SANTONINO, Paolo
SANTONINO, Paolo. – Nacque a Stroncone, nell’Umbria meridionale (diocesi di Narni), presumibilmente intorno al 1440. Mancano notizie sulle origini e la formazione. Il padre Giovanni (morto prima del 1473) è detto dal figlio spectabilis et sapiens, segno di una condizione professionale elevata.
Santonino potrebbe essere identificato con quel Paulus Johannis de Stronconio che il 20 gennaio 1465 finì di copiare un codice membranaceo del De contractibus et usuris di s. Bernardino da Siena, ora prima scrittura del ms. 15 della Biblioteca storico-francescana di Chiesa Nuova ad Assisi (Kristeller, 1990, p. 469). Questo Paolo di Giovanni era coadiutore del notaio Girolamo Ronchi da Faenza, dal 1451 al 1465 cancelliere del Comune di Perugia, nella cui casa viveva; svolgeva anche l’attività di copista, come dimostra l’elenco di manoscritti di autori latini, in parte ancora slegati, e di strumenti scrittori a lui appartenenti che furono trovati in casa del cancelliere il 12 febbario 1465 (Il notariato a Perugia, 1973, pp. 278 s.). Un suo fratello maggiore potrebbe essere il medico magister Ludovicus Ioannis de Stronchonio, dal 1465 cittadino di Perugia, che morendo nel 1484 lasciò 39 libri, a stampa e manoscritti, di filosofia e di medicina. Nell’attività professionale comunque Santonino usò sempre il cognome accanto al patronimico, nella forma «Paulus quondam ser Ioannis de Sanctoninis de Stronconio narniensis diocesis» (Vale, 1943, p. 103 nota 4).
Le notizie certe su Santonino cominciano dal 1469, quando giunse in Friuli al seguito del vescovo di Ferentino Andrea Laurenzi, da poco designato gubernator e vicario generale della diocesi di Aquileia dall’assente patriarca, il cardinale Marco Barbo: sottoscrisse il primo documento come cancelliere del vescovo il 27 aprile 1469. Dopo un’assenza di alcuni mesi, in settembre si trasferì a Udine, entrando stabilmente in servizio tra i notai e gli scribae della curia aquileiese. Si firmò come notarius imperiali auctoritate solo a partire dal 1473, ma probabilmente era stato creato notaio prima dell’arrivo in Friuli. Il 17 luglio 1479 venne promosso cancelliere principale (cancellarius unicus) con decreto del patriarca Barbo, quando era vicario generale della diocesi Buzio Palmuli (de Palmulis). Nel 1473 Santonino aveva acquistato la cittadinanza udinese, dopo i prescritti cinque anni di residenza: abitava in una casa di sua proprietà in borgo Aquileia. Si era sposato con Allegrezza Rinoldi, di famiglia udinese, che portò in dote un podere nel Basso Friuli. La coppia ebbe cinque figli e una figlia: Giovanni Battista, Girolamo, Agostino, Aurelio, Teofilo e Giacoma.
L’attività di cancelliere di Santonino è documentata nei sedici volumi di Acta della curia patriarcale di Aquileia degli anni 1472-94, in gran parte scritti di sua mano con una nitida grafia umanistica. Egli fu anche vicino agli ambienti letterari cittadini, come dimostra la lunga amicizia con Marcantonio Coccio (detto Sabellico), che insegnò a Udine dal 1473 al 1484. Il Sabellico era arrivato in Friuli dal Lazio al seguito di Angelo Fasolo, vescovo di Chioggia, nuovo vicario generale della diocesi; considerò sempre Santonino un suo conterraneo e rimase in contatto con lui anche dopo il passaggio a Venezia, come testimonia un buon numero di lettere, già presenti nella prima raccolta delle sue opere (1502). Dopo il 1484 accolse nella sua scuola veneziana un figlio di Santonino, Agostino, offrendogli ospitalità in casa propria. Santonino frequentò anche il successore di Sabellico a Udine, Gianfrancesco Superchi da Pesaro (il Filomuso), e Nicolò Monticoli, notaio e cronista, allievo dello stesso Sabellico.
