GIOVANNI XIV, papa
Pietro fu vescovo di Pavia, terzo di questo nome, dal 971-972 al 983. Nulla sappiamo di certo sulle sue origini. Secondo una notizia contenuta nel Liber pontificalis, la città natale di Pietro dovrebbe essere stata Pavia. Alcuni storici (Manaresi 1924 e Hoff) ritengono che appartenesse alla famiglia degli Obertenghi: indipendentemente da ogni concreta identificazione, si può comunque ritenere che Pietro discendesse da una nobile famiglia.
La sua carriera politica ed ecclesiastica prima della consacrazione papale fu favorita soprattutto dagli imperatori Ottone I e Ottone II e dall'imperatrice Teofano; già la sua elezione a vescovo di Pavia era stata ottenuta grazie all'appoggio di Ottone I durante il periodo in cui si era trattenuto in Italia, fra il 966 e il 972.
Che in lui sia da identificare l'omonimo cancelliere di Ottone I che fu in carica tra il 971 e il 973, è questione ancora aperta tra gli storici; quel che è certo è che il vescovo di Pavia fu, dopo la morte di Ottone I, in stretto contatto con il figlio e successore di questo, l'imperatore Ottone II. Egli è infatti l'unico vescovo italiano la cui presenza sia stata più volte documentata alla corte di Ottone II, quando questi risiedeva al di là delle Alpi, negli anni tra il 973 e il 980. Pietro di Pavia ottenne così, dietro sua richiesta, nel novembre 976 a Nimega, la conferma di tutti i possessi della sua Chiesa vescovile e la concessione dell'immunità. Probabilmente egli risalì poi il Reno in compagnia di Ottone II e festeggiò il Natale del 976 a Colonia insieme con la corte. Non sappiamo quanto a lungo Pietro si sia in seguito trattenuto a nord delle Alpi, ma è attestato che nel giugno 980 egli si trovava presso la corte imperiale. Egli compare infatti in un diploma di Ottone II, datato da Aquisgrana, per i figli del conte Rimbaldo di Treviso, in favore dei quali Pietro era intervenuto presso il sovrano. Dopo la morte (980) di Uberto, vescovo di Parma, che dal 966 era stato arcicancelliere per l'Italia, Pietro fu chiamato a ricoprire questa carica.
Poco sappiamo dell'attività di Pietro nella sua diocesi. In qualità di vescovo sembra aver tentato, in un primo tempo, di porre sotto il proprio controllo il monastero di S. Salvatore di Pavia, fondato dall'imperatrice Adelaide. Il monastero, tuttavia, era stato posto sotto la protezione della Sede apostolica da Giovanni XIII nel 972, per venire incontro al desiderio dell'imperatrice. Con una sua lettera, il papa informò Pietro di questa situazione e gli vietò di attentare ancora ai diritti di S. Salvatore. Più tardi Gerberto d'Aurillac, nella sua qualità di abate di Bobbio, ebbe a sua volta a lamentarsi, in una lettera indirizzata a Pietro di Pavia, perché questi aveva collaborato all'alienazione di beni del suo monastero.
Alla discesa, nel dicembre 980, di Ottone II in Italia, dove l'imperatore si trattenne fino alla morte, avvenuta il 7 dic. 983, il vescovo di Pavia e arcicancelliere per l'Italia divenne presto uno dei suoi principali consiglieri. Come prima di lui Uberto di Parma, anche Pietro svolse funzioni che potremmo definire di "vescovo di corte": accompagnò spesso il sovrano durante i suoi viaggi in tutta Italia e divenne così il più importante tramite fra l'imperatore e i vescovi e abati della penisola. Ciò appare evidente, per esempio, nei suoi interventi, registrati nei diplomi imperiali, in favore delle Chiese vescovili di Cremona, Lucca e Lodi e dei monasteri di S. Clemente a Casauria e S. Vincenzo al Volturno. In un caso egli intervenne anche in favore di un mercante di Como.
