti come è naturale sono infinite. Generalmente Elena è seduta e P. stante in nudità eroica la contempla con appassionata intensità: altre volte P. è seduto ed è Elena che si accosta a ricevere l'ospite. A volte ancora, come nella coppa di Berlino F. 2536 Eros sembra concentrarsi su Elena: P. appare indifferente, o almeno non toccato dall'incendio, mentre è la regina ad essere turbata e a presentarsi attorta sul trono, tutta smanie e languori come Fedra.
Più ardua è la questione della corretta lettura delle scene di ratto o di fuga. Come hanno rivelato sia il recente studio di L. Ghali-Kahil e le varie rettifiche e aggiunte che ha provocato, è spesso estremamente difficile distinguere quando si tratti del rapimento da parte di P. o della riconquista da parte di Menelao. E come a dare fondatezza a questi dubbî, il sontuoso skỳphos di Makron, un tempo Spinelli, ora nel museo di Boston, offre le due scene sui lati opposti in formulazioni parallele e nello stesso tempo sottilmente contrastate. In particolare Makron ha saputo caratterizzare con sottile intuito poetico il principe troiano, facendone un eroe da fiaba, un guerriero adolescente e raffinatissimo che conduce per mano Elena come guidandola al ritmo di una musica inaudita. A differenziarlo dagli altri eroi, e come ad indicarne la mollezza quasi femminile, il suo chitòn è più lungo e più finemente piegheggiato che negli altri: e lo stesso carattere Makron ripete nella coppa di Berlino n. 2291, mentre nella coppa le vesti di P. sono un assurdo compromesso tra il molle abbigliamento cerimoniale di una corte e la consueta tenuta di un eroe in spedizione, con il petaso e le due lance. Altre figurazioni del ratto propongono persino una inattesa fuga in carro con cavalli galoppanti ed Elena seminuda, come per commistione con analoghe scene mitiche.
Tra i rilievi riferibili alla storia dell'incontro tra Elena e P. quello ben noto da differenti repliche, di cui la più completa in Napoli, ripete una situazione già esposta nella piccola anfora di Berlino assegnata al Pittore di Heimarmene, con i due protagonisti in una quieta contemplazione piena di tensione intima, in una atmosfera carica di suggestioni e di influenze simboliche.
Estremamente più rare sono le figurazioni di P. combattente. Sono da ricordare a questo proposito un'anfora a figure nere di Monaco n. 1415 e la famosissima coppa con figurazioni epiche di Douris nel Louvre G. 105 dove P. fugge senza ritegno dinanzi a Menelao che lo insegue.
La storia del sogno di Ecuba, che preannunciava già prima della nascita le sventure che si sarebbero dovute a P. e che ebbe come effetto l'esposizione del piccolo principe e il lungo esilio sul Monte Ida, è giudicata di origine relativamente recente. Secondo C. Robert questo motivo favolistico abbastanza comune potrebbe addirittura esser stato ispirato dal racconto dell'infanzia di Ciro, e comunque è da ricondurre con ogni probabilità alla nuova importanza del personaggio P. nella letteratura drammatica attica del V secolo. Ci sono infatti pervenute notizie di un Alexandros di Sofocle e di un altro dramma dello stesso titolo di Euripide più una Krysis, un dramma satiresco ancora di Sofocle, e un Dionysalexandros di Kratinos. È d'altronde verosimile che questo motivo sia stato introdotto per giustificare la tradizione che sul Monte Ida le tre dee si fossero recate a ricevere il giudizio. Si ritiene che il ritorno e il riconoscimento di P. debba vedersi in una bella coppa del Pittore di Brygos in Tarquinia e un'altra praticamente contemporanea nel Museo del Louvre G. 151 (Pittore di Briseide). Un'altra conferma della origine relativamente tarda della storia può vedersi nell'estremo favore con cui essa viene introdotta e ripetuta nel mondo delle urnette e degli specchi etruschi.
Allo stesso modo la saga eolica di Enone, ninfa o divinità locale del Monte Ida, ha un posto estremamente limitato nella tradizione figurata. Si può anzi dire che le rare apparizioni di Enone, come nei due rilievi Spada e in alcuni sarcofagi, hanno riferimento non tanto al mondo della saga più antica, quanto piuttosto ai tardi aspetti novellistici che essa venne a rivestire in età ellenistico-romana. Ugualmente è solo in tardi monumenti come la Tabula Iliaca capitolina o un rilievo di sarcofago che ci viene tramandata un'immagine del momento cruciale della carriera bellica di P., l'uccisione di Achille in un agguato senza gloria.
P. attaccato ed evidentemente destinato ad essere sopraffatto da un altro famoso arciere, Filottete, ci è trasmesso da una modesta urnetta volterrana: con Filottete riconoscibile alla gran chioma selvaggia che attesta il lungo abbandono, nell'esilio di Lemno.
