SOLAROLI, Paolo
– Nacque a Novara l’8 dicembre 1796 da Antonio e da Antonia Olgusta.
Di umili origini, le prime notizie biografiche lo descrivono impegnato a esercitare dapprima il mestiere di sarto nell’armata sabauda e poi, coinvolto nei moti carbonari e liberali del 1821, rifugiarsi in Spagna dove avrebbe combattuto a fianco dei costituzionalisti. La partecipazione di Solaroli ai moti costituzionali spagnoli, in realtà, fu accreditata da alcune note e da articoli della Rivista storica del Risorgimento diretta da Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. Proprio il direttore e quadrumviro della marcia fascista su Roma la avvalorò con due saggi pubblicati nel 1934, nonostante l’incertezza delle fonti. In precedenza, Telesforo Sarti nel suo lavoro del 1880 sui rappresentanti del Parlamento italiano non aveva affatto menzionato la presenza di Solaroli nelle lotte iberiche del cosiddetto triennio liberale (o costituzionale). Alcuni studi più recenti (Vialardi di Sandigliano, 2006) sottolineano, anzi, come alcune dichiarazioni giurate rese a Londra dallo stesso Solaroli davanti alla Prerogative Court of London rendano difficile, se non molto improbabile, la partecipazione a quei significativi fatti d’arme spagnoli (le battaglie del Mulino del re presso Barcellona e quella di Bidassoa) che il direttore della Rivista gli attribuiva. Sono molteplici, in effetti, gli episodi citati in quella biografia a lasciare adito a dubbi sulla loro veridicità: dalla partecipazione alle battaglie citate fino alla prima campagna di Birmania con il British East India Company Army, messa in dubbio da Vialardi, e al grado di capitano ottenuto in quello stesso periodo.
Alla fine del 1823 Solaroli era al Cairo dove si arruolò nelle truppe del viceré ottomano Muhammad ῾Ali Pasha (Mehmet Ali). La sua permanenza in Egitto non durò tuttavia a lungo. Forte della presentazione di alcuni ufficiali inglesi, partì ben presto alla volta dell’India per offrire i suoi servigi alla East India Company. Nel subcontinente giunse nel 1826, alla fine di quella prima guerra anglo-birmana cui, come detto, non è certa la sua partecipazione. Nel 1830, grazie alla presentazione di Antonio Reghellini, uomo d’arme vicentino, già da qualche anno al soldo del Sultanato di Sardhana, entrò al servizio della begum (regina) Farzana Zeb un-Nissa. Appena pochi mesi dopo, ne sposò la figliastra Giorgiana Dyce, sorella di quel David Ochterlony Dyce Sombre, che, tramite la moglie Mary Ann Jervis figlia del visconte di St. Vincent, sarebbe entrato ben presto nella migliore società britannica e negli ambienti vicini alla corte della regina Vittoria.
La morte della vecchia begum nel 1836 permise a Solaroli e alla moglie di ereditare una cospicua somma di denaro che venne ben presto incrementata da alcuni affari condotti sempre in India, dai risarcimenti ottenuti a causa dell’indebito incameramento del Regno di Sardhana da parte della Compagnia delle Indie e dalla divisione del patrimonio del cognato David, dichiarato pazzo dopo un lungo processo intentato dalla di lui moglie e in cui Solaroli stesso ebbe una parte assai rilevante. La stampa europea dell’epoca dette ampio risalto a queste vicende che avrebbero ispirato perfino il titolo di un romanzo di Jules Verne – Le 500 million de la bégum (1879) – e, secondo alcuni, la figura di Yanez de Gomera tratteggiata da Emilio Salgari nel ciclo dei romanzi di Sandokan.
Preceduto dal fascino di una vita avventurosa e, soprattutto, dalla fama dei suoi averi, sul finire del 1843 Solaroli ritornò nel Piemonte di Carlo Alberto dal quale ricevette ben presto il titolo di barone (23 aprile 1844) e, nel dicembre dello stesso anno, quello di colonnello onorario del genio. Non furono certo estranee alla concessione delle attribuzioni quelle ricchezze, valutate tra le maggiori del Regno di Sardegna (e successivamente di quello d’Italia) per un ammontare di quasi 5 milioni di lire dell’epoca (Cardoza, 1999, p. 93).
Nel 1847 divenne membro del Consiglio divisionale di Novara in rappresentanza del Comune di Pallanza, rimanendo in carico fino al 1850.
Nel 1848 nacque il suo primogenito al quale venne dato il nome di Carlo Alberto. Seguirono altri quattro maschi, mentre una femmina era nata in precedenza durante la permanenza nel Regno di Sardhana.
La prima guerra d’indipendenza lo vide partecipare prima come maggiore generale ai fatti d’arme di Rivoli Veronese, sull’Adige, del giugno del 1848 per i quali fu insignito della medaglia d’oro (la prima attribuita a un rappresentante dell’arma del genio), e poi alla difesa di Novara nel marzo del 1849. Fu inoltre protagonista dell’arresto del generale Gerolamo Ramorino ritenuto responsabile della sconfitta. Conquistatosi la fiducia di Vittorio Emanuele II, fu incaricato di organizzare il ritorno in patria della salma di Carlo Alberto esule a Oporto dopo l’abdicazione. Nel 1849 venne nominato aiutante di campo onorario del sovrano, carica che assunse in maniera effettiva nella seconda guerra d’indipendenza (1859).