Tra l'agosto 981 e l'aprile 983, Pietro svolse un'intensa attività quale "missus domini imperatoris" presiedendo una serie di placiti, soprattutto in diverse località dell'Italia centrale. Al seguito del vescovo compaiono, in quelle occasioni, giudici di Pavia e di altre città italiane; alle assemblee giudiziarie parteciparono inoltre parecchi conti e vescovi. Tra costoro vi era anche il vescovo Gerberto di Tortona (979-983), che agiva anch'egli in qualità di missus imperiale, e che era stato in precedenza cancelliere di Ottone II (978-979). In qualche caso - come a Salerno nel dicembre 981 - Pietro prese parte a un placito presieduto personalmente dall'imperatore. Ottone II affidò al suo missus e arcicancelliere anche il delicato compito di appoggiare il monastero di Farfa nei suoi tentativi di recuperare possessi che gli erano stati sottratti.
Nella primavera-estate del 982 Pietro partecipò alla spedizione di Ottone II nell'Italia meridionale e alla grande battaglia contro i Saraceni.
Dopo aver superato il confine dei territori bizantini nell'Italia meridionale, Ottone II compare nei protocolli di parecchi diplomi con il titolo di "imperator Romanorum"; l'uso di questa intitolazione deve essere collegato soprattutto con un problema di concorrenza con l'imperatore di Costantinopoli. L'impiego della formula "imperator Romanorum" per indicare Ottone II deve essere probabilmente attribuito all'iniziativa del suo arcicancelliere, che figura quale interveniente nel primo dei diplomi in cui compare questa intitolazione. Infatti proprio quando, nel 976, il titolo "imperator Romanorum" era stato impiegato una prima volta in due diplomi di Ottone II, emanati però al di là delle Alpi, Pietro di Pavia si trovava alla corte imperiale. Egli deve essere perciò considerato o l'ispiratore dell'intitolazione "romana" di Ottone II, o almeno colui che ne era stato il tramite.
Dopo la sconfitta nello scontro con i Saraceni avvenuto nel luglio 982 a Capo Cotrone, presso Rosssano, Pietro tornò a Roma con Ottone II e l'imperatrice Teofano. Di qui egli intraprese ancora alcuni viaggi in qualità di missus e presiedette placiti in diverse località. Nell'aprile 983 partecipò, insieme con Gerberto di Tortona, entrambi in qualità di missi imperiali, a un placito presieduto da papa Benedetto VII. Nel maggio-giugno successivi, Pietro era fra i partecipanti a un'assemblea di grandi, laici ed ecclesiastici, di provenienza italiana e transalpina, nel corso della quale fu rinnovato il trattato con i Veneziani, e in cui - forse non casualmente - figura per la prima volta anche Pavia.
Non sappiamo esattamente quando Pietro sia stato eletto papa dopo la morte di Benedetto VII. Pietro accompagnò l'imperatore nei suoi spostamenti durante tutta l'estate e ancora in autunno, nel corso di una nuova spedizione in Puglia; di qui essi tornarono a Roma passando per Capua. In un diploma del 24 ag. 983 Pietro compare ancora come vescovo di Pavia. Altri punti di riferimento cronologici si possono dedurre da una nuova proposta di datazione dei diplomi di Ottone II del 983 (Alvermann). Secondo tale ricerca, Pietro comparirebbe come arcicancelliere negli escatocolli dei diplomi imperiali fino al novembre 983.
Probabilmente Pietro fu elevato al soglio pontificio solo nel novembre-dicembre 983, dopo il ritorno a Roma dell'imperatore. La durata del pontificato, indicata dalla maggior parte delle fonti in otto mesi, va letta come un valore arrotondato, dedotto dalla data di morte di Giovanni XIV. Le prime notizie cronologicamente abbastanza sicure sul pontificato di G. si riferiscono al dicembre 983. All'inizio di questo mese il papa consacrò, per intercessione dell'imperatore, il diacono Alone come arcivescovo di Benevento. Con un privilegio del 6 dic. 983 G. concesse al nuovo arcivescovo il pallio e il diritto di consacrare i vescovi di quattordici sedi vescovili. Il giorno successivo Ottone II morì; erano presenti il papa, l'imperatrice Teofano e altri ecclesiastici. G. si preoccupò di organizzare le esequie imperiali e fece in modo che il corpo di Ottone II venisse deposto in un antico sarcofago all'entrata orientale del vestibolo di S. Pietro, detta "il Paradiso".