Unitamente ad Elena P. riceveva onori divini o semidivini a Therapnai in Laconia. Il culto comprendeva tra l'altro una sorta di hierogamìa, ed è ragionevole presunzione che dell'eroe esistessero immagini statuarie. Attualmente la più antica scultura, praticamente a tutto tondo riferibile a P. che ci sia giunta è quella dell'arciere del frontone occidentale di Egina, dal radioso volto adolescente e dal corpo modellato in un'aderente guaina di cuoio. Il famoso P. di Euphranor è per noi ancora da situare con assoluta certezza. In realtà la personalità dell'artista rimane per noi assai nebulosa: e comunque non sapremmo riconoscere le travolgenti qualità eroiche o, per lo meno, superumane di uccisore di Achille, giudice delle tre dee e amante di Elena che gli antichi vantavano per questa scultura nel fragile e languido Adolescente Lansdowne e repliche. Il tipo Lansdowne deve tuttavia aver raffigurato P., come conferma l'immagine sul trono di Luni nel museo di Torino che, secondo una recente ipotesi, dovrebbe conservare le immagini dei più famosi Alessandri, da P. troiano sino al grande Macedone. Altre tentative identificazioni hanno proposto di vedere P. nel romantico Ares Borghese, nel Perseo bronzeo da Anticitera e persino nel Meleagro di Villa Medici. Solo dalla tradizione è ricordata una statua di P. ferito nelle terme di Zeuxippos in Costantinopoli (Christodoros, Ekphraseis, 215 ss.). In base al rilievo di Napoli si può proporre come P. un tipo statuario con il mantello sul dorso noto attraverso alcune repliche tutte acefale. Il Paride seduto Torlonia, n. 218, Vaticano, Chiaramonti, n. 37, dovrebbe risalire a un tardo archetipo ellenistico che nelle pesanti vesti orientali si affianca ai tipi di Attis. Non pochi tipi giovanili dal tenero corpo adolescente e dal berretto frigio possono ancora offrire incertezza di identificazione tra le personalità di Ganimede, Mithra o Attis.
Monumenti considerati. - Lèbes subgeometrico da Tebe: R. Hampe, Die Gleichnisse Homers, Tubinga 1952, tav. 18 b. Pettine di avorio da Sparta: Artemis Orthia, Oxford 1929, p. 223. Arỳballoi protocorinzi: An. Brit. Sch. Athens, xlii, 1947, p. 101. Cratere calcidese Würzburg: E. Langlotz, n. 100. Coppa del Pittore di Pentesilea: Élite, 2 vol., 53. Anfora attica ovoidale, Berlino: C. Clairmont, Paris Urteil, K. 21. Vasi calcidesi con giudizio di P.: A. Rumpf, Chalkidische Vasen, n. 108, 150, iii, 192. Anfora pontica Monaco: P. Ducati, Pontische Vasen, Lipsia 1932, tav. i. Stàmnos del Pittore di Syleus: Arch. Zeit., 1883, tav. 15. Coperchio di pyxis a Copenaghen: C. Clairmont, op. cit., tav. 35. Sarcofago di Villa Medici: M. Cagiano de Azevedo, Le antichità di Villa Medici, n. 43. Dipinto pompeiano con parodia: Helbig, 1554. Coppa attica Monaco 1951: G. Lippold, Gemäldekopien, Monaco 1951, p. 45, 2. Skỳphos di Makron a Boston: L. Ghali-Kahil, op. cit. bibl. tav. 48. Coppa Berlino 2536: G. Lippold, op. cit., p. 26, fig. 16. Lèkythos con Elena sul carro: L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. vi, 1. Anforisco di Heimarmene: Furtwängler-Reichhold, tav. 170, 2. Anfora a figure nere Monaco 1415: C.V.A., tav. 45, 2. Coppa del Louvre, Douris, G. 115: J. C. Hoppin, Black-fig., i, 245. Coppa del Pittore di Brygos, Tarquinia: Corolla Curtius, tav. 48. Coppa Louvre G. 151: Mon. Inst., 1856, tav. 14. Rilievi con Enone: Schreiber, Hellenistiche Reliefbildern, tav. 10. Tabula Iliaca: L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. 74. Sarcofago Madrid: K. Robert, Antike Sarkophagreliefs, ii, tav. xxv, n. 62. Urna con Filottete: Roscher, iii, c. 1638. P. Lansdowne: C. Manino, in Riv. Ist. Arch. St. dell'Arte, N. S., v-vi, 1956-1957, p. 133. Rilievo di Napoli: T. Krauss, in Mitt. d. Inst., v, 1952, p. 144 ss.
Bibl.: A. Furtwängler, Meisterwerke, Lipsia-Berlino 1893, p. 578 ss.; K. Robert, in 19. Hall.-Winckelmannspr., 1895, p. 21 ss.; J. Overbeck, Galerie heroischer Bildwerke, Braunschweig 1853, p. 206 ss.; Türk, in Roscher, III, 1897-909, c. 1580; 1603 ss.; E. Wüst, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1948, c. 1484 ss.; C. Clairmont, Das Parisurteil, Zurigo 1951; G. Lippold, Antike Gemäldekopien, Monaco 1951, p. 21; 38 ss.; E. Belefeld, in Wiss. Zeitschrift Greisfwald, I, 1951, p. 38, 127; L. Ghali-Kahil, Les enlèvements et les retours d'Helène, Parigi 1955; Th. Krauss, in Mitt. d. Instituts, V, 1952, p. 147 ss.; W. Fuchs, Die Vorbilder neuattischer Reliefs, Berlino 1959, p. 138; N. Dacos, in Bull. Corr. Hell., LXXXV, 1961, p. 435 ss.