Della sua partecipazione alla campagna e di altri momenti cruciali del periodo risorgimentale restano alcune memorie – Diari delle campagne 1848-1856-1866 – pubblicate da Luigi Chiala in appendice ai Ricordi (1847-1875) di Michelangelo Castelli (Torino-Napoli 1888).
Nel dicembre del 1849, dopo lo scioglimento della Camera ostile al trattato di pace con l’Austria, Solaroli venne eletto deputato nel collegio di Novara, di cui fu rappresentante anche nelle successive legislature (V, VI, VII e VIII).
Nel periodo immediatamente precedente la guerra di Crimea, su pressione di James Hudson ambasciatore britannico a Torino, egli si sarebbe speso per la creazione di un corpo di spedizione di volontari italiani a Malta da affiancare agli inglesi, ma le trattative di pace giunsero prima della partenza dei volontari.
Solaroli partecipò alla seconda guerra d’indipendenza come aiutante di campo effettivo di Vittorio Emanuele. In tale qualità egli fu, di fatto, l’emissario personale del sovrano: in Italia presso il rappresentante del governo britannico Hudson e, all’estero, presso il primo ministro inglese Henry John Temple, visconte di Palmerston e il responsabile della politica estera John Russell. Svolse due missioni a Londra nel periodo cruciale per l’unità italiana: tra la fine del 1859 e l’inizio del 1861, ovvero fra il trattato di Villafranca e la proclamazione del Regno d’Italia. Ebbe così modo di riportare personalmente a Vittorio Emanuele le reali posizioni del governo britannico sulla situazione determinatasi dopo l’insurrezione toscana e la partenza dei Mille di Garibaldi.
Il frutto dei suoi colloqui con i rappresentanti della regina Vittoria, le raccomandazioni britanniche sull’atteggiamento da mantenere nei confronti degli eventuali tentativi garibaldini di arrivare fino a Roma o di qualsiasi intervento che potesse sembrare di aiuto alle rivendicazioni indipendentistiche del popolo ungherese e che avrebbero potuto minacciare definitivamente ogni tentativo di unità nazionale italiana, sono tutti illustrati nelle sue lettere al re poi pubblicate nel 1934 sulla Rivista storica del Risorgimento.
Egli aveva registrato, inoltre, facendone partecipe il sovrano, le pressanti raccomandazioni per il ritorno del conte Camillo Benso di Cavour alla guida del governo e infine i suggerimenti per la sistemazione definitiva dell’Italia centrale che scongiurarono ogni ipotesi di confederazione sotto l’egida francese che ancora si prospettava.
Nell’agosto del 1861 venne infine decorato della croce ufficiale dell’Ordine militare di Savoia per i suoi meriti nella campagna meridionale.
Partecipò alla terza guerra d’indipendenza (1866), al termine della quale ebbe l’incarico onorifico di riportare a Monza la corona ferrea d’Italia. Nel 1867, infine, a conclusione di una carriera militare e politica di rilievo, Vittorio Emanuele gli concesse il titolo ereditario di marchese di Briona.
Fu proposto, durante la presidenza del consiglio di Giovanni Lanza, al laticlavio senatoriale, senza peraltro che ciò si concretizzasse in una nomina effettiva.
Morì ottantunenne a Torino il 10 luglio 1878.
Fonti e Bibl.: D.O. Dyce Sombre, Mr. Dyce Sombre’s refutation of the charge of lunacy brought against him in the Court of Cancery, Paris 1849; T. Sarti, I rappresentanti del Piemonte e d’Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma 1880, ad vocem; G.C. Boase, Dyce-Sombre, David Ochterlony, in Dictionary of national biography, a cura di L. Stephen - S. Lee, XVI, London 1888, ad vocem; Carteggio politico di M. Castelli, a cura di L. Chiala, Torino 1890, pp. 233 s.; E. Bonardi, Il primo marchese di Briona. La galleria d’armi del castello di Briona. I freschi del villaggio di Briona. Appunti, Torino 1909; M. Noppeney, Un héritage légendaire. Reinert, dit “Sombre” natif de Larochette et Radiah de Sardahana. Le testament de la Begum, in Luxemburger illustrierte, II (1925), 16, p. 248; C.M. De Vecchi di Val Cismon, Del generale P. S., del re Vittorio Emanuele II, di una missione segreta nel 1859 e di altre cose ancora, in Rassegna storica del Risorgimento, XXI (1934), 4, pp. 657-704; Id., P. S. a Londra nel dicembre 1860, ibid., 6, pp. 1189-1210; P. Pieri, Il generale Chrzanowski e la mancata difesa del Ramorino alla Cava, in Rassegna storica del Risorgimento, XXXVII (1950), 1-4, pp. 399-410.
A. Aspesi, Il generale P. S. marchese di Briona, in Bollettino storico per la provincia di Novara, LXIX (1978), 1, pp. 3-12; A.L. Cardoza, Patrizi in un mondo plebeo, Roma 1999, ad ind.; T. Vialardi di Sandigliano, Un soldato di ventura alla corte indiana di Sardhana: P. S. novarese, in Studi piemontesi, XXXV (2006), 2, pp. 333-346; M.H. Fisher, The inordinately strange life of Dyce Sombre, victorian Anglo-Indian MP and ‘chancery lunatic’, London 2010; E.M. Simini, Antonio Reghellini governatore di Sardhana. Un oriundo scledense alla corte della begum Samru, Schio 2015; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/paolo-solaroli-17961202#nav.