PARAIBIOS (Παραίβιος)
Eroe trace connesso alla leggenda di Fineo (v.).
Si narra che il padre di Fineo avesse abbattuto una quercia sacra a una amadriade, sebbene questa lo scongiurasse di risparmiarla. Perciò la ninfa punì lui e suo figlio, finché Fineo, per consiglio di P., che divenne da allora il suo migliore amico (cfr. anche Apollonio Rodio, Argonaut.; ii, vv. 458 ss.), eresse un altare e offrì un sacrificio espiatorio placando la ninfa offesa.
Un vaso àpulo rappresenta, secondo la versione tramandata anche da Apollonio, gli Argonauti discesi dalla nave, le Arpie fuggenti inseguite dai Boreadi e P. in abito orientale, con mitria frigia e tunica ricamata, appoggiato ad un'asta, accanto a Fineo cieco e a Giasone, presso la tavola con i cibi insozzati.
Questa scena si ripete con alcune notevoli varianti, che ne inducono a postulare una derivazione da una versione anteriore, o comunque diversa, del mito, su un cratere a colonnette a figure rosse, dell'inizio del IV sec. a. C., che sembra provenire da una tomba di Altamura di Puglie. Il giovane dai lunghi capelli, con corta tunica, clamide pendente dal braccio sinistro e alti calzari con corregge, che si avventa con due lance contro Borea (alato, in piedi davanti al cieco Fineo assiso alla tavola contaminata) può identificarsi con P., seppure il nome dell'amico fedele del re trace è più antico della tradizione raccolta da Apollonio.
Bibl.: Höfer-Stoll, in Roscher, III, i, 1897-909, c. 1566, s. v.; A. Flasch, Phineus auf Vasenbilder, in Arch. Zeit., XXXVIII, 1880, col. 140. Sull'anfora àpula: Duc de Luynes, Phinée delivré des Harpyes par les Argonautes, in Ann. Inst., XV, 1843, pp. 12-14 (illustraz. in Mon. Inst., 1843, tav. XLIX). Sul vaso Jatta: G. Jatta, Fineo e Borea, in Ann. Inst., LIV, 182, pp. 90-99, tav. d'agg. O.