Con la morte di Ottone II G. perse il suo principale appoggio. Poiché a Roma contava su ben pochi sostenitori, la sua situazione si fece presto difficile. Non sono praticamente pervenuti documenti databili ai mesi successivi che testimonino di una sua attività come papa. A parte il già citato privilegio per Benevento, solo pochi altri documenti, privi di datazione, potrebbero essere collegati al pontificato di G.: una conferma dei possessi per il monastero di Echternach ai tempi dell'abate Ravangero e un mandato per il duca anglosassone Aelfric.
Nell'aprile 984 tornò a Roma dall'esilio di Costantinopoli Bonifacio VII, che era stato privato per ben due volte della sua carica dall'imperatore Ottone II. L'imperatore bizantino, dopo la morte del suo concorrente occidentale, aveva assicurato il suo appoggio a Bonifacio, per ridurre o addirittura annullare l'influenza dei fautori di Ottone II a Roma e nell'Italia meridionale: erano soprattutto i principati longobardi di Benevento, Capua e Salerno a costituire i punti di forza della politica imperiale di Ottone II, e la cosa, in un'ottica bizantina, appariva molto pericolosa. Bonifacio VII ritrovò abbastanza rapidamente consenso e appoggio, agevolato dalla difficile situazione in cui si trovava G., che aveva ottenuto il pontificato solo con l'aiuto dell'autorità imperiale: G. fu così arrestato e deposto (anche se non si hanno tracce di un formale procedimento di deposizione) e rinchiuso in Castel Sant'Angelo.
Qui G. morì, di fame o di veleno, dopo una prigionia di quattro mesi il 20 ag. 984. È dubbio che G. sia stato sepolto in S. Pietro già durante il pontificato di Bonifacio VII. Secondo la testimonianza della maggioranza delle fonti, G. fu sepolto vicino alla tomba di Giovanni VIII, che si trovava presso la "portam iudicii". Opicino de Canistris colloca al contrario la tomba di G. nella cappella dell'arcangelo Raffaele.
L'epitaffio (pubblicato in Die Ottonenzeit), visto da Mallio che l'attribuì a Giovanni X, non dice nulla della sua fine tragica. Vi si ricorda invece il nome con il quale fu vescovo di Pavia (v. 2: "qui Petrus antea extiterat"), il suo legame con l'imperatore Ottone II (v. 4: "imperatori Octoni dulcis fuit atque praeclarus") e le doti di eloquenza (v. 6: "dulcis in eloquio"), mitezza e carità (v. 7: "subiectus placidus, pauperibus pius") con le quali seppe governare il popolo romano (v. 5: "commissum populum Romanum in omnibus instruens").