Nel 1485-87 Santonino seguì il vicario in pontificalibus del patriarca Barbo (il vicario generale Palmuli non aveva l’ordinazione episcopale) Pietro Carlo, vescovo di Caorle, in tre visite pastorali in Carinzia, Stiria e Carniola, territori appartenenti all’Impero sottoposti all’autorità ecclesiastica aquileiese.
Si trattava per lo più di zone impervie di montagna, di grande estensione (due terzi dell’intero Patriarcato), politicamente divise tra gli Asburgo, i conti di Gorizia e i principati ecclesiastici di Bamberga e Bressanone. Tra il 1473 e il 1483 quelle terre erano state oggetto di devastanti incursioni da parte dei turchi; da molti decenni nessun vescovo le aveva visitate, tanto che anche persone anziane non avevano mai ricevuto la cresima. Numerose chiese distrutte o profanate dai turchi dovevano venir riconsacrate; andavano infine risolti i frequenti conflitti di giurisdizione tra la nobiltà locale e la curia aquileiese.
La prima visita ebbe luogo tra il 29 settembre e l’11 novembre 1485, con partenza dal castello patriarcale di San Daniele; il viaggio (come i successivi) fu compiuto sempre a cavallo, con un seguito di poche persone. Riguardò essenzialmente la valle del fiume Gail, raggiunta attraverso il passo di Monte Croce Carnico, Lienz e il Tirolo orientale; più a est Hermagor e Oberdrauburg. A Lienz i visitatori furono ospiti di Leonardo, conte di Gorizia, e della sua consorte Paola Gonzaga. Il vescovo in città impartì 600 cresime a bambini e ad adulti; a Oberdrauburg ne furono amministrate 400. Il viaggio di ritorno a Udine seguì la strada dell’andata.
La seconda visita interessò la Carniola nordoccidentale e la Carinzia superiore. Il vescovo Carlo e Santonino partirono da Cividale il 26 agosto 1486 e seguirono l’itinerario Caporetto-Tolmino-Škofja Loka-Kranj; attraversarono le Caravanche al Loiblpass, entrando nella valle della Drava. Villach, dominio temporale del vescovo di Bamberga, fu la base per la visita delle altre località della bassa valle del fiume Gail. Santonino rimase molto ammirato dalla bellezza della città, il centro più importante di tutti quelli raggiunti nel corso delle tre visite, la cui parte settentrionale, al di là della Drava, dal punto di vista ecclesiastico apparteneva a Salisburgo. Il ritorno a Cividale (il 1° ottobre) avvenne attraverso Tarvisio, il passo del Predil, Plezzo e Caporetto.
La terza visita durò solo un mese, dal 7 maggio all’8 giugno, ma probabilmente fu la più impegnativa, interessando la regione della Saunia, ossia la Bassa Stiria (ora Slovenska Štajerska, Stiria slovena), la regione più colpita dalle incursioni turche. Come l’anno precedente venne percorsa la strada Cividale-Tolmino-Škofja Loka, proseguendo a est per Kamnik e Celje, fino a Ptuj, quasi ai confini dell’Ungheria. Più a sud furono raggiunte Rogatec e Podčetek, a ridosso della Croazia. Varie località vennero visitate partendo dal monastero domenicano femminile di Studenice. Sulla via del ritorno il vescovo e Santonino si fermarono nella grande certosa di Žiče, facendo infine una lunga sosta a Celje. Ritornarono a Cividale passando per Blagovica, Cerknica e Tolmino.
Sulle visite Santonino compose un’opera che intitolò Itinerarium: divisa in tre parti, è un diario molto particolareggiato dei viaggi. Sicuramente tenne conto degli atti ufficiali delle visitationes (che non sono pervenuti), ma scrisse per un pubblico laico, che si interessava soprattutto della descrizione dei luoghi, della condizione di castelli e villaggi, delle particolarità dei costumi degli abitanti. Usò un latino fluido, adottando termini volgari (friulani, tedeschi, slavi) accanto a raffinati intarsi di autori classici, mai citati in modo esplicito. Lodò la bellezza e l’eleganza delle nobili castellane; apprezzò l’ampia diffusione della musica; sottolineò le abitudini curiose dei signori tedeschi, a partire dal conte di Gorizia, rozzo e manesco; della Bassa Stiria scrisse che quanti vi abitavano «deformes sunt, et immunde vivunt» (Vale, 1943, p. 266). Da bravo umanista segnalò sempre le rovine antiche, tanto che a Celje (l’antica Celeia) copiò cinque epigrafi romane. Nella certosa di Žiče apprezzò la ricca biblioteca, compiacendosi (forse da vecchio copista) che la gran parte dei 2000 volumi fosse «calamo exarata, non ut iam moris est impressa» (p. 257). Dedicò fin dai primi giorni una grandissima attenzione ai cibi: descrisse nei particolari una trentina di banchetti (da otto a dodici portate); da fine gastronomo disquisì sulla qualità delle pietanze, specie dei pesci di fiume, di cui si mostra particolarmente ghiotto; lodò o criticò i vini.
Santonino seguì i vicari patriarcali in altre visite pastorali, sia nel Friuli veneziano sia nei territori dell’Impero, ma di esse rimangono solo gli scarni atti ufficiali degli anni 1488-94, in genere redatti di suo pugno. Nel settembre-ottobre 1492 tornò in Carniola e a Villach con il vescovo di Capodistria Iacopo Vallaresso; fu di nuovo in Carniola nella primavera del 1494 con Pietro Carlo, divenuto vicario generale, accompagnato come assistente dal figlio Agostino.
Nel frattempo la situazione della Curia aquileiese era profondamente cambiata: nel 1491 era morto il patriarca Marco Barbo e papa Innocenzo VIII aveva nominato al suo posto il grande umanista Ermolao Barbaro; il governo veneziano però si oppose alla designazione. Seguirono tre anni di sede vacante. Santonino, che aveva avuto forti appoggi nella cerchia romana del patriarca, forse attraverso due parenti preti, Niccolò e Gioacchino Santonino, occasionalmente nominati nei documenti (Vale, 1943, p. 105; Paschini, 1943-1951, p. 216), perse il suo maggior protettore: appena giunta la notizia della morte del prelato, nel marzo del 1491, il Capitolo di Aquileia respinse la proposta di nomina a canonico di suo figlio Giovanni Battista. Con l’insediamento del nuovo patriarca Nicolò Donà, nel giugno del 1494, vennero alla luce nella Curia aquileiese i contrasti accumulati da tempo: Santonino fu messo sotto inchiesta per essersi impossessato di documenti ufficiali, tanto da venir minacciato di scomunica; in ottobre era già stato rimosso. Al suo posto, dopo pochi mesi, fu nominato Bertrando Rondolo, prima suo coadiutore.
Negli anni seguenti Santonino lavorò fuori dal Friuli: nel 1497 era a Verona, cancelliere del podestà Leonardo Mocenigo (M.A. Coccio Sabellico, Opera, 1502, c. 31r; G. Biasutti, Mille anni..., 1967, p. 50). Nello stesso anno, morto Nicolò Donà, cercò di riavere il vecchio ufficio, chiedendo l’appoggio di Marcantonio Coccio Sabellico presso il nuovo patriarca, Domenico Grimani; Sabellico accontentò l’amico e scrisse al prelato una lettera di raccomandazione (c. 41v). Le cose tuttavia andarono per le lunghe e l’umanista si rivolse nuovamente a Venezia al segretario di Grimani (c. 22r: la lettera «Sanctonino suo» non può essere successiva al 1502, come in Vale, 1943, p. 114). Santonino tornò nell’incarico in Curia non prima del novembre 1506 ed ebbe come coadiutore il figlio Agostino, laureato in diritto a Padova e notaio. Questi nel 1510 successe al padre come cancelliere patriarcale, mantenendo la carica fino al 1521.
Santonino è citato ancora in vita nei documenti del giugno-luglio 1508 (ma mancano per quel periodo gli Acta Curiae); era già morto il 12 luglio 1509 (G. Biasutti, Mille anni..., cit., p. 51).