Fonti e Bibl.: Opicino de Canistris, Liber de laudibus civitatis Ticinensis, a cura di R. Maiocchi - F. Quintavalle, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XI, 1, p. 10; Acta concilii Remensis ad sanctum Basolum auctore Gerberto archiepiscopo, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, III, Hannoverae 1839, p. 672; Annales Einsidlenses, a cura di G.H. Pertz, ibid., p. 143; Bernoldus monachus S. Blasii, Chronicon, a cura di G.H. Pertz, ibid., V, ibid. 1844, pp. 399, 423; Hermannus Contractus, Chronicon, a cura di G.H. Pertz, ibid., p. 117; Chronicon Suevicum universale, a cura di H. Bresslau, ibid., XIII, ibid. 1881, p. 69; Martinus Oppaviensis, Chronicon pontificum et imperatorum, a cura di L. Weiland, ibid., XXII, ibid. 1872, p. 432; Dialogi de miraculis sancti Benedicti auctore Desiderio abbate Casinensi, a cura di G. Schwartz - A. Hofmeister, ibid., XXX, 2, Lipsiae 1934, pp. 1127 s.; Conradi I Heinrici I et Ottonis I diplomata, a cura di Th. Sickel, Ibid., Diplomata regum et imperatorum Germaniae, I, Hannoverae 1879-84, nn. 401-403, 407-410, 412, 413, 429 pp. 546-550, 554-565; Ottonis II diplomata, a cura di Th. Sickel, ibid., II, 1, ibid. 1888, nn. 144, 220, 239, 248, 256, 272, 312, 316 ("archicancellarius", nn. 238-317); Thietmarius Merseburgensis episcopus, Chronicon, a cura di R. Holtzmann, Ibid., Scriptores rerum Germanicarum. Nova series, IX, Berolini 1935, p. 128 (III, 25); Die Ottonenzeit, a cura di K. Strecker - N. Fickermann, Ibid., Antiquitates, Die lateinischen Dichter des deutschen Mittelalters, V, 1, Lipsiae 1937, p. 336; Die Briefsammlung Gerberts von Reims, a cura di F. Weigle, Ibid., Die Briefe der deutschen Kaiserzeit, II, Weimar 1966, nn. 5, 14, 22, 23, 40; Gerbertus Aureliacensis, Acta concilii Remensis ad sanctum Basolum, a cura di A. Olleris, Paris 1867, p. 206; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 259; Ugo di Farfa, Destructio monasterii Farfensis, a cura di U. Balzani, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXIII, Roma 1903, p. 47; Gregorio di Catino, Chronicon Farfense, a cura di U. Balzani, ibid., XXXIV, ibid. 1903, p. 244; T. Alfarano, De basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura, a cura di M. Cerrati, Roma 1914, p. 118; Petri Mallii descriptio basilicae Vaticanae aucta atque emendata a Romano presbitero, in Codice topografico della città di Roma, III, a cura di R. Valentini - G. Zucchetti, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XC, Roma 1946, p. 417; Maffeo Vegio, De rebus antiquis memorabilibus basilicae S. Petri Romae, ibid., IV, ibid., XCI, ibid. 1953, p. 380; I placiti del "Regnum Italiae", a cura di C. Manaresi, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XCVI, 1, Roma 1957, nn. 189, 190, 195, 198-202, e ad indicem; Papsturkunden 896-1046, a cura di H. Zimmermann, I, 896-996, Wien 1988, nn. 220, 281-283; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen Kaisern mit den Listen der Bischöfe 951-1122, Leipzig-Berlin 1913, p. 142; C. Manaresi, Le pergamene di S. Bartolomeo in Strada di Pavia, in Arch. stor. lombardo, LI (1924), p. 334; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300. La Lombardia, II, 2, Bergamo 1932, pp. 402-405; E. Hoff, Pavia und seine Bischöfe im Mittelalter, Pavia 1943, pp. 177-195; R.U. Montini, Le tombe dei papi, Roma 1957, n. 137 p. 162; H. Zimmermann, Papstabsetzungen des Mittelalters, Graz-Wien-Köln 1968, pp. 102 s.; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, ibid. 1969, n. 611 p. 246, nn. 621-634 pp. 250-255; R. Pauler, Zum Kanzler Ottos des Grossen, Petrus von Pavia, und einem angeblich gefälschten Papstbrief, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LX (1980), pp. 507-510; Id., Das Regnum Italiae in ottonischer Zeit. Markgrafen, Grafen und Bischöfe als politische Kräfte, Tübingen 1982, pp. 118-121; A.A. Settia, Pavia carolingia e postcarolingia, in Storia di Pavia, II, L'alto Medioevo, Milano 1987, p. 97; M. Borgolte, Petrusnachfolge und Kaiserimitation. Die Grablegen der Päpste, ihre Genese und Traditionsbildung, Göttingen 1995, pp. 127, 134; D. Alvermann, Datierungsprobleme in den Diplomen Ottos II. und das Itinerar des Kaisers im Jahre 983, in Documenti medievali greci e latini. Studi comparativi, Atti del Seminario di Erice… 1995, a cura di G. De Gregorio - O. Kresten, Spoleto 1998, pp. 346-352; Diz. storico del Papato, a cura di Ph. Levillaine, I, p. 649.