Edizioni. L’Itinerarium è pervenuto solo attraverso l’autografo, codice Vat. lat. 3795, edito in G. Vale, Itinerario di Paolo Santonino in Carinzia, Stiria e Carniola negli anni 1485-1487, Città del Vaticano 1943, con importante introduzione (pp. 1-120) e commento. Traduzione tedesca: Die Reisetagebücher des Paolo Santonino, a cura di R. Egger, Klagenfurt 1947; traduzione slovena: Itinerarium. Popotni dnevniki, a cura di P. Simoniti, Celovec-Dunaj-Ljubljana 1991; traduzione italiana: a cura di R. Gagliardi et al., Pisa 1999; a cura di E. Pascolo, Pasian di Prato 2003. Esiste anche una traduzione giapponese, a cura di E. Funada, Tokyo 1987.
Fonti e Bibl.: Udine, Archivio della Curia arcivescovile, Acta Curiae, 1472-1494 (nn. 324-338); Visite pastorali, Visitationum Liber 1488-1495 (n. 778/1); M.A. Coccio Sabellico, Opera, Venetiis 1502, cc. 11r, 12r, 22r, 25v-26r, 31rv, 41v; A.M. Querini, Tiara et purpura Veneta, Brixiae 1761, pp. 70-72; G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da’ letterati del Friuli, IV, Udine 1830, pp. 40-42; G. Mercati, Codici Latini Pico Grimani Pio, Città del Vaticano 1938, ad ind.; L. le Clercq, Inventarium librorum artium-medicine doctoris magistri Lodovici Johannis de Stronchonio, in De Gulden Passer, n.s., XXIX (1941), pp. 175-184; G. Marchetti, L’Itinerarium Sanctonini, in Sot la Nape, VII (1955), 6, pp. 1-4; G. Biasutti, Mille anni di cancellieri e coadiutori nella curia di Aquileia a Udine, Udine 1967, pp. 8, 50 s.; P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, London 1967, pp. 323, 583; V, London 1990, p. 469; Il notariato a Perugia, a cura di R. Abbondanza, Roma 1973, pp. 277-279.
P. Paschini, Recensione a G. Vale, Itinerario..., in Memorie storiche forogiuliesi, XXXIX (1943-1951), pp. 199-221; K. Voigt, Italienische Berichte aus dem spätmittelalterlichen Deutschland, Stuttgart 1973, pp. 196-202; H. Hundsbichler, Realien zum Thema ‘Reisen’ in den Reisetagebüchern des P. S., in Die Funktion der schriftlichen Quelle in der Sachkulturforschung, Wien 1976, pp. 55-143, 250-258; C. Fräss-Ehrfeld, Geschichte Kärntens, II, Die ständische Epoche, Klagenfurt 1994, ad ind.; P. Kuret, Die Reisetagebücher des P. S., in Die Wiener Hofmusikkapelle, I, a cura di T. Antonicek et al., Wien 1999, pp. 107-116; Convegno internazionale: P. S. ed il Patriarcato oltremontano del XV secolo, Gradisca d’Isonzo... 1999, in L’Unicorno, n.s., I (1999-2002), pp. 1-62; G. Kugler - B. Maier, A tavola con S., Klagenfurt-Mariano del Friuli 2003; H. Hundsbichler, P. S.s Reisetagebücher in neuer Sicht, in Historia in Museo. Festschrift für F.-D. Jacob, Langenweissenbach 2004, pp. 215-223; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, X, 3, Romae 2005, p. 281; W. Strobl, Eine Lukanreminiszenz im Itinerarium del P. S., in Rheinisches Museum für Philologie, CLVI (2013), pp. 221-224; O. Altieri-Alt, Viaggiatori italiani nei paesi di lingua tedesca tra Medioevo ed Età Moderna, in Studi goriziani, CVII (2014), pp. 161-171; S. Cavazza, Nuove prospettive su P. S., in Memorie storiche forogiuliesi, XCVI (2017), pp. 69